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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-01-11

DATI Istat riferiti al potere di acquisto reale

In calo il potere d'acquisto delle famiglie: -1,6% in un anno

Federconsumatori e Adusbef: calo anche maggiore, pari a 565 euro all'anno.

Senza contare aumento delle bollette

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

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2010-01-11

Giù redditi e potere d'acquisto

Interni

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11 Gennaio 2010

I DATI ISTAT

La crisi non dà tregua

Giù redditi e potere d'acquisto

La crisi economica incide sempre più drammaticamente sul reddito reale delle famiglie, con il potere d'acquisto in calo dell'1,6% in soli dodici mesi. Nel periodo tra ottobre 2008 e settembre 2009 - comunica l'Istat - il potere d'acquisto delle famiglie (ovvero il reddito disponibile in termine reali) è diminuito dell'1,6% rispetto al periodo tra ottobre 2007 e settembre 2008. La propensione al risparmio è aumentata di 0,2 punti percentuali su base congiunturale e di 0,4 punti su anno. Il reddito disponibile (in valori correnti) è diminuito dello 0,4% congiunturale e dell'1% su anno, la spesa per consumi ancora di più: dell'1,5% tendenziale e dello 0,6% congiunturale.

Ma anche le imprese soffrono la crisi: la quota di profitto delle società non finanziarie, nel periodo che va da ottobre 2008 a settembre 2009, è calata di 2 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente. La quota di profitto, precisa l'Istat, è stata pari al 40,9% e che si è ridotta dello 0,3% su base congiunturale.

Critico il commento del Codacons sui dati resi noti dall'Istat. "E' già molto preoccupante un calo dell'1,6%, ma nella migliore delle ipotesi si tratta della media del pollo - spiega l'associazione dei consumatori in una nota -. I pensionati al minimo, così come le famiglie a rischio di povertà relativa, hanno un'inflazione da doppia a tripla rispetto alla media delle famiglie italiane. Per loro, quindi, il calo del potere d'acquisto è almeno doppio e, quindi, supera abbondantemente la soglia del 3%. Da tempo il Codacons, inascoltato, chiede all'Istat e al governo indici dei prezzi differenziati per fasce di reddito e per fasce sociali - prosegue la nota - per verificare come l'inflazione si spalma diversamente sulle varie categorie sociali. In particolare sarebbe necessario un indice dei prezzi ad hoc per i pensionati, sul quale calcolare l'adeguamento delle pensioni. Ma questo non si è mai voluto farlo. Inevitabile, quindi, che tutti i dati derivati, anche indirettamente, dall'inflazione, come la perdita del potere d'acquisto, siano poi sballati da questo deficit di analisi".

 

CORRIERE della SERA

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2010-01-11

DATI Istat riferiti al potere di acquisto reale

In calo il potere d'acquisto

delle famiglie: -1,6% in un anno

Federconsumatori e Adusbef: calo anche maggiore, pari a 565 euro all'anno. Senza contare aumento delle bollette

ROMA - Cala il potere d'acquisto delle famiglie italiane. La crisi ha spinto le famiglie italiane a contrarre consumi e investimenti più di quanto consentiva loro il reddito disponibile. Invece è aumentato il risparmio. Da ottobre 2008 a settembre 2009 il potere d'acquisto delle famiglie italiane è diminuito infatti dell'1,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Lo comunica l'Istat spiegando che il dato è riferito al reddito reale, mentre il reddito nominale è diminuito dell'uno per cento. Nel periodo considerato i consumi sono diminuiti in maniera maggiore rispetto al reddito (-1,5%) mentre la propensione al risparmio delle famiglie segna un aumento di 0,4 punti percentuali (0,2 punti percentuali su base congiunturale). Complessivamente la propensione al risparmio delle famiglie, ovvero il rapporto tra il risparmio lordo e il reddito disponibile, nel periodo ottobre 2008-settembre 2009 è stata pari al 15,4%.

CONSUMATORI - Secondo le associazioni Federconsumatori e Adusbef il calo del potere d'acquisto delle famiglie italiane è maggiore, valutabile tra l'1,8% e l'1,9%, pari a 565 euro all'anno. "Un drammatico crollo", si legge in una nota congiunta, "dovuto agli effetti della pesante crisi economica che ha investito il Paese, determinando un aumento vertiginoso di cassa integrazione e licenziamenti. Ad aggravare ulteriormente la situazione, si prospettano nel 2010 nuovi aumenti consistenti (dall'assicurazione auto ai trasporti, dai carburanti alle bollette di gas, acqua e rifiuti), che comporteranno una maggiore spesa per le famiglie di 660 euro annui".

INVESTIMENTI - Secondo i dati diffusi dall'Istat, prosegue la flessione del tasso di investimento delle famiglie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi delle famiglie, che comprendono gli acquisti di abitazioni e gli investimenti strumentali delle piccole imprese classificate nel settore, e il loro reddito disponibile lordo), che nel terzo trimestre 2009 si è attestato al 9%, 0,3 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente, risentendo di una riduzione degli investimenti (-2,9%) molto superiore a quella del reddito disponibile (-0,4%). Rispetto allo stesso periodo del 2008 il tasso di investimento delle famiglie si è ridotto di 0,8 punti percentuali.

SOCIETÀ NON FINANZIARIE - La quota di profitto delle società non finanziarie (dato dal rapporto tra il risultato lordo di gestione e il valore aggiunto lordo ai prezzi base) si è attestata nel terzo trimestre 2009 al 40,9%, con una riduzione di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Infatti, la riduzione del risultato lordo di gestione in valori correnti delle società non finanziarie, pari a -1,6%, è stata più marcata della contrazione registrata dal valore aggiunto (-1%). Rispetto al terzo trimestre dell'anno precedente, la quota di profitto delle società non finanziarie si è ridotta di 2 punti percentuali. Infine, il tasso di investimento delle società non finanziarie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi e il valore aggiunto lordo ai prezzi base) è stato nel terzo trimestre 2009 pari al 22,3 per cento, oltre tre punti percentuali in meno rispetto al corrispondente trimestre del 2008. Rispetto al secondo trimestre del 2009, il tasso d'investimento si è ridotto di 0,9 punti percentuali, risentendo di una caduta del 4,9% degli investimenti fissi lordi in valori correnti, ben più marcata della contrazione registrata dal valore aggiunto.

11 gennaio 2010

 

REPUBBLICA

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2010-01-11

Il reddito disponibile diminuito dell'1%. Cresce dello 0,4% la propensione al risparmio

Va male anche alle imprese: da ottobre 2008 a settembre 2009 quota profitto -2%

Istat: potere d'acquisto a picco

in un anno in calo dell'1,6%

Codacons: "Per pensionati e poveri inflazione doppia rispetto alla media delle famiglie"

ROMA - La crisi economica incide fortemente sul reddito reale delle famiglie, con il potere d'acquisto in calo dell'1,6% in soli dodici mesi. Nel periodo tra ottobre 2008 e settembre 2009 - comunica l'Istat - il potere d'acquisto delle famiglie (ovvero il reddito disponibile in termine reali) è diminuito dell'1,6% rispetto al periodo tra ottobre 2007 e settembre 2008.

La propensione al risparmio è aumentata di 0,2 punti percentuali su base congiunturale e di 0,4 punti su anno. Il reddito disponibile (in valori correnti) è diminuito dello 0,4% congiunturale e dell'1% su anno, la spesa per consumi ancora di più: dell'1,5% tendenziale e dello 0,6% congiunturale.

Ma anche le imprese soffrono la crisi: la quota di profitto delle società non finanziarie, nel periodo che va da ottobre 2008 a settembre 2009, è calata di 2 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente. La quota di profitto, precisa l'Istat, è stata pari al 40,9% e che si è ridotta dello 0,3% su base congiunturale.

Critico il commento del Codacons sui dati resi noti dall'Istat. "E' già molto preoccupante un calo dell'1,6%, ma nella migliore delle ipotesi si tratta della media del pollo - spiega l'associazione dei consumatori in una nota - I pensionati al minimo, così come le famiglie a rischio di povertà relativa, hanno un'inflazione da doppia a tripla rispetto alla media delle famiglie italiane. Per loro, quindi, il calo del potere d'acquisto è almeno doppio e, quindi, supera abbondantemente la soglia del 3%. Da tempo il Codacons, inascoltato, chiede all'Istat e al governo indici dei prezzi differenziati per fasce di reddito e per fasce sociali - prosegue la nota - per verificare come l'inflazione si spalma diversamente sulle varie categorie sociali. In particolare sarebbe necessario un indice dei prezzi ad hoc per i pensionati, sul quale calcolare l'adeguamento delle pensioni. Ma questo non si è mai voluto farlo. Inevitabile, quindi, che tutti i dati derivati, anche indirettamente, dall'inflazione, come la perdita del potere d'acquisto, siano poi sballati da questo deficit di analisi".

(11 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

Il tempo della disuguaglianza

La crisi non è uguale per tutti. Tito Boeri, economista della Voce.info ha scritto un libro per dimostrarlo. Ora arrivano nuovi dati dell'Istat, sul terribile 2009, a confermare quanto già temevamo. Il crollo del potere d'acquisto delle famiglie italiane, nel periodo ottobre 2008-settembre 2009, è più che proporzionale rispetto all'andamento del tasso di inflazione. È il segno che i numeri ufficiali non dicono tutta la verità sulle condizioni reali del Paese. La recessione, come è già accaduto in altre fasi storiche, colpisce in modo trasversale ma agisce in modo selettivo. Ma la costante, passato presente e futura, è che con le crisi economiche si accrescono ulteriormente le disuguaglianze dei redditi. Nel periodo 1991-1992 questi divari aumentarono in Italia del 5 per cento, e la povertà crebbe del 4 per cento. Nel periodo 2008-2009 l'economia finanziaria, industriale e domestica ha subìto un trauma molto più profondo e complesso rispetto a quindici anni fa. E dunque, per effetto della crisi, più estese e potenzialmente incolmabili saranno le distanze tra le varie fasce sociali e le diverse categorie di reddito.

Il governo Berlusconi porta la responsabilità di non aver voluto riconoscere per tempo questo dramma, e dunque di non averlo voluto affrontare con il necessario coraggio politico. Si è colpevolmente baloccato nella fantasiosa convinzione che il Belpaese ne sarebbe uscito meglio di altri, e che il nostro sistema di Welfare e di ammortizzatori sociali era il migliore del mondo. Ora sappiamo che non è così. E anche l'esecutivo, forse, se ne rende conto. Per questo Tremonti rilancia la riforma fiscale. E fa bene a farlo. I dati dell'Istat confermano quanto ci sia bisogno, in questa scellerata nazione, di un po' di cara, vecchia, keynesiana redistribuzione del reddito. Ma proprio per questo, quando si parla di rimettere mano alle aliquote Irpef secondo i dettami del Libro Bianco del '94, servirebbe un'estrema cautela.

 

Come dimostrano le simulazioni della Cgia di Mestre, il sistema delle due sole aliquote (23 e 33 per cento) rischia di ampliare ulteriormente la forbice il piano basso e quello alto della piramide sociale. Se con la nuova "curva" impositiva una famiglia con un figlio a carico e due redditi per un totale di 21.500 euro risparmia solo 520 euro l'anno, mentre la stessa famiglia senza figlio a carico risparmia la bellezza di 2.320 euro, vuol dire che non siamo sulla buona strada. Meno tasse per tutti è un principio sacrosanto. Ma lo è ancora di più quello della progressività dell'imposta, sancito anche dalla Costituzione. L'Italia ha un tragico problema che riguarda i salari del lavoro dipendente, falcidiati dal carico fiscale e contributivo. È lì che deve agire la riforma fiscale, come ha detto il presidente della Repubblica nel suo messaggio di fine d'anno. Ed è lì che deve muoversi il governo di centrodestra. Anche se non è quello il suo bacino politico-elettorale, quello dovrebbe essere il suo dovere etico-morale.

(11 gennaio 2010)

 

L'UNITA'

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2010-01-11

Istat, in calo il potere d'acquisto delle famiglie: -1,6 in un anno

Scende il potere d'acquisto delle famiglie italiane. Tra ottobre 2008 e settembre 2009, informa l'Istat, il reddito disponibile in termini reali è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dell'1,6% rispetto al periodo ottobre 2007-settembre 2008. La propensione al risparmio delle famiglie (definita dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile) è invece aumentata e si è attestata al 15,4%, lo 0,2% in più rispetto al trimestre precedente e lo 0,4% in più rispetto al corrispondente trimestre del 2008.

Il reddito disponibile delle famiglie è diminuito dello 0,4% in valori correnti rispetto al trimestre precedente e dell'1% in termini tendenziali. La spesa delle famiglie per consumi finali si è ridotta dello 0,6% a livello congiunturale e dell'1,5% in termini tendenziali.

Prosegue la flessione del tasso di investimento delle famiglie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi delle famiglie, che comprendono gli acquisti di abitazioni e gli investimenti strumentali delle piccole imprese classificate nel settore e il loro reddito disponibile lordo) che nel terzo trimestre 2009 si è attestato al 9%, 0,3 punti percentuali in meno rispetto al trimestre

precedente, risentendo di una riduzione degli investimenti (-2,9%) molto superiore a quella del reddito disponibile (-0,4%). Rispetto allo stesso periodo del 2008, prosegue l'Istat, il tasso di investimento delle famiglie si è ridotto di 0,8 punti percentuali.

11 gennaio 2010

 

il SOLE 24 ORE

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2010-01-11

Più risparmi per le famiglie

ma potere d'acquisto in calo

11 gennaio 2010

Osservatorio dell'economia

Scende il potere d'acquisto delle famiglie italiane. Tra ottobre 2008 e settembre 2009, informa l'Istat, il reddito disponibile in termini reali è diminuito dell'1,6% rispetto al periodo ottobre 2007-settembre 2008. La propensione al risparmio delle famiglie (definita dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile) invece segna un aumento dello

0,4 punti percentuali, sempre su base annuale, attestatandosi al 15,4 per cento. Si tratta di una statistica nuova, che viene diffusa oggi infatti solo per la seconda volta. L'indicazione che ne emerge è che la crisi ha spinto le famiglie italiane a contrarre consumi e investimenti più di quanto consentiva loro il reddito disponibile.

A fronte di un calo in dodici mesi del reddito nominali (-1%) e del reddito reale (-1,6%) infatti, nei bilanci delle famiglie i consumi e gli investimenti risultano, su base tendenziale, diminuiti di più rispetto al reddito: -1,5% i consumi e -0,8 punti percentuali il tasso di investimenti. Su base congiunturale la spesa si è ridotta dello 0,6% e gli investimenti del 2,9%. La paura del futuro ha invece portato le famiglie ad aumentare i risparmi.

In netto calo i profitti delle imprese italiane nel pieno della crisi economica. Nel periodo tra ottobre 2008 e settembre 2009, secondo i dati Istat, la quota di profitto delle società non finanziarie (dato dal rapporto tra il risultato lordo di gestione e il valore aggiunto lordo ai prezzi base) si è attestata al 40,9%, calando di 2 punti percentuali rispetto al periodo tra ottobre 2007 e settembre 2008.

11 gennaio 2010

 

 

L'OSSERVATORE ROMANO

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