S. Messa
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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-05-19 ad oggi 2011-08-27 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)MANOVRA, PENSIONI…. 5000 Nomine da effettuare in Società ed Enti Pubblici.2010-10-04 La Cgil propone un sistema a due pilastri per gli ammortizzatori sociali: - la cassa integrazione e la disoccupazione. Prevede la razionalizzazione dei modelli di contribuzione che passerebbero dai 24 attuali a 6. Resterebbe una differenziazione per le imprese fino a 15 dipendenti (aliquote più basse) e l'industria ed edilizia (aliquote cig maggiorate). La riforma assicurerà una copertura al 73,3% dei lavoratori a differenza dell'attuale 50,5%, aumentando la platea di beneficiari di 500mila unità. Propone per accedere al sussidio di disoccupazione di eliminare il requisito del biennio assicurativo, in 78 giornate l'unico requisito d'accesso, con la conseguente scomparsa dell'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti e dell'indennità di mobilità. |
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Altro pilastro è l'elevazione del tetto massimale a 1.800 euro netti (pari a 2.650 mensili). Per scendere al 64% dopo 12 mesi e al 50% per le mensilità successive. La durata del sussidio è di 24 mesi, 30 per ultracinquantenni, 36 se nel mezzogiorno. È previsto l'intreccio con politiche attive e percorsi di formazione che fanno in capo alle Regioni. Mentre per la nuova Cig unica è prevista una durata di 36 mesi nel quinquennio, con importo all'80% della retribuzione con tetto a 1.800 euro netti. Il costo della riforma è quantificato in 13,8 miliardi di euro, ovvero 4,2 miliardi in più rispetto all'attuale sistema. 2010-10-02 L'avanzo Inps cala di 3,4 miliardi Sette trimestri di recessione hanno lasciato il segno nei conti dell'Inps. Al punto che nell'assestamento al bilancio di previsione per il 2010 il risultato complessivo della gestione finanziaria subisce una correzione di 3,4 miliardi rispetto alle vecchie stime (novembre 2009) e scende da 4,1 miliardi a 706 milioni di euro. E' peggiorato il tasso di occupazione nel settore privato e sono cresciute meno le retribuzioni lorde con un netto calo del monte retributivo nell'industria (del -1,5% secondo la Ruef rispetto al +1,6% dell'ultimo Dpef). Le entrate contributive registrate a consuntivo 2009 si siano ridotte di 3,5 miliardi (dai 148,559 miliardi previsti ai 145,031 effettivi). Mentre la previsione aggiornata per fine 2010 indica entrate contributive in crescita per circa 900 milioni (si prevede infatti un incasso di 145,9 miliardi) ma comunque inferiori di 2,3 miliardi rispetto alle prime previsioni fatte, appunto, un anno fa. Il fondo pensioni lavoratori dipendenti passa da un avanzo di 10,3 miliardi a 6,9 miliardi, la gestione dei parasubordinati da 8,3 a 6,9 miliardi. Gli ammortizzatori sociali attivati da un avanzo di oltre tre miliardi passano ad un disavanzo previsto a fine anno di 263 milioni. Nelle previsioni aggiornate l'Inps arriva a contabilizzare un incremento del cosiddetto "montante dei crediti contributivi" pari a 63,2 miliardi rispetto ai 52,8 del 2008. Il recupero crediti dovrebbe toccare i 6 miliardi a fine anno contro i 4,6 incassati nel 2009. Il numero delle nuove pensioni che verranno liquidate saranno 714.421 (+11,4% rispetto al 2009). I pensionamenti maggiori sono attesi tra i lavoratori dipendenti (+13,6%, con 48.696 nuove pensioni) rispetto al comparto del lavoro autonomo (+3%, con 5.678 ritiri). Se si escludono le pensioni erogate dalla Gestione invalidi civili, le ultime previsioni indicano per fine anno 16.042.360 pensioni rispetto ai 16.010.896 di fine 2009. Le nuove pensioni liquidate saranno 714.421 (+11,4%; 73.242 nuove prestazioni), mentre le pensioni eliminate saranno 682.957. Le nuove pensioni liquidate riguardano 407mila lavoratori dipendenti (+13,6%); 195.600 pensioni di lavoratori autonomi (+3%); 631 nuove pensioni degli iscritti al fondo clero (-13,2% rispetto alle pensioni accolte e liquidate nel 2009) 2010-09-18 Tremonti: "L'eolico? È uno dei più grandi business della corruzione" "Il business dell'eolico è uno degli affari di corruzione più grandi e la quota di maggioranza francamente non appartiene a noi". A dirlo è il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, in uno dei passaggi del suo intervento alla kermesse organizzata dal Pdl a Cortina. La crisi non è finita, siamo in terra incognita, ha detto Tremonti. "Non credo che tutto sia risolto - ha detto Tremonti - non credo che i rischi siano stati eliminati, i signori della speculazione sono ancora a piede libero, in altri paesi ci sono situazioni di crisi potenziale che devono essere considerate seriamente". Bisogna affrontare, ha detto, "una politica di responsabilità".2010-07-11 Tremonti: se avessimo il nucleare, avremmo un pil diversoPer far crescere l'Italia "dobbiamo essere ambiziosi e rinunciare un po' a posizioni rinunciatarie e fatalistiche". Questa, secondo il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti la premessa per lo sviluppo del nostro paese. Ma, avverte Tremonti, occorre anche essere "molto realistici e seri nel fare il catalogo dei punti di criticità dell'Italia". Tra questi, al primo posto il nucleare: "Noi non abbiamo il nucleare, le altre economie con cui competiamo lo hanno. Se avessimo il nucleare, avremmo un pil diverso, sarebbe più facile crescere come gli altri paesi". L'altro handicap che ha il nostro paese, secondo il ministro dell'Economia che ha parlato al convegno di Venezia dei giovani imprenditori di Confcommercio, è "l'aspetto dimensionale delle imprese. La Germania tratta da gigante con i giganti, noi abbiamo una struttura produttiva molto diversa, gran parte dei pil è fatta con imprese con dimensioni ridotte. Questo è un fattore che ci spiazza. Noi abbiamo perso massa critica. Dobbiamo reagire". 2010-07-11 Spesa pensioni stabilizzata. Una stabilizzazione della spesa previdenziale che, a ben vedere, alla fine dei lavori della commissione Bilancio del Senato veste i panni di una vera e propria riforma. Al netto del "refuso" che ha costretto alla retromarcia il governo sull'abolizione del requisito dei 40 anni di contributi per lasciare il lavoro, il mix di interventi sulle pensioni è a un passo dal traguardo definitivo senza avere incontrato troppa resistenza dell'opposizione o un'alzata di scudi dei sindacati, che in altri momenti sarebbe stata automatica. Una riforma che, senza andare ad intaccare i pilastri del sistema pensionistico italiano come l'età anagrafica e quella contributiva, fa sì che il sistema ora previsto sia destinato di fatto ad allungare i tempi di uscita dal lavoro. Da una parte la manovra ha introdotto la cosiddetta finestra mobile di 12 mesi per i lavoratori dipendenti e di 18 per gli autonomi. Il tutto con un risparmio nel 2013 stimato in circa 3,5 miliardi.2010-07-10 Dalla stretta sulle micro-invalidità alle deroghe pro-Abruzzo sul patto di stabilità: ecco le ultime novità della manovra La manovra 2011-2012 è pronta per l'aula. La commissione Bilancio del Senato ha approvato ieri il decreto con la correzione dei conti che sarà all'esame dell'assemblea a partire da martedì. Passa il rinvio per il pagamento delle multe per le quote latte e il pacchetto fiscale e di semplificazione per le imprese. Il taglio dei compensi per amministratori e revisori non si applicherà poi alle società. Mentre per le fondazioni bancarie sale da 10 al 15% la percentuale di possesso di beni immobiliari.Gli aiuti al fotovoltaico ridotti del 18% nel 2011 Il nuovo conto energia per le centrali fotovoltaiche rimane fermo nella sospensione delle sedute della conferenza stato-regioni ma le indicazioni sulla bozza concordata sono ormai definite. L'incentivo italiano all'energia prodotta dai raggi del sole – oggi l'aiuto più appetitoso al mondo, dopo che Germania e Spagna hanno ridotto il loro sussidio all'energia fotovoltaica – scenderà l'anno prossimo del 6% ogni quattro mesi, per arrivare alla fine del 2011 a una sforbiciata complessiva del 18% rispetto a oggi. Negli anni della crisi galoppa il microcredito Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2010 alle ore 17:37. Cresce a ritmi esponenziali il microcredito in Italia. Dal 2007 al 2009 il volume dei prestiti bonsai nel nostro paese è passato da 3 milioni e 600mila a oltre 12 milioni e 700mila euro. Tra i beneficiari, il 53% sono donne, mentre il 47% sono cittadini stranieri. I dati emergono da una ricerca europea, condotta su circa 170 istituzioni finanziarie attive in 21 paesi dall'European Microfinance Network e presentata dalla Rete italiana di microfinanza (Ritmi) e dalla Fondazione Giordano dell'Amore. Il numero dei finanziamenti concessi, proprio nel triennio segnato dalla crisi finanziaria ed economica più pesante del dopoguerra, è aumentato di cinque volte, passando nel periodo considerato da 392 a circa 1.909. Tuttavia, nonostante il trend crescente degli ultimi anni, il nostro paese occupa soltanto il nono posto in Europa per numero di microcrediti. In testa c'è la Francia con 28.863 prestiti a fine 2009, seguita dalla Polonia (17.760) e dalla Romania (11.265). In totale nel Vecchio Continente il numero dei microfinanziamenti lo scorso anno è stato pari a 84.533, il 20% in meno rispetto al 2007, per un valore economico di 828 milioni, inferiore del 6% a quello registrato nel 2007. 2010-05-17 SARKOZY: "VOLONTA' CONDIVISA DEI 27 PER QUESTE DUE PROPOSTE"Consiglio Ue, tassa su banche e finanza Merkel: chi ha provocato la crisi paghi Trovato l'accordo tra i governi dell'Unione: si fa strada un'imposta mondiale sulle transazioni finanziarie BRUXELLES - Una tassa sulle transazioni finanziarie. E una sulle banche. L'Europa reagisce così in modo comune all'attacco della speculazione e alla crisi finanziaria. Una risposta attesa e già indicata nelle anticipazioni dei giorni scorsi. Ma che oggi diventa ufficiale, con l'annuncio dell'accordo al vertice Ue a Bruxelles tra i capi di Stato e di governo. I 27 hanno deciso di introdurre una tassa sulle banche nei propri Paesi e di promuovere l’idea di una tassa mondiale sulle transazioni finanziarie, durante il prossimo vertice del G20 a Toronto, in Canada2010-06-16 Bersani: liberalizzazioni sposterebbero 10 miliardi di euro dalle rendite e dalle posizioni dominanti alle imprese e ai cittadini Manovra, sei proposte dai democratici saranno trasformate in altrettanti emendamenti La prima proposta riguarda la benzina. Prevede che il gestore della pompa non sia più vincolato a comprare il cento per cento della benzina del suo marchio, bensì solo il cinquanta per cento, con la possibilità di rivolgersi al libero mercato per il restante. FARMACIE - Il Pd chiede di dare la facoltà alle parafarmacie e ai corner dei supermercati di vendere anche i farmaci di fascia C, e quindi tutti i medicinali non dispensati dal Sistema sanitario nazionale. In questo modo, oltretutto, si favorirebbe il lavoro di giovani laureati. ORDINI PROFESSIONALI - Modernizzare il ruolo degli ordini professionali. Inoltre il Pd cerca di garantire pari opportunità alle giovani generazioni attraverso l'accorciamento fra le fasi di studio, tirocinio (retribuito e di dodici mesi al massimo) e accesso all'esercizio effettivo della professione. Il Pd chiede di riconoscere le libere associazioni costituite su base volontaria tra professionisti che svolgono attività non regolamentate in ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale. MASSIMO SCOPERTO - La quarta proposta prevede la nullità della clausola di massimo scoperto, indipendentemente dalla denominazione utilizzata dalle singole banche, e affida alla Banca d'Italia il controllo sul rispetto delle nuove norme. AUTOCERTIFICAZIONE - L'emendamento consente all'imprenditore, attraverso la semplice autocertificazione sulla base della sussistenza dei requisiti attestati da un professionista, di ottenere immediatamente dal Comune una ricevuta che abilita all'avvio dell'attività o dei lavori di realizzazione degli impianti. Al Comune spetta poi l'onere di provare la sussistenza dei requisiti attraverso controlli ex post. RETE GAS - La sesta e ultima proposta chiede la separazione proprietaria della rete di trasporto del gas, fissata dall'emendamento al 31 marzo 2011. Il mio pensiero: 100 Miliardi di Euro solamente rubando dalle prossime Pensioni, oltre i 19 Mld che il governo prende solamente ai Poveri per rimpinguare le tasche di Malvagi e Speculatori. 2010-06-01 "confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche" Napolitano: "Serve un grande sforzo per risollevare le sorti dell'economia" Il messaggio del presidente della Repubblica per la Festa del 2 giugno: "L'Italia deve crescere dal Nord al Sud" 2010-05-30 Pensioni, per l’età del ritiro varrà l’aspettativa di vita Scuola e magistrati, spunta il recupero degli scatti congelati dalla manovra Liquidazioni a rate per gli statali soltanto oltre 90 mila euro Pensioni, per l’età del ritiro varrà l’aspettativa di vita Scuola e magistrati, spunta il recupero degli scatti congelati dalla manovra Liquidazioni a rate per gli statali soltanto oltre 90 mila euro donadi (idv): "Mancano idee per il rilancio dell'economia e interventi strutturali" Manovra, Pdl diviso sui tagli L'ira di Bondi: "Esautorato" Bocchino: "E' grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza non fosse stato avvertito" Le "gabbie fiscali" nel redditometro Calcoli diversi tra Nord e Sud Studi di settore, verso lo stop per i professionisti. Subito al fisco le fatture elettroniche oltre 3 mila euro Varato lo yacht di Pier Silvio Berlusconi il natante è stato realizzato dai cantieri del gruppo ferretti La nuova imbarcazione un "Custom line 124" è lunga 37 metri ed è costata circa 18 milioni di euro Il Papa: governi deboli contro le speculazioni "L'interazione etica delle coscienze", necessaria per affrontare la crisi economica, appare "troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza". Lo ha detto Papa Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti a un convegno promosso dalla Fondazione Centesimus Annus-Pro Pontifice. |
Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio. |
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Leggi la risposta del Presidente Fini al mio appello.Il Mio secondo Pensiero
2010-06-18Agg. Il Vangelo di oggi contro i Ricchi - CLASS-ACTION contro la Finanziaria Rapina da 100Mld a Futuri Pensionati INPS, senza alcuno Sviluppo
c.a.
Presidente della Repubblica NAPOLITANO,
Pres. Camera dei Depuitati On.le Fini
c.a. Presidenti e Segretari Partiti
c.a PARLAMENTARI Nazionali e Regionali in indirizzo
c.a. DIRETTORI e REDAZIONI STAMPA, TV
Ill.mi
Innanzi tutto è giusto dire esattamente agli ITALIANI quale è il reale Costo della MANOVRA, pena la legittima invalidazione per omessa verità dei conti e destinazione delle spese.
Dai dati dell'INPS risulta che nel 2006 sono andati in pensione 1.163.493 .
Se si fa slittare di 9 mesi la finestra ai prossimi pensionamenti, così come indicato dai giornali, si ottiene che se costoro mediamente prendono 1500,00 Euro lordi mensili, subiranno un danno economico di 13500,00 euro, per un importo complessivo pari a 15,707Mld di Euro.
Alla luce di quanto sopra detto risulta che nella attuale finanziaria il danno solamente per i lavoratori prossimi al pensionamento è di 15,707Mld su 25,000Mld , che rappresenta il 62,8% dell'intera manovra.
Se il conto si riporta per ulteriori 5 anni, non essendo stabilito in alcun modo il termine di suddetto slittamento delle finestre pensionistiche, si hanno ulteriori 78,536Mld di Euro.
Nei futuri 5 anni quindi il governo gestirà altri 78,536Mld di Euro senza alcun impegno di spesa!
E' Aberrante.
Inoltre i carichi sociali sono solo e sempre imputati all'INPS, mentre, essendo nei fatti una tassa, i costi andrebbero estesi con equità a tutte le Previdenze, Pubbliche e Private, perché è incostituzionale tassare solo la Previdenza INPS.
Pertanto va intrapresa una Class-Action.
Forse è ancora una coincidenza, ma il Vangelo di oggi è proprio contro chi difende le proprie ricchezze, a danno dei poveri:
Mt 6,19-23
Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
"Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.
La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!".
Parola del Signore
Oggi io compio 64 anni, ma, pur avendo 33 anni di contributi da dipendente e oltre 15 da libero professionista non riesco ad andare in pensione, inoltre sono in mobilità del 9 ottobre 2009, dopo aver inoltre 1 anno precedente di cassa integrazione.
Fra l'altro sono al top professionale, con 33 anni di dipendente ddi aziende private ( di 7° Livello del CCNL Metalmeccanici Aziende Private, il massimo livello ), 10 anni da Imprenditore di una soc. di Ingegneria che ha avuto al top 22 tecnici nel 1992, Libero Professionista per oltre 30 anni, dal 19679, Abilitato alla Prevenzione Incendi dal 1986, Coordinatore della Commissione Elettrotecnica del Collegio dei Periti Industriali di Taranto dal 2008, curo gratuitamente e sono il relatore della Formazione Continua da 3 anni 2008-2009-2010, attualmente frequento un corso di aggiornamento professionale di 300 ore per Consulente Ambientale (negli ultimi 5 anni ho lavorato nel settore ingegneria degli impianti di Depurazione Acque ed Ambientale), ecc. per ulteriori informazioni vedi mio curriculum scaticabile dal mio sito internet
http://www.engineering-online.eu , ma pur essendo capace di trovare lavoro come libero professionista ho paura di farlo per non perdere la mobilità, che mi consente di andare in pensione fra 1 anno.Però il Governo mi premia con lo slittamento di altri 9 mesi della finestra di pensionamento per il prossimo anno:
Tutto ciò è una beffa, ed è un incentivo al lavoro nero, che non voglio fare per principio fin tanto che posso resistere consumando tutta la liquidazione avuta, ma non mi basterà che per alcuni altri mesi.
Altro che sacrifici equi per tutti, tutto ciò è fatto in pieno dispregio alla Costituzione, perché il governo si appropria indebitamente delle pensioni di chi ha lavorato per oltre 40 anni, versando ininterrottamente i contributi, fra l'altro anche per 4 anni fino al massimo consentito.
Poi invece si millanta alla libertà della Privacy (ignorando il diritto al lavoro, alla pensione, alla vita dignitosa ed onesta), ma la privacy da salvaguardare non degli onesti, che non hanno alcuna paura di essere intercettati, ma si cerca di salvagardare chi delinque:
- Giustamente ieri il Pres. Montezemolo ha detto che lui non si sente affatto spiato, nonostante l'attuale legislazione.
Colgo l'occasione per fare inoltre altre osservazioni:
- I voti non espressi dagli astensionisti alle elezioni non possono essere appannaggio dei votanti e dei loro partiti, vanno eletti solo quelli che raggiungono i quorum con i propri voti, senza ridistribuire i seggi relativi anche ai voti non espressi o nulli per favorire quelli del proprio partito. Così facendo si risparmierebbe oltre il 45% del costo del sistema politico, compreso il sostegno ai partiti, per un importo complessivo di almeno 450Mln di euro. Inoltre si responsabilizzerebbe realmente gli elettori, che in questo modo si rendono conto di non avere rappresentanti in parlamento, mentre gli altri fanno i propri interessi e di quelli che li hanno eletti regolarmente, e pertanto nella successiva tornata elettorale ci penseranno di più se convenga non avere propri rappresentati.
Il mio pensiero e la mia professionalità la trovate sui miei siti internet
http://www.cristo-re.eu ( S. Messa Quotidiana, Rassegna Stampa, ecc.) http://www.engineering-online.eu (Ingegneria e Convegni) http://www.consulenteambientale.eu di prossima aperturaDistinti Saluti
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
Il Mio primo Pensiero
2010-06-01100 Miliardi di Euro solamente rubando dalle prossime Pensioni, oltre i 19 Mld che il governo prende solamente ai Poveri per rimpinguare le tasche di Malvagi e Speculatori.
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c.a. Religiosi
Gent.mi
Svegliate il Paese dal torpore delle falsità ovattate e non distoglietelo con altre roboanti notizie, anche se degne di tutto rispetto.
E' IN GIOCO IL FUTURO DELL'ITALIA, GIOVANI, LAVORATORI, FAMIGLIE, PENSIONATI, AZIENDE !
Alro che 25 Mld, la Finanziaria costa 100 Miliardi di Euro solamente rubando denaro dalle prossime Pensioni di lavoratori onesti, oltre i 19 Mld che il governo prende solamente ai Poveri per rimpinguare le tasche di Malvagi e Speculatori.
A casa Governo Incapace e Mentitore che non hai il coraggio di dire che hai fallito negando per mesi una crisi, continuando a vantarti di non aumentare le tasse !
Le mie tasse, e quelle di altre centinaia di migliaia di persone umili, aumenteranno in un anno di oltre il 150% , e per altri 40 milioni di persone aumenteranno mediamente di 475 euro a testa.
Questo è il vero costo di una politica incapace, di falsi benefattori, del governo dell'amore per il denaro dei Poveri da trasferire a Corruttori, Corrotti, Finanziarie e speculatori), del Falso Buon Padre di Famiglia, del falso Cattolico. Perché Voi che dite di essere credenti non fate come Zaccheo (Vangelo Luca 19.1 :
Ma Zaccheo, alzatosi, disse al SIGNORE: << Ecco, SIGNORE, io do la metà dei miei beni ai poveri; se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto >> .
Io dovrei andar in pensione a giugno del 2010, ma come mi spiega il Sole 24 Ore di ieri, il mio pensionamento slitterà di 9 Mesi come dipendente, e 12 mesi come libero professionista, perché io sono stato sia l'uno che l'altro.
Oggi, nel corso del 41° anno di lavoro, di contributi versati sistematicamente per 40 anni, 41 anni di lavoro ininterrotto e di esperienza al top professionale, sono in mobilità con un netto di circa 880,00 euro mensili, mentre il mio stipendio prima era di oltre 1900,00 euro.
Ancora oggi a 64 anni non posso andare in pensione nonostante 33 anni + 35 settimane di contributi versati da Dipendente, ed oltre 13 anni da Libero Professionista.
Mi viene imposto di rinunciare ad andare in pensione anche a giugno del 2011 , facendo slittare le mie due pensioni :
Il danno per me sarà pertanto di oltre 7200,00 euro, non percependo per 9 mesi la pensione da dipendente di 5400,00 euro ( differenza di 600,00 euro fra circa 1480,00 nette di pensione e 880,00 euro di mobilità), e di 1800,00 euro da libero professionista ( 150,00 euro per 12 mesi) .
Per 1 milione di lavoratori nelle mie condizioni, che perderà come me 7200,00 euro, lo stato incasserà circa 7,2 Miliardi ( pertanto la manovra per gli altri interventi recupererà circa 17,7 miliardi di euro).
Per circa 5 milioni di lavoratori dipendenti che andranno in pensione successivamente, e che non godranno della mobilità, il danno sarà mediamente di circa 15300,00 euro ciascuno (1700,00 euro mensili per 9 mesi) per un importo pari a 76,5 Miliardi di euro.
Pertanto il contributo chiesto ai lavoratori prossimi alla pensione è di circa (7,2+76,5) 82,2 Miliardi di euro, oltre il resto.
Pertanto la manovra al minimo costa in sacrifici oltre 101,2 miliardi, a parte le ulteriori tasse delle regioni: mediamente 1686,67 Euro a cittadino.
Pertanto l'importo della manovra è superiore a 100 Mld. di euro se si considera tutto il resto che non è visibile platealmente.
Tutto ciò si fa in assenza di qualsiasi tentativo di rilancio dell'Economia.
Si nasconde la richiesta di innalzare l'età per andare in pensione, e non si attua alcuna riforma.
Questo governo è incapace, abbia il buon senso di dimettersi e rimandi il paese alle urne !!!
Io posso anche accettare a ritardare di andare in pensione se mi si consente di continuare a lavorare invece di prendere la mobilità senza fare nulla, magari trasferendo la mia ricca esperienza professionale di 41 anni al top dell'Ingegneria alle giovani leve degli ITIS Istituti Tecnici Industriali :
Viva IL 2 Giugno.
Se il Governo non opera, lo facciano le regioni operando per:
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
http://www.cristo-re.eu http://www.engineering-online.eu
dal Sito Internet
http://www.massimodonadi.it/blog/la-contromanovra-degli-italiani-onestiLA CONTROMANOVRA DEGLI ITALIANI ONESTI
Tag: Cnel , contromanovra Idv , Lotta all’evasione fiscale , manovra , taglio costi della politica , Tremonti
Antonio Di PietroAntonio Di Pietro
Risanamento, equità, crescita. Parte da qui la contromanovra dell’Italia dei Valori che abbiamo presentato oggi alla stampa. E’ la contromanovra degli italiani onesti, per un valore complessivo di 65 miliardi di euro in due anni, per metà indirizzati alla riduzione del deficit e per l’altra metà allo sviluppo. Il nostro obiettivo è esattamente l’opposto di quello del governo. Vogliamo rimettere i soldi nelle tasche degli italiani onesti e toglierli da quelle degli italiani disonesti, speculatori ed evasori fiscali. Lotta all’evasione fiscale, taglio ai costi della politica e alla spesa pubblica: 65 miliardi in due anni, di cui 33 dedicati alla riduzione del deficit e 32 allo sviluppo. Come? Una seria lotta all'evasione fiscale, taglio ai costi della politica e alla spesa pubblica. Italia dei Valori propone una tassa addizionale del 7,5% sui capitali regolarizzati con lo scudo fiscale e l'aumento delle tassazione sulle speculazioni finanziarie dal 12,5 al 20%. L'eliminazione del vitalizio di parlamentari e consiglieri regionali, il blocco immediato delle auto blu, la soppressione del ponte di Messina e l'inizio della riduzione delle spese militari. Vogliamo anche la reintroduzione dell'Ici sulle case di lusso. Nel capitolo dei risparmi dell'amministrazione Italia dei Valori prevede anche la soppressione parziale delle province. Vogliamo l'abolizione di tutte le province, tranne quelle dei capoluoghi di regione, ma per farlo serve una legge costituzionale, quindi iniziamo con legge ordinaria a cancellarne alcune. Poi, l'abolizione del Cnel che costa 20 milioni l'anno, una vecchia camera dei fasci e delle corporazioni che fa parte di quel Ventennio che vorremmo dimenticare. Oggi, con tutti i centri studi e le associazioni di categoria che ci sono non ha più senso di esistere. La nostra contromanovra sarà depositata un attimo dopo quella dell’Esecutivo. Ci confronteremo e dialogheremo con tutti, sindacati ed associazioni di categoria. Ci auguriamo che questa proposta diventi il punto di riferimento per il governo che vorremmo e che gli italiani possono sperare. Il nostro obiettivo, in Parlamento, sarà quella di rivoltare come un calzino la manovra del Governo. Ora si toglie alle persone oneste per dare ai disonesti. E’ ora di fare l’esatto contrario.
DAL Sito Internet di Repubblica
per l'articolo completo vai al sito Internet
http://www.repubblica.it/static/popup/2010/affitti/1.html2010-08-03 CEDOLARE SECCA
DAL Sito Internet de il SOLE 24 ORE
per l'articolo completo vai al sito Internet
http://www.ilsole24ore.com/2010-05-16
Le misure allo studio |
Misure di austerity in Europa a confronto |
Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-05-19 ad oggi 2011-08-27 |
AVVENIRE per l'articolo completo vai al sito internet http://www.avvenire.it/2011-08-27
2011-08-26 26 agosto 2011 LOTTA ALL'EVASIONE Vicenza, azienda conciaria occulta al fisco 1 miliardo e 334 milioni In principio c'è stata un'indagine per corruzione che ha ipotizzato il pagamento da parte dell'azienda Mastrotto Group di una tangente da 300 mila euro nei confronti di professionisti e funzionari dell'Agenzia delle Entrate, poi una verifica fiscale che ha scoperto l'attività della stessa ditta dal 2005 ad oggi. È questa l'origine dell'indagine della Guardia di Finanza di Vicenza che ha portato a scoprire come gli 800 dipendenti ricevessero parte degli stipendi in nero per un controvalore complessivo calcolato in almeno nove milioni di euro. La provvista di denaro extracontabile derivava da corrispondenti cessioni, sempre in nero, di tonnellate di pellame. Ancora artifici contabili consentivano di far sparire dalla contabilità aziendale il materiale venduto senza fattura. Il salto di qualità dell'inchiesta è arrivato però quando i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria sono riusciti a ricostruire la struttura di controllo della società con sede ad Arzignano, una organizzazione per scatole cinesi che ha permesso di far risalire così a due holding gemelle in Lussemburgo e adue trust con sede nell'isola di Mann. Gli investigatori vicentini sono stati in grado di dimostrare che i trust erano fittizi. I due fratelli italiani che li avevano disposti ne erano infatti anche beneficiari e gestori di fatto e questo cancella i vantaggi fiscali garantiti sia dai trust che dalle holding lussemburghesi. Risultato: 106 milioni di euro sono stati recuperati a tassazione mentre è stato accertato che un miliardo e 334 milioni è stato sottratto al monitoraggio fiscale e questo consentirà all'erario di incamerare centinaia di milioni. I responsabili dell'azienda, che hanno sostanzialmente riconosciuto la bontà delle conclusioni cui sono giunti gli esperti delle fiamme gialle, si sono impegnati a procedere in un percorso di regolarizzazione della loro posizione nei confronti del fisco italiano. "Abbiamo dimostrato di essere bravi quanto i migliori consulenti aziendali - ha commentato il col. Antonio Morelli, Comandante provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza, illustrando l'operazione - anzi per alcuni versi ancora più bravi. In questo particolare momento storico che richiede sacrifici a tutti gli italiani saremo in grado di scovare e punire tutti coloro che costruiscono artifizi fiscali".
26 agosto 2011 La manovra che cambia La Lega: agire su reversibilità Frondisti Pdl: via 25% degli statali Sarà l’incontro di lunedì ad Arcore fra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi a dire una parola decisiva sulla nuova manovra anti-crisi. Un decreto che, in attesa delle certezze che saranno fissate dagli emendamenti depositati in Senato, continua a vivere sulle tensioni continue nella maggioranza fra il Pdl e la Lega e a registrare sempre nuove proposte. Le ultime (di matrice lumbard) riguardano una patrimoniale "anti-evasori" e gli assegni di reversibilità delle vedove, mentre dai frondisti del Pdl che fanno capo a Guido Crosetto arriva un possibile emendamento-choc: obbligare tutti i ministeri e gli enti pubblici a presentare una razionalizzazione delle piante organiche che porti, a regime, a una riduzione del personale di ben il 25%. Già ieri il premier ha provato a chiamare il leader leghista dopo la frattura occorsagli al braccio, ma al telefono ha risposto il figlio Renzo. Quasi una metafora dell’attuale difficoltà di comunicare dentro la maggioranza. Con i due leader massimi impegnati su altri fronti, protagonista del giorno è Roberto Calderoli. Il ministro leghista della Semplificazione nel pomeriggio incontra per due ore a Roma Angelino Alfano, il segretario del Pdl. Un incontro lungo ma, a quanto pare, non produttivo: le distanze restano tutte, specie sul nodo della previdenza, e fino a lunedì toccherà lavorare ai "mediatori". Prima, però, Calderoli è a Rimini, al Meeting di Cl, da dove lancia due proposte forti: una proprio sulle pensioni e l’altra in area fiscale. Sul primo argomento Calderoli non fa in realtà nessun arretramento sulla questione dell’età di uscita dal lavoro, dove l’attuale decreto è per il Carroccio come il Vangelo ("Resti immutato, il punto di compromesso è già stato raggiunto"), alla faccia di quel che dice Alfano. Fa una concessione, invece, su quelle che Calderoli chiama le "pensioni di chi non ha mai lavorato". Insomma, per la Lega "bisogna andare a interessarsi di chi ha pensioni di reversibilità eccessivamente alte" e che, per di più, riceve magari "degli accompagnamenti (nel senso di indennità, <+corsivo>ndr<+tondo>) che attualmente vengono dati indistintamente a tutti, senza limiti legati al reddito". Si rallegra Gaetano Quagliariello, numero due del Pdl in Senato, che parla di "possibile spiraglio", ma per Massimo Corsaro, vicepresidente del gruppo alla Camera, si tratta invece di "semplice pretattica". E subito alza la voce la Fish (Federazione superamento handicap), che lamenta: "La Lega se la prende con le vedove e le persone con grave disabilità". Ancora più forte è l’altra idea prospettata da Calderoli e sulla quale, ha precisato, sta lavorando "un gruppo di tecnici" della Lega: una patrimoniale ("ma non chiamatela così", si appella il ministro) con cui sostituire il contributo di solidarietà, che non va bene perché "è inammissibile far pagare di più a chi ha già pagato le tasse". Il ragionamento è semplice: l’oggetto del balzello sarebbe "solo il patrimonio su cui non sono state pagate le tasse sotto altre forme", che in pratica verrebbero "detratte", quindi scalate, da questa nuova imposta. In questo modo, sottolinea Calderoli, "se Tizio ha intestato a Caio in maniera di comodo un bene, questa volta qualcuno le tasse le paga". Su quest’altro campo, insomma, le parti sono esattamente ribaltate: il Carroccio vede con favore un intervento più equo, ma è il Pdl a dire un secco no a ogni forma di patrimoniale. Sul fronte fiscale, la forza principale della coalizione opta invece, al momento, per un aumento dell’aliquota ordinaria dell’Iva di un punto, dal 20 al 21%, lasciando invariate quelle del 4 e del 10%. Quanto alla "super-Irpef", l’obiettivo è abolirla del tutto o, al massimo, rimodularla, alzando a 200mila euro il tetto di reddito oltre cui chiedere il contributo del 5%. Eugenio Fatigante
2011-08-21 21 agosto 2011 Gmg: appuntamento nel 2013 a Rio de Janeiro Il Papa ai giovani di Madrid "Il mondo ha bisogno di Dio ha bisogno della vostra fede" La mattinata Fedeli al Papa nonostante stanchezza, caldo, sete, pioggia e, infine, una notte quasi insonne, un milione e mezzo, forse due milioni, di giovani pellegrini dellaGiornata Mondiale della Gioventù hanno accolto con gioia incontenibilequesta mattina Benedetto XVI nell’immenso campo della base aerea nel quale ha celebrato la Messa conclusiva della Gmg di Madrid. I ragazzi erano già presenti da ieri sera quando si era celebrata la Veglia dipreghiera presieduta dal Papa. Un'appuntamento intramezzato da un improvviso violento nubifragio, affrontato con allegria dai giovani e con placida serenità dal Papa. Secondo il portavoce del Vaticano padre Federico Lombardi, fra 1,5 e 2 milioni di persone hanno assistito alla Veglia e alla messa, chi a Cuatro Vientos, chi, perché gli spazi disponibili erano stati esauriti, seguendola sugli schermi giganti allestiti a Madrid. "Spero che abbiate potuto dormire, e che abbiate potuto anche pregare", ha detto sorridendo Benedetto XVI salutando i giovani al suo arrivo questa mattina."Sono sicuro, ha aggiunto, che vi siete svegliati alzando più volte gli occhi al cielo, non solo gli occhi ma anche il cuore".A riceverlo c’era anche re Juan Carlos e la regina Sofia. Secondo la stampa di Madrid la veglia di ieri sera e la messa oceanica di oggi costituiscono la più grande riunione cattolica mai realizzata in Spagna. L’annuncio che a causa dei danni causati dal nubifragio di ieri notte allo stock di ostie depositate nelle tende-cappelle del campo la comunione non sarebbe stata possibile per tutti è stata accolta con un iniziale disappunto. Ma poi l’arrivo del Papa ha riacceso l’entusiasmo del mare di ragazzi riuniti a Cuatro Vientos.
L'omelia "Il mondo ha bisogno certamente di Dio, ha bisogno della testimonianza della vostra fede". Lo ha detto il Papa ai due milioni di giovani assiepati nell’aerodromoCuatro Vientos di Madrid per la Messa conclusiva della Gmg. "Penso che la vostrapresenza qui, giovani venuti dai cinque continenti, sia - ha sottilineato il Papa - una meravigliosa prova della fecondità del mandato di Cristo alla Chiesa: "andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura"". "Anche a voi - ha scandito - spetta lo straordinario compito di essere discepoli e missionari di Cristo in altre terre e paesi dove vi è una moltitudine di giovani che aspirano a cose più grandi e,scorgendo nei propri cuori la possibilità di valori più autentici, non si lasciano sedurre dalle false promesse di uno stile di vita senza Dio". "Cari giovani - ha detto ancora Papa Ratzinger - permettetemi che, come Successore di Pietro, vi inviti a rafforzare questa fede che ci è stata trasmessa dagli Apostoli, a porre Cristo, il Figlio di Dio, al centro della vostra vita. Perà permettetemi anche che vi ricordi che seguire Gesù nella fede è camminare con Lui nella comunione della ChiesaLa fede non dà solo alcune informazioni sull’identità di Cristo, bensì suppone una relazione personale con Lui, l’adesione di tutta la persona, con la propria intelligenza, volontà e sentimenti alla manifestazione che Dio fa di se stesso. Rispondetegli - ha concluso - con generosità e audacia, come corrisponde a uncuore giovane qual è il vostro".
Tra due anni a Rio de Janeiro "Sono lieto di annunciare - ha detto il Papa nell’Angelus dopo la Messa conclusiva della XXVI Gmg - che la sede della prossima Giornata mondiale della gioventù sarà Rio de Janeiro". E’ tradizione che al termine di un raduno mondiale dei giovani il Papa annunci ufficialmente l’appuntamento successivo. La prossima Gmg si svolgerà tra due anni. Nei saluti nelle varie lingue il Papa ha sollecitato i giovani a non farsi soggiogare da una società secolarizzata: "Non abbiate paura di essere cattolici", "la fede non è una teoria", "vi sentirete controcorrente in mezzo a una società relativista che rinuncia a possedere la verità", "questo particolare momento storicoè pieno di sfide e opportunità".
20 agosto 2011 TENSIONI NELLA MAGGIORANZA Pensioni, Berlusconi insiste: la Lega rifletta Acque sempre agitate nellamaggioranza sulla manovra. È ancora una volta la Lega a mettersi di traverso con Umberto Bossi che smentisce aperture sulle pensioni e addirittura profetizza: "L'Italia finirà male". Roberto Calderoli insiste: "Il Pdl non pensi solo ai suoi elettori, la previdenza non si tocca, per noi è un imperativo non un capriccio". Poi in serata sembra ammorbidire le sue posizioni chiedendo agli alleati di marciare compatti per evitare la "spallata dei poteri forti" e trovare una "proposta unica" di modifica sulla finanziaria bis che metta d'accordo tutti. Il Pdl prende atto dell'apertura ma aumenta il pressing per far tornare sui suoi passi il Senatur: "La Lega rifletta, è necessario un intervento sul nodo previdenziale". Intanto, nella maggioranza l'ultima ipotesi per fare cassa a alleggerire i tagli agli enti locali è quella della dismissione di caserme e altri immobili di Stato. Gli scajoliani insistono: "Aumentare l'Iva non deprimerà i consumi". Anche il governatore lombardo, Roberto Formigoni, rilancia: "Sette-otto regioni sono più che sufficienti, dismettiamo il patrimonio dello Stato". Alla vigilia dell'inizio dell'iter parlamentare della finanziaria bis i frondisti non arretrano di un millimetro: martedì vedranno Angelino Alfano e gli chiedono di fare una sintesi delle loro proposte di modifica del provvedimento economico varato il 13 agosto scorso dal Cdm. "Apprezziamo la disponibilità ai cambiamenti espressa dal presidente del Consiglio, fatti salvi esclusivamente i saldi, pari a 45,5 miliardi di euro fino alla fine della legislatura - scrivono in una nota comune- e ribadiamo la nostra convinzione: no a nuove tasse, sì a riforme per raggiungere il pareggio di bilancio senza deprimere l'economia". L'ex presidente del Senato, Marcello Pera, che critica assicura: "Comunque vada, i 'frondistì voteranno la manovra". Il Pd presenterà la prossima settimana la sua contro-manovra e per bocca di Pierluigi Bersani, attacca: "Il governo è nel caos. Per amor di patria, la maggioranza metta rapidamente un qualche rimedio all'incredibile babele di questi giorni". Il Pdl non arretra, dunque, sulla questione previdenziale. Dice il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto: "La Lega deve fare una attenta riflessione, visto che siamo tutti di fronte a scelte assai stringenti, visto che la situazione economica generale per certi versi si è addirittura aggravata e non dà certamente spazio ad un mutamento dei saldi". Claudio Scajola insiste sul ritocco dell'Iva: "Se aumentassimo di un punto l'Iva, lasciandola però invariata sui beni di prima necessità, potremmo guadagnare 5-6 mld l'anno e questo renderebbe più giusta la manovra. A mio parere l'aumento dell'uno per centro non diminuirebbe i consumi, lo ha fatto la Germania e non ha avuto danni". E ancora: "Sì alla riforma delle pensioni e alle dismissioni". Ignazio La Russa è favorevole alla dismissioni per la Difesa ma senza tagli: "Sono stato io a proporre di puntare molto sulle dismissioni, purchè queste non incidano minimamente sulla sicurezza e l'efficienza e purchè il ricavato ritorni in larga parte alla Difesa per sopperire ai tagli lineari. Mi fa piacere che adesso si parli della vendita di immobili anche non della Difesa". Anche Saverio Romano, ministro dell'Agricoltura, invita ad accelerare: "È necessario buttare il cuore oltre l'ostacolo. O si coglie l'occasione di una congiuntura economica internazionale completamente negativa per accelerare sul terreno delle riforme strutturali di cui ha bisogno l'Italia ivi compresa quella delle pensioni, oppure si corre il rischio di perdere il treno con la conseguenza di far deragliare il paese su un binario morto". Sulla stessa linea anche Maria Stella Gelmini: "La Lega ci ripensi, si faccia la riforma pensionistica". Gianfranco Rotondi, ministro dell'Attuazione del programma, insiste: "Sì alle macroregioni, aboliamo tutte le province. L'Udc non usa mezzi termini: "Bossi e Berlusconi sono come un ciclista che vuol guidare un autobus. Non potranno mai riuscirci". Dice il deputato e responsabile Enti locali del partito, Mauro Libè: "I dati dimostrano ogni giorno che questo finto bipolarismo ha solo contribuito ad aggravare la situazione economica dei cittadini". E ancora: "Il federalismo di facciata della Lega è servito solamente a permettere l'aumento dei tributi locali, senza alcun beneficio per i cittadini in quanto a qualità dei servizi. Oggi si parla di tagliare qualche provincia e di abolire i piccoli comuni. Sono solo chiacchiere che dimostrano la mancanza di volontà. Per raggiungere questi obiettivi, infatti, bastava votare le nostre proposte". "Questo federalismo di facciata -conclude Libè- fa emergere una realtà drammatica: chi ci governa non conosce il paese". Angelo Cera, deputato centrista, critica proposta Pd sul ridimensionamento dei parlamentari: "In un periodo di sofferenza per l'intero sistema Italia, c'è chi ha il coraggio di uscire sui media e farsi una pubblicità a buon mercato". In serata Pier Ferdinando Casini ribadisce il suo no alla 'super tassa che massacra il ceto medio" e avverte: "Non voteremo la manovra così com'è, perchè tartassa i soliti noti". Il Pd, dunque, boccia ancora una volta l'operato del governo e annuncia una contromanovra che verrà presentata martedì prossimo con tre obiettivi: mantenere i saldi, dare uno stimolo all'economia, garantire equità nella distribuzione dei sacrifici. Bersani non ha dubbi: "Nel governo e nella maggioranza c'è uno sbandamento totale. La prossima settimana rischia di aprirsi in un'incertezza pericolosa". Alcuni giorni fa il Pd aveva indicato sette punti-chiave di una manovra alternativa a quella voluta da Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi: una soglia sulla tracciabilità dei pagamenti più bassa rispetto ai 2.500 euro previsti dal governo; una imposta progressiva sui valori immobiliari; un prelievo straordinario una tantum sull'ammontare dei capitali esportati illegalmente e 'scudatì. Martedì arriveranno i dettagli del piano. "Per quel che ci riguarda -spiega il leader dei Democrat - noi stiamo traducendo in emendamenti il nostro piano e martedì prossimo lo presenteremo all'opinione pubblica e alle forze sociali". Poi assicura: "Arriveremo al confronto in Parlamento con le idee chiare e con soluzioni vere e praticabili. Per amor di patria, la maggioranza metta rapidamente un qualche rimedio all'incredibile babele di questi giorni". Tuona Antonio Di Pietro: "Mentre l'economia italiana continua ad andare a picco, il governo di Berlusconi e Tremonti non riesce a capire da dove tirare fuori i soldi che ci vogliono per risanare i conti e si dibatte tra la sciagurata idea di un nuovo premio agli evasori fiscali, che ci derubano continuamente, e la svendita di qualche patrimonio dello Stato".
20 agosto 2011 CRISI Autunno nero per l'occupazione 88 mila posti di lavoro in meno Sarà un autunno nero per l'occupazione: anche se l'emorragia dei posti di lavoro registra un rallentamento, il saldo a fine 2011 per le imprese con almeno un dipendente (circa 1,5 milioni) mostra ancora il segno meno: 88mila i posti in uscita - dice Unioncamere - pari a un calo dell'occupazione dipendente dello 0,7%. Più a rischio il lavoro nelle piccole e medie imprese e, a livello geografico, è il Sud a mostrare un deciso affanno. Nel 2010 il saldo negativo era stato di 178mila unità, -1,5%. Peggio ancora era andata nel 2009, anno clou della crisi: 213.000 i posti bruciati, pari a -1,9%. Nei numeri del centro studi Unioncamere il 2011 vede quasi 44mila entrate in più rispetto al 2010 e 47mila uscite in meno ma, anche a causa dell'accresciuta incertezza sulla scena internazionale, l'inversione di tendenza non sembra essere alle porte per le imprese dell'industria, commercio e servizi. Per il settore industriale a fine 2011 è attesa una perdita di quasi 59mila unità (-1,2%); meglio i servizi che dovrebbero fermarsi a quota -29mila unità (-0,4%). Crollo invece per le imprese delle costruzioni (quasi 29mila posti in meno). Nei servizi, l'unico settore che arriva a perdere un punto percentuale è relativo agli alberghi e ristoranti, mentre i tassi di variazione degli altri comparti sono compresi tra il -0,7% (servizi alle imprese) e il -0,2% (commercio al dettaglio). Unico segno più i servizi avanzati, dove le imprese pensano di incrementare di circa 1.500 unità i propri dipendenti.
20 agosto 2011 LA MANOVRA DEL GOVERNO Bagnasco sulla manovra: "Tutti paghino le tasse" La politica deve "ritrovare e coltivare" il rapporto con la gente, sui problemi che contano, sui valori autentici, a cominciare dalla centralità della persona. La gente "sente di essere abbandonata dal mondo politico", troppo attento a "interessi personali", ha bisogno di una nuova iniezione di fiducia. I cattolici vogliono partecipare, "senza nostalgia del passato vogliono esserci e ci saranno". Da Madrid, intervistato dalla trasmissione di Raiuno Radioanch’io, il cardinale Angelo Bagnasco interviene sui grandi interrogativi sociali sollevati dalla crisi economica, con un occhio alla Gmg e uno sguardo attento all’Italia, ai suoi sbandamenti politici, al dovere morale di partecipare, ognuno per la sua parte, al bene della società, cominciando col pagare le tasse. In questo la Chiesa, i pastori, senza porsi "dentro alle questioni tecniche", devono essere di "richiamo spirituale ed etico", facendo "appello alla coscienza di ciascuno", perché "sono impressionanti le cifre sull’evasione in Italia" e pagare le tasse "è un dovere di tutti", per contribuire alla vita pubblica e sociale. I giovani si interrogano, i giovani domandano, questi giovani, sottolinea il presidente della Cei, "cercano un punto di riferimento negli adulti, nelle istituzioni, nella Chiesa, orientano la propria attenzione ai valori", offrendo un esempio di come si possano prendere sul serio le domande più vere, quelle che più contano per le nuove generazioni. Anche nell’urgenza e nella necessità dei tagli economici, è necessario che la politica offra maggiore attenzione alla famiglia, che in questa crisi, soprattutto in Italia, è stata ed è "una valvola di sicurezza enorme e sarebbe miope e dannoso non considerarla un ganglio vitale". A questo proposito il cardinale sottolinea che non sarebbe utile per nessuno "perdere questo patrimonio, questo punto fermo: se la famiglia, la vita, la libertà educativa non sono al centro della politica, la società non va da nessuna parte". Dai tagli, sempre da un punto di vista etico, secondo il cardinal Bagnasco, andrebbero salvaguardate anche le missioni all’estero nella porzione in cui "non riguardano tanto i bilanci, ma i diritti fondamentali che in certe parti del mondo non sono rispettati". Nel medesimo contesto "è necessario rivedere gli stili di vita". Affermazione che è un naturale riferimento ai valori proposti dai giovani a Madrid (anche in contrapposizione a quelli propagandati dalla contestazione laicista) e che l’arcivescovo di Genova non lascia galleggiare nel vuoto, ma concretizza nei particolari riferiti alla realtà italiana, quale risposta etica al difficile momento: "Tutti facciano la loro parte, rinunciando a benefici eccessivi e privilegi". Di fronte alle deformazioni dell’economia, dello "statalismo" e del "capitalismo selvaggio" si tratta di "individuare correttivi da una sintesi superiore, che insieme accresca il senso dell’uomo. Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, laddove c’è ancora un livello troppo alto, ci si ricomponga". Se con gli indignados deve esserci dialogo, questo è possibile proprio partendo dal comune "desiderio di giustizia sociale". Roberto I. Zanini
19 agosto 2011 MERCATI NELLA BUFERA Piazza Affari chiude in rosso La Merkel boccia gli Eurobond Altra giornata drammatica per le borse. Piazza Affari parte in negativo e con il passare delle ore aumenta le perdite. A fine mattinata il Ftse Mib cede il 3,08% a 14.511 punti e il Ftse Mib il 2,81% a 15.306 punti. Nel pomeriggio Milano recupera, riducendo le perdite al -1,7%, ma poi scivola nuovamente nel finale chiudendo a -2,46%. In generale, le Borse europee chiudono la settimana con un'altra giornata difficile: l'indice Stxe 600, che fotografa l'andamento dei principali titoli quotati sui listini del Vecchio continente, ha ceduto l'1,57%, che equivale a 94 miliardi di euro di capitalizzazione bruciati in una sola seduta. La Borsa di Milano, con un calo del 2,12% dell'indice Ftse All share, manda in fumo da sola 7,3 miliardi. UE APRE AGLI EUROBOND, MERKEL CHIUDE Il commissario agli Affari economici e monetari dell'Unione europea, Olli Rehn, ha affermato che l'Ue potrebbe mettere a punto una bozza sull'emissione comune di eurobond e presentare uno studio sulla fattibilità di titoli comuni. "La Commissione si è offerta di presentare un report al Parlamento europeo e al Consiglio per mettere a punto un sistema di emissioni comuni per i titoli di Stato europei", ha detto Rehn, secondo quanto riporta Bloomberg. "Il rapporto sarà, se opportuno, accompagnato da proposte legislative", ha precisato il commissario senza dare riferimenti temprali sia per il report di fattibilità sia per la possibile bozza. Gli eurobond, ha aggiunto Rehn, punterebbero a un rafforzamento della disciplina fiscale e una maggiore stabilità dell'eurozona rispetto ai mercati. Reazione immediata e negativa dalla Germania. "Noi non li vogliamo" è stato il secco commento della cancelliera tedesca Angela Merkel. A suo parere con una "collettivizzazione" del debito in Europa, i Paesi membri starebbero peggio di prima. ORO RECORD Spinto dai ventui di crisi, l'oro mette a segno un nuovo record, aggiornando ulteriormente, nella stessa giornata, il suo prezzo massimo, che sale negli scambi a New York sopra i 1.880 dollari l'oncia. DISASTRO ASIA Franano gli indici anche in Asia. Il mercato teme per la ripresa degli Stati Uniti e che la crisi del debito in Europa si diffonda. Intanto i futures sugli indici europei e americani sono in ribasso. L'indice di riferimento della regione Asia Pacific Index perde il 3,84%. "C'è una totale mancanza di fiducia nella capacità dei responsabili politici di disinnescare la situazione", commenta un gestore. Sono pesanti i cali sulle Borse orientali nella seduta di fine settimana, con Seul a guidare la lista delle perdite. Forti i timori sull'andamento dell'economia globale, in particolare sulle posibilità che gli Usa entrino in recessione e che il sistema bancario europeo vada in crisi dopo le tensioni sui prestiti a breve da parte di alcuni istituti del Vecchio Continente. Di seguito, gli indici dei titoli guida delle principali Borse di Asia e Pacifico: - Tokyo -2,51% - Hong Kong -2,70% - Shanghai -1,07% - Taiwan -3,57% - Seul -6,22% - Sidney -3,51% - Bangkok -1,53%
2011-08-19
19 agosto 2011 GMG SECONDO GIORNO Il Papa: radicalità evangelica di fronte all'eclissi di Dio Una "società sgretolata e instabile" che non dà "punti di riferimento ai giovani" richiede che anche i professori non formino solo "professionisti competenti che possano soddisfare la domanda del mercato". Il Papa, incontrando all'Escorial i giovani docenti che partecipano alla Gmg, ha criticato una "visione utilitaristica della educazione, anche di quella universitaria" e ha osservato che certo i docenti sentono "senza dubbio il desiderio di qualcosa di più elevato, che corrisponda a tutte le dimensioni che costituiscono l'uomo". "L'università - ha sottolineato Benedetto XVI - è stata ed è tuttora chiamata ad essere sempre la casa dove si cerca la verità propria della persona umana. Per tale ragione - ha commentato - non a caso fu la Chiesa ad aver promosso l'istituzione universitaria, proprio perché la fede cristiana ci parla di Cristo come del Logos mediante il quale tutto è stato fatto (cfr Gv 1,3), e dell'essere umano creato ad immagine e somiglianza di Dio. Questa buona novella - ha proseguito - scopre una razionalità in tutto il creato e guarda all'uomo come ad una creatura che partecipa e può giungere a riconoscere tale razionalità. L'università incarna, pertanto, un ideale che non deve snaturarsi, né a causa di ideologie chiuse al dialogo razionale, nè per servilismi ad una logica utilitaristica di semplice mercato, che vede l'uomo come semplice consumatore". La "missione" dei docenti, ha ricordato il Papa, è "importante e vitale" perchè hanno la "responsabilità di trasmettere questo ideale universitario": "I giovani hanno bisogno di autentici maestri; persone aperte alla verità totale nei differenti rami del sapere, sapendo ascoltare e vivendo al proprio interno tale dialogo interdisciplinare; persone convinte, soprattutto, della capacità umana di avanzare nel cammino verso la verità. La gioventù è tempo privilegiato per la ricerca e l'incontro con la verita". A questo punto il Papa ha citato Platone: "Cerca la verità mentre sei giovane, perché se non lo farai, poi ti scapperà dalle mani". 'Questa alta aspirazione - ha incitato papa Ratzinger - è la più preziosa che potete trasmettere in modo personale e vitale ai vostri studenti, e non semplicemente alcune tecniche strumentali ed anonime, o alcuni freddi dati, usati solo in modo funzionale". Non perdete "questa sensibilità", ha raccomandato ai giovani docenti, non dimenticate che l'insegnamento non è "un'arida comunicazione di contenuti", ricordate che la "verità è sempre più alta dei nostri traguardi". BENEDETTO XVI ALLE GIOVANI RELIGIOSE: SIATE TESTIMONI Oggi "si constata una sorta di eclissi di Dio, una certa amnesia, se non un vero rifiuto del Cristianesimo e una negazione del tesoro della fede ricevuta, col rischio di perdere la propria identità profonda". Lo ha detto Benedetto XVI nel discorso rivolto alle giovani religiose incontrate oggi presso il Complesso monumentale di El Escorial, in occasione della Gmg di Madrid, sottolineando come "l'incontro personale con Cristo, che nutre la vostra consacrazione, deve esser testimoniato con tutta la forza trasformante nelle vostre vite e possiede oggi una speciale rilevanza". "Davanti al relativismo e alla mediocrità - ha aggiunto il Papa - sorge il bisogno di questa radicalità, che testimonia la consacrazione come un appartenere a Dio, sommamente amato. Ciascun carisma è una parola evangelica che lo Spirito Santo ricorda alla sua Chiesa. Non invano la Vita Consacrata nasce dall'ascolto della Parola di Dio ed accoglie il Vangelo come sua norma di vita". "La radicalità evangelica - ha sottolinea il Santo Padre - è rimanere radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede, che nella vita consacrata significa andare alla radice dell'amore a Gesù Cristo con cuore indiviso, senza anteporre nulla a tale amore, con una appartenenza sponsale, come l'hanno vissuta i Santi, nello stile di Rosa da Lima e Raffaele Arnaiz, giovani patroni di questa Giornata Mondiale della Gioventù". "Questa radicalità evangelica della vita consacrata - ha detto ancora il Papa alle religiose - si esprime nella comunione filiale con la Chiesa, focolare dei figli di Dio, che Cristo ha edificato. La comunione coi Pastori, i quali in nome del Signore annunciano il deposito della fede ricevuto attraverso gli Apostoli, il Magistero della Chiesa e la tradizione cristiana. La comunione con la vostra famiglia religiosa, custodendone con gratitudine il genuino patrimonio spirituale e apprezzando anche gli altri carismi. La comunione con altri membri della Chiesa, quali i laici, chiamati a testimoniare, a partire dalla propria vocazione specifica, il medesimo vangelo del Signore". "Infine - ha detto il Papa - la radicalità evangelica si esprime nella missione che Dio ha voluto affidarvi. Dalla vita contemplativa, che accoglie nei suoi chiostri la Parola di Dio nel silenzio eloquente e ne adora la bellezza nella solitudine da Lui abitata, fino ai diversi cammini della vita apostolica, nei solchi della quale germina il seme evangelico nell'educazione dei bambini e dei giovani, nella cura degli infermi e degli anziani, nell'accompagnamento delle famiglie, nell'impegno a favore della vita, nella testimonianza alla verità, nell'annuncio della pace e della carità, nell'impegno missionario e nella nuova evangelizzazione, e in tanti altri campi dell'apostolato ecclesiale". L'ARRIVO ALL'ESCORIAL Papa Benedetto XVI ha incontrato le giovani religiose e i giovani docenti universitari al Complesso monumentale di El Escorial, dove il Pontefice è arrivato nell'ambito delle visite previste per la Giornata mondiale della gioventù in corso in Spagna. In piazza La Lonja, dove si trovano riunite alcune migliaia di giovani e religiose, il Papa è arrivato verso le 11.30 ed è stato accolto dalla presidente della Comunidad de Madrid, Esperanza Aguirre, e dal delegato del governo. All'ingresso del palazzo è stato salutato poi dal presidente del Consejo de Administración del Patrimonio Nacional e dal Superiore della Comunità degli Agostiniani. Quindi il Papa ha attraversato assieme a quattro religiose il sagrato della Basilica di San Lorenzo, chiamato 'Patio de los Reyes', dove lo stavano aspettando circa 1.600 giovani religiose appartenenti a varie congregazioni, anche contemplative. IL PROGRAMMA DELLA GIORNATA Giornata densa di incontri e appuntamenti per il Papa nel secondo giorno del suo viaggio a Madrid per la Giornata mondiale della gioventù. Dopo la messa in privato nella Nunziatura della capitale spagnola Benedetto XVI si trasferisce in automobile intorno alle 9.30 nel palazzo della Zarzuela per una visita di cortesia ai reali di Spagna. Ancora in automobile si sposterà poi all'Escorial dove incontrerà prima le giovani religiose e poi docenti universitari che hanno meno di 40 anni. In entrambi questi incontri papa Ratzinger terrà un discorso pubblico. Alle 13.45 pranzerà alla Nunziatura allo stesso tavolo con 12 ragazzi di varie nazionalità, un ragazzo e una ragazza per ciascun continente e un ragazzo e una ragazza spagnola.
Nel pomeriggio alle 17.30 in Nunziatura Benedetto XVI avrà un incontro ufficiale con il premier spagnolo Josè Zapatero e alle 19 si trasferirà nella grande Plaza de Cibeles di svolge la Via Crucis con i giovani, un rito per il quale gli spagnoli hanno fornito statue provenienti da diverse regioni della Spagna. Anche durante la Via Crucis è previsto un discorso del Papa.
19 agosto 2011 MERCATI NELLA BUFERA Piazza Affari chiude in rosso La Merkel boccia gli Eurobond Altra giornata drammatica per le borse. Piazza Affari parte in negativo e con il passare delle ore aumenta le perdite. A fine mattinata il Ftse Mib cede il 3,08% a 14.511 punti e il Ftse Mib il 2,81% a 15.306 punti. Nel pomeriggio Milano recupera, riducendo le perdite al -1,7%, ma poi scivola nuovamente nel finale chiudendo a -2,46%. In generale, le Borse europee chiudono la settimana con un'altra giornata difficile: l'indice Stxe 600, che fotografa l'andamento dei principali titoli quotati sui listini del Vecchio continente, ha ceduto l'1,57%, che equivale a 94 miliardi di euro di capitalizzazione bruciati in una sola seduta. La Borsa di Milano, con un calo del 2,12% dell'indice Ftse All share, manda in fumo da sola 7,3 miliardi. UE APRE AGLI EUROBOND, MERKEL CHIUDE Il commissario agli Affari economici e monetari dell'Unione europea, Olli Rehn, ha affermato che l'Ue potrebbe mettere a punto una bozza sull'emissione comune di eurobond e presentare uno studio sulla fattibilità di titoli comuni. "La Commissione si è offerta di presentare un report al Parlamento europeo e al Consiglio per mettere a punto un sistema di emissioni comuni per i titoli di Stato europei", ha detto Rehn, secondo quanto riporta Bloomberg. "Il rapporto sarà, se opportuno, accompagnato da proposte legislative", ha precisato il commissario senza dare riferimenti temprali sia per il report di fattibilità sia per la possibile bozza. Gli eurobond, ha aggiunto Rehn, punterebbero a un rafforzamento della disciplina fiscale e una maggiore stabilità dell'eurozona rispetto ai mercati. Reazione immediata e negativa dalla Germania. "Noi non li vogliamo" è stato il secco commento della cancelliera tedesca Angela Merkel. A suo parere con una "collettivizzazione" del debito in Europa, i Paesi membri starebbero peggio di prima. ORO RECORD Spinto dai ventui di crisi, l'oro mette a segno un nuovo record, aggiornando ulteriormente, nella stessa giornata, il suo prezzo massimo, che sale negli scambi a New York sopra i 1.880 dollari l'oncia. DISASTRO ASIA Franano gli indici anche in Asia. Il mercato teme per la ripresa degli Stati Uniti e che la crisi del debito in Europa si diffonda. Intanto i futures sugli indici europei e americani sono in ribasso. L'indice di riferimento della regione Asia Pacific Index perde il 3,84%. "C'è una totale mancanza di fiducia nella capacità dei responsabili politici di disinnescare la situazione", commenta un gestore. Sono pesanti i cali sulle Borse orientali nella seduta di fine settimana, con Seul a guidare la lista delle perdite. Forti i timori sull'andamento dell'economia globale, in particolare sulle posibilità che gli Usa entrino in recessione e che il sistema bancario europeo vada in crisi dopo le tensioni sui prestiti a breve da parte di alcuni istituti del Vecchio Continente. Di seguito, gli indici dei titoli guida delle principali Borse di Asia e Pacifico: - Tokyo -2,51% - Hong Kong -2,70% - Shanghai -1,07% - Taiwan -3,57% - Seul -6,22% - Sidney -3,51%
19 luglio 2011 PESSIMISMO Il fantasma della recessione torna ad agitare Usa e Ue "Recessione". La parola che si sperava di non dover tornare a pronunciare tanto presto dopo la crisi finanziaria scoppiata nel 2008, ieri è tornata a dispiegare tutta la sua potenza, provocando un giovedì non nero, ma nerissimo sui mercati europei e americani. Per ora, in realtà, è solo paura, ma a scioccare i mercati già nervosissimi da mesi ci ha pensato il pesante monito lanciato ieri dalla banca d’investimenti Usa Morgan Stanley. La banca, in una nota diffusa ieri via email, ha tagliato le stime della crescita globale al 3,9% dal 4,2% nel 2011 e al 3,8% dal 4,5% nel 2012. Severo l’avvertimento soprattutto per l’Occidente: "Le nostre previsioni riviste – afferma il comunicato – mostrano che gli Stati Uniti e l’euro sono pericolosamente vicini a una recessione". Non siamo ai livelli del 2008, "la combinazione di società con forti disponibilità, prezzi del petrolio in calo rispetto ai picchi dello scorso anno e i tagli dei tassi da parte delle banche centrali – scrive ancora l’istituto – dovrebbero impedire un calo in una recessione a due cifre". Tuttavia la situazione di Usa ed Europa, è "aggravata dalle prospettive di un inasprimento fiscale" sulle due rive dell’Atlantico. Non basta, secondo Morgan Stanley "recenti errori politici, specialmente la risposta europea debole e insufficiente alla crisi del debito sovrano e il dramma intorno all’innalzamento del tetto del debito Usa hanno gravemente pesato sui mercati finanziari ed eroso la fiducia di imprese e consumatori". La banca ha tagliato (dal 9% all’8,7%) anche le previsioni della locomotiva mondiale Cina, e anche la Deutsche Bank vede il colosso asiatico in calo dal 10,3% del 2010 all’8,9% del 2011, con impatto previsto anche sull’Europa, anzitutto la Germania che esporta massicciamente in Asia. Morgan Stanley ha dato così corpo a quanti già temevano l’addensarsi di nuvole nere all’orizzonte, e del resto ieri il rapporto della banca non è stato l’unico elemento a scatenare il panico sulle piazze finanziarie di mezzo mondo. Ci si è messo anche il drammatico crollo dell’indice Filadelfia Fed e il riaccendersi del rischio inflazione Usa, anche se il superindice Usa è andato meglio del previsto. Il tutto condito da notizie su nuovi controlli della Federal Reserve sulle filiali americane di banche europee (tra cui Société Générale, Deutsche Bank e Unicredit), visto come segnale di preoccupazione sul reale stato di salute degli istituti del Vecchio continente. Notizie giunte sul retroscena dei dati negativi, diffusi già nei giorni scorsi, sulla brusca frenata del Pil della Germania e dell’eurozona nel secondo trimestre del 2011. Uno scenario in cui non ha certo giovato l’annuncio da parte del cancelliere tedesco Angela Merkel e del presidente francese Nicolas Sarkozy, martedì scorso, di voler proporre una tassa europea sulle transazioni finanziarie. Ieri, peraltro, una portavoce della Commissione Europea ha ribadito che Bruxelles presenterà una proposta in tal senso entro ottobre. Unica nota positiva della giornata: l’assicurazione da parte di Standard & Poor’s di non avere intenzione di declassare il debito francese, attualmente a tripla A. Invano cercava di calmare le acque il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy, in visita ufficiale a Oslo. Il belga ha ammesso un "rallentamento generalizzato", tuttavia, ha aggiunto, "non prevediamo nessuna crescita negativa né recessione". In allarme è però il Parlamento Europeo, che ha convocato per il 29 agosto a Bruxelles, per un’audizione straordinaria di fronte alla Commissione economica, i presidenti di Bce ed Eurogruppo, Jean-Claude Trichet e Jean-Claude Juncker, e il commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn. Giovanni Maria Del Re
19 agosto 2011 L'Europa, oggi al bivio, deve saper indicare la strada Ascoltare i giovani, scegliere bene Per la Tobin Tax persi 10 anni La Tobin Tax non è una idea nuova, ma è un’idea significativa e rilevante, che ha il solo difetto di arrivare tardi; ma anche in questo caso vale l’antico proverbio africano: "Il momento migliore per piantare un albero era vent’anni fa, ma se non l’hai fatto il momento migliore è adesso". Una fase dinamica del dibattito su questa tassa fu quella che si scatenò attorno al 2000, dentro quel movimento giovanile che partito da Johannesburg culminò a Genova nel luglio del 2001. Due mesi dopo i tristi fatti del G8 di Genova ci fu l’attentato alle Torri Gemelle che spostò totalmente l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale e della politica dalla Tobin Tax e dalla governance della globalizzazione finanziaria verso il terrorismo e le guerre. Iniziò così un periodo di "distrazione" dalle tematiche della speculazione finanziaria da cui ci siamo risvegliati tragicamente con la crisi del 2008, quando ci siamo accorti che durante la nostra distrazione globale in realtà quella finanza speculativa senza regole e controlli era cresciuta e diventata ipertrofica, fino a farci giungere sull’orlo di un baratro. Una prima lezione da trarre dalla storia di questi ultimi anni è dunque immediata ma importante: quando i giovani protestano insieme, in tanti e su scala mondiale, molto spesso dietro quella protesta – magari scomposta, male articolata e persino tristemente violenta – si nasconde una domanda importante che va ascoltata al di là delle risposte parziali o errate. Se, infatti, avessimo ascoltato, compreso e fatte nostre le domande che quei giovani ponevano al mondo dell’economia e della finanza di fine secolo scorso, cioè una governance più attenta alle nuove dinamiche della globalizzazione dei mercati finanziari, forse la grave crisi tutt’ora in corso avrebbe potuto essere evitata. Ma per comprendere il significato e lo scopo di una tassa proposta a suo tempo dal Nobel James Tobin (uno dei maggiori studiosi di finanza di tutti i tempi: un dato che dovrebbe già dirci qualcosa), può essere utile ricordare quali sono le tre principali funzioni delle tasse (e delle imposte) nelle moderne democrazie. La prima è quella più ovvia e meno controversa dal punto di vista ideologico: il finanziamento e la costruzione dei beni pubblici. Questa prima funzione delle tasse non richiede necessariamente altruismo né particolari virtù civiche, ma solo la fiducia e la speranza che la gran maggioranza degli altri concittadini non siano evasori (una fiducia che oggi potremmo in Italia chiamare anche virtù), ma è essenzialmente un costo coordinato al fine di produrre beni che richiedono il contributo di tutti (sicurezza, infrastrutture...). La seconda funzione è quella classica di ridistribuzione del reddito: la tassazione diventa strumento di solidarietà e fraternità sociale che dice con i fatti che un popolo è anche una comunità con un bene comune da garantire e salvaguardare, e può poggiare anche su una forma di razionalità auto-interessata (come ci ha spiegato il filosofo J. Rawls) quando pensiamo che le persone svantaggiate domani potremmo essere noi o i nostri figli. La terza funzione, quella meno nota e ricordata, è quella di incoraggiare i beni detti "meritori" (o di merito) e scoraggiare i beni "demeritori": si tassano poco o meno beni considerati utili per il bene comune (cultura, educazione...) e si tassano di più quei beni che in realtà sono dei "mali" (tabacco, superalcolici...). In questo ultimo caso le tasse svolgono la funzione di orientare i consumi della gente in settori eticamente sensibili dove sono in gioco valori di interesse collettivo. Normalmente le tasse svolgono o l’una o l’altra di queste tre funzioni e sono molto rare quelle che le riuniscono tutte insieme: la Tobin Tax è proprio una di queste. Infatti contribuire a dare ordine e stabilità ai mercati finanziari significa dar vita oggi a una sorta di bene pubblico di grande valore anche economico. L’effetto redistributivo è evidente, se si utilizzeranno, come sembra ovvio, le entrate per costruire infrastrutture, sanità e istruzione nei Paesi in via di sviluppo. Infine, la speculazione finanziaria presenta aspetti di bene demeritorio, poiché i rischi eccessivi che questi strumenti creano vengono scaricati dai soggetti privati sul sistema, creando le tipiche "tragedie dei beni collettivi". La sfida cruciale consiste nell’adottare una simile tassa a livello più possibile globale, poiché l’ambito della finanza è il mondo è, come già detto in altri interventi, la normativa non può che essere globale se vuole essere davvero efficace e non deviare risorse verso altri mercati. Inoltre, occorre associare all’applicazione della tassa una seria lotta allo scandalo dei paradisi fiscali, una realtà di cui faremo una gran fatica a spiegare l’esistenza ai nostri figli senza arrossire di vergogna. Ma anche se fosse solo l’Europa ad adottarla, la Tobin Tax rappresenterebbe un grande segnale di civiltà, che andrebbe a vantaggio non solo della società civile ma anche dei mercati stessi, che hanno bisogno di democrazia e di regole per durare nel tempo. L’Europa è stata la patria dell’economia moderna e della finanza, è stata capace di inventare queste istituzioni e questi strumenti che l’hanno fatta grande e che hanno reso possibili sviluppo e democrazia per miliardi di persone, faro per l’umanità degli ultimi secoli. Oggi l’Europa è di fronte a un bivio: seguire le logiche di breve periodo e gli interessi dei poteri forti, e quindi lasciare lo status quo di un mercato finanziario che oggi non è affatto libero perché ostaggio dei grandi fondi; oppure dare un segno di civiltà con una scelta coraggiosa in linea con la sua grande storia e le sue profonde, e ancora vive, radici umanistiche e cristiane. Luigino Bruni
19 agosto 2011 L'INTERVISTA Pisani-Ferry: "Niente paura, si dia tempo al piano europeo" "La situazione economica in Europa è molto seria, certo, ma non occorre sottovalutare il peso delle decisioni prese lo scorso 21 luglio. È davvero troppo presto per dire che la strategia elaborata il mese scorso sia già fallita". Jean Pisani-Ferry, fra i più autorevoli economisti francesi, giudica prematuri certi toni allarmisti impiegati in questi giorni. Direttore a Bruxelles del think tank paneuropeo Bruegel sulle politiche economiche nel Vecchio continente e docente all’Università di Parigi-Dauphine, Pisani-Ferry considera "importanti" le mosse già approvate sul rafforzamento del Fondo di stabilità finanziaria e l’emergenza greca. Professore, nella scia del 21 luglio, Germania e Francia hanno lanciato nuove proposte come quella sulla Tobin Tax. Che cosa ne pensa? La proposta di tassare le transazioni finanziarie è stata una mossa politica che a mio parere non ha molto a che vedere con la crisi. Ben più importante è l’annuncio sulla creazione di una presidenza economica stabile per la zona euro. Si tratta di un embrione di struttura più vincolante e solida, interpretabile come una tappa verso future decisioni più forti. Ciò giova alla credibilità della zona euro. Pare invece sfumare per ora l’ipotesi degli eurobond. L’Europa può avanzare senza una mutualità dei debiti pubblici? Credo che l’Europa possa permettersi ancora di evitare questa scelta che sarebbe estremamente pesante. Questa decisione potrebbe divenire necessaria, ma occorre rendersi conto delle sue considerevoli conseguenze politiche. Ciò equivarrebbe in sostanza al permesso concesso da ogni Paese ai propri partner per un accesso alla propria base fiscale. È una misura che può essere concepita solo con contropartite estremamente forti. In questo scenario, in particolare, se la legge finanziaria di un Paese non è giudicata credibile dai suoi partner, dovrebbe poter essere annullata. Berlino e Parigi difendono adesso l’idea d’imporre il pareggio di bilancio a livello nazionale. Un pericolo per la crescita? Occorrerà trovare un difficile equilibrio. Credo che la nuova direttrice del Fmi, Christine Lagarde, abbia ragione nel sottolineare i rischi per la crescita legati a un eccessivo rigore. Occorre mantenere dei margini di manovra ed evitare di prendere decisioni immediate dagli effetti nocivi. In mezzo alle nuove turbolenze, la Banca centrale europea ha un ruolo nuovo da giocare? La Bce pare già oggi l’istituzione più forte sul fronte della crisi, con un ruolo eccezionale rispetto a quello ordinario di una banca centrale. Non è una situazione normale, ma è la crisi ormai ad imporlo. C’è chi parla di equilibri nel direttorio Bce ancora fragili... Sono d’accordo e resteranno probabilmente delicati. Le decisioni ad esempio di acquisire obbligazioni nazionali del debito non sono state prese in modo unanime. Anche per gli orientamenti futuri della Bce, ci troviamo di fronte a un bivio. A proposito del debito pubblico, in Italia molte voci sottolineano che la solidità di un Paese si misura anche attraverso tanti altri fattori. Che cosa ne dice? Il debito pubblico non è certamente l’unico fattore chiave, ma attualmente è quello più esposto allo sguardo dei mercati. Sono d’accordo sul peso di altri fattori, come ad esempio il grado d’indebitamento privato, a lungo trascurato e che ha poi contribuito alla crisi in Paesi come l’Irlanda e la Spagna. L’atteggiamento dei mercati è pervaso ormai da una certa irrazionalità? Parlerei soprattutto di esagerazione. I mercati sono stati fin troppo calmi verso i debiti pubblici nei primi anni dell’euro e oggi eccedono in senso opposto. Ma non si tratta di paure del tutto irrazionali. L’economia americana pare rallentare. Si rischia davvero una ricaduta mondiale nella recessione? Il rallentamento è chiaro, ma per ora è prematuro parlare di ricaduta. C’è chi invoca nuove decisioni del G20 sotto presidenza francese. Può davvero contribuire a un rilancio della crescita? Occorre auspicarlo ed è in effetti una questione chiave. Ma non sarà affatto semplice per il G20, perché la politica interna è ritornata prioritaria quasi dappertutto. Riappaiono inoltre chiare tensioni fra le economie industrializzate e quelle emergenti. Daniele Zappalà
19 agosto 2011 LA MANOVRA DEL GOVERNO Bagnasco sulla manovra: "Combattere l'evasione fiscale" "Le cifre dell'evasione fiscale sono impressionanti", scandisce da Madrid il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, ospite di Radio Anch'io in occasione della Gmg. Interpellato sulla manovra, oltre a giudicare "miope e dannoso" colpire le famiglie, il numero uno dei vescovi ha richiamato alla necessità urgente di combattere l'evasione, "che è ben oltre qualunque debito pubblico". "Come comunità cristiana, come credenti - ha detto Bagnasco - dobbiamo rimanere al richiamo etico che fa parte della nostra missione e fare appello alla coscienza di tutti perché anche questo dovere possa essere assolto da tutti per la propria giusta parte". Secondo il presidente della Cei, se ciascuno assolvesse i propri doveri verso il fisco, "le cose sarebbero subito risolte". L'altro "punto fermo" posto da Bagnasco nella strategia di contrasto alla crisi economica è la difesa della famiglia. "Se la famiglia non è al centro della politica - ha sottolineato -, la società non va da nessuna parte. E in Italia l'abbiamo visto in modo particolare, perché nel quadro della grave crisi la famiglia si è dimostrata un'enorme valvola di sicurezza". Per il presidente della Cei, "sarebbe veramente miope e dannoso non considerare la famiglia come il ganglio vitale, la cellula fondamentale. Per l'Italia è sempre stato così, non perdiamo questo patrimonio". Sul problema dei risparmi di risorse pubbliche, Bagnasco ha messo in guardia contro i tagli alle spese militari per le missioni all'estero. "Non è un discorso da affrontare solo con la logica dei risparmi - ha avvertito - ma rientra in un orizzonte più ampio che riguarda i diritti umani". Per il capo dei vescovi - che è stato anche ordinario militare per l'Italia - il problema da porsi è quello del rapporto tra il mondo occidentale, più libero, rispettoso dei diritti fondamentali, "con le parti del mondo dove così non è o lo è molto meno". Il presidente della Cei oggi non ha parlato solo di manovra. Oltre che sui significati della Gmg, si è soffermato anche sulle prospettive del ruolo politico dei cattolici. Senza "nostalgia" per la loro unità politica, ha osservato Bagnasco, oggi i cattolici "mostrano un grande desiderio di partecipazione e di recuperare il proprio specifico, di quello che con la dottrina sociale della Chiesa possono offrire al Paese", con "grande determinazione e lucidità di obiettivi per una società e per una forma di politica all'insegna della moderazione, della pulizia interiore, della dimensione etica della vita". "Senza nostalgie del passato, ma aperti al futuro nelle forme possibili dell'area moderata - ha aggiunto Bagnasco - i cattolici vogliono esserci e ci saranno".
2011-08-18 18 agosto 2011 GMG 2011 Il Papa: "Scoprire il volto di Dio per una vita autentica" Benedetto XVII è arrivato a Plaza de Independencia dove è stato accolto dal sindaco di Madrid, Alberto Ruiz-Gallardón, che gli ha consegnato le chiavi della città. "E' una gioia immensa - dice il Papa, prendendo la parola - incontrarmi qui con voi, nel centro di questa bella città di Madrid, le cui chiavi il signor sindaco ha avuto la gentilezza di consegnarmi. Oggi è anche capitale dei giovani del mondo e dove tutta la Chiesa volge i suoi occhi". "Con la vostra presenza e la partecipazione alle celebrazioni - continua Bendetto XVI - il nome di Cristo risuonerà in ogni angolo di questa illustre città. Preghiamo perché il suo messaggio di speranza e amore abbia eco anche nel cuore di quelli che non credono o si sono allontanati dalla Chiesa. Grazie tante per la splendida accoglienza che mi avete riservato entrando nella città, segno del vostro amore e della vostra vicinanza al Successore di Pietro". L'ARRIVO A MADRID STAMATTINA Benedetto XVI è atterrato a fine mattinata all'Aeroporto Internazionale di Madrid. Ad accogliere il pontefice, partito da Ciampino alle 9:45 con un volo Alitalia insieme al segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, un picchetto d'onore, i reali spagnoli, re Juan carlos di Borbone e la regina Sofia, il premier Josè Luis Zapatero e soprattutto tanti giovani in festa con in mano le bandiere spagnole ma anche quelle, gialle e bianche, del Vaticano. Benedetto XVI scendendo dall'aereo ha salutato la folla festante che gridava "viva il Papa" e le istituzioni presenti. Verso le 19.15 il Papa attraverserà con alcuni giovani la Puerta de Alcalà nella Plaza de Independencia di Madrid, per poi prendere parte alle 19.30 a una grande festa di accoglienza nella Plaza de Cibeles di Madrid. IL DISCORSO ALL'AEROPORTO Le Giornate mondiali della Gioventù offrono ai giovani "un'occasione privilegiata per mettere in comune le loro aspirazioni, scambiare reciprocamente la ricchezza delle proprie culture ed esperienze, animarsi l'un l'altro in un cammino di fede e di vita". È quanto osserva papa Benedetto XVI nel discorso tenuto all'aeroporto madrileno di Barajas. In questo cammino, osserva Joseph Ratzinger, "alcuni si credono soli o ignorati nei propri ambienti quotidiani; invece no, non sono soli. Molti coetanei condividono i loro stessi propositi e sanno che hanno realmente un futuro davanti a loro e non temono gli impegni decisivi che danno pienezza a tutta la vita". Si chiede quindi il Pontefice: "Perché e con quale scopo è venuta questa moltitudine di giovani a Madrid? Sebbene la risposta dovrebbero darla gli stessi giovani - premette Benedetto XVI - si può ben pensare che essi desiderano ascoltare la Parola di Dio, come si è loro proposto nel motto di questa Gmg, in modo che, radicati ed edificati in Cristo, manifestino la fermezza della loro fede". Il Papa sottolinea che "questa scoperta del Dio vivo rianima i giovani e apre i loro occhi alle sfide del mondo nel quale vivono, con i suoi limiti e le sue possibilità. Vedono la superficialità, il consumismo e l'edonismo imperanti, tanta banalizzazione nel vivere la sessualità, tanta mancanza di solidarietà, tanta corruzione. E sanno che senza Dio sarebbe arduo affrontare queste sfide ed essere veramente felici, mettendo tutto il loro entusiasmo nel conseguimento di una vita autentica" che punti a "costruire una società dove si rispetti la dignità umana e la reale fraternità". Quanto all'impegno papale in queste Gmg, che si svolgeranno a Madrid fino a domenica prossima, "giungo - sottolinea Benedetto XVI - come successore di Pietro per confermare tutti nella fede, vivendo alcuni giorni di intensa attività pastorale, per annunciare che Gesù Cristo è la via, la verità e la vita; per dare impulso all'impegno di costruire il Regno di Dio nel mondo, tra noi; per esortare i giovani a incontrarsi personalmente con Cristo amico e convertirsi in suoi fedeli discepoli e coraggiosi testimoni".
18 agosto 2011 TENSIONE SUI MERCATI Borse Ue in caduta libera: Milano cede il 6,15% Giornata da dimenticare per le Borse europee con Milano maglia nera che termina la seduta in ribasso del 6,15%. I timori di un ritorno della recessione hanno pesato sulle scelte degli investitori che hanno accentuato le vendite sulla scia della partenza decisamente negativa di Wall Street. Tra i listini principali del Vecchio Continente, Francoforte ha ceduto il 4,82%, Parigi il 5,48% e Londra il 4,49%. L'indice Ftseurofirst 300 ha lasciato sul terreno il 4,9%. Particolarmente venduti i titoli del comparto automobilistico, con l'indice di settore in calo del 7,7%. Male anche le banche: lo Stoxx Europe 600 banking ha registrato un crollo del 6,6%. Le principali Borse europee hanno bruciato nella seduta di oggi 298,6 miliardi di euro di capitalizzazione. Il valore totale delle società del Vecchio Continente quotate in Borsa scende così da 6.260 a 5.961,4 miliardi di euro. PIAZZA AFFARI IN PICCHIATA Nuovo crollo per Piazza Affari che ha replicato oggi, assieme alle consorelle europee, la pessima prestazione di otto giorni fa. Il Ftse Mib ha ceduto il 6,15% a 14,970 punti, tra scambi vivaci per il periodo, per 2,39 miliardi di euro di controvalore. Mercoledì scorso, invece, l'indice delle blue chip aveva ceduto in chiusura il 6,6%, tra scambi eccezionali non solo per il mese di agosto, per 4,43 miliardi di euro di controvalore. Il listino di riferimento si è colorato tutto di rosso, risparmiando solo Bulgari, che con un calo dello 0,16% è stata la vera maglia rosa delle blue chip. Per il resto si sono evidenziate Fiat (-11,88%) tra scambi fiume per oltre 50 milioni di pezzi pari al 4,5% del capitale. Forte tensione anche su Fiat Industrial (-13,31%) ed Exor (-9,08%) a monte della catena di controllo. Per il Lingotto è stata una giornata nera dopo i dati sulle vendite in Brasile, mercato in cui il gruppo gioca unruolo di primo piano, mentre Goldman Sachs ha ribassato le stime sulle vendite di auto nel 2012 in Europa, che potrebbero scendere fino al 7%. Tempesta di vendite anche su Intesa Sanpaolo (-9,26%), insieme con Banco Popolare (-7,69%) e Unicredit (-7,41%), in una seduta difficile per tutte le banche in Europa, dopo la rivelazione del Wall Street Journal circa un'indagine della Fed sulle filiali Usa delle principali banche europee, legata ai timori sui debiti sovrani del Vecchio Continente. Ancora sotto scacco l'energia, che da due giorni sconta la tassa sulle società del settore prevista dalla manovra del governo. Enel ha ceduto il 5,39% ed Eni il 4,83% e Snam Rete Gas il 3,52%. È andata meglio invece a Terna (-1,86%) e A2a (-1,69%). In campo assicurativo tensione su Fonsai (-12,36%), mentre Generali se l'è cavata con un -4,83%. Unipol ha ceduto il 6,97% e Milano Assicurazioni il 6,52%. Nel disastro di oggi non sono mancati i rialzi tra i titoli a minor capitalizzazione. È salita infatti As Roma (+1,05%) nel giorno del perfezionamento della cessione della società. Bene Bialetti (+3,42%) e la Lazio (+5,39%), mentre Arkimedica è salita addirittura del 13,27%. L'INFLUENZA DEI DATI MACROECONOMICI Ad affondare le Borse è stata una gragnuola di notizie, in maggioranza negative, arrivate fin dalla mattinata: tra l'altro, esportazioni del Giappone in calo del 3,3% in luglio, sotto le attese; vendite al dettaglio nel Regno Unito in luglio +0,2%, cresciute meno del previsto. Inoltre, Morgan Stanley ha rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita per il Pil globale per il 2011, da +4,2% a +3,9% e dal 4,5% al 3,8% per il 2012. Per la banca d'affari, l'economia globale è "pericolosamente vicina ad una recessione". LA REAZIONE DEI MERCATI Le Borse europee hanno reagito con forti vendite, anche sull'onda dei futures sugli indici americani, che presagivano un'apertura pesante per le Borse Usa. Così è stato, anche per via dei primi dati macro Usa del primo pomeriggio ora italiana, a partire dalle richieste iniziali di sussidio di disoccupazione, salite oltre le attese nella settimana terminata il 13 agosto a 408mila (anche se la media mobile a quattro settimane ha visto una flessione a 402.500). A dare il colpo di grazia a indici già agonizzanti sotto i colpi dell'Orso è stato l'indice manifatturiero della Fed di Philadelphia, conosciuto anche come Philly Fed, che in agosto è crollato ai minimi dal marzo 2009, unitamente a vendite di case esistenti in luglio sotto le attese. Il superindice del Conference Board in luglio è andato meglio del previsto, ma gli esperti del Cb concordano nel prevedere un rallentamento dell'economia Usa in autunno. Così, su tutte le Borse d'Occidente sono piovute le vendite, dopo che già le principali piazze asiatiche avevano chiuso in calo, da Tokyo ad Hong Kong, da Shanghai a Shenzhen. A Milano sono risaliti gli scambi, per un controvalore di 2,39 mld di euro dagli 1,9 mld di ieri. Male tutte le altre europee, a partire da Francoforte (Dax -5,82% a 5.602,80) e Parigi, dove il Cac cede il 5,48% a 3.076,04. In Francia tornano le vendite su Sociètè Gènèrale, che chiude in calo di oltre il 12%, la peggiore del paniere principale. Perdite consistenti per Madrid (Ibex 8.317,7, -4,7%), Zurigo (Smi 5.196, -4,15%), Bruxelles (Bel 20 2.151,96, -4,56%), Londra (Ftse 5.092,23,-4,49%), Amsterdam (Aex 279,58, -4,47%), Lisbona (Psi 20 6.030,57, -4,12%). Nel corso del pomeriggio anche la Borsa indiana di Mumbai ha ceduto il 2,2% sull'onda delle vendite sugli altri mercati. L'avversione al rischio è confermata dall'ennesimo rialzo dell'oro, che al fixing pomeridiano di Londra ha toccato i 1.824 dollari l'oncia.
18 agosto 2011 MERCATI La Tobin Tax divide Ma avanza in Europa Ci volevano la crisi dell’eurozona e la "coppia" Merkel-Sarkozy per riportare in auge la famosa Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf) come strumento per frenare la speculazione ritenuta responsabile dei peggiori disastri finanziari degli ultimi anni. Un’idea rilanciata con forza dal 2009 nel pieno della tempesta seguita al fallimento della Lehman Brothers; e poi caldeggiata invano dalla Merkel al G20 del giugno 2010, quindi dal Parlamento Europeo che a marzo ha approvato una risoluzione per chiedere alla Commissione Europea di studiare la questione; e, infine, un mese fa, dal presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso come strumento di finanziamento dell’Ue. Già nell’ottobre del 2010 il commissario alla Tassazione Algirdas Semetas aveva presentato prime idee, sostenendo che un prelievo dello 0,1% sulle transazioni finanziarie avrebbe prodotto a livello globale un gettito di 60 miliardi di euro senza contare i derivati – o, includendo questi ultimi, fino a 10 volte tanto. Ieri a Bruxelles una portavoce dell’esecutivo Ue ha affermato che la Commissione metterà a punto proposte su una tassa per le transazioni finanziarie a livello Ue entro il vertice del G20 il 3-4 novembre in Francia. Secondo la Commissione, l’imposta "potrebbe essere uno strumento appropriato per ridurre l’eccessivo livello di rischio che viene preso". Le reazioni generali, a parte quella pessima dei mercati, ieri sono state miste, con molti toni negativi. Fuori dall’euro, si è espressa in modo contrario anzitutto la Gran Bretagna, che a Londra ospita la maggior piazza finanziaria d’Europa. Un portavoce di Downing Street ha dichiarato che la Ttf "dovrebbe essere applicata globalmente, altrimenti le transazioni colpite si sposterebbero semplicemente in Paesi dove la tassa non è applicata". Critica anche la Svezia, che introdusse negli anni Ottanta una tassa su azioni, bond e derivati salvo poi abrogarla nel 1991 dopo un tracollo dei volumi di affari in Borsa. Il ministro delle Finanze di Stoccolma Peter Norman ha affermato che "è arduo capire come questa tassa nell’Unione Europea possa avere effetti positivi". Proprio la questione della globalità è uno dei punti chiave. Nell’autunno 2009 il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner considerò brevemente l’ipotesi, per poi scartarla proprio sulla base di questo argomento. E al momento Paesi come India, Brasile o Cina non appaiono favorevoli all’idea. In ambito eurozona, da non dimenticare le forti perplessità del presidente della Bce Jean-Claude Trichet e dal suo futuro successore Mario Draghi, nel corso dell’audizione al Parlamento Europeo lo scorso giugno aveva indicato come una delle condizioni della tassa proprio che sia applicata a livello globale. Draghi avanzava inoltre dubbi legati alla difficoltà di definire le operazioni speculative. Da parte dei paesi membri di Eurolandia, ieri le reazioni sono state miste. Entusiasta è apparso il cancelliere austriaco Werner Feyman, che ha parlato di un "mezzo importante per accrescere la giustizia sociale anche a livello europeo". Contraria l’Olanda. Da Dublino, il ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan ha invece avvertito che l’Eire appoggerà una simile tassa solo se sarà estesa comunque a tutti e 27 gli stati membri. Tiepida la Finlandia, contrario il Lussemburgo che ospita numerosissime istituzioni finanziarie. Forti perplessità ha espresso più volte, nei mesi passati, anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Fuori dalla politica, da registrare la dura presa di posizione di Deutsche Börse. "La tassa sulle transazioni finanziarie – ha affermato l’operatore della borsa germanica in un comunicato – non è adeguata ad aumentare stabilmente la sicurezza e l’integrità dei mercati finanziari". Una simile proposta, ha aggiunto, spingerebbe a investire "su piazze e prodotti finanziari non regolati". Anche la federazione bancaria tedesca Bvr ha definito "inadeguata" la proposta. "L’industria dei servizi finanziari – ha detto anche Simon Lewis, che guida l’Associazione per i mercati finanziari in Europa – non dovrebbe esser vista come una fonte addizionale di entrate fiscali, ma come parte essenziale per la stabilità e la sostenibilità economica". Merkel e Sarkoyz, però, per ora non si fanno impressionare dalle critiche e tirano dritto. Giovanni Maria Del Re
17 agosto 2011 MERCATI La Borsa chiude in positivo Passi avanti per la Tobin tax L'avvio pesante, mezza giornata in altalena e poi una lenta risalita. Dopo l'intervento Merkel-Sarkozy, le borse europee hanno lentamente ritrovato fiducia, anche se la chiusura è stata contrastata. Milano ha chiuso bene, risultando la migliore d'Europa: il Ftse Mib ha segnato un rialzo dell'1,27% a 15.950 punti. Positive anche Parigi (+0,73%), mentre Londra chiude di poco in negativo (-0,49%), imitata da Francoforte (-0,77%). Il mercato oggi ha premiato oltre la metà dei titoli che compongono il paniere delle blue chip, con Pirelli (+4,98%) capofila dei rialzi, seguita da Fiat Industrial (+4,93%), contrastata rispetto a Fiat (-1,01%), penalizzata ancora dalla delusione per le previsioni sulle vendite della 500 negli Usa. Acquisti a mani basse anche su Telecom (+3,03%) e Fonsai (+4,72%), insieme alla controllata Milano (+4,88%). Bene anche Generali (+2,52%), mentre si sono mosse a due velocità le banche. Hanno tirato la volata Banco Popolare (+3,17%), Bpm (+2,16%) e Intesa Sanpaolo (+2,01%), difficoltà invece per Unicredit (-1,62% a 1,03 euro), che ha comunque resistito sopra quota 1 euro. Poche ma significative le vendite, che hanno colpito Finmeccanica (-2,64%), Italcementi (-1,82%) ed Stm (-1,25%). In calo Terna (-0,96%), ma è l'unico titolo del settore energia ad aver sofferto anche oggi, mentre hanno ripreso quota Eni (+2,13%), A2a (+2,01%), Enel (+1,61%) e soprattutto Edison (+2,85%) e Snam Rete Gas (+2,28%) IN ARRIVO TASSA SULLE TRANSAZIONI FINANZIARIE L'Unione europea metterà a punto delle proposte su una tassa per le transazioni finanziarie (la cosiddetta Tobin Tax) a livello europeo prima del vertice del G20 di novembre. "La Commissione andrà avanti con una proposta legislativa per la tassazione sulle transazioni finanziarie in autunno", ha detto il portavoce della Commissione europea a Bruxelles, Cristina Arigho. Per la portavoce "potrebbe essere uno strumento appropriato per ridurre l'eccessivo livello di rischio che viene preso". La proposta dovrebbe riguardare una tassazione per tutti i 27 stati membri dell'Ue, incluso il Regno Unito, ha spiegato sempre Arigho. La Commissione, quindi, pubblicherà una bozza e una valutazione del potenziale impatto economico della misura prima del summit per il G20 che si svolgerà il 3 e il 4 novembre in Francia. Londra avverte che sarà pronta a confrontarsi sulla Tobin Tax, lanciata ieri dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, solo se sarà un'imposizione valida per ogni Paese. "Altrimenti le transazioni si sposteranno nei Paesi che non la applicano" fa notare il governo britannico. MANOVRA PASSA AL SENATO In un'aula quasi deserta, il testo della manovra economica varata dal Consiglio dei ministri il 12 agosto scorso, è stato incardinato al Senato. L'esame del decreto nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio inizierà la prossima settimana secondo un calendario che verrà deciso da un'apposita capigruppo, che ci sarà sempre la settimana prossima. La prossima seduta dell'Aula è convocata per il 5 settembre alle 18.00. BORSE ASIATICHE CONTRASTATE Le Borse asiatiche si muovono in ordine sparso con la maggior parte dei listini che veleggia in territorio positivo e qualche piazza finanziaria che mostra segnali di debolezza, come Tokyo, che ha chiuso la seduta in calo dello 0,55%. Nell'area dell'Asia-Pacifico hanno condizionato la seduta alcune notizie positive sul fronte societario come i risultati di China Coal Energy, balzata dell'8,8%, e gli acquisti sui titoli bancari e della grande distribuzione in Australia (Sydney avanza dell'1,3%) dopo che nel secondo trimestre si è registrata un'accelerazione dei salari. Macchia la giornata il calo di Tokyo, penalizzata dall'indebolimento dell'euro sullo yen e dal permanere di timori per l'economia dell'eurozona dopo il vertice franco-tedesco di ieri. Non a caso hanno sofferto i titoli dell'export, come Honda (-2,3%), il cui fatturato deriva per l'80% dall'estero.
17 agosto 2011 CONFRONTO ALLE CAMERE Fondi scudati, il governo valuta un prelievo "I capitali scudati ? Non ho ancora visto la proposta". È circa mezzogiorno quando Silvio Berlusconi, atteso al varco all’aeroporto di Olbia, si vede porre a bruciapelo la domanda sulla proposta del Pd. Pier Luigi Bersani, infatti, proprio della necessità di incidere sugli evasori (sia pur pentiti e condonati nel 2009) ne ha fatto una battaglia simbolo delle opposizioni. Ma sulla manovra crescono voci di dissenso, anche nella maggioranza. Il cammino parlamentare si presenta irto di ostacoli: tutti pronti a difenderne necessità e importo, ma nessuno è disposto fino in fondo ad intestarsela. Cresce la fronda nel Pdl e la Lega - che pure manda messaggi rassicuranti sulla tenuta del governo - apre con Roberto Maroni a possibili modifiche, mentre resta l’ipotesi del voto di fiducia. "Spero non serva", dice il premier. "Ci ripenserà", si mostra scettico il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Che ironizza: "La manovra votata all’unanimità in Consiglio dei ministri dopo due ore già non aveva più padri. Il governo – attacca – è una barca senza timone, che rende non credibili le sue stesse proposte. Non sollecita uno sforzo comune chiedendo di più a chi ha di più, ma strizza sempre l’occhio a chi non vuole pagare". Il segretario del Pd insiste sulla bontà della proposta: "Stimiamo di ricavare non meno di 15 miliardi da destinare a crescita e lavoro". In serata, con il premier di nuovo ad Arcore, trapela che l’idea è al vaglio anche del Pdl. Restano tuttavia i dubbi sulla sua percorribilità (specie da parte del ministro Tremonti, pronto a ravvisare profili di "incostituzionalità" in un prelievo aggiuntivo sui soldi ex-scudo), trattandosi di capitali rientrati sotto tutela dell’anonimato e proprio sulla spinta di una tassazione, per così dire, di favore. Infatti il tam tam parla, nel Pdl, dell’idea di un minimale 1-2%, che darebbe circa 2 miliardi. "Quel che serve per coprire la rimodulazione" della tassa di solidarietà, spiega una fonte governativa. In ogni caso, molto meno di quel 20% che il segretario del Pd propone, giudicando a sua volta "risibile" l’idea del Pdl e indicando però una strada difficilmente percorribile (lo Stato dovrebbe obbligare banche e finanziarie a consegnare gli elenchi). "I sondaggi servono, ma per tastare il polso dell’elettorato preferisco farmi una passeggiata", aveva detto il premier a Porto Rotondo sfoggiando un ritrovato ottimismo. In ogni caso - al di là dell’immancabile barzelletta - il presidente del Consiglio nel colloquio a ruota libera con giornalisti e turisti, in Sardegna, aveva lanciato messaggi di apertura alle opposizioni, pur ribadendo che i saldi della manovra sono "intoccabili". Gli chiedono dell’Iva, come possibile alternativa al contributo di solidarietà: "L’1% in più porterebbe 5 miliardi, ma anche una contrazione dei consumi", aveva sentenziato Berlusconi, difendendo la scelta adottata sull’eurotassa, "introdotta non perché dia un grande introito – spiegava –, molto meno di un miliardo, ma perché non fossero le classi minori e quelle più disagiate, attraverso un minore servizio reso loro dalle amministrazioni locali, a dover pagare maggiormente il costo della manovra". Tuttavia nel Pdl escono allo scoperto nuove voci di dissenso dopo quelle aggregate dal sottosegretario Guido Crosetto. Ma Berlusconi è fiducioso: alla fine prevarrà "la disciplina di partito". Di manovra "inaccettabile" parla l’ex ministro Antonio Martino: "Servono riforme – attacca – non nuove tasse". E c’è anche chi - come il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi -, pur con atteggiamento più propositivo, spinge con forza perché la proposta del Pd venga vagliata. Dei malumori interni si fa carico il segretario Angelino Alfano. "Ci mancherebbe altro", risponde a chi gli chiede se incontrerà i "frondisti": "Nel PdL c’è spazio per tutti, e la manovra non è blindata", assicura. "A condizione – avverte – di arrivare a una sintesi". Angelo Picariello
17 agosto 2011 MANOVRA E POLEMICHE Contributo da 3,8 miliardi La scure cala sul Nord Oggi pomeriggio arriverà a Palazzo Madama, ma già prima dell’approdo ufficiale in Senato, alle 16.30, la manovra estiva del governo inizia a prendere forma, delineando con chiarezza dove e da chi lo Stato intende racimolare più risorse. La politica ha come obiettivo quello di fare in fretta e chiudere il confronto parlamentare entro il 5 settembre, ma per adesso il dibattito lascia spazio ai dettagli della relazione tecnica che accompagna il decreto anticrisi. Le prime indiscrezioni mostrano, con la precisione dei numeri, le novità del prossimo triennio: blocco del Tfr per 19mila statali, 3,8 miliardi pioveranno dal contributo di solidarietà e quasi 2 miliardi dalle rendite finanziarie. Contributo di solidarietà. La tassa, estesa ai privati, che interesserà i redditi oltre i 90mila e i 150mila euro rimpinguerà le casse dello Stato con 3.817 milioni di euro in tre anni: 674 l’anno prossimo, 1.557 nel 2013 e 1.586 nel 2014. Ma l’intervento già fa storcere il naso a molti. "Colpirà soprattutto il Nord, Lombardia in primis" è l’allarme dalla Cgia di Mestre. Innanzitutto a pagarla saranno appena 500mila soggetti Irpef, dicono, il 61% poi risiede al Nord, il 22% al Centro e appena il 15% al Sud. Insomma di quei 3,8 miliardi, più di 2 miliardi usciranno dal Settentrione (54%), soprattutto da Lombardia (780 milioni) e Veneto (343 milioni). Pensioni. A chi andrà in pensione anticipatamente nel 2012, circa 19mila dipendenti pubblici, il Tfr sarà versato solo dopo 24 mesi. Questo numero scenderà nel 2013 per l’innalzamento dei requisiti minimi, ma aumenterà di nuovo tra due anni fino a raggiungere quota 22 mila. Discorso diverso per i pensionamenti d’anzianità; per loro (la stima è tra 16mila e 35mila) la buonuscita slitta di soli sei mesi. Inoltre, l’aumento graduale a 65 anni dell’età pensionabile delle donne nel privato farà risparmiare allo Stato in 5 anni (dal 2017 al 2021) circa 4 miliardi di euro. Rendite finanziarie. La norma che armonizza la tassazione delle rendite finanziarie al 20%, con esclusione dei titoli di Stato, porterà invece nelle casse pubbliche 1,9 miliardi di euro a regime, nel 2014. Il gettito nel 2012 e 2013 si fermerà, però, a 1.494 e 1.724 milioni di euro. Robin Hood Tax. L’aumento di quattro punti percentuali dell’addizionale Ires farà guadagnare al Tesoro 3,6 miliardi di euro nel triennio 2012-2014: circa 1,8 miliardi nel 2012 e 900 milioni sia nel 2013 che nel 2014. Studi settore. I maggiori accertamenti dovrebbero far cassa per 823,5 milioni nel periodo 2011-2014: 31,5 milioni nel 2011, 330 milioni nel 2012, 231 milioni nel 2013 e 231 milioni nel 2015. La norma ha come obiettivo quello di garantire una maggiore correttezza da parte dei contribuenti nella compilazione della relativa modulistica fiscale. Così con questo intervento, un numero tra 150mila a 300mila soggetti dichiarerà "maggiore base imponibile". Giochi e tabacco. Da nuovi "gratta e vinci" e lotterie e dall’aumento dell’aliquota dell’imposta sulle sigarette potranno infine arrivare "maggiori entrate in misura non inferiore a 1.500 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012". Alessia Guerrieri
2011-08-16 16 agosto 2011 PARIGI Merkel e Sarkozy propongono governo economico comune Francia e Germania sono assolutamente determinate a difendere l'euro e intendono proporre un governo economico comune per la zona della moneta unica. È quanto ha detto Nicolas Sarkozy al termine del vertice con il cancelliere tedesco, Angela Merkel. "Abbiamo lavorato a testa bassa per presentare delle proposte ambiziose", ha spiegato il presidente francese. Parigi e Berlino hanno "la volontà comune di difendere l'euro" e intendono "proporre la creazione nella zona euro di un vero governo economico", ha affermato Sarkozy. Il governo economico della zona della moneta unica "dovrà essere diretto da un presidente che resterà in carica per due anni e mezzo". Sarkozy ha fatto il nome di Herman Van Rompuy come candidato a questa carica. Parigi e Berlino, inoltre, intendono proporre "una regola d'oro" sui deficit di bilancio che valga per l'intera zona euro, che vorrebbero introdurre nelle costituzioni nazionali entro l'estate 2012. Italia e Spagna negli ultimi giorni hanno preso "decisioni forti" per la credibilità della zona euro, ha affermato il presidente francese. Sarkozy ha puntualizzato che se il Congresso francese non adotterà questa regola d'oro in Francia, il popolo sarà consultato per via referendaria in occasione delle prossime elezioni presidenziali. Il numero uno dell'Eliseo ha annunciato che i ministri delle Finanze dei due Paesi lavoreranno per individuare un'imposta comune sulle società e un'unica base imponibile. Parigi e Berlino, infine, puntano a presentare una proposta per una nuova tassa sulle transazioni finanziarie nel corso del prossimo mese.
16 agosto 2011 CRISI Ferma la locomotiva tedesca: Pil a +0,1% nel II trimestre Crescita quasi nulla per il Prodotto interno lordo della Germania che, nel secondo trimestre, ha mostrato un incremento congiunturale dello 0,1%, sotto le attese degli analisti che si attendevano un incremento dello 0,4%. Su base annua, la crescita del Pil normalizzata per i giorni lavorativi è stata del 2,7%."Il dinamismo dell'economia tedesca - si legge in un comunicato dell'Ufficio federale di statistica (Destatis ndr) - si è raffreddato in maniera siginificativa rispetto alla robusta partenza di inizio anno". Rivista al ribasso anche la crescita nel primo trimestre che passa dall'1,5% all'1,3%. In particolare, la deludente dinamica del secondo trimestre è dovuta - spiega Destatis - all'andamento debole delle esportazioni che rapprentano la vera spina dorsale dell'economia tedesca, mentre le importazioni sono cresciute di più in un contesto di crescita debole della spesa per consumi e degli investimenti in costruzioni.
16 agosto 2011 EUROSTAT Pil in Eurolandia a +0,2%, in Italia a +0,3% Rallenta la crescita in Europa: il Prodotto interno lordo nel secondo trimestre è cresciuto dello 0,2% sia in Eurolandia sia nella Ue a 27 rispetto al trimestre precedente; nel primo trimestre, per entrambe le aree, la crescita congiunturale dell'economia era stata pari a +0,8%. Lo rende noto Eurostat, aggiungendo che su base tendenziale, ovvero rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente, nel periodo aprile-giugno 2011 la crescita in Europa è stata dell'1,7% (era +2,5% nel primo trimestre). In Italia nel secondo trimestre la crescita del Pil è stata su base congiunturale pari a +0,3% e su base tendenziale a +0,8%.
16 agosto 2011 CRISI Bce, nuovi acquisti di Btp italiani e bond spagnoli La Banca centrale europea ha acquistato questa mattina nuovi titoli di stato italiani. Lo riferisce Bloomberg, che cita fonti vicino all'operazione. Le stesse fonti hanno aggiunto che l'Eurotower ha comprato anche bond spagnoli. La Bce ha acquistato la scorsa settimana 22 miliardi di bond governativi per allentare la pressione sui titoli di Italia e Spagna e riportare i rendimenti dei decennali attorno al 5%. Un'operazione record, superiore alle attese degli analisti (circa 15 miliardi di euro), ma anche ai 16,5 miliardi di titoli greci comprati nella prima settimana di avvio del programma sui bond sovrani, nel maggio del 2010. Nonostante l'intervento, e l'annuncio nel fine settimana della manovra-bis da parte del governo italiano, gli spread tra Btp e Bund sono rimasti stabili a 270 punti base, con rendimenti di poco superiori al 5%. Con le operazioni della scorsa settimana il portafoglio di titoli governativi della Bce sale a 96 miliardi. Gli acquisti segnalati sono stati effettuati tra giovedì 4 e mercoledì 10 agosto, in quanto la Bce, ogni lunedì, dà conto delle sole operazioni "regolate", cioè chiuse con lo scambio dei titoli, nella settimana precedente. "Visto che gli acquisti si sono concentrati nei primi tre giorni della scorsa settimana, e sui bond di Italia e Spagna, riteniamo che la Bce ha comprato una media di 7-7,5 miliardi di Btp e Bonos al giorno", afferma in una nota Chiara Cremonesi, strategist nel reddito fisso di Unicredit. È "ragionevole presumere che il 75% degli acquisti si sia concentrato sui titoli italiani, per un ammontare di circa 16-16,5 miliardi", in linea con il rapporto che esiste tra il debito italiano e spagnolo outstanding (cioè a esclusione dei titoli a breve, come i Bot, esclusi dagli acquisti della Bce) dei due Paesi (1.380 miliardi per l'Italia e 370 per Madrid).
16 agosto 2011 MERCATI Piazza Affari chiude in lieve calo Altra giornata difficile per le borse europee, che però danno lievi segni di ripresa dopo i crolli dei giorni scorsi. In chiusura Piazza Affari limita i danni, in recupero rispetto ai minimi di seduta. Al termine degli scambi l'indice Ftse Mib lascia sul terreno lo 0,87% e l'indice Ftse all share lo 0,80% per effetto dei tonfi del settore delle utilities energetiche per la reintroduzione della Robin Tax. ASIA CONTRASTATA, PESANO FUTURE WALL STREET Non sono riuscite a mantenere la buona intonazione della vigilia le principali borse di Asia e Pacifico, penalizzate oggi dai future su Wall Street in calo. Ai rialzi di Tokyo (+0,2%) e Seul (+4,8%), corrispondono infatti i passi indietro di Shanghai (-0,4%), Hong Kong (-0,2%), ancora aperte entrambe, e Sidney (-0,8%). Complici il calo dell'euro sullo yen, per i timori di un ennesimo rallentamento dell'economia del Vecchio Continente, in vista del dato sul Pil di Eurolandia atteso per oggi, e il rallentamento dei futures su Wall Street (-0,32% quelli sul Dow Jones Industrial e -0,54% sul Nasdaq). Per oggi sono attesi infatti dati Usa sull'andamento dei prezzi, sulla costruzione di nuove abitazioni e sulla produzione industriale a luglio. Sulla piazza di Tokyo debole Tepco (-3,19%), gestore dell'impianto nucleare di Fukushima, a differenza di Nikon (+1,3%), Panasonic (+0,4%) e Canon (+0,42%). Fiacca Toyota (-0,07%), debole Mitsubishi (-1,04%). A Seul sprint di Samsung Electronics (+6,08%), che, dopo l'acquisizione di Motorola da parte di Google, secondo gli analisti, rischia meno contenziosi sull'uso del sistema operativo Android. L'andamento contrastato dei prezzi dei metalli penalizza invece Aluminum Corporation of China (-1,43%) ad Hong Kong e Alumina (-4,82%), Newcrest Mining (-4,33%) e Rio Tinto (-1,45%) a Sidney.
16 agosto 2011 LE MOSSE DEL GOVERNO Manovra domani in Senato Cresce la fronda nel Pdl La manovra finanziaria sarà incardinata domani al Senato. Il presidente di palazzo Madama, Renato Schifani, ha convocato l'assemblea per domani pomeriggio, mercoledì 17 agosto, alle 16,30, per la presentazione del ddl di conversione del decreto sulla manovra economica. Il provvedimento sarà poi all'esame delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio di Palazzo Madama a partire da lunedì 22 agosto. LA FRONDA NEL PDL E LA MANOVRA ALTERNATIVA "Siamo circa una ventina ma contatti sono in corso; sa non è facile trovarli. Comunque oggi contiamo di mettere nero su bianco le nostre proposte sulla manovra". Così Giorgio Stracquadanio, quasi il portavoce delle "proposte alternative" sulla manovra in seno al Pdl. Stracquadanio anticipa all'Ansa le proposte del gruppo che, dice, dovrebbe rinfoltirsi nelle prossime ore. - Portare l'età pensionabile per tutti a 67 anni o si punti su soluzioni che ci allineino all'Europa come anticipare la norma che porta a 65 anni l'età pensionabile delle donne a partire dal 2028. Si possono studiare soluzioni intermedie ma dato che la questione previdenziale è quella che pesa di più e che più incide sulla nostra non credibilità bisogna incidere su questo tema. - Stop a qualsiasi forma di pressione fiscale. Bisogna bloccare tutte le forme di incremento della pressione fiscale già previste. Quindi neppure l'aumento dell'Iva va bene. No alla tassazione dei redditi che andrebbero a colpire quelle fasce sociali che ancora sono da stimolo agli acquisti. - "Fondere" i Comuni e le Province. Non si tratta di abolire i piccoli comuni dotandoli di una sorta di Podestà - spiega - ma di "fondere" i piccoli comuni fino alla soglia virtuosa dei 5000 abitanti. Infatti sotto tale soglia, secondo i dati del Viminale, un cittadino costa di media 1300 euro.Sopra costa 750 euro. Si deve portare la soglia per la sussistenza delle Province a 500.000 abitanti. Come i comuni quelle che non raggiungono tale soglia dovranno essere "aggregate". Dovranno essere cancellati tutti gli Enti intermedi, e sono tanti, tra regione Provincia. - Privatizzare le Municipalizzate. Devono essere privatizzate, magari con forme diverse, le 700 municipalizzate. Ciò deve accadere in tempi brevi: 18 mesi. Pensiamo a commissari 'ad actà che siano incaricati della messa sul mercato delle municipalizzate. BERLUSCONI: SALDI INTOCCABILI, MA POSSIBILI MIGLIORAMENTI Silvio Berlusconi, alla vigilia della riapertura di piazza Affari, torna a difendere la manovra varata dal governo per fronteggiare la crisi, sostenendo che i saldi sono ''intoccabili'', ma aprendo a ''miglioramenti'' provenienti anche dalle opposizioni, con le quali spera in un dialogo costruttivo, tale da consentirgli di non mettere la fiducia.Il premier, però, boccia sia l'ipotesi di un aumento dell'Iva, sia la proposta di sostituire il 'contributo di solidarietà per i redditi sopra i 90mila euro con altre misure. ''I saldi della manovra sono intoccabili'', ammonisce il presidente del Consiglio che verso le 19 decide di lasciare villa La Certosa per concedersi un gelato con i nipotini Alessandro e Edoardo, figli di Barbara. "Ma se durante il percorso parlamentare emergono delle nuove idee migliorative, nulla osta a che siano accolte'', aggiunge il capo del governo. L'Esecutivo, promette, guarderà alle proposte ''senza fare distinzioni sulla fonte dalla quale provengono'' anche con l'obiettivo di rendere ''più accettabile'' la manovra al Paese. Il Cavaliere sa che le misure adottate rischiano di scontentare molti dei suoi sostenitori. Forse anche per questo decide di affrontare la piazzetta di Porto Rotondo, solitamente popolata da suoi fan. Un modo, forse, per testare il polso del suo elettorato. E l'effetto sembra farlo ben sperare. Quando arriva nel centro della località turistica diverse persone sedute ai tavolini dei caffé si alzano in piedi ad applaudirlo. Lungo la passeggiata sul molo, inoltre, è una continua richiesta di foto e autografi. Qualcuno magari lo ignora, ma nessuno lo contesta. Lui dice di non essere sorpreso. ''È il segno che non c'è stato un calo del consenso nei miei confronti, anzi...'', sostiene. Ad ogni modo, il Cavaliere non sembra intenzionato a cambiare l'impianto della manovra. Prima boccia l'ipotesi di un aumento di un punto dell'Iva perché pur dando un gettito importante (circa 5 miliardi), avrebbe due effetti negativi: ''contrarre'' i consumi e stimolare l'evasione fiscale. Anche il contributo di solidarietà sembra destinato a restare: è un fattore di ''giustizia'' per non far gravare la manovra solo sulle classi sociali più ''disagiate'', spiega. L'introito non sarà grande, visto che darà ''molto meno di un miliardo'' di euro - precisa - ma resta un provvedimento ''giusto''. Inoltre, aggiunge, e' sempre possibile modificarne qualche aspetto, magari alleviando il prelievo per chi ha familiari a carico. Insomma, non e' una patrimoniale che sarebbe ''ingiusta'' oltre che ''inutile''. Quanto al possibile voto di fiducia, il capo del governo frena, ma non smentisce del tutto l'ipotesi: ''Spero non serva'', dice, auspicando senso di ''responsabilità'' da parte di tutti. Non solo delle opposizioni, ma anche della maggioranza, visto che ai frondisti del Pdl chiederà ''disciplina'' di partito per arrivare ad un voto unanime. Berlusconi non manca di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Con Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che gli ha chiesto di puntare su Iva e pensioni: ''Confcommercio chiede esattamente il contrario'', è la sua replica. Con Giulio Tremonti che, pur senza nominarlo, sembra indicare come colui che a sua insaputa ha allungato il prelievo di solidarietà da due a tre anni.
14 agosto 2011 INTERVISTA Belletti "Questa manovra senza equità. Dimenticati i carichi familiari" "La manovra presentata dal Governo al Paese lascia pesanti insoddisfazioni e grandi preoccupazioni nelle famiglie italiane: infatti la parola "famiglia" appare totalmente assente come determinante di equità e come destinatario di attenzioni: anzi, quando ci sono riferimenti alla famiglia sembrano più minacce che sostegni (come nel caso dei tagli lineari alle agevolazioni fiscali di welfare)". È deluso Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari. Ancora una volta la famiglia come risorsa sociale è stata la grande dimenticata dai signori del Palazzo. Perché il giudizio del Forum è così duro? Perché dimentica che non c’è equità se non si tiene conto dei carichi familiari: così, anche provvedimenti potenzialmente virtuosi, come il contributo di solidarietà per i redditi superiori ai 90mila euro, perdono il loro significato. C’è infatti una grande differenza, se il reddito riguarda una coppia o una famiglia con quattro figli, anche a livello di 90mila euro. In nessuna delle misure c’è attenzione a questo. Eppure era stato lo stesso governo alla Conferenza sulla famiglia di novembre 2010 a parlare di "fattore famiglia". Certo, per non parlare del programma elettorale della maggioranza oggi alla guida del Paese. L’impegno dell’esecutivo a favore della famiglia pareva prioritario. Purtroppo solo a parole! Sostengono che in tempi di crisi le priorità sarebbero altre... Inaccettabile. Ma chi paga la crisi, se non le famiglie? E soprattutto di fronte a questa manovra? E soprattutto in un Paese che ha una delle percentuali più alte di minori che vivono in famiglie sotto la soglia di povertà, per il solo fatto di vivere in famiglie con tre o più figli? Ci spiace, infine, che nell’ampio e frenetico dibattito di questi giorni di agosto tra partiti, forze politiche, forze sociali, opinionisti ed esperti sui vari media, ben pochi abbiano sottolineato la necessità di investire sulla famiglia, o comunque di proteggere le famiglie con figli. In questo colpevole silenzio non c’è proprio nessuno che si salva? Credo che da parte nostra meriti un esplicito apprezzamento Pierferdinando Casini, che ha richiamato la dimensione familiare come esigenza irrinunciabile di diverse misure, nel dibattito delle commissioni parlamentari dell’11 agosto. Non si prenda questa come una dichiarazione di voto, ma come il giusto riconoscimento a chi, nel povero e già rattrappito dibattito politico cui abbiamo assistito, ha avuto il coraggio - e la coerenza - di rappresentare la voce di un attore sociale che stenta a far sentire la propria voce: le famiglie. E tra le misure della manovra c’è qualche aspetto che merita una valutazione positiva? Bene le privatizzazioni, bene le misure di contrasto all’evasione, bene il taglio netto delle spese per la politica e per la pubblica amministrazione, bene anche la richiesta di maggiori sacrifici ai redditi più alti, ma... Ma il Forum comunque mastica amaro. Sì, mi chiedo: a quando protezione e investimento nei confronti chi davvero tiene insieme l’Italia, cioè le famiglie? Luciano Moia
2011-08-15 14 agosto 2011 L'altro editoriale La vera manovra C’è una grande assente nella considerazione di chi sta impostando questa nuova stagione di austerità e di sacrifici. Una grande assente che è e resta la protagonista della tenuta e della risalita possibile del sistema Italia: la famiglia. E questo "vuoto" torna a motivare il tenace impegno di questo giornale e dei cattolici italiani per una svolta verso un sistema di tassazione finalmente amico dei nuclei familiari, soprattutto di quelli con figli. Una svolta altrettanto tenacemente osteggiata, per motivi ideologici e per pura e semplice miopia, da settori chiave dei governi di centrosinistra della cosiddetta Seconda Repubblica e regolarmente promessa e mai realizzata, con i più diversi alibi, dai governi di centrodestra che con quelli si sono alternati. Non ci stanchiamo di chiederla da quasi diciotto anni, già da prima che nascesse il Forum delle associazioni familiari che di questa battaglia di civiltà e di futuro si è fatto portavoce e portabandiera, arrivando ad appellarsi con oltre un milione di firme al capo dello Stato e scontrandosi con la cronica insensibilità dei ministri (di diverso colore) che si sono susseguiti nei ministeri competenti. Un pressing assillante, di cui sono a conoscenza anche le pietre, sebbene non solo più di un politico ma anche qualche commentatore sorprendentemente acido e disinformato non riesca a rendersene conto. Ma con la realtà prima o poi bisogna decidersi a fare i conti, anche le vicende di questi giorni ce lo ricordano. E dire famiglia è il modo più vero e bello per dire solidarietà e dire futuro. Quando lo si capirà anche in Italia, allora sì che saremo al cospetto non di una grande stangata e di una grande assenza, ma di una grande manovra. Marco Tarquinio
14 agosto 2011 Manovra inevitabile, ma si impone un salto di equità Un "terzo tempo" per equità e sviluppo È un’Italia a testa bassa, un po’ rassegnata e un po’ impaurita, quella che si prepara ad accogliere la seconda maxi manovra presentata nel giro di un mese. È un Paese che nello spazio di un’estate, a suon di miliardi bruciati nelle Borse e nelle oscillazioni degli spread dei titoli di Stato, e di miliardi manovrati come pedine sulla scacchiera dei sacrifici, ha incominciato a rendersi conto che ci vorrà ancora molto tempo prima di poter veramente rialzare la testa. Perché questa seconda manovra da 45 e passa miliardi di euro, che alza a quasi 100 miliardi il peso degli interventi spalmati in tre anni, permetterà forse, se le risorse saranno ben usate, il pareggio di bilancio prima del previsto, nel 2013 – come richiesto dall’Europa sotto la pressione dei mercati – ma avrà certamente e allo stesso tempo un serio effetto recessivo. Un colpo al sistema economico e sociale italiano, in un momento in cui la crescita sta nuovamente rallentando in Europa come negli Usa, i cui effetti saranno visibili solo tra qualche tempo, anche se è già chiaro che a sopportarne il peso saranno in gran parte i ceti medi e medio bassi, chi paga le tasse fino in fondo nonché il soggetto-famiglia, misconosciuto e tartassato ancora una volta senza sconti. È il prezzo dell’emergenza. Ma anche degli errori nella gestione della crisi commessi dai leader occidentali. Della sottovalutazione dei rischi a cui il nostro Paese sarebbe andato incontro in assenza di un piano di risanamento programmato con maggiore anticipo e migliore realismo, in un contesto politicamente meno instabile di quello che stiamo conoscendo. E della miopia di quelle "parti sociali" che, in questi anni, hanno ostacolato ogni tentativo di risanamento strutturale e responsabile. Quello che spicca, alla voce 'tagli' – rappresentano più della metà della manovra-bis – sono gli interventi sui costi della politica e della macchina amministrativa, oltre che il poderoso ridimensionamento dei trasferimenti a Comuni e Regioni. La riduzione delle poltrone negli enti locali, come i risparmi sulle spese per i parlamentari, rappresentano l’avvio necessario di un cammino che può diventare virtuoso e riportare la professione del politico in una dimensione di sobrietà e servizio, rendendo adeguato il (benedetto) costo della democrazia. L’accorpamento dei piccoli Comuni non sarà facile da gestire, ma andava prima o poi messo in moto. Quella delle Province, invece, rischia di diventare un ginepraio: in certi casi è meglio abolire che ridurre… A rappresentare un grande punto interrogativo sono, infine, i quasi 10 miliardi tolti in due anni a Regioni e Comuni: spostano l’onere del risanamento sul territorio e si tradurranno in drastici tagli dei servizi alle persone, in grave aumento di tasse e tariffe locali o, più probabilmente, in una complicata via di mezzo tra questi due estremi. Non sono state toccate le pensioni, salvo l’anticipo al 2016, per le donne, del cammino che innalzerà lentamente l’età di ritiro a 65 anni. Un risparmio di 1 miliardo dal capitolo previdenza significa che per molti anni ancora si andrà in pensione beneficiando di un sistema che trasferisce gli oneri sulle generazioni più giovani. Le mani nelle tasche degli italiani, in buona parte, erano già state messe a luglio con la manovra dei 'tagli orizzontali', ora si aggiungono il contributo di solidarietà per i redditi oltre i 90mila euro – doppia una tantum, a calare, tra il 2012 e il 2013 – gli interventi su tredicesime e Tfr posticipato degli statali, lo stop ai 'ponti' festivi, la doverosa rimodulazione della tassazione sulle rendite finanziarie. Non era facile mettere insieme tanti miliardi in poche ore impostando una manovra organica con ambizioni strutturali, e questo intervento – che avanza a colpi di miliardi rastrellati di qua e di là, tra Robin Hood Tax, accise su giochi e tabacco e misure degne degli anni 80 – lo dimostra ampiamente. Le prospettive di sviluppo sono affidate a liberalizzazioni e privatizzazioni, al rafforzamento dei contratti aziendali con la diffusione del 'modello Pomigliano'. E, salvo per la stretta sui pagamenti in contanti e sugli scontrini fiscali, si ritrova la cronica timidezza nella capacità di incidere sui grandi evasori, sulle rendite di posizione, sui veri patrimoni, sulla 'casta' di chi riesce sempre ad arricchirsi a spese della comunità. Quello che manca, ancora una volta, è una visione d’insieme organica che sappia indicare una luce in fondo al tunnel della crisi, priorità convincenti, un premio ai comportamenti virtuosi e promotori di sviluppo e anche solo il tener conto del soggetto-famiglia. L’Italia del dopo-cura, quella che "si risveglierà" tra 5 anni, non sarà un Paese più ricco di oggi. Un giovane sotto i 35 anni o una famiglia con figli – già composta o in formazione – non trovano appigli per la speranza di futuro meno ostile. Tutte le attese per un equo e solidale riequilibrio dei sacrifici vengono, insomma, riposte nella delega fiscale. Una sorta di terzo e cruciale tempo di questa partita con la crisi e per il futuro. La stangata che ci sta piombando addosso è, purtroppo, inevitabile. Ma è anche migliorabile. E va necessariamente integrata. Avrà senso solo se le risorse raccolte e le riforme impostate non saranno utilizzate per un 'rattoppo', ma per incidere alla radice sul modo con il quale in Italia si prepara il domani e si sostiene la fiducia delle persone. Con le famiglie e i giovani in primo piano. Massimo Calvi
2011-08-13 13 agosto 2011 AUSTERITY ITALIA Maxi manovra, 45 miliardi di sacrifici "Credo di aver fatto tutto in coscienza per il mio Paese". Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha chiuso la presentazione alla stampa del decreto anticrisi, del valore di 45,5 miliardi in due anni, approvato ieri dal Governo, testo che, dopo la controfirma del Capo dello Stato, dalla mezzanotte sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale per poi passare il 22 agosto all'esame delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio del Senato. Tremonti ha ribadito che il Governo non porrà la questione di fiducia in Parlamento ("Credo sia stata una scelta saggia - ha spiegato -. L'abbiamo fatto pensando che il testo sia talmente serio e impegnativo da impegnare la classe politica e il Parlamento per l'interesse generale") e ha respinto le critiche di chi sostiene che la situazione attuale poteva essere prevista. "Non è così e basta vedere la curva degli spread per capire quello che è successo". La crisi, ha aggiunto, "non riguarda solo l'Italia e ha subito "un'accelerazione drammatica" negli ultimi giorni e forse non si sarebbe arrivati fin qui "se ci fossero gli Eurobond". Per ora, ha affermato rispondendo a una domanda dei giornalisti, il Governo non prevede una revisione delle stime del Pil per effetto della manovra. "L'impatto delle norme di liberalizzazione, di semplificazione può essere significativo per il Pil, ma è difficile dire quanto e come - ha sostenuto -. Sappiamo che ci sono andamenti dell'economia mondiale che hanno effetto sulle economie nazionali". - "Io penso assolutamente di sì ". Risponde così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, intervistato da quattro agenzie che gli chiedono se arriverà a fine legislatura insieme a Tremonti. "Abbiamo lavorato gomito a gomito tutti questi giorni", ha spiegato il premier, sottolineando che "non sono assolutamente vere le tensioni che sono state illustrate sui giornali". "Certo - aggiunge - ci sono state delle contrapposizioni di vedute" non solo con Tremonti, ma "tra me e tutti gli altri, si è discusso sennò ci avremmo impiegato mezza giornata". BERLUSCONI: FINIRO' LA LEGISLATURA CON TREMONTI "Io penso assolutamente di sì ". Risponde così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, intervistato da quattro agenzie che gli chiedono se arriverà a fine legislatura insieme a Tremonti. "Abbiamo lavorato gomito a gomito tutti questi giorni", ha spiegato il premier, sottolineando che "non sono assolutamente vere le tensioni che sono state illustrate sui giornali". "Certo - aggiunge - ci sono state delle contrapposizioni di vedute" non solo con Tremonti, ma "tra me e tutti gli altri, si è discusso sennò ci avremmo impiegato mezza giornata". IL CONSIGLIO DEI MINISTRI DI VENERDI' SERA E LE MISURE APPROVATE Via 36 province, quelle sotto i 300mila abitanti. Fusione dei Comuni sotto i mille. E poi, più tasse per i lavoratori autonomi sopra i 55mila euro di reddito, e slittamento di due anni del Tfr per gli statali, che vedono a rischio le loro tredicesime, se le amministrazioni di cui sono dipendenti non rispettano gli obiettivi di riduzione della spesa. Stangata su chi non rilascia ricevuta fiscale. Accorpamenti di festività non concordatarie, armonizzate a livello europeo. Interventi su giochi, accise e tabacchi. Sono alcune tra le principali misure della manovra-bis da 45,5 miliardi (20 per il prossimo anno, i restanti per il 2013), approvato ieri in tarda sera dal Consiglio dei ministri. Prevista pure l’estensione ai dipendenti privati del contributo di solidarietà del 5% sulla parte eccedente i 90mila euro di reddito e del 10% oltre i 150mila euro. Misura che investe anche i parlamentari, che hanno il doppio del prelievo: 10 e 20 per cento. E dovranno volare in classe economica insieme a amministratori pubblici, dipendenti dello Stato, componenti di enti ed organismi. C’è, poi, lo slittamento dal 2020 al 2016 - inizialmente era previsto al 2015 - dell’età pensionabile delle donne (un miliardo i risparmi per il settore dal 2012). Ma nel testo finale nessuna misura sulle pensioni di anzianità. È il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a fornire a metà giornata l’entità dell’aggiustamento dei conti pubblici (anticipato di un anno rispetto al 2014) e ad annunciare tagli a politica ed enti locali. Con oltre 50mila poltrone in meno e quasi 6 i miliardi di tagli ai ministeri, legati alla Robin Hood tax sul settore energetico, "forse sono anche eccessivi", afferma in tarda sera nella conferenza stampa dopo il Cdm, in cui loda il ministro dell’Economia Giulio Tremonti: "Abbiamo lavorato febbrilmente". Già in mattinata era stato proprio il titolare di via XX settembre a tradurre l’impatto sui conti pubblici: scendere dal 3,9% del 2011 all’1,6% nel 2012 per poi arrivare al pareggio del bilancio nel 2013. Un anno prima di quanto "concordato a livello europeo". Poi l’uomo dei numeri allarga le braccia, "tutto è precipitato e questo ha comportato una revisione del profilo temporale del pareggio". Con il passare delle ore si fanno frenetici i consulti - con Bossi di traverso sul versante delle pensioni, ma anche diversi ministri pidiellini sul piede di guerra per altre misure che entrano ed escono dal testo - e compaiono le anticipazioni della bozza. Che parlano di tagli con l’accetta alla macchina dello Stato. E non solo. Si arriva al Cdm, riunito sino a tarda serata a limare il decreto, che dovrebbe approdare in Senato il 22 per la conversione in legge. Il presidente Renato Schifani aveva già dato la disponibilità di Palazzo Madama, durante il colloquio di giovedì con il Capo dello Stato, per un esame rapido della manovra già dopo Ferragosto. Le date ora ipotizzate sono, dunque, il 22 agosto per l’esame delle commissioni e il 29 agosto per l’aula. "Non potevamo far fronte a questa situazione senza l’intervento delle istituzioni europee", afferma a cose fatte Berlusconi da Palazzo Chigi. "Ci siamo trovati nella necessità di dover fare questa manovra per via del nostro debito che ammonta a 1.900 miliardi di euro", aggiunge. Fuori restano - ribadisce più volte Tremonti - sanità scuola, ricerca, cultura e 5 per mille. E "l’edilizia carceraria", aggiunge il premier. Ma molte voci sono stimate, per vederci ancora più chiaro bisogna aspettare. Leggere tra le righe delle cifre è, infatti, di "un esercizio un po’ complicato", ammette lo stesso Tremonti. Però, "sono tutti in più, una gran parte è addizionale. Quanto serve per fare 1,4 e zero" aggiunge, rispondendo alla domanda se i 45 miliardi circa annunciati per la manovra varata siano o meno aggiuntivi rispetto ai precedenti 47 circa. Il governo, poi, chiederà al Parlamento di anticipare al 2011 la delega per la riforma del fisco e dell’assistenza, ha precisato il ministro, aggiungendo che così si pensa di generare risparmi per 4 miliardi. Inoltre, nella manovra, alla quale non c’era alternativa (ma "poi vedremo di compensare"), dal punto di vista dello slancio all’economia ci sono "un meccanismo efficace di privatizzazione dei servizi locali e una normativa efficace su municipalizzate". Infine, norme per la "semplificazione e le liberalizzazioni che anticipano" la riforma dell’articolo 41 della Costituzione. Gianni Santamaria
13 agosto 2011 L'altro editoriale E ora l'altra "casta" Non vogliamo e non possiamo esprimere, a caldo, un giudizio articolato sulla manovra–bis varata ieri sera dal Consiglio dei ministri. Troppi e decisivi dettagli attendono di essere chiariti. Ma è già evidente che tutti – poveri, ceto medio e (veri o presunti) ricchi – pagheranno qualcosa. Politici compresi. Tutti, meno gli evasori. Gli unici che non hanno legge, che non subiscono "tagli", che dribblano i sacrifici. Chi ci governa e chi siede in Parlamento ricordi che, da oggi, tutto ciò che verrà scontato e addirittura condonato o perdonato a quest’altra "casta" peserà 45 miliardi di volte in più nel giudizio degli italiani onesti. Marco Tarquinio
13 agosto 2011 La crisi fa esplodere i problemi, ma è anche opportunità Si riparte il dossier della "questione sociale" Oltre agli esiti di una crisi economica e finanziaria epocale, è chiaro che sono in gioco in questi giorni, tra manovre governative e concertazione tra le parti sociali, i termini stessi della "questione sociale" in Italia. Quella questione che è stata al centro delle attenzioni per alcuni decenni dopo la nascita della Repubblica, e che è poi stata improvvidamente messa da parte, con evidenti esiti negativi per lo sviluppo e per il benessere della nazione. Eppure sappiamo che è su questi fondamentali che si basa la forza, anche economica, di un Paese, e la sua capacità di fronteggiare le tempeste finanziarie e geopolitiche. Ovviamente qui non si intende sottovalutare i problemi del mercato finanziario o quelli dei modi della gestione politica, ma è evidente che il cuore del problema sta oggi nei contenuti della ulteriore manovra che occorre realizzare in tempi rapidi e in maniera sostanziosa nelle prossime settimane, come richiesto dalla situazione economica, ma anche dalla Bce e che, stando alle anticipazioni, propone tra i grandi ambiti di intervento proprio quello del welfare e delle pensioni. L’intervento è più che comprensibile vista, la quantità di risorse che muovono l’uno e le altre assorbono. E potrebbe anche essere un bene per la coesione sociale, visto che il nostro welfare si basa in larga parte sulle prestazioni pensionistiche e su prestazioni assistenziali di tipo monetario, erogate nell’ambito del sistema pensionistico (Inps), con evidenti iniquità e lacune: più attenzione per chi ha un lavoro e per le loro famiglie che per chi è fuori dal mercato del lavoro (come nel caso degli assegni familiari riservati alle famiglie dei lavoratori); privilegiare gli anziani rispetto ai giovani (nonostante la riforma del 1995, il sistema pensionistico-fiscale continua ad essere molto generoso con le classi di età più elevate e i pensionati e decisamente debole nei confronti dei giovani, ivi comprese le giovani famiglie con bambini); privilegiare le cosiddette categorie di meritevoli (per professione, patologia, ecc.) a scapito degli emarginati e poveri tout court; privilegiare gli interventi di tipo riparativo elargiti su richiesta degli interessati, a sfavore della prevenzione e del sostegno sociale a monte dei problemi. Come è dimostrato nei fatti, dagli esborsi delle famiglie per le ampie aree di scopertura in ambito assistenziale e sanitario (la non autosufficienza o le liste di attesa in sanità) e anche dalle preoccupazioni per il futuro pensionistico dei giovani, emerse ad esempio nell’ambito dello studio Censis "Welfare, Italia, laboratorio per le nuove politiche sociali" di poche settimane fa. In questo senso, si gioca qui la partita della "questione sociale" in Italia. Perché da una profonda riforma e razionalizzazione se ne potrà uscire con le ossa rotte, cioè con un aggravamento degli squilibri, ma se ne potrà anche uscire con un miglioramento decisivo della coesione sociale del Paese, a patto che si rispettino due condizioni. La prima, che si tratti davvero di togliere laddove vi è una situazione di grande disponibilità e/o di privilegio, e riequilibrare verso chi ha troppo poco rispetto ai bisogni, e non di procedere con tagli indiscriminati, come pure in qualche caso si sente paventare (ad esempio i tagli lineari alle deduzioni fiscali). La seconda condizione è che un simile processo avvenga con la collaborazione di tutte le parti sociali chiamate a collaborare, senza esclusione. Ognuno deve dare quanto può dare per la collettività e pretendere quanto è necessario per il benessere collettivo e lo sviluppo. In totale onestà intellettuale e senza egoismi di categoria. Carla Collicelli
13 agosto 2011 LE MISURE Scure su statali e politica NEGOZI Tracciabilità di tutte le transazioni che superino i 2.500 euro, con comunicazione all’Agenzia delle entrate delle operazioni per le quali è prevista l’applicazione dell’Iva. È quanto prevede la bozza di manovra nella parte relativa al cosiddetto "spesometro", entrato in vigore dallo scorso primo luglio (che prevede l’obbligo di esibire il codice fiscale al commerciante; spetterà poi a quest’ultimo comunicare l’operazione per via telematica alle Entrate). È inoltre previsto l’inasprimento delle sanzioni - fino alla sospensione dell’attività - per la mancata emissione di fatture o scontrini fiscali. AUTONOMI Un aumento della quota Irpef per gli autonomi, a partire dall’attuale 41% per i redditi oltre i 55mila euro. La misura, inizialmente prevista per un periodo di 2-3 anni, potrebbe essere a carattere permanente. ENTI LOCALI Dalle prossime elezioni è prevista la soppressione delle Province sotto i 300mila abitanti, la fusione dei Comuni sotto i mille abitanti e la riduzione dei componenti dei Consigli regionali. Verranno ridotti 6 miliardi di trasferimenti agli enti locali nel 2012 e 3,5 nel 2013. Per le Regioni il peso della riduzione dei fondi è pari a 1 miliardo. La sanità non verrà toccata. COSTI DELLA POLITICA "Aggrediremo i costi della politica con 14-15 misure", ha annunciato Silvio Berlusconi. Ci sarà, ha fatto sapere il presidente del Consiglio, un taglio di 6 miliardi ai ministeri nel 2012 e di 2,5 miliardi nel 2013. PARLAMENTARI Voli in classe economica per parlamentari, amministratori e dipendenti statali, componenti di enti ed organismi. Previsto un "contributo di solidarietà" per deputati e senatori, pari al 5% per i redditi superiori ai 90mila euro e del 10% per quelli superiori a 150mila euro. Ridotta del 50% l’indennità per il parlamentare che ha un reddito pari all’indennità stessa. PENSIONI Viene anticipato dal 2020 al 2015 il progressivo innalzamento a 65 anni (entro il 2027) dell’età pensionabile delle donne nel settore privato. Inoltre, sono previsti interventi disincentivanti per le pensioni di anzianità.Verrà anticipato al 2012 il conseguimento del requisito di "quota 97 anni", dalla somma tra età anagrafica e anni di contribuzione. FESTIVITÀ I lavoratori italiani non potranno più godere dei cosiddetti "ponti" festivi. Nella bozza della manovra-bis si prevede che le festività infrasettimanali "non concordatarie" siano accorpate alla domenica. DIPENDENTI PUBBLICI La manovra prevede il pagamento con due anni di ritardo dell’indennità di buonuscita dei lavoratori della pubblica amministrazione. Inoltre, i dipendenti statali che non rispettano gli obiettivi di riduzione della spesa potrebbero perdere il pagamento della tredicesima mensilità. IMPOSTE Viene esteso ai dipendenti privati la misura già in vigore per i dipendenti pubblici e per i pensionati: prelievo del 5% della parte di reddito eccedente i 90mila euro e del 10% della parte eccedente i 150mila euro. RENDITE Confermata la tassazione delle rendite finanziarie al 20%: saranno esclusi dal provvedimento i Bot. La tassazione sulle rendite finanziarie, esclusi i Bot, salirà dal 12,5% al 20%. SOCIETÀ La manovra prevede per le società una riduzione al 62,5% della possibilità di abbattimento delle perdite. ENERGIA Nella manovra è prevista una "Robin Hood tax per il settore energetico", ha annunciato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. È stata invece stralciata dal testo del decreto la norma che prevedeva il taglio del 30% agli incentivi per le energie rinnovabili. Cambiamenti in vista anche per il mercato elettrico, che verrà diviso in tre macrozone: Nord, Centro, Sud. INCARICHI Stop ai doppi incarichi per chi è stato eletto. Nel testo licenziato dal Consiglio dei ministri si prevede l’incompatibilità dell’incarico parlamentare con altre cariche elettive. LAVORO La manovra prevede che vengano estesi "erga omnes" gli effetti dell’accordo siglato il 28 giugno scorso sui contratti aziendali. I contratti aziendali potranno derogare a quello nazionale: le norme consentono l’applicazione delle intese Fiat siglate a Pomigliano e Mirafiori. CONSUMI Nella manovra bis - ha fatto sapere il ministro Tremonti - sono previsti anche interventi sui giochi, sulle accise e sui tabacchi.
13 agosto 2011 QUIRINALE AL LAVORO Napolitano: "Momento delicatissimo, responsabilità" Guerra aperta dentro la maggioranza sulla manovra. Il ministro dei Beni culturali Giancarlo Galan e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio - nonché leader dei Forza del Sud - Gianfranco Miccichè rompono gli argini e agitano le acque. Che ieri un nuovo auspicio di concordia dal Colle più alto d’Italia aveva cercato di rasserenare. Ammonendo: è l’ora della responsabilità in un momento delicatissimo. Un’apertura arriva dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che, a manovra varata, dà atto all’opposizione di essere stata responsabile ed esclude il voto di fiducia. Durante le convulsa giornata Miccichè tuona: se passassero i tagli alle energie rinnovabili - ipotesi che poi rientra - "non voteremo la manovra, nemmeno se a chiedercelo fosse Napolitano". Mentre Galan non tira in ballo il Colle, ma entrando al Consiglio dei ministri è categorico: "Se è una manovra che impone sacrifici ai cittadini, tipo tagli alle pensioni o patrimoniali, e neanche un soldo per gli investimenti, io non la voto". Tanto da prendersi, a quanto riferiscono i presenti, un fermo richiamo dal presidente del Consiglio: in questo momento è grave farsi vedere divisi. Nel giorno dell’annuncio delle decisioni necessarie per uscire dalla crisi, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano è tornato a esercitare la sua autorità morale, insistendo già dal mattino sul dialogo. Dapprima in una nota in cui ha chiesto che "prima e dopo le deliberazioni" dell’esecutivo "si sviluppi il confronto più attento, aperto alle proposte di tutte le forze politiche e sociali che, come già ieri in Parlamento, appaiono consapevoli delle comuni responsabilità nell’attuale delicatissimo momento". Parole cadute proprio mentre Berlusconi era impegnato in una difficile partita con gli enti locali, ai quali stava annunciando tagli draconiani. In seguito sul sito del Quirinale è apparso un dettagliatissimo resoconto dei più recenti interventi del Capo dello Stato sulla crisi. Quasi a dire: non potete dire che non ho parlato con chiarezza. In questo senso è andato il giro d’orizzonte compiuto tra giovedì e ieri con le forze politiche e i presidenti di Senato e Camera. Che ha visto l’altroieri l’incontro con lo stesso Berlusconi - insieme a Letta e Tremonti - dopo che questi aveva avuto un colloquio con il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. Ieri, a completare queste consultazioni "sui generis" (che hanno investito quasi tutte le forze politiche, ma non la Lega Nord) sono saliti al palazzo del Quirinale il presidente della Camera Gianfranco Fini e il segretario del Pdl Angelino Alfano. Scopo di questo tourbillon di colloqui è stato imprimere una accelerazione al varo del decreto per anticipare il pareggio di bilancio e sondare soprattutto la posizione delle opposizioni (tra i primi a salire al Colle sono stati il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani e dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, che ieri hanno mantenuto un silenzio assoluto fino all’approvazione delle misure, criticandole poi apramente) allo scopo di verificare se vi sia quella disponibilità al dialogo che ha consentito in luglio un rapido iter parlamentare della manovra. "Nel corso di tutti i colloqui", sottolinea la nota ufficiale, il Capo dello Stato "si è ispirato alle preoccupazioni ed esigenze più volte espresse negli ultimi tempi" ed "è ora in attesa delle deliberazioni che il Consiglio dei ministri adotterà per far fronte ai gravi rischi emersi per l’Italia in conseguenza delle tensioni sui mercati finanziari, e per corrispondere alle attese delle istituzioni europee". Nessuna dichiarazione al temine dell’incontro da parte della terza carica dello Stato. Mentre l’ex Guardasigilli, ora guida del partito berlusconiano, aveva già espresso la consonanza con la moral suasion alle forze politiche espressa più volte da Napolitano nelle scorse settimane, auspicando in un’intervista televisiva giovedì sera "che le principali forze politiche la smettessero di litigare e guardassero insieme per il futuro degli italiani". Gianni Santamaria
13 agosto 2011 TAGLI E TASSE Manovra, le reazioni politiche "Una manovra depressiva, poco credibile e ingiusta". È questo il commento del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che boccia le proposte dell'esecutivo aggiungendo che "dal 20 agosto in poi, una volta esaminato il testo presentato dal Consiglio dei ministri, ci rivolgeremo alle forze sociali e alle opposizioni per aprire un confronto volto a perfezionare una più compiuta proposta alternativa agli interventi del governo, a presentare gli emendamenti in Parlamento ed a sollecitare il sostegno dell'opinione pubblica". CASINI: TARTASSATI I SOLITI MA SERVE SENSO DELLO STATO "Dopo tre anni di inutili perdite di tempo e di patetiche rassicurazioni sulla condizione dell'Italia, nel pieno di una tempesta finanziaria mondiale, il Governo si è finalmente svegliato. Ma lo ha fatto tartassando i soliti noti che non evadono le tasse, il ceto medio e le famiglie, ed evitando quegli interventi strutturali di cui invece il Paese ha bisogno". È il commento del leader Udc Pierferdinando Casini alle misure anticrisi varate dal governo. "Sembrano tuttavia parzialmente recepite - prosegue Casini - alcune delle nostre indicazioni sulla tassazione delle rendite finanziarie (con l'esclusione di Bot, CCT e BTP), sui tagli alle Province e sull'accorpamento dei piccoli Comuni, sempre che tutto questo non si riduca all'ennesimo annuncio ad effetto. È un sacrificio immenso quello che il Governo chiede al Paese e a cui le forze di opposizione devono corrispondere con grande serietà e senso dello Stato". "La volontà espressa dal Presidente del Consiglio di non porre la fiducia su questo decreto - conclude il leader Udc - ci impegna ad avanzare alla luce del sole, a partire dal Senato, le nostre proposte tese a rendere meno iniqua e ingiusta questa manovra". DI PIETRO: 90% SULLE SPALLE DEI CITTADINI, CASTA NON E' INTACCATA "Dopo una giornata di risse all'interno della maggioranza il governo ha partorito una manovra che per il 90% pesa sulle spalle dei cittadini e della povera gente, dei ceti medi e medio bassi. Ci sono alcuni segnali positivi, e anche se sono timidissimi voglio per carità di patria indicarli per primi. La razionalizzazione delle Province e dei Comuni è un passettino nella direzione giusta, anche se non è certo quello di cui ci sarebbe bisogno e che noi avevamo proposto, l'abolizione secca della Province. Dovremo conquistarcela da soli con la legge d'iniziativa popolare per cui stiamo raccogliendo le firme". E' quanto scrive sul suo blog il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro. CGIA: BOOM DELLA PRESSIONE FISCO, NEL 2013 VOLERA' AL 44,3% La manovra porterà a un aumento della pressione fiscale che nel 2013 arriverà al 44,3%. A lanciare l'allarme è il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, che ha quantificato gli effetti fiscali delle manovre correttive approvate in queste ultime settimane. "Grazie agli effetti della manovra correttiva di luglio e a quelli legati alla manovra bis approvata venerdi sera, nel 2013 la pressione fiscale - ha detto - si attesterà al 44,3%. Un livello mai raggiunto in passato che rischia di soffocare i timidi segnali di ripresa economica registrati negli ultimi mesi. Rispetto a quest' anno, nel 2013 il carico fiscale sui cittadini e le imprese aumenterà di +1,7". La simulazione della Cgia è stata realizzato utilizzando le previsioni di finanza pubblica contenute del Def 2011 (Documento di Economia e Finanza), ipotizzando che le maggiori entrate fiscali per gli anni 2012 e 2013 vengano aumentate dagli effetti fiscali previsti dalla manovra correttiva anticipata di un anno e dalla manovra bis approvata venerdì scorso. Da un punto di vista metodologico si è proceduto sommando le entrate fiscali che la manovra correttiva di luglio prevede per il 2012 (pari a 6.081 milioni di euro) con le nuove entrate previste dalla manovra bis. Vale a dire: 4 miliardi di euro provenienti dalla riduzione delle agevolazioni ed esenzioni fiscali e i 3 miliardi di euro che saranno recuperati dal contributo di solidarietà, dalla riforma della tassazione delle rendite finanziarie e dall' applicazione dell'addizionale Ires (Robin Tax) sulle imprese del settore energetico. Per il 2012 si sono considerate le medesime entrate fiscali previste per il 2014. "Per stimare la pressione fiscale negli anni 2012 e 2013 - conclude Bortolussi - abbiamo classificato come entrata fiscale anche il gettito prodotto dalla futura riforma della assistenza sociale. Tale decisione è coerente con la norma di salvaguardia che prevede, nel caso di mancata attuazione della delega, che si proceda al taglio delle detrazioni e delle agevolazioni fiscali e quindi un conseguente aumento delle entrate fiscali. Nel caso la riforma assistenziale venisse attuata, si può ipotizzare che i 4 miliardi di gettito anticipati al 2012 e i 20 miliardi anticipati al 2013, si traducano in minori erogazioni ai cittadini e quindi vengano considerati nei bilanci pubblici come risparmi di spesa. In questa ultima ipotesi, la pressione fiscale potrebbe essere inferiore a quella ipotizzata nella nostra elaborazione".
2011-08-12 12 agosto 2011 CONTI IN ROSSO Bankitalia: debito sopra i 1900 miliardi Il debito pubblico italiano a giugno sale, tocca un nuovo record e sfonda per la prima volta i 1.900 miliardi di euro, attestandosi a quota 1.901,919 mld. È quanto riporta il supplemento al Bollettino statistico della Banca d'Italia dedicato alla finanza pubblica. Da ricordare che il dato riguarda lo stock di debito e non il suo rapporto con il prodotto interno lordo (è quest'ultimo invece il dato utile ai fini del patto di stabilità europeo). Nota positiva per quanto riguarda le entrate tributarie, che nei primi sei mesi del 2011 si sono attestate a quota 176,479 miliardi di euro, in crescita dell'1,3% rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente.
12 agosto 2011 LE MOSSE DEL GOVERNO Decreto anticrisi, il premier: "Altri 45 miliardi in due anni" Il governo si appresta a varare misure correttive aggiuntive sui conti pubblici da 45 miliardi nel biennio 2012-2013, ha comunicato Silvio Berlusconi agli enti locali secondo quanto riferito da uno dei partecipanti all'incontro di Palazzo Chigi. Berlusconi ha anche confermato che una delle misure introduce una imposta di solidarietà e tagli ai costi dei ministeri di 6 miliardi nel 2012 e 2,5 miliardi nel 2013. Nello stesso incontro Tremonti, ha riferito un altro partecipante, ha annunciato una possibile riduzione delle province e un progressivo accorpamento dei comuni. Sul tavolo anche un meccanismo di incentivi per la privatizzazione dei servizi pubblici locali e l'anticipo del federalismo fiscale. "Aggrediremo anche i costi della politica: 14-15 misure per ridurre i costi della politica, con tagli ai ministeri per 6 miliardi nel 2012 e per 2,5 miliardi nel 2013". ha spiegato Berlusconi. Tremonti ha aggiunto che per raggiungere il pareggio di bilancio è necessario un "taglio ai trasferimenti" a regioni e enti locali attraverso una "riduzione di 6 miliardi per il 2012 e di 3,5 nel 2013". Il ministro poi ha detto che si sta valutando l'ipotesi di anticipare il federalismo fiscale. Intanto è stato convocato per stasera alle 19 il Consiglio dei ministri che dovrà mettere a punto il decreto anticrisi, con le misure annunciate ieri da Tremonti. Il vertice di maggioranza si è concluso Ieri notte. I TAGLI AGLI ENTI LOCALI I tagli ai trasferimenti annunciati dal governo per gli enti locali "saranno di sei miliardi nel 2012 e di tre miliardi nel 2013". Lo conferma il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi al termine dell'incontro con il governo. Il governatore della Lombardia ha dettagliato il taglio dei trasferimenti che saranno 1,7 miliardi in meno ai Comuni, 0,7 miliardi alle Province, 1,6 miliardi alle Regioni a statuto ordinario e due miliardi in meno le Regioni a statuto ordinario. Formigoni ha confermato anche che il governo ha proposto delle misure di tagli di spesa: le voci riguarderanno i costi politica, la riduzione delle Province e l'accorpamento dei Comuni, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, le privatizzazioni e il taglio dei trasferimenti. Tremonti, ha concluso Formigoni,"ha anche parlato di anticipo del federalismo fiscale". BOSSI: VIGILO SULLE PENSIONI "Vado a vigilare sulle pensioni, ma non penso che nessuno osi toccarle finchè non c'è chi ha il pugno più forte del mio" ha detto Umberto Bossi in vista del Consiglio dei ministri di questa sera. Il Senatur ha aggiunto che "Gli enti locali sono preoccupati dei tagli, ma non è esattamente come sembra". LE INDISCREZIONI DI IERI SERA Patrimoniale (o "contributo di solidarietà") sopra i 90mila euro, e con un altro scaglione sopra i 150mila; poi guadagni finanziari tassati al 20%, anticipo dal 2012 della nuova Imu federalista che colpirà soprattutto le seconde case, blocco (ancora da definire) delle pensioni d’anzianità e aumento dell’età di pensione per le lavoratrici private. Prende corpo il decreto da 20 miliardi per rafforzare ulteriormente la manovra sul 2012 (che sale così a un importo globale da 30-35 miliardi, il Consiglio dei ministri potrebbe riunirsi già stasera), alla fine di una giornata in cui la parola torna a Giulio Tremonti. Il giorno dopo l’incontro, avaro di dettagli, con imprese e sindacati, il superministro dell’Economia (sempre meno super) si presenta, dribblando una fitta schiera di telecamere e fotografi, alle commissioni parlamentari riunite per ascoltare la nuova strategia anti-crisi del governo e comincia a svelare qualche carta. Ma non troppe: dà per certa l’armonizzazione al 20% della tassa sulle rendite finanziarie (sempre esclusi i Bot), ipotizza di "accorpare sulle domeniche le festività" e preannuncia "il licenziamento del personale compensato con meccanismi di assicurazione più felici", una sorta di libertà di licenziare. Insomma, dall’articolo 81 (quello sul pareggio di bilancio, che intanto perde "peso" dato che l’approdo del percorso sarebbe fissato ora al 2015) della Costituzione si rifinisce all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Tutto qui. Tanto che il professore di Sondrio finisce con lo scontentare anche la platea di parlamentari. In primis il suo più strenuo difensore. Umberto Bossi esce dalla sala del Mappamondo, alla Camera, e sbotta: "È stato troppo fumoso". Un giudizio che innesca la replica piccata del ministro: "È difficile essere più precisi. Le parole di Bossi? Saranno oggetto di un confronto fra noi due". Anche perché, ricorda Tremonti, la strada è obbligata: l’anticipo un anno prima, nel 2013, del pareggio di bilancio è la richiesta della Bce. Perché oggi viviamo in un’epoca "che costringe a scelte di maggior rigore: non puoi spendere più di quello che prendi, soprattutto se con riluttanza prendono i tuoi titoli". Anche molte delle misure da prendere sono proprio quelle suggerite dall’asse Trichet-Draghi. Una lista che tocca più o meno tutti i settori. Interventi "drastici", li definisce il ministro, che vanno dalla deregulation sui licenziamenti all’ulteriore blocco degli stipendi pubblici, fino alla nuova eurotassa. E poi piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali, dei servizi professionali e la privatizzazione su larga scala dei servizi locali; tagli stipendi agli statali ("ma noi non li vogliamo", dice); tagli ai costi della politica; lotta all’evasione. C’è poi, accanto al pareggio nella Carta, l’altra riforma costituzionale per la libertà d’impresa (l’art. 41). Due riforme per le quali Tremonti, rivolto alle opposizioni, invoca il "disarmo plurilaterale". L’attuale articolo 81 sulla copertura delle spese, spiega il ministro, "non è un successo", basta guardare al nostro debito pubblico che è il "terzo-quarto del mondo". Ora bisogna fare "una scelta che segna la fine di un’epoca in cui l’Occidente poteva piazzare titoli ai valori che voleva". Tutto questo anche perchè "la crisi ha preso un corso diverso, non ancora finito e non facile da prevedere". Insomma, c’è "un’intensificazione verticale della crisi", e bisogna anticipare. Ma "non c’è un "caso Italia". Semmai è un caso nel caos". Eugenio Fatigante
12 agosto 2011 LA PARTITA NEL GOVERNO Berlusconi resiste: non voglio tasse Il forcing del Colle arriva come una manna dal cielo sulle fratture interne all’esecutivo. Berlusconi in serata convoca di nuovo Tremonti, Bossi e lo stato maggiore della Lega, e se possibile è ancora più assertivo: "L’Europa spinge, la Bce spinge, Napolitano ha convocato anche le opposizioni per evitare ogni ostruzionismo e ci ha raccomandato la massima velocità... Umberto, siamo costretti...". Insomma, il classico "tempo tiranno", stavolta, dà una mano al premier. Che assecondando il ritmo imposto dal Colle fissa un calendario strettissimo: tra oggi pomeriggio e domani mattina, a mercati chiusi, dovrebbe svolgersi il Cdm che varerà il decreto anticrisi. Fonti di palazzo Chigi assicurano che per definire il testo, ormai, è questione di dettagli. I nodi sono alla luce del sole: la resistenza di Bossi a una stretta sulle pensioni e quella di Berlusconi a qualsiasi misura che possa somigliare ad un aumento della pressione fiscale o ad una "punizione" per i ricchi. Il Cavaliere è convinto che il Senatur, dopo il passaggio al Quirinale previsto in mattinata, arriverà a più miti consigli e accetterà il compromesso che sta scrivendo Tremonti. Quanto alla superimposta, nella notte il premier ha portato l’ultimo assalto al ministro dell’Economia: "Ci giochiamo la nostra credibilità, lo vedi anche tu che i nostri sono in fibrillazione". È un riferimento alle tante voci di parlamentari azzurri che hanno "aggredito" il titolare del Tesoro subito dopo la sua audizione alle Camere. "Siamo liberali, non di sinistra, la gente ci chiede riforme, non prelievi una tantum...", ha insistito Berlusconi contando anche sull’isolamento politico del Tesoro. In dote al vertice di maggioranza, cui hanno presenziato anche il segretario Pdl Angelino Alfano e i capigruppo azzurri, Berlusconi ha portato anche la chiacchierata di 40 minuti che nel primo pomeriggio ha avuto con Mario Draghi. Da diversi giorni i due si sentono con costanza, ed è noto che la lettera Bce giunta la settimana scorsa sul tavolo del premier e del ministro dell’Economia è vergata anche dal governatore di Bankitalia. Draghi è giunto a palazzo Chigi risentito degli attacchi di Bossi ("Temo che vogliono far cadere il governo..."), ma il Cavaliere l’ha rassicurato sulla ferma intenzione dell’esecutivo di procedere al risanamento senza impantanarsi nelle dispute interne. Conversazioni che il premier riporta quasi parola per parola al fine di stringere nell’angolo chi è scettico verso il decreto in elaborazione. Dunque, volenti o nolenti, si accelera. Se è vero che il Cdm si terrà nelle prossime ore, allora si comprende meglio quanto anticipato da Renato Schifani, presidente del Senato, a margine del suo colloquio con il Colle: "Dopo Ferragosto le commissioni possono iniziare l’esame del provvedimento". Dunque la seconda metà del mese sarà impiegata per apportare emendamenti e correttivi al decreto. Lavorando a ritmi serrati, si riuscirebbe a convocare le Aule per la conversione definitiva in legge ad inizio settembre. Sarebbe il secondo "record" dopo quello realizzato a luglio, quando la manovra fu approvata in cinque giorni. E anche in questo caso il Colle ha bonificato il territorio chiedendo che non ci siano ostruzionismi da parte delle opposizioni. Certo, si naviga a vista. Il dopo-decreto è ancora oscuro. I gruppi in Aula fremono. Ieri Calderoli dispensava preoccupanti battute sui giorni della maggioranza. E Berlusconi sa che il boccone amaro che tanti dovranno digerire in queste ore potrebbe trasformarsi in una trappola autunnale. Ma il pressing intorno all’Italia impedisce ragionamenti che vadano troppo in là. Marco Iasevoli
12 agosto 2011 LA MEDIAZIONE DEL QUIRINALE Il pressing di Napolitano: ora rapidità e coesione N<+spz3><+tondo>on è un semplice gesto di preoccupazione per le sorti del Paese, ma il rientro dalle vacanze anticipato alla fine della mattinata invece che in serata, del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, assume una vera e propria caratura istituzionale: l’avvio di una procedura democratica che il "Colle" vuole quantomai rapida ed allo stesso tempo corretta, nel segno della coesione e rapidità d’azione per varare una manovra, attesa dall’Europa, che sia anche equa. Non a caso il Capo dello Stato chiede al premier Silvio Berlusconi, al sottosegretario Gianni Letta e al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, di ricevere nero su bianco il decreto in tempo utile per esaminarlo come dovuto e non essere costretto ad una firma affretta per farlo comparire subito in Gazzetta Ufficiale. Il presidente esercita poi la sua <+corsivo>moral suasion<+tondo> per chiedere ai leader dell’opposizione Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini, ricevuti al Colle separatamente, che non vi sia nessuna forma di ostacolo che ritardi l’iter del provvedimento. Pur restando ferma la necessità di un confronto aperto a tutte le forze politiche e alle parti sociali, l’invito è ad assumersi le proprie responsabilità in questo passaggio cruciale per il Paese. Sia da Bersani che da Casini il presidente riceve una risposta positiva. Il segretario del Pd, comunque, avrebbe anche sottolineato che il primo passo tocca al governo. "Deve fare la sua, non possiamo farla noi", avrebbe notato, illustrando nel merito le proposte del suo partito per incidere sulla spesa, evitare la falcidia delle agevolazioni assistenziali e fiscali, facendo pagare maggiormente a chi ha di più, ed avviando al contempo riforme strutturali. Anche il governo si misura con la richiesta di rigore procedurale e di rispetto degli impegni europei venuta dal "colle", tant’è che il Consiglio dei ministri si terrà probabilmente oggi. C’è anche un lungo e cordiale colloquio con il presidente del Senato, Renato Schifani che ha assicurato al Capo dello Stato "la piena disponibilità di Palazzo Madama ad un esame immediato del provvedimento urgente sulla manovra economica". In particolare la seconda carica della Repubblica ha garantito che le competenti commissioni del Senato potranno cominciare l’esame del provvedimento subito dopo Ferragosto e l’aula iniziarne la trattazione già dai primi giorni di settembre. Una tabella di marcia che Schifani conferma poi direttamente a Tremonti che in serata si reca a Palazzo Giustiniani per illustrare al presidente del Senato le linee della manovra. Al termine del colloquio con Napolitano, probabilmente riferendo il pensiero del Colle, Schifani sottolinea che le misure dovranno essere frutto di "un confronto aperto tra tutte le forze politiche e sociali". In questo senso Napolitano, nel colloquio con il premier, ha sollecitato il governo a proseguire il confronto e le opposizioni a mostrare lo stesso senso di responsabilità espresso per la manovra di luglio. Quelle avviate ieri sono in sostanza vere e proprie consultazioni, infatti oggi Napolitano vedrà Gianfranco Fini, sia come presidente della Camera, che come leader di Fli, e anche il segretario del Pdl, Angelino Alfano. Tra i molti contatti già avuti ieri, c’è anche quello con il presidente di turno dell’Anci, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Pier Luigi Fornari
12 agosto 2011 Per ritrovare la fiducia (e il suo senso). Per un nuovo mercato, equo Una lunga buona strada Dietro la crisi che stiamo attraversando c’è soprattutto una grave crisi di fiducia: non si sa più dove trovare investimenti affidabili, e quindi si vendono titoli preferendo liquidità (o oro e beni rifugio). Oggi è chiaro come non mai quanto sia vero che credito deriva da "credere", dal fidarsi. Il grande economista inglese J. M. Keynes nel 1936 aveva ben descritto, nella sua sostanza, quanto sta accadendo ora, un fenomeno che dipende poco dai sofisticati strumenti finanziari e molto da semplici meccanismi psicologici: siamo caduti in una "trappola delle aspettative negative", una situazione nella quale per una grave crisi di fiducia (in questo caso nei debiti pubblici degli Stati "sovrani") gli operatori hanno una fortissima preferenza per la liquidità e una grande sfiducia nei titoli finanziari. E quando si cade in queste trappole la sola politica efficace è ricreare quella fiducia che manca, ricreare aspettative positive. L’attuale sistema economico capitalistico non ha – e qui sta il punto – le risorse antropologiche ed etiche, prima che tecniche, per poter rilanciare queste aspettative, perché mancano prospettive culturali all’altezza delle sfide poste. Nei momenti di crisi la memoria è sempre una risorsa importante per immaginare e tracciare scenari di speranza. Fiducia proviene dal latino fides, una parola che significa insieme fiducia, affidabilità, legame (corda) e fede religiosa. Mi fido di te, ti faccio credito (sei credibile), perché condividiamo la stessa fides, quella fede che era la principale garanzia di affidabilità e di restituzione del prestito, soprattutto quando si scambiava con forestieri. Su questa fides-fiducia-affidabilità-credibilità-legame-fede è nato il primo mercato unico europeo tra Trecento e Modernità. Con la riforma protestante questa fides entra in crisi, la corda si spezza (non bastava più la fides cristiana per i commerci e per la pace); l’Europa trovò allora nuove forme di fiducia per poter sostenere i nascenti mercati: è infatti nel Seicento che nascono le le banche centrali, le borse valori, che diventano le nuove garanzie "laiche" del nuovo mercato senza-fides. Parallelamente a queste nuove istituzioni economiche nascono anche gli Stati nazionali, che diventano, i nuovi "luoghi della fiducia", le grandi garanzie per i mercati e per le monete, come lo erano state le città nel Medioevo. Questo breve excursus storico solo per dire che l’economia moderna laica nasce da uno strettissimo rapporto tra economia e politica nazionali, tra finanza e Stati-nazione. Dietro scambi e finanza c’erano gli Stati, i popoli, le comunità nazionali, i territori, l’appartenenza. Anche la democrazia politica ed economica che conosciamo si è fondata su mercati e istituzioni economiche sostanzialmente nazionali. Questo capitalismo nazionale, nelle sue due grandi versioni anglosassone e europea, ha retto fino a pochi decenni fa, quando siamo entrati in modo via via più accelerato nell’era della globalizzazione e del capitalismo finanziario. Questa crisi ci sta dicendo che ancora non sappiamo né capire né governare il capitalismo globalizzato, perché mentre l’economia e la finanza sono radicalmente cambiate, la politica e i suoi strumenti sono ancora quelli del primo capitalismo, compresa la creazione senza controlli e garanzie di enormi debiti pubblici, espressione dell’antica idea di sovranità e signoraggio degli Stati-nazione. Per non parlare poi del tema fiscale: per combattere seriamente l’evasione fiscale dovremmo almeno riconoscere che esiste una mega "questione fiscale" e di giustizia che si gioca sui mercati finanziari globali, dove si creano enormi profitti e rendite che di fatto sfuggono ai sistemi fiscali ancora troppo ancorati alla dimensione nazionale, che al più può ricorrere ex post al pericoloso e immorale trucco dei condoni. In Europa l’euro è in profonda crisi perché non abbiamo ancora trovato un rapporto tra l’euro e l’Europa. Resta sempre un effetto credibilità del singolo Paese (non sarà certo un caso che Piazza Affari è quasi sempre la peggiore!), ma non è quello decisivo per capire e affrontare la crisi. Basti osservare quanto siano divenute inadeguate le garanzie offerte dagli Usa di Obama, poiché in realtà servirebbe una politica a dimensione della globalizzazione, una politica che ancora non c’è, e soprattutto non si intravvede. Sarebbe necessaria una nuova Bretton Woods mondiale, per dar vita a una economia di mercato post-capitalistica dove la finanza è regolata e tassata come (e forse più di) tutte le attività che producono reddito, dove si creano authorities indipendenti di controllo dei debiti pubblici, dove si regolano anche la governance delle grandi imprese multinazionali (alcune oggi più ricche e influenti di piccoli Stati-nazione), e molto altro ancora. Ecco perché in questa crisi è in gioco la nuova economia di mercato nell’era della globalizzazione, che dovrà essere diversa da quella che abbiamo creato fin qui. L’economia finanziaria globalizzata ha bisogno di fiducia ma, come nel caso dell’energia, la consuma senza essere capace di ricrearla, perché i suoi strumenti creano reputazione (che è un normale bene di mercato) che tende a spiazzare la fiducia (che è invece un bene relazionale). Ciò che ad oggi è certo è che la vecchia politica basata sui governi nazionali, sugli equilibri partitici e sulla sovranità non funziona più. Che cosa uscirà da questo fallimento non lo sappiamo: possiamo solo prevedere alcuni anni di fragilità, di rischio sistemico, di incertezza, con sacrifici per tutti, speriamo con un po’ d’equità. E dobbiamo soprattutto rilanciare la speranza, che è la grande virtù in tutti i tempi di crisi, è il terreno fertile dal quale può rifiorire anche la fiducia. Luigino Bruni
2011-08-10 11 agosto 2011 LE MOSSE DEL GOVERNO Consultazioni di Napolitano, anche le opposizioni al Colle Il presidente Giorgio Napolitano è rientrato in anticipo dalle vacanze per seguire da vicino le mosse anticrisi del governo. Nel pomeriggio ha incontrato Berlusconi e Tremonti. Prima di salire al Quirinale, il premier ha incontrato Mario Draghi. Napolitano ha visto anche anche Casini e Bersani. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti è intervenuto stamattina in Parlamento davanti alle commissioni congiunte per analizzare il perdurare della crisi economica e spiegare le misure che il governo intende adottare. "L'articolo 81 della Costituzione non costituisce un caso di successo - ha esordito Tremonti, riferendosi alla necessità di modificare la norma che disciplina il bilancio dello Stato - Ora abbiamo il terzo quarto debito pubblico nel mondo". Secondo Tremonti, la scelta di inserire il pareggio di bilancio in Costituzione è "una scelta che segna la fine di un'epoca nella quale l'Occidente poteva piazzare titoli ai valori che voleva". Oggi viviamo in un'epoca "che costringe a scelte di maggior rigore: non puoi spendere più di quello che prendi soprattutto se con riluttanza prendono i tuoi titoli". Tremonti ha poi ammesso che le difficoltà economiche del momento sono notevoli. Da giugno, quando si è scritta la manovra, "la crisi ha preso un corso diverso, non ancora finito e non facile da prevedere nella sua dinamica. Io non sono accreditabile per formule ottimistiche, casomai per prudenza". LA RICETTA DI TREMONTI Tremonti ha quindi indicato i possibili rimedi per sistemare i conti pubblici e rilanciare l'economia. Sul lato della crescita serve "la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali, dei servizi professionali e la privatizzazione su larga scala dei servizi locali". Per il mercato del lavoro l'ipotesi da mettere in campo è "una spinta alla contrattazione a livello aziendale, con il superamento del sistema centrale rigido" ma anche "il licenziamento del personale compensato con meccanismi di assicurazione più felici", una sorta di "diritto di licenziare". Tra le ipotesi allo studio per far fronte alla crisi, dice Tremonti, c'è anche quella di "tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici". Necessario anche "intervenire con maggior incisività sui costi della politica. Dobbiamo tornare sulla materia non solo sui costi dei politici, non solo su quanto prendono ma anche su quanti sono. C'è un effetto di blocco, di manomorta". Infine, il tema dei prelievi sulle rendite finanziarie: "La scelta è stata definita con un allineamento delle aliquote. La scelta è stata fatta in sede di riforma ma non abbiamo nulla in contrario ad un intervento diretto. Fermi i titoli di Stato, e prevedendo una riduzione della tassazione della raccolta postale che è al 27%, tutti i titoli finanziari verrebbero tassati dal 12,5% al 20%" Pierluigi Bersani, leader del Pd, ha commentato così: "La nostra impressione è l'assenza di idee e di compattezza in questo Governo e in questa maggioranza". Bersani ha poi aggiunto: "È tempo di agire, spero che al governo non tremino i polsi. Vi invito a decidere: noi porteremo le nostre proposte". Bersani ha poi chiesto una stretta sull'evasione fiscale, auspicando che "chi ha di più dia di più", come già chiesto ieri dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Su questo punto Tremonti ha assicurato che il governo studia "forme più forti di contrasto all'evasione fiscale, soprattutto nei casi di omessa fattura o scontrino". Critico anche Pierferdinando Casini, che si è rivolto a Tremonti con parole sferzanti: "Mi auguro che lei abbia le idee così chiare che non ci ha detto nulla per non bruciare il decreto. Perchè io ho capito più dai giornali che non dalle sue dichiarazioni". MAL DI PANCIA NEL PDL L'intervento di Tremonti non è piaciuto a quattro deputati del Pdl: "Ora aspettiamo il decreto. Con una sola avvertenza. Il nostro voto parlamentare non è affatto scontato". Firmato Giorgio Stracquadanio, Guido Crosetto, Lucio Malan e Isabella Bertolini. Il comunicato diffuso dal quartetto aveva un titolo eloquente: "Tremonti a dir poco deludente".
11 agosto 2011 CRISI La Bce: "In Italia ripresa lenta" La ripresa economica dopo la recessione è stata particolarmente lenta in Italia, che ha mostrato una "debolezza relativa" rispetto al boom della Germania e anche al confronto di Francia e Spagna. Lo rileva uno studio pubblicato nel bollettino della Banca centrale europea. "In tutti i Paesi ad eccezione dell'Italia - nota lo studio - le esportazioni si sono riportate su livelli pari o prossimi a quelli massimi rilevati prima della recessione". La Banca centrale europea ha poi difeso il rialzo dei tassi deciso lo scorso luglio: "Le informazioni che si sono rese in seguito disponibili - si legge - confermano la valutazione secondo cui era necessario adeguare l'orientamento accomodante della politica monetaria alla luce dei rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi". Le previsioni non sono ottimistiche. Dopo la "vigorosa" espansione economica del primo trimestre, per l'area euro "i dati recenti indicano un'attenuazione della crescita" e "per il prossimo futuro ci si attende il protrarsi di una crescita contenuta". Necessario uno sforzo comune per ridurre il deficit. La Bce "rileva l'importanza del rinnovato impegni da parte dei capi di Stato e di governo di tutti i Paesi dell'area euro a ad attenersi strettamente agli obiettivi di bilancio concordati. Per diversi Paesi ciò comporta l'esigenza di annunciare e realizzare misure supplementari di risanamento dei conti pubblici".
11 agosto 2011 MERCATI NEL MIRINO Piazza Affari chiude in positivo: +4,1% Dopo il pesantissimo tonfo di ieri, Piazza Affari e le altre borse europee si sono riprese, ma la giornata è stata comunque da cardiopalma. Le quotazione hanno aperto con un deciso rimbalzo: in avvio di seduta il Ftse Mib ha segnato un rialzo del 2,79% a 15.073 punti. Sopra il 2% anche Parigi, Londra e Francoforte. Il sospiro di sollievo degli investitori però è durato poco, perché nel pomeriggio Milano ha virato in negativo: Ftse Mib a -3,06% a 14.199 punti, con Piazza Affari la peggiore borsa europea. L'avvio positivo di Wall Street ha però restituito euforia, permettendo a Milano di risalire sopra il +1%: andamento simile per le altre piazze europee. Verso fine seduta Piazza Affari ha accelerato con decisione, arrivando a sfiorare +3%, spinta dalla corsa dei bancari. Alla fine l'indice ha chiuso sul +4,1%. PIAZZE ASIATICHE OK La bufera che ha investito ieri i mercati occidentali ha solo sfiorato le principali borse di Asia e Pacifico, che, dopo un avvio pesante, hanno man mano ridotto le perdite fino a chiudere poco sotto al pareggio, con Tokyo in calo dello 0,6%, Sidney (-0,1%) stabile e Shanghai e Seul (+0,7% entrambe) addirittura positive. L'Oriente non ha risentito nemmeno del crollo di Wall Street, che ha chiuso in calo del 4,65% a 10.718,35 punti. Il Nasdaq ha ceduto il 4,12% a 2.380,33 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno il 4,44% a 1.120,53 punti. I mercati asiatici hanno invertito la rotta spinti dai futures su Wall Street (+186 punti base i contratti sul Dow Jones Industrial), che, all'indomani della tempesta, sono tornati a segnare il bel tempo come se niente fosse, e da una serie di risultati economici migliori delle attese, segno che l'economia reale, nonostante tutto, marcia ancora. È il caso di Nikon (+8,29%), colosso delle fotocamere e di Sumitomo Rubber Industries (+3,85%), gigante della gomma.
11 agosto 2011 CRISI, IL GOVERNO AL LAVORO Cambia la manovra: un decreto entro il 18 Il tavolo di confronto più drammatico degli ultimi anni si consuma nelle ore più "nere" vissute da Piazza Affari. E con la situazione che sta "precipitando" (come da ammissione fatta dal sottosegretario Gianni Letta), il governo si ritrova davanti a una sola alternativa: partorire un’ulteriore accelerazione. Si concretizza così, dopo lunghi giorni di illazioni non confermate, il Consiglio dei ministri straordinario, che si riunirà poco dopo Ferragosto (giovedì 18, ma non è escluso ancor prima, martedì 16, se si farà in tempo), per varare un decreto-legge con le misure anti-crisi per 30-35 miliardi di euro sul 2012, che dovrà consentire all’Italia di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013, un anno prima rispetto all’iniziale 2014. MANOVRA DA RISTRUTTURARE La situazione si è fatta ancora più critica e questo fattore ha spinto il governo a non svelare le carte sulle misure da prendere, rimandando indietro a mani vuote dopo 90 minuti banche, imprese e sindacati, che erano arrivati a Palazzo Chigi (dopo un pre-vertice fra loro alle 15, nella foresteria della Confindustria a via Veneto) nella certezza di avere più dettagli. Così la grande attesa si è consumata per avere solo il quadro generale illustrato da Giulio Tremonti, che ha annunciato: "Occorre ristrutturare la manovra", proprio quella approvata dal Parlamento quasi un mese fa a tempo di primato, in soli 4 giorni. Va ristrutturata perché cambiano gli obiettivi numerici di riferimento: il rapporto fra indebitamento netto e Prodotto interno lordo, ha spiegato il superministro dell’Economia, dovrà essere quest’anno del 3,8% (un soffio al di sotto del 3,9% indicato finora), per poi calare bruscamente all’1,5-1,7% l’anno prossimo (decisamente meno del 2,7% prefissato) e, quindi, a quota zero nel 2013. VIA A TRE TAVOLI DI LAVORO Dall’esecutivo è venuta anche l’indicazione di un metodo di lavoro per portare avanti il confronto con imprese e sindacati, al di là degli interventi "brutali" che saranno varati nel giro di qualche giorno: le parti sono state invitate infatti a partecipare a tre tavoli tematici su sviluppo e infrastrutture (con i ministri Paolo Romani e Altero Matteoli), sul mercato del lavoro privato e sulla modernizzazione della Pubblica amministrazione (con Maurizio Sacconi e Renato Brunetta) e su liberalizzazioni, privatizzazioni e servizi pubblici. NON SVELATA LA LETTERA BCE Per il 2012 si tratta peraltro di un livello superiore a quell’1% di deficit che era stato "consigliato" dal presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, e dal suo successore designato Mario Draghi nella lettera riservata inviata sabato scorso al governo italiano. Una missiva evidentemente "pesante", visto che davanti alla richiesta di imprese e sindacati di svelarne i contenuti Gianni Letta, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e come sempre "gran cerimoniere" del tavolo, ha spiegato che è "strettamente confidenziale" e, dunque, non può essere diffusa da chi l’ha ricevuta. Proprio l’intervento del solitamente misurato Letta ha dato a tutti i presenti la misura della gravità della situazione. Quando i rappresentanti delle 36 sigle di associazioni di categoria hanno varcato il portone di Palazzo Chigi erano da poco passate le 5 del pomeriggio e gli schermi collegati alla Borsa di Milano rilanciavano notizie su notizie sugli indici in picchiata. Le considerazioni di Letta erano conseguenti: "In questi cinque giorni tutto è cambiato, tutto è precipitato. La realtà è in così rapida evoluzione, al punto che è diversa da quella all’inizio di questo incontro. Il governo – ha concluso – sta valutando tutte le possibilità", nella consapevolezza che "servono scelte rapide e coerenti". PREMIER: FAREMO PRESTO E BENE Le parti sociali si sono così dovute "accontentare" delle rassicurazioni fornite in apertura dal premier. "Abbiamo assunto impegni gravosi", ha detto in riferimento ai contatti intercorsi in questi giorni con le massime autorità europee (e con il presidente Usa Obama), e "li confermo tutti". Per poi aggiungere che "faremo tutto presto e bene e in maniera inequivoca". Il Cavaliere ha spiegato quindi che, rispetto all’incontro di una settimana fa, "i fatti che sono accaduti impongono una riflessione comune, abbiamo constatato che c’era attesa per un provvedimento del governo", così come "ci siamo impegnati a inserire in Costituzione il pareggio di bilancio e il principio della libertà d’impresa", con la modifica agli articoli 41 e 81 della Costituzione (sui quali Tremonti riferirà oggi nel Parlamento che riapre per l’occasione). Sui nuovi interventi, al dunque, resta l’incertezza enunciata da Letta. L’operazione è complessa e vede da giorni al lavoro i tecnici della Ragioneria generale dello Stato, che stanno "pesando" le varie opzioni. Le cifre rese note da Tremonti fanno intendere che la manovra così rafforzata potrebbe valere, solo per questa correzione, 30-35 miliardi sul 2012. Una cifra-monstre, difficile da realizzare senza un intervento drastico sulle pensioni, e su quelle d’anzianità in particolare. Si ipotizza sempre il blocco di queste prestazioni o, in alternativa, l’anticipo al 2012 di "quota 97" (36 di contributi e 61 di età), per poi farla salire a 98/100 entro 2/4 anni, in pratica cancellandole di fatto. È così saltato lo schema "minimo", che fino all’altroieri prevedeva soltanto l’anticipo della delega per la riforma di Fisco e assistenza, con i 20 miliardi annunciati già a luglio anticipati di colpo al 2012. Servono ora ulteriori interventi. E prende quota anche il pacchetto del taglio ai costi della politica. Eugenio Fatigante
11 agosto 2011 INTERVISTA Zaia: "Questa crisi ci dà un’occasione irripetibile Ora giù di scure e mettiamo a posto i conti" "La tempesta infuria e l’unica cosa che conta davvero è condurre la nave in un porto sicuro. Facciamolo insieme, riscoprendo il senso profondo di comunità: noi e le opposizioni, fianco a fianco". Luca Zaia insiste. "Se non riusciamo a costruire un piano condiviso vuol dire che la politica non ha senso. Che c’è solo egoismo e anarchia. E allora il Paese farebbe bene a spazzarci via. Tutti. Senza salvare nessuno". È un giorno complicato. I mercati vivono un nuovo incubo e il governatore del Veneto capisce che è l’ora di mettere da parte i tatticismi. E di scandire un doppio sì destinato a far rumore. Sì a una patrimoniale appena smentita dal capogruppo dei deputati leghisti, Marco Reguzzoni. E sì a una riforma delle pensioni di cui proprio Umberto Bossi aveva detto di non voler nemmeno sentire parlare. Partiamo dalla patrimoniale. Ha visto il meno 6,65 della chiusura di Milano? Qui il mondo scoppia e noi ancora vogliamo perdere tempo? La tassa sulle fortune come la chiamano in Francia è un falso problema. Lo scriva. E scriva che davvero fatico a vedere alternative. Poi magari verrà fuori qualcuno anche dalla Lega che dirà "Zaia è matto, Zaia parla a vanvera", ma nel mio Veneto si respira questa aria. E non solo nel mio Veneto. Oggi nel governo e nella maggioranza dicono che è un capitolo già chiuso. E io mi inchino alle decisioni del governo. Ma non rinuncio a esprimere un sentimento. A farmi portavoce delle aspettative della gente. Gli imprenditori veneti capiscono la portata dell’emergenza e sono tutti pronti a pagare una tassa che vada a ridurre il debito pubblico. Mi fermano con parole nette: "Noi non ci tiriamo indietro, ma pretendiamo chiarezza". Non ci stanno a dare da mangiare alla cicala e poi vederla il giorno cantare sugli alberi. Sono pronti a pagare, ma vogliono capire perché. Lo hanno fatto nel ’97 quando l’obiettivo era l’ingresso in Europa. Hanno mormorato, ma hanno pagato. Anche questa volta lo farebbero, ma noi a quel punto avremo un’enorme responsabilità. Responsabilità? Basta sprechi della politica. Basta continuare a pagare i 26mila forestali della Sicilia. Basta vedere ambasciatori per il mondo con servitù in guanti bianchi. E basta auto blu. La Lega stima il presidente Napolitano, ma i sacrifici dovranno essere per tutti: dal capo dello Stato all’ultimo degli amministratori. Qui siamo sul Titanic che sta affondando e nessuno può pensare di suonare ancora con l’orchestrina. Non ce l’avrà con Berlusconi? Non scherzi: il fallimento di Berlusconi significherebbe il fallimento del Pdl, della Lega, del Paese. Ma mi faccia essere provocatorio: sono entusiasta di questa situazione così drammatica... Lei dirà "Zaia è pazzo", ma io insisto: questa è un’occasione irripetibile per fare le riforme e mettere a posto i conti. Ora si tratta di mettere le mani sul tavolo operatorio e sporcarsele di sangue. Vuol dire andare giù di scure e tagliare? Sì, ma non sanità, non alle famiglie, non alle classi disagiate. Noi amministratori non abbiamo grandi poteri, ma il governo esca con un pacchetto anticrisi e dia le direttive, poi vedrà che rivoluzione. Qui siamo pronti a dimezzare tutti i consiglieri di tutte le assemblee, a fare pulizia di tutte le società controllate e partecipate create solo come poltrone per sederi. Serve una cabina di regia nazionale e andare giù proprio di scure e tutto quello che risparmiamo lo mettiamo per lavoro, economia sociale, sanità, scuola, formazione. Non saranno parole? Aspetti e vedrà i fatti. La regione Veneto è proprietaria di alberghi, di appartamenti, di tenute agricole... Che c’entra tutto questo con il suo oggetto sociale? Agevoliamo il progetto di dismissioni: gli Enti pubblici hanno un patrimonio che vale miliardi di euro, mettiamolo in circuito e apriamo le gare. Bossi dice le pensioni non si toccano C’è il governo, non mi faccia entrare nel merito... Ma Bossi lo conosco: lui pone il problema di gente che si è spaccata la schiena per una vita. Ci sono lavori e lavori: i muratori che anche ad agosto sono sui tetti a mettere guaine con la catramina non possono essere messi sullo stesso piano dell’impiegato comunale. Insomma intervenire o no? Io vedo un intervento scontato. Ma sarà equo: prima della povera gente si guarderà ai vitalizi, alle uscite anticipate, ai super ricchi. Glielo ripeto: abbiamo davanti un’incredibile opportunità per dimostrare senso di comunità. Altro che Stati Uniti, altro che Obama, possiamo fare meglio. Ma dobbiamo deporre le armi e pensare all’obiettivo comune. Casini ha capito e da lui è arrivato un segnale di speranza. Ora devono capire tutti. Perché la gente ci guarda e ci giudica e se non ci muoviamo ci spazzerà via. Arturo Celletti
2011-08-10 10 agosto 2011 MERCATI Borse senza freni Milano crolla: - 6,65% Dopo il tentativo di riprendere fiato della vigilia sui mercati azionari tornano ad abbattersi pesantissime vendite, con Piazza Affari particolarmente penalizzata dalla preponderanza dei bancari nell'indice principale. Per le banche è un mercoledì nero in tutta Europa, con cali estremamente accentuati per gli istituti francesi che hanno pagato tra l'altro le voci di un possibile declassamento del debito sovrano del paese, anche se Moody's, Fitch e S&P hanno a turno ribadito che il rating della Francia è AAA con outlook stabile. Per le banche italiane alcuni trader già in mattinata citavano anche arbitraggi tra Btp - sostenuti dagli acquisti della Banca centrale europea - e titoli bancari. "I titoli di Stato sono più protetti per l'intervento della Bce quindi vengono colpite le banche", secondo un operatore. I trader citano i timori sulla capacità dell'Italia di rispettare le promesse in termini di sostegno alla crescita e di riduzione del deficit. Sul fronte politico oggi un appuntamento importante è l'incontro tra governo e parti sociali, iniziato alle 17. L'indice FTSE Mib chiude sui minimi intraday in calo del 6,65% a 14.676, 04 punti, dopo aver vanificato in meno di un'ora dall'apertura il rimbalzo iniziale. L'Allshare arretra del 5,47%, il Mid Cap del 4,07%. Volumi nel finale intorno a 3,4 miliardi di euro. Il benchmark europeo FtsEurofirst 300 lascia sul terreno il 3,8%, con Parigi e Francoforte in calo di oltre il 5%. Pesanti cali anche a Wall Street dove gli indici segnano ribassi tra il 3 e il 3,7%. All'interno di un comparto bancario europeo che cede il 6,5% anche i titoli italiani sono affossati dalle vendite con cali che in alcuni casi raggiungono le due cifre. INTESA SANPAOLO perde il 13,7%, UBI il 10,2%, MPS il 9,8%, UNICREDIT e BANCO POPOLARE il 9,4%, POP MILANO l'8,9%. L'indice Thomson Reuters delle banche italiane affonda del 9,9%. Le vendite non risparmiano neanche alcuni titoli iondustriali - già colpiti nei giorni scorsi per la loro sensibilità alle prospettive dell'economia - come FIAT e FIAT INDUSTRIAL, in calo di oltre l'8%, e PRYSMIAN, -9,8%. Forti ribassi anche tra gli assicurativi con FONDIARIA-SAI che perde il 9,5% e GENERALI il 7,4%. Sul fronte positivo spiccano in netta controtendenza il +2% di PARMALAT, in lenta risalita dai minimi a cui è arrivata dopo la chiusura dell'Opa di Lactalis, e il +2,5% di TOD'S, che prosegue il rimbalzo avviato ieri grazie anche al "buy" di Citi. Tengono intorno alla parità anche altri titoli del lusso come LUXOTTICA e BULGARI . A New York a metà seduta il Dow Jones e il Nasdaq sprofondano del 3%.
10 agoato 2011 CRISI DEL DEBITO Titoli di Stato: spread Btp-Bund a 277 punti Il Tesoro passa gli esami di Ferragosto raccogliendo 6,5 miliardi di euro con l'emissione dei Bot annuali. Nessuna fuga degli investitori che erano pronti a comprarne fino a 12,6 miliardi di euro. Il risultato dell'asta "conferma che la domanda per i titoli di Stato dell'Italia resta solida", ha commentato Chiara Cremonesi, Fixed Incombe Strategist di Unicredit. Il Tesoro ha persino risparmiato. I Bot sono stati piazzati a un tasso di interesse annuo lordo del 2,959% rispetto al 3,67% della precedente asta. Per i piccoli risparmiatori, secondo i calcoli Assiom, una volta dedotte le tasse (12,50%) e le commissioni bancarie (0,30 euro, quella massima), il rendimento netto sarà pari al 2,26%. C'era molta attesa per questo collocamento di Bot, il primo dopo la decisione della Bce di acquistare titoli pubblici italiani per evitare una salita dei loro rendimenti e dunque del costo del finanziamento del debito pubblico. Subito dopo la diffusione dei risultati dell'asta, lo spread Btp-Bund si è ristretto a 277 punti, con il rendimento del Btp decennale sceso al 5,11%. Solo venerdì scorso si viaggiava al 6,30% con lo spread oltre 400 punti. Poi, complice il calo delle borse azionarie, in primis Wall Street, la situazione è peggiorata. Tra gli investitori è aumentata l'avversione al rischio e sono scattate le operazioni di "fly to quality": cioè il denaro si è diretto verso i beni rifugio, con l'oro al nuovo massimo storico di 1.801 dollari l'oncia, oppure sotto l'ombrello protettivo dei titoli di Stato dei paesi ritenuti più solidi. Nell'Eurozona è iniziata la caccia grossa ai titoli tedeschi, così il rendimento del Bund decennale è sceso fino al 2,21%, il Btp, grazie al sostegno della Bce, è rimasto inchiodato al 5,11%, ma lo spread si è allargato fino a 290. Sotto tiro anche i titoli di stato francesi con lo spread sul Bund a quota 90 punti, il massimo storico, ma la Francia sul proprio debito pubblico paga appena 3,11%, ben 200 punti in meno dell'Italia. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, sempre più allarmato, ha interrotto le vacanze, il 24 di agosto varerà la manovra taglia-deficit, anticipando di un mese quanto programmato. L'accelerazione della Francia che, sul piano dei conti pubblici e della crescita economica, sta molto meglio dell'Italia, pone problemi di tempistica anche al Bel Paese. Il governo ha incontrato le parti sociali per discutere i contenuti di una manovra che, dopo la scelta di Parigi, sarà meglio varare prima di quella transalpina. Se il prossimo 24 agosto, quando Parigi, che gode di un rating sul debito pubblico di Tripla A (il massimo grado di affidabilità), annuncerà la sua manovra, l'Italia, che ha un rating A, dovesse essere ancora impegnata in estenuanti discussioni potrebbero essere dolori. La Bce potrebbe anche non bastare. Anche perché tra il 26 e il 30 di agosto il Tesoro deve collocare diversi miliardi di Bot, Ctz e Btp.
10 agosto 2011 LE MOSSE DEL GOVERNO "Misure anticrisi il 16 o 18 agosto" Le misure per affrontare la crisi saranno affrontate con un decreto legge che sarà presentato al consiglio dei ministri tra il 16 e il 18 agosto. È quanto si apprende da fonti che stanno partecipando all'incontro tra governo e parti sociali. Aprendo il vertice, Silvio Berlusconi ha assicurato: "Confermo tutti gli impegni presi. Faremo tutto presto e bene e in maniera inequivoca". Il segretario della Cisl Raffaele Bonanni ha replicato: "Bisogna fare presto ma la gente vuole che ci sia una scala di equità". Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha invece sottolineato che sarà necessario ristrutturare la manovra varata alcuni giorni fa. "ll rapporto deficit-Pil - ha spiegato Tremonti - al 3,8% quest'anno, dovrebbe scendere tra l'1,5% e l'1,7% il prossimo per arrivare al pareggio nel 2013". Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta ha aggiunto che il governo sta valutando tutte le possibilità e tutte le ipotesi. "In questi cinque giorni tutto è cambiato, tutto è precipitato" avrebbe detto sempre il sottosegretario, sottolineando come la realtà sia in così rapida evoluzione. Letta ha anche annunciato l'apertura di tre tavoli di confronto su lavoro, privatizzazioni e infrastrutture. L'incontro con le parti sociali si è concluso intorno alle 18.45. Critica la reazione della Cgil. "Se la manovra colpirà i soliti noti ci mobiliteremo per cambiarla" ha minacciato il segretario generale Susanna Camusso, aggiungendo che "L'incontro non è all'altezza dei problemi che abbiamo e della trasparenza che sarebbe necessaria". MARCEGAGLIA: SUBITO TAGLI ALLA SPESA PUBBLICA "Vista la situazione di urgenza è bene che il governo vari il 16 o il 18 agosto il decreto sulla finanza pubblica", ha detto la leader degli industriali, Emma Marcegaglia, al tavolo con il governo. "E oltre alle misure - ha aggiunto -, vogliamo vedere anche tagli alla spesa pubblica e i provvedimenti sulla tracciabilità dei contanti, per rafforzare la lotta contro l'evasione fiscale". Poi ha sottolineato: "Credo sia giusto che in questo momento di emergenza per il Paese chi ha di più possa dare un pò di più", escludendo però l'ipotesi di una patrimoniale. "Occorre lavorare su crescita, liberalizzazioni e privatizzazioni. Sul tema del lavoro - ha aggiunto - ribadisco l'autonomia delle parti sociali".
10 agosto 2011 I GIORNI DELLA CRISI Pensioni, altolà di Bossi Patrimoniale, no del premier Il cantiere del governo è in piena attività. Resta in piedi la stretta sulle pensioni d’anzianità che, dopo il no dei sindacati, registra anche la levata di scudi di Umberto Bossi: "Le pensioni dei lavoratori non si toccano", fa titolare il Senatur a la Padania oggi in edicola. Si torna a parlare poi di un’accelerazione per tassare al 20% le rendite finanziarie, misura che era stata già considerata (ma poi scartata) durante la manovra di luglio. E su tutto aleggia poi l’incubo di un’imposta patrimoniale, non più esclusa dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ma respinta al mittente con decisione da Silvio Berlusconi: "Sono io a pagare il prezzo della crisi e sono io che voglio decidere", avrebbe confidato ai suoi collaboratori. Si lavora sempre forsennatamente a eventuali misure aggiuntive per arrivare al pareggio di bilancio un anno prima, nel 2013. Misure che avrebbero un impatto complessivo aggiuntivo tra i 18-20 miliardi. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, esclude interventi sulla previdenza. Ma per conoscere quali saranno le scelte politiche bisognerà aspettare solo qualche ora. Non si parla più di un Consiglio dei ministri in settimana (forse la prossima), in ogni caso Tremonti sarà domani a riferire davanti alle commissioni Affari costituzionali e Bilancio di Camera e Senato. Anche se il suo intervento dovrebbe riguardare soprattutto le riforme costituzionali annunciate: la libertà di impresa (l’art. 41 della Carta) e il pareggio di bilancio in Costituzione. Nel ricco menù, oltre all’anticipo dei tagli ai costi della politica, che però darebbero poche risorse, rispuntano anche l’anticipo dei costi standard per la sanità, nuovi ticket sui ricoveri "inappropriati" in ospedale e le rendite finanziarie (per ora previste nella delega fiscale), con l’armonizzazione dell’aliquota a livelli europei. Attualmente la tassazione avviene con un’aliquota del 12,5%, tranne che sugli interessi sui depositi di conto corrente e sui titoli di durata inferiore a 18 mesi, sui quali è al 27%: passerebbe al 20%, con un incasso immediato di 1,8 miliardi. Si ipotizza anche l’anticipo di un anno di alcuni tagli già previsti dalla manovra in materia di sanità. Ma si tratta di misure, spiegano dal ministero della Salute, "che richiederebbero un coinvolgimento delle Regioni a tappe serrate nei prossimi mesi". Resta il capitolo pensioni, a partire dal blocco di quelle di anzianità per 12-18 mesi e dall’anticipo dell’aumento a 65 anni per le donne nel privato. Il ministro Sacconi ridimensiona: "Allo stato non c’è nulla a questo proposito", e aggiunge che "nel breve termine faremo una verifica con le parti sociali". Un’altra delle misure che sarebbero state prese in considerazione è quella dell’allineamento della contribuzione tra i lavoratori dipendenti e i collaboratori: per questi ultimi è al 26% e potrebbe aumentare fino al 33%. Misura non facile da mettere in campo, ma che potrebbe portare in cassa tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro l’anno. Le voci sono fra le più disparate: si parla anche di un ritorno dell’Ici o di un via prematuro dell’Imu, prevista dalla riforma federalista dal 2014. E si accelererebbero pure i tagli ai ministeri (5 miliardi), a Province e Comuni (6 miliardi circa) e appunto alla sanità (altri 5 miliardi). Difficile, invece, che ci siano novità immediate sulla cessione degli immobili pubblici. Un altro fronte riguarda l’evasione fiscale legata alle case: il lavoro è in corso, ma finora semplicemente per attuare l’emersione degli "immobili-fantasma" attribuendo le rendite catastali presunte. Una revisione degli estimi catastali non sarebbe praticabile per fare cassa subito: darebbe effetti solo nel giro di un quinquennio. Si parla, infine, di privatizzazioni, ma si fa notare che non frutterebbero abbastanza con questi corsi del mercato, traducendosi di fatto in una svendita. Eugenio Fatigante
10 agosto 2011 INTERVISTA Gotti Tedeschi: "Contro la crisi un mondo unito Italia, il risparmio per la crescita" Sono passati quattro anni dal crollo delle Borse che ha aperto la grande recessione globale. "Da quel momento è diventato evidente a tutti che il modello di crescita consumistica a debito che aveva adottato l’America non era più sostenibile". Parte da qui, Ettore Gotti Tedeschi, presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, per disegnare il percorso che ha portato alla nuova ondata di crolli borsistici di queste settimane. I mercati attraversano una fase di turbolenze nuova e diversa dalle precedenti. È la crisi iniziata nel 2007 che ancora non trova soluzione? In qualche maniera sì. Perché nessuno è riuscito a indicare una via d’uscita chiara e definita da quella crisi. Tutte le varie <+corsivo>exit strategy<+tondo> sono state inconsistenti e contraddittorie. Gli Stati Uniti si erano abituati a crescere grazie alle spese di famiglie sempre più indebitate. Tra il ’98 e il 2008 il debito delle famiglie americane, conviene ricordarlo, è aumentato del 50%. Finché non è arrivato il momento in cui quelle famiglie non sono più riuscite a pagare i loro debiti. Il sistema delle banche si è trovavo pieno di debitori insolventi ed è saltato, trascinando con sé tutto l’apparato finanziario che gli era stato costruito intorno. A quel punto ecco che lo Stato è intervenuto per nazionalizzare il debito privato. È stata una strategia d’uscita, tra l’altro perseguita in maniera discontinua, che si è dimostrata sbagliata. Non è andata meglio in Europa, dove invece si è dovuto fare il contrario, cioè privatizzare il debito pubblico scaricandolo sulle famiglie attraverso nuove tasse e portando a zero i tassi di interesse, che significa scoraggiare il risparmio. Negli ultimi mesi sia gli Stati Uniti che l’Europa si sono accorti che, con queste strategie, la crescita è irraggiungibile. Questo significa che le Borse stanno pagando il fallimento delle politiche anticrisi adottate in questi quattro anni dai governi? I valori della Borsa esprimono la fiducia nel reddito che un’impresa saprà dare in futuro. Gli investitori hanno dovuto ridurre le loro aspettative sull’andamento di molte aziende quotate perché le prospettive di crescita diventano incerte mentre i rischi aumentano. Poi interviene anche la speculazione, che esaspera i guadagni e le perdite. Dietro i crolli di queste settimane, però, c’è prima di tutto il ridimensionamento delle aspettative sull’economia mondiale. Se Stati Uniti ed Europa faticano a trovare la via che le possa riportare alla ripresa, non potrebbe essere la Cina, nuova potenza economica, a sostenere la crescita globale? Ricordiamoci che per mezzo secolo l’economia mondiale è stata saldamente in mano a due blocchi, trainanti e maturi: gli Stati Uniti e l’Europa. Adesso questi due blocchi sono in difficoltà e si spera di trovare un nuovo motore della crescita. Tutti citano la Cina. Ma oggi la Cina ha un Pil che è un quarto di quello degli Stati Uniti, è un Paese che ha vissuto di commercio estero, ha prestato migliaia di miliardi di dollari all’America. La Cina, da sola non può essere a breve il motore della crescita economica mondiale, perché per crescere in maniera equilibrata non può prescindere da un Occidente forte. Questa incertezza su chi sarà a guidare l’attività economica del mondo è così un’altra delle grandi incognite che pesano sulle Borse. L’Italia, stretta tra un altissimo debito pubblico e una crescita molto debole, appare particolarmente in difficoltà in queste settimane. Come fare per allentare la tensione? Siamo un Paese che ha delle difficoltà ma anche molti punti di forza. A differenza degli Stati Uniti siamo riusciti a crescere per molti anni senza indebitare le famiglie. Il nostro debito pubblico è aumentato molto, ma non tanto per sostenere la crescita quanto per tenere in piedi un sistema di welfare particolarmente costoso. Però l’Italia non è più indebitata degli altri nel sistema totale del debito. Nel calcolare il debito di un sistema economico bisogna infatti includere il debito pubblico, ma anche i debiti delle famiglie, delle banche, delle imprese. La somma di questi debiti rapportata al Pil dà un risultato simile in quasi tutte le nazioni occidentali. Cambia solo la sua ripartizione. Negli Stati Uniti, per esempio, il peso dei debiti privati sul debito totale è quasi uguale a quello del debito pubblico italiano. Da noi invece le famiglie non sono indebitate, anzi: hanno risparmi che valgono sei volte il debito pubblico. È utilizzando virtuosamente questa ricchezza che possiamo rilanciare il Paese. In che modo è possibile concretizzare questo rilancio attraverso un "uso virtuoso" dei risparmi? Io credo che ogni economia debba uscire dalla crisi a partire dalle sue caratteristiche specifiche. L’Italia ha due grandi ricchezze: una è appunto il risparmio delle famiglie, l’altra è un’eccellente rete di piccole e medie imprese con scarsi capitali. Per questo dobbiamo trovare un modo di fare convergere il risparmio sulle aziende. Questa è la grande scommessa per la crescita italiana, e possono esistere diverse soluzioni per concretizzarla. Il punto è capire che il debito si abbatte con la crescita e quindi i risparmi vanno usati per favorire lo sviluppo. Per questo sono assolutamente contrario all’idea di tagliare il debito tassando i patrimoni, che significherebbe privatizzare il debito pubblico senza nessun effetto positivo sul Pil, e permetterebbe un ulteriore aumento della spesa. Sprecare i risparmi degli italiani sarebbe un suicidio economico. Ogni Paese ritorna alla crescita trovando la propria strada. È in questo modo che può arrivare la ripresa globale? Il fatto che ogni nazione debba crescere favorendo le proprie migliori caratteristiche non significa che dalla crisi si possa uscire da soli. Nessun Paese oggi è indenne dalle difficoltà degli altri. Per questo è fondamentale che le nazioni del mondo si mettano a discutere seriamente di come superare la crisi e delle regole per crescere assieme. Il bene comune, questo è quello che dovrebbero capire, si ottiene valorizzando gli altri, non privilegiando il proprio egoismo. Bisognerebbe rileggersi le Encicliche. Nella Sollecitudo rei socialis, Giovanni Paolo II aveva previsto che l’uomo di questo secolo avrebbe sviluppato grandi tecnologie, ma non avrebbe avuto sufficiente saggezza per gestirle per l’uomo stesso, e quindi gli sarebbero sfuggite di mano. Infatti è successo. La Caritas in veritate riparte dallo stesso punto: un uomo che non sia guidato da riferimenti di verità che lo portino a considerare la propria centralità sugli strumenti ne perde il controllo. Con una visione dell’economia lontana dall’umanesimo si sono compromessi i fini per i mezzi, si è pensato che l’uomo fosse un essere intelligente da soddisfare solo materialmente. I capi di Stato vanno aiutati a comprendere che questa visione è sbagliata fin dalle fondamenta. Se non lo capiranno temo che continueremo a piangere per molti lustri. Pietro Saccò
10 agosto 2011 SAN LORENZO Bagnasco: "Cristiani necessari alla vita sociale e politica" "La comunità politica e la Chiesa, anche se sono autonome nel proprio ambito, sono entrambe, seppure a titolo diverso, al servizio delle stesse persone e del loro bene". Lo ha detto stamane dal pulpito della cattedrale di San Lorenzo di Genova, il Presidente della Cei e arcivescovo del capoluogo ligure, cardinale Angelo Bagnasco, in occasione delle celebrazioni del giorno di San Lorenzo. "La dignità integrale della persona - ha proseguito - viene rivelata e garantita in modo eminente dalla fede cristiana. Purtroppo, strada facendo - ne abbiamo tristissime testimonianze! - la visione dell'uomo può essere annebbiata e snaturata sotto la spinta di interessi o ideologie disumane. Così, non di rado, il soggetto umano è ridotto ad oggetto". L'arcivescovo ha quindi sottolineato che "la fede cristiana non attenta in nessun modo alla vita sociale. Ed ecco perché i cristiani hanno un apporto originale e necessario da portare alla vita sociale e politica: essi hanno l'onere e l'onore e di ricordare a tutti chi è l'uomo, quali sono i suoi principi costitutivi, la necessità dell'etica, il suo fondamento trascendente, la via aurea dell'autentica giustizia e del bene comune". Bagnasco ha concluso sottolineando che "le molteplici aggregazioni laicali cattoliche o ispirate cristianamente, le parrocchie e molte altre realtà, sono un popolo sempre più attento alla vita sociale e politica, anche se nell'agone pubblico vengono a volte liquidate come minoranze sparute e smarrite. Ma così non è e non sarà".
2011-08-09 9 agosto 2011 LE MUSURE ANTI CRISI Pensioni d’anzianità, Tremonti ora riflette Resta <+corsivo>in progress<+tondo> l’accelerazione impressa dal governo Berlusconi alle misure anti-crisi, dopo i richiami ricevuti dall’Europa "che conta". Oltre all’informativa che terrà giovedì alla Camera sul pareggio di bilancio in Costituzione, il ministro dell’Economia e i suoi tecnici sono al lavoro sulle ipotesi di nuove misure da mettere in campo, se la situazione lo dovesse richiedere nei prossimi giorni. Le carte saranno scoperte tra domani, quando il governo - forse con Berlusconi assente - tornerà a incontrare banche, imprese e sindacati (alle quali non sarebbe stato inviato ancora alcun documento di approfondimento, dopo la conferenza stampa dell’esecutivo di venerdì sera), e giovedì. Al momento non è previsto un Consiglio dei ministri straordinario in settimana. Il Tesoro, tuttavia, ha già preso contatto con il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, per sondare cosa si può fare nel campo previdenziale. Così come è stato allertato Attilio Befera, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, per valutare la sforbiciata da dare all’assistenza e, in particolare, alle pensioni d’invalidità. Nel mirino potrebbero finire anche quelle che finora sono state un tabù: le pensioni di anzianità, per le quali si potrebbe profilare un blocco per 12 o per 18 mesi. Lo stesso Berlusconi vorrebbe provarci stavolta, ma teme la reazione della Lega (oltre ai sindacati). C’è poco da fare: a ogni manovra, il comparto che offre le maggiori garanzie di incassi certi in tempi rapidi resta sempre la previdenza. Anche l’età pensionabile delle donne (il cui allungamento a 65 anni è già previsto dalla manovra di luglio) potrebbe vedere un’accelerazione repentina già dal 2012. È ampio lo spettro degli interventi allo studio: e, secondo quanto si apprende, i tecnici del governo starebbero recuperando in queste ore molte delle misure drastiche che avevano già messo a punto nella manovra approvata a luglio, ma che poi erano state "ammorbidite" e diluite nel tempo oppure del tutto scartate. Si sta valutando anche l’ulteriore anticipo di un anno, dal 2013 al 2012, della riforma del 2010 che aggancia l’età pensionabile alle aspettative di vita. Un’altra delle misure che sarebbero state riconsiderate è quella dell’allineamento della contribuzione tra i lavoratori dipendenti e i collaboratori parasubordinati: per questi ultimi è oggi al 26%, livello che potrebbe essere portato fino al 33%. Si tratta di una misura non facile da mettere in campo, ma che se attuata potrebbe portare in cassa tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro l’anno. Tornando al capitolo delle pensioni di anzianità, oltre a un loro blocco si pensa a un innalzamento dei requisiti: la quota che somma l’età anagrafica agli anni di contribuzione potrebbe essere portata in un sol colpo, nel 2013, da 97 a 100. Per la Cgil si tratta però di "misure da respingere, non si può colpire ancora una volta pensioni e assistenza". Intanto, obiettivo delle parti sociali resta quello di presentarsi al tavolo, domani alle 17, difendendo la coesione dell’ampia alleanza con cui hanno incalzato il governo nelle ultime due settimane. Così, una mina da disinnescare è la decisione del governo di lavorare sullo "Statuto dei lavori", sostenuto dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, e bollato dalla Cgil come "una provocazione per dividere". È anche per far chiarezza su questo punto che le parti chiederanno di conoscere la lettera inviata all’Italia da Trichet e da Draghi, che avrebbero accennato anche a flessibilità e sostegno ai giovani nel mercato del lavoro. Eugenio Fatigante
9 agosto 2011 CRISI GLOBALE Borse europee in recupero Milano chiude a +0,52% Dopo sette sedute consecutive in forte ribasso, le Borse europee sono riuscite a chiudere con un segno positivo grazie al rialzo via via più convinto di Wall Street nella prima parte della sua giornata, con i mercati che rimangono in attesa di possibili interventi della Federal reserve per rilanciare l'economia statunitense. In un clima comunque molto instabile, l'indice Stxe 600, che fotografa l'andamento dei principali titoli quotati sui listini del Vecchio Continente, ha chiuso in rialzo di quasi un punto percentuale e mezzo con discreti aumenti per Londra, Parigi e Amsterdam. Stoccolma in particolare ha chiuso in crescita di oltre tre punti percentuali grazie a titoli come Electrolux, salito dell'8,20%. Ancora debole invece Francoforte, che sembra la piazza finanziaria europea più sotto attacco da parte della speculazione in questi ultimi giorni. Ha tenuto Zurigo, che per lunga parte della seduta si era mossa in forte negativo, e anche Milano. Leggero calo solo per Madrid, mentre i listini 'minorìsi sono mossi in direzioni diverse: debole Lisbona, piatta Atene, forte Dublino, cresciuta di oltre due punti percentuali. Sono stati i titoli più penalizzati dallo scivolone della vigilia a trainare il rialzo di giornata: automobilistici (+2,76% medio), materie prime (+3%), costruzioni (+3,54%), industriali (+3,37%) e hi tech (+3,15%). In direzioni diverse le banche: Bpm +7,82% e Dexia +6,93%, mentre Credit Suisse ha ceduto il 3,89% e Deutsche bank il 2,89%. In calo i gruppi delle utilities e delle telecomunicazioni. Di seguito, la chiusura degli indici dei titoli guida delle principali Borse europee: - Londra +1,89% - Parigi +1,63% - Francoforte -0,10% - Madrid -0,36% - Milano +0,52% - Amsterdam +1,30% - Stoccolma +3,10% - Zurigo +0,60% Di fronte a una situazione sempre più critica è scattata la corsa ai beni rifugio: l'oro ha toccato il nuovo record. A Londra il metallo prezioso con consegna immediata ha toccato i 1.780,10 dollari l'oncia (superando per la prima volta il prezzo del platino), per poi riportarsi a 1.767,10 dollari. BTP-BUND: LO SPREAD A 280 PUNTI Le operazioni della Bce sul mercato secondario alleviano le tensioni sul mercato dei titoli di Stato. Lo spread tra i Btp decennali e i bund tedeschi è sceso a 280 punti dopo essere tornato ieri sopra quota 300, mentre quello dei decennali spagnoli è a 268 punti. Da notare l'ascesa del differenziale dei decennali francesi che si attesta a 86 punti, dopo aver toccato un massimo di giornata di 90 punti. La Francia è il Paese europeo più esposto con gli Stati del Sud Europa. A fine luglio lo spread dei decennali francesi era a 60 punti, mentre quello dei Btp si attestava intorno ai 330 punti BORSE ASIATICHE IN CALO Borse asiatiche in drastico calo all'apertura in Asia. In Giappone il Nikkei 225 è calato del 4,4% arrivando a 8.694.31 e l'Hang Seng di Hong Kong del 6,7% a 19.110.39. Il Kospi sudcoreano è stato sospeso brevemente dopo essere caduto precipitosamente, toccando il -8,6% al livello di 1.708.91 punti e poi fermandosi al -7%. Lo S&P/Asx-200 ha perso il 3,2% attestandosi a 3,856.80, mentre il Taiex di Taiwan il 3,4% e il Nzx 50 neozelandese il 3,9%. Lo Shangai Composite in Cina è sceso dell'1,3% a 2.492.83. IL DISCORSO DI OBAMA NON FRENA IL CROLLO "Il mercato continua a credere che siamo da tripla A". Lo ha detto il presidente Barack Obama citando Warren Buffett, secondo il quale gli Usa meriterebbero una quadrupla A". "I nostri problemi sono risolvibili", ha proseguito il presidente degli Stati Uniti. "Non importa quello che dice un'agenzia - ha aggiunto - noi siamo gli Stati Uniti d'America e saremo sempre da tripla A". "Ho fiducia nel futuro": le sfide economiche sono superabili ma serve "volonta politica", ha sottolineato Obama, precisando che il downgrade di Standard & Poor's è dovuto a dubbi politici. "La mancanza i volontà politica è il problema". Per il presidente americano gli Stati Uniti hanno bisogno di un approccio bilanciato e si lungo termine per ridurre il debito. Il discorso di Obama, tuttavia, non ha portato miglioramenti negli scambi. Chiusura in forte calo per Wall Street. Il Dow Jones perde il 5,49% a 10.816,36 punti, il Nasdaq cede il 6,90% a 2.357,69 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno il 6,63% a 1.119,87 punti. EURO A PICCO, SCHIZZA LA QUOTAZIONE DEL FRANCO SVIZZERO L'euro ha raggiunto un nuovo record negativo con 1,0479 franchi svizzeri mentre le preoccupazioni per la crisi del debito continuano a far perdere terreno alla moneta unica. Anche il dollaro ha registrato un nuovo minimo a 0,7362 franchi svizzeri mentre gli investitori cercano rifugi sicuri per i loro beni. Il governo elvetico sostiene che il valore del franco sia troppo alto e saranno prese misure per prevenire danni alle esportazioni. La riduzione dei tassi d'interesse da parte della Banca nazionale svizzera della settimana scorsa non è però riuscita a diminuire l'entusiasmo per la moneta elvetica.
9 agosto 2011 L'Italia sotto tutela della Bce Con Draghi nuovo stile all’Eurotower L’ingegner Jean-Claude Trichet ha appreso cosa sono l’esprit de géometrie e l’esprit de finesse quando frequentava un prestigioso lycée dell’Esagono (così i francesi chiamano la loro patria). Ha avuto modo di approfondire il tema all’Ecole des Mines, dove si è laureato a pieni voti in ingegneria mineraria, e, soprattutto, nella lunga e prestigiosa carriera di fonctionnaire, leale servitore dello Stato e di tutti i governi (quale che fosse il colore) che di volta in volta venivano espressi dal potere politico d’Oltralpe. L’esprit de géometrie si basa sulle simmetrie. L’esprit de finesse nel fare eccezioni o deroghe a dette simmetrie, anche e soprattutto per inviare delicati, ma pungenti, segnali. Di questo tipo sono quelli inviati all’Italia negli ultimi giorni, prima non intervenendo in soccorso dei suoi titoli di Stato - un modo eloquente per fare comprendere che il programma appena varato a Roma non è considerato adeguato a Francoforte - poi, un paio di giorni più tardi, aggiungendo che la Bce sarebbe pronta ad intervenire ove venissero affrontare le riforme strutturali – previdenza (in particolare pensioni di anzianità), mercato del lavoro, controlli sulla spesa degli enti locali, privatizzazioni e liberalizzazione – su cui i bollettini dell’Eurotower insistono da anni. In breve, l’Italia in generale, ed il ministro dell’Economia e delle Finanze in particolare, sono stati messi sotto tutela. Uno strumento che l’ingegner Trichet conosce bene, data l’ampia esperienza in fatto di "protettorati" della Francia, ma che – come ha rilevato Mario Monti – rappresenta una diminutio economica e politica dell’Italia ed anche del contributo che Roma può dare al necessario riassetto europeo. Nonostante le abili campagne dei media, l’ingegner Trichet non ha mai amato il professor Tremonti, se non altro perché certi ingegneri (specialmente se intrisi di esprit de géometrie e di esprit de finesse) non hanno mai avuto grande simpatia per i tributaristi. Inoltre, l’ingegner Trichet sa essere spigoloso tanto quanto il professor Tremonti, caratteristica che non avvicina di certo personalità di questo calibro. Dopo le ultime dichiarazioni del presidente in carica della Bce, differenze e divergenze sono ormai chiare e tonde. E pesano. Ma cambierà lo stile dell’Eurotower quando vi arriverà il professor Draghi? Il futuro presidente della Banca centrale europea (Bce) non è un ingegnere ma un economista, allievo di Federico Caffè e professore ordinario (in seguito a concorso nazionale) d’economia internazionale all’ateneo di Firenze. È molto riservato e geloso della propria privacy, le foto della moglie e dei figli non sono mai apparse su alcun giornale (mentre l’ingegner Trichet adora sfoggiare l’immagine della propria consorte). A differenza dell’ingegnere , il professore non ha avuto una carriera tracciata sin dal giorno in cui ha lasciato la scuola. Eppure, da docente a Firenze, già collaborava a Roma con i ministri del Tesoro (note all’epoca le sue discussioni animatissime al telefono con gli interlocutori della Banca d’Italia). Ha, poi, rappresentato l’Italia (e un gruppo di altri Stati) nel Cda della Banca Mondiale per sei anni. Rientrato in Italia, ha collaborato proprio con Bankitalia prima di diventare direttore generale del Tesoro, passare alcuni anni in una delle maggiori banche d’investimento private internazionali e assurgere, infine, al seggio più alto di Palazzo Koch. Lo stile sarà indubbiamente differente da quello dell’ingegner Trichet. In primo luogo, Draghi ha quelle solide basi di economia che mancano all’ingegnere (formato in economia matematica ma con una visione meno ampia di temi e problemi socio-economici). In secondo luogo, la sua nota, anzi notoria, riservatezza lo indurrà a dosare con saggezza i propri interventi. In terzo luogo, i sei anni passati in Banca Mondiale hanno coinciso con quelli della prima grande crisi debitoria (quella iniziata in America Latina) e , quindi, con la necessità dell’istituto di re-inventarsi e di ampliare l’orizzonte dal finanziamento di singoli progetti d’investimento a quello di programmi di riassetto strutturale di intere economie, anni in cui la Banca Mondiale ha anche cercato di coniugare stabilizzazione finanziaria, da un lato, con equità e rete di protezione sociale per i più deboli, dall’altro. In quarto luogo, Draghi è stato uno dei protagonisti dell’ingresso dell’Italia nell’unione monetaria europea e ha vissuto sulla propria pelle la crisi dell’agosto-settembre 1992. Quindi, vedrà con lenti differenti da quelle dell’ingegner Trichet la funzione della Bce (e del nascente sistema di aiuto agli Stati maggiormente in difficoltà) anche se, proprio perché italiano, non potrà fare sconti all’Italia e a coloro che siederanno, pro-tempore, nelle stanze del governo di Roma. Giuseppe Pennisi
9 agosto 2011 IL GOVERNO E I MERCATI Berlusconi a Obama: crisi terribile, ma passerà Ma quale commissariamento. Umberto Bossi nella sua villetta di Gemonio nel varesotto nega, insieme a Tremonti, che il governo sia eteroguidato da Bruxelles. Ma ammette che la Bce "ci condiziona positivamente". Berlusconi, poche ore più tardi, nella sua residenza di Porto Rotondo viene raggiunto da una telefonata di Barack Obama. "Il mondo sia unito – spiega poi il premier – e la crisi passerà. Noi commissariati? Fesserie". Il nodo della crisi, con i suoi risvolti internazionali, è al centro dei contatti internazionali di Silvio Berlusconi. Il capo del governo è in Sardegna con la figlia Barbara e i nipotini. Ma segue le borse e tiene i contatti con Roma e i leader europei. In serata la chiamata dalla Casa Bianca: nel giorno più difficile per Wall Street, il presidente americano si confronta col premier sulle agenzie di rating e sui mercati finanziari negli Stati Uniti e in Europa, senza dimenticare la Siria. La preoccupazione del Cavaliere è che gli Usa possano trascinare l’Europa. Sono passati giusto dieci anni, e il timore inconfessabile è quello di contraccolpi come dopo l’11 settembre. Ma se restiamo uniti, dice, anche questa passerà. Concluso il colloquio, Berlusconi liquida con una battuta con chi gli è vicino le pressioni della Ue: "Noi commissariati? L’Europa ci ha detto di anticipare misure che anche loro considerano giuste. La crisi si è aggravata – è la sua constatazione – e anche noi siamo stati costretti ad accelerare". Ad informare il premier sull’andamento del G7 ci ha già pensato nel pomeriggio, sempre per telefono, il ministro dell’Economia Tremonti. A Gemonio il senatùr ragiona per due ore con Tremonti e Calderoli sui provvedimenti anticrisi. Nessun commissariamento europeo, dice anche lui: "L’importante è che la Bce compri i titoli italiani". Elezioni anticipate? "Non c’è questo problema adesso". L’incontro col superministro dell’Economia è stato annunciato da giorni nelle feste padane per tranquillizzare i piccoli imprenditori. Ci saranno misure anche per le imprese, assicura, "ma dobbiamo prima misurare bene" la proposta. Bossi ammette che la Bce una lettera al governo l’ha mandata: "Sì, quello è vero, ma noi ci eravamo già mossi prima della Bce". Umberto l’euroscettico ora riconosce che "dobbiamo andare dietro un po’ all’Europa, fare tutte le riforme che stiamo preparando". La verità, dice, è che "per tanto tempo il Paese ha speso più di quanto poteva e un bel giorno la realtà ha preso il treno ed è venuta a trovarci". Quindi è vero che in qualche modo Bruxelles ci condiziona? "Certo, l’Europa, la Bce hanno il loro peso. Ci condiziona? Beh, positivamente". L’importante, ripete, "è che compri i titoli italiani". Poi annuncia un vertice col premier: "Abbiamo appuntamento con un tale che si chiama Berlusconi". Ora basta parlare di politica. Bossi, Tremonti e Calderoli si soffermano ad ammirare la grossa moto enduro tedesca, nuova di zecca, del ministro per la Semplificazione. E la mattinata di lavoro si chiude con un pranzo sul lago Maggiore. Da Roma non tardano i commenti. Fabrizio Cicchitto non crede al governo euro-comandato: "Nessun commissariamento – dice il capogruppo pdl alla Camera – ma di fortissimi condizionamenti che riguardano tutti. Chi polemizza è in malafede o non ha capito nulla di luci e ombre dell’euro". Le opposizioni attaccano. "Due nuovi inquilini a Palazzo Chigi – ironizza Massimo Donadi dell’Idv – Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. È l’incapacità del governo". Per Roberto Di Giovan Paolo del Pd il senatùr "è un europeista di comodo: prima la Lega demolisce l’Euro, poi plaude alla Bce che compra i titoli italiani. Come si fa a chiedere aiuto alla Ue se si è sempre stati euroscettici?". Luca Liverani
9 agosto 2011 TRAME E FACCENDIERI P4, "Associazione per delinquere" Si aggrava la posizione di Papa e Bisignani Il Riesame di Napoli nella sua ordinanza ha disposto, come richiesto dai pm, la detenzione in carcere per gli indagati nella vicenda P4: il parlamentare del Pdl Alfonso Papa (che è già detenuto per gli altri reati a lui contestati), nonchè per l'uomo d'affari Luigi Bisignani - attualmente agli arresti domiciliari nell'ambito di questa inchiesta - e per il carabiniere Enrico La Monica che è latitante in Africa. Per quanto riguarda Bisignani l'esecuzione della misura però è sospesa fino al pronunciamento della Cassazione in quanto i legali hanno già annunciato il ricorso. Per Papa, invece, se il provvedimento del Riesame dovesse essere confermato anche negli altri gradi, si renderebbe necessaria una nuova pronuncia del Parlamento che già nelle scorse settimane ha concesso l'autorizzazione all'arresto per gli altri reati contestati al deputato. In particolare, il tribunale del riesame ha accolto il capo A della richiesta dei pubblici ministeri Francesco Curcio ed Henry John Woodcock. Quello in cui si sostiene che Bisignani, Papa e La Monica "promuovevano, costituivano e prendevano parte (unitamente ad altri soggetti appartenenti alle forze di polizia in corso di identificazione) ad un'associazione per delinquere, organizzata e mantenuta in vita allo scopo di commettere un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione della giustizia". I tre, secondo la procura di Napoli, avrebbero acquisito sia "notizie ed informazioni riservate e segrete inerenti a procedimenti penali in corso" sia "notizie ed informazioni inerenti a 'dati sensibilì e strettamente personali e riservati, riguardanti in particolare esponenti di vertice delle istituzioni e alte cariche dello Stato". Notizie che "venivano utilizzate in modo indebito" per "commettere una serie indeterminata di delitti di favoreggiamento", per "ottenere denari, favori e utilità" da imprenditori coinvolti nelle indagine e per "infangare ovvero per poter poi ricattare ed esercitare indebite pressioni sui medesimi esponenti delle istituzioni". Ed inoltre Papa, Bisignani e La Monica, concludono i pm nel capo di imputazione, "promuovevano e partecipavano ad una struttura associativa vietata dall'art. 18 della Costituzione, in seno alla quale venivano svolte attività dirette ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubblica - e in particolare della giustizia - anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici, anche economici, nonchè di servizi pubblici essenziali anche di interesse nazionale". Nell'ordinanza, infine, il tribunale del Riesame ha accolto anche la richiesta contenuta nel capo B della richiesta dei Pm (tentativo di corruzione), ma solo nei confronti di Bisignani e Papa, e quella nel capo V (ricettazione delle schede telefoniche), per tutti e tre.
9 agosto 2011 STATO E ANTISTATO P3, rischio processo per Verdini e Dell’Utri Una vera e propria associazione segreta "volta a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali". Queste le conclusioni cui sono giunti, ieri, il procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo e il sostituto Rodolfo Sabelli, che hanno consegnato l’atto di chiusura delle indagini sulla cosiddetta P3. E adesso sono in tanti a tremare. Tra gli altri, rischiano il processo l’ex-coordinatore del Pdl, Denis Verdini, il senatore Marcello Dell’Utri (Pdl), l’imprenditore Flavio Carboni, l’ex-assessore comunale di Napoli, Arcangelo Martino e l’ex-giudice tributario Pasquale Lombardi, più altre nove persone. La loggia su cui hanno indagato i magistrati aveva ramificazioni ovunque e "interessi" in molti campi. L’indagine è partita, oltre un anno fa, dall’affare dell’eolico in Sardegna e ha riguardato anche il contenzioso tra Cir e Mondadori, nonché i retroscena in vista delle elezioni regionali in Campania. Per la procura si è dunque in presenza di "un’associazione per delinquere diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti di corruzione, abuso d’ufficio, illecito finanziamento diffamazione e violenza privata caratterizzata, inoltre, dalla segretezza degli scopi e volta a condizionare il funzionamento di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché apparati della pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali". Secondo quanto emerge dall’atto di chiusura indagine, i cinque avrebbero sviluppato "una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura, della politica e dell’imprenditoria, da sfruttare per i fini segreti del sodalizio e per il finanziamento di esso e dei suoi membri". Secondo la Procura, i componenti dell’associazione si sarebbero adoperati per "influenzare la decisione della Consulta nel giudizio sul cosiddetto lodo Alfano", intervenendo "ripetutamente sul vice presidente del Csm (all’epoca dei fatti Nicola Mancino), sui componenti del Csm, per indirizzare la scelta dei candidati e incarichi direttivi (presidente della Corte di appello di Milano e Salerno, procuratore della repubblica di Isernia e Nocera Inferiore)". Nell’atto di chiusura indagini si citano anche gli "interventi sui magistrati della corte di Cassazione allo scopo di favorire una conclusione favorevole alla parte privata di cause pendenti sia di natura civile (Lodo Mondadori) che penale (ricorso contro la misura cautelare disposta dalla magistratura napoletana nei confronti di Nicola Casentino)". In quest’ambito è indagato l’ex presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, che secondo la procura in vista della promessa di incarichi dopo il suo pensionamento, interveniva per ottenere informazioni sulle cause pendenti. Sulle conclusioni della Procura, ecco il giudizio dei legali di Verdini, Franco Coppi e Marco Rocchi: "Stupisce ed è surreale, che l’onorevole Verdini venga ritenuto tra i promotori dell’asserita associazione segreta, quando tutti gli atti e le intercettazioni in possesso della difesa dimostrano esattamente il contrario". A rischiare il processo è anche l’ex-sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino. L’accusa nei suoi confronti potrebbe essere quella di diffamazione aggravata per avere tentato di screditare la reputazione dell’attuale presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, prima di essere scelto come candidato del Pdl alle regionali. Da quanto emerge, Cosentino assieme a Carboni, Martino e Lombardi, avrebbe diffuso "a mezzo internet false notizie di contenuto diffamatorio" nei confronti di Caldoro. Proprio a seguito delle indagini, Carboni, Martino e Lombardi furono anche arrestati nel luglio del 2010. "In particolare – scrivono i magistrati – facevano pubblicare un articolo su un blog che riferiva della frequentazione di transessuali da parte dell’attuale presidente della Regione Campania". Il tutto per screditarne l’immagine e costringerlo a ritirarsi dalla corsa alla presidenza campana. La Procura chiederà il processo anche per il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci. Il governatore è accusato di abuso d’ufficio, e non più di corruzione, in merito alla nomina di Ignazio Farris all’Agenzia regionale per l’ambiente. Paolo Ferrario
2011-08-08 8 agosto 2011 POLITICA E FINANZA Borse mondiali, lunedì nero Obama: restiamo da tripla A Altro lunedì nero per le Borse europee che, in una sola seduta, hanno bruciato 197,6 miliardi di capitalizzazione, con un calo dell'indice di riferimento, lo Stoxx Europe 600, del 4,14%. Un calo repentino, che si aggiunge agli oltre 250 miliardi bruciati nelle ultime due sedute della settimana scorsa. Il momento di maggior ribasso si è avuto a circa mezz'ora dalla fine della seduta, quando l'indice, che fotografa l'andamento dei titoli di grandi, medie e piccole aziende quotate in 18 Paesi del Vecchio Continente, ha toccato i minimi delle ultime 52 settimane a 228,93 punti, per poi risalire a 228,98. Piazza Affari ha chiuso in deciso calo: l'indice Ftse Mib ha ceduto il 2,35% a 15.639 punti. L'All Share a -2,43%, il minor ribasso fra le principali piazze europee, ha bruciato oltre 8,5 miliardi di euro, portando a circa 352 miliardi la capitalizzazione complessiva. La Borsa di Francoforte ha chiuso in forte ribasso, con l'indice Dax che ha perso lo 5,02%, a 5.923,27 punti. Londra in forte ribasso, con l'indice Ftse-100 in calo del 3,39%. Parigi ha terminato gli scambi in caduta libera, con l'indice Cac 40 che ha perso il 4,68%, a 3.125,19 punti. Madrid ha chiuso la seduta in netto ribasso, con l'indice Ibex-35 che ha ceduto il 2,44%, a 8.459,4 punti. IL PRESIDENTE OBAMA: SIAMO SEMPRE DA TRIPLA A "Il mercato continua a credere che siamo da tripla A": Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama citando Warren Buffett, secondo il quale gli Usa meriterebbero una quadrupla A. "Saremo sempre un Paese da tripla A, qualunque cosa possa dire un'agenzia di rating", ha ribadito il presidente degli Usa. "Non c'era bisogno di un'agenzia di rating per capire che dovevamo ridurre deficit in modo bilanciato", ha aggiunto. Gli Usa sono "in grado di risolvere il loro problemi e sanno cosa fare per affrontarli", ha concluso Barack Obama. GLI INTERVENTI DI BCE E G7 PROMOSSI DALL'UE Ma per l'Italia arrivano anche buone notizie. L'Unione europea promuove le misure della Bce e gli impegni del G7 per rassicurare gli investitori sulla stabilità dei mercati. Bruxelles sottolinea che "Italia e Spagna non hanno alcun bisogno di piani di salvataggio", aggiungendo che le misure prese dal governo Berlusconi, "siano sufficienti per rassicurare i mercati e riportare la stabilità finanziari". "Tutti i messaggi emersi nel corso del fine settimana dalle diverse autorità e istituzioni sovranazionali vanno nella stessa direzione e inviano un forte messaggio di fiducia ai mercati e ai loro protagonosti", ha dichiarato il portavoce della Commissione Olivier Bailly. La seconda buona notizia riguarda l'andamento dei titoli di Stato: lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi oscilla sopra e sotto i 300 punti base, ma comunque a livelli ben inferiori rispetto a quelli toccati la settimana scorsa. Nei fatti la Bce ha già iniziato a comprare titoli del debito pubblico italiani e spagnoli. Il differenziale Btp/Bund, che venerdì era volato sopra 400 punti, è sceso stamane a un minimo di giornata di 284 punti. La forbice tra i titoli decennali spagnoli e quelli tedeschi è calata a 282 punti. Sull'altra sponda dell'Oceano, si registra la presa di posizione dell'agenzia Moody's: non taglia il rating a tripla A sul debito sovrano Usa, ma minaccia un downgrade prima del 2013 se il bilancio e le stime economiche dovessero indebolirsi ancora. Moody's è comunque ottimista e vede un potenziale accordo sulla riduzione del deficit a Washington prima di quella scadenza. "Il rating AAA resta al suo posto - spiega l'analista di Moody's, Steven Hess -. Prevediamo che il rapporto debito/Pil roccherà un picco del 75% a metà dei prossimi dieci anni e poi inizierà a scendere a lungo termine". "L'accordo della settimana scorsa - aggiunge - suggerisce che un accordo che rispetti questi criteri sia difficile all'inizio del 2013, a causa della forte polarizzazione politica, ma non impossibile". È proprio il disaccordo su una possibile intesa politica sulla riduzione del debito Usa che divide in questa fase Moody's e Standard and Poor's. BORSE ASIATICHE IN CALO: TOKYO CHIUDE A -2,18% CON DOWNGRADE USA DI S&P La Borsa di Tokyo chiude la seduta in calo del 2,18%, scontando il downgrade del rating Usa deciso da Standard & Poor's: l'indice Nikkei si attesta a 9.097,56, con una perdita secca di 202,32 punti. La Borsa di Tokyo, dopo un avvio in flessione dell'1,40%, riesce a limitare i danni sostenuta dal paracadute "messo a punto" nella riunione in videoconferenza del G7, dalla quale sono emersi gli impegni per fare "tutto il necessario per stabilizzare i mercatì, assicurandone la liquidità e l'intervento coordinato in caso di "movimenti disordinati" soprattutto sul mercato dei cambi. Il Nikkei, nonostante tutto, ha toccato un minimo infraday a 9.057,29 punti, con un calo improvviso di oltre il 2,5%, quando lo yen ha cominciato a rafforzarsi sul dollaro, finito sotto quota 78, facendo pensare all'ipotesi di uno sfondamento della resistenza a quota 9.000. Di riflesso, le vendite si sono concentrate sui titoli delel società esportatrici. La Bank of Japan (BoJ), tra le misure di sostegno, non ha drenato la liquidità immessa la scorsa settimana sui mercati con la maxi operazione da 4.500 miliardi di yen (40 miliardi di euro), negli sforzi per raffreddare la valuta nipponica. Sulle base delle attività fatte in mattinata dall'istituto centrale, le risorse sono restate nel circuito bancario operando con lo stesso effetto di un allentamento monetario. Seul che termina la sua corsa in calo del 3,8%. Giù del 2,9% anche la Borsa di Sydney in Australia. Intanto Hong Kong perde il 3,8% e Shanghai il 3,57%.
8 agosto 2011 NEW YORK Wall Street affonda, parte la corsa all'oro Il downgrade degli Stati Uniti affonda Wall Street e innesca una corsa all'oro, che sale al nuovo record di 1.700 dollari l'oncia. Il Dow Jones, alle ore 18.30, perde il 2,96% a 11.106,98 punti. Il Nasdaq cede il 3,94% a 2.433,50 punti. Lo S&P 500 lascia sul terreno il 3,74% a 1.154,87 punti. Gli investitori fuggono dal rischio nel primo giorno di scambi dopo il downgrade. I titoli di stato americani tengono, con il rendimento dei Treasury a dieci anni che cala al 2,3721%. Il New York Stock Exchange per prepararsi all'apertura dei mercati ha invocato la poco usata Rule 48 prima dell'avvio degli scambi, che sospende la comunicazione delle indicazioni dei prezzi all'apertura. Fra i singoli titoli Bank of America (Bofa) perde il 14% dopo l'azione legale di Aig per recuperare le perdite una parte delle perdite causate da Bofa sui titoli legati ai mutui. Verizon Communications cede il 2,8% dopo lo sciopero indetto da 45.000 dipendenti sul contratto. Berkshire Hathway perde l'1% dopo la trimestrale.
8 agosto 2011 CRISI Bossi: "Dobbiamo andare dietro all'Europa" "Dobbiamo andare dietro un pò all'Europa". Così Umberto Bossi ha sintetizzato il confronto avuto stamattina col ministro dell'Economia Giulio Tremonti sulla crisi economica, a Gemonio. "Dobbiamo fare tutte le riforme - ha aggiunto il leader della Lega Nord al termine dell'incontro -, dobbiamo finire tutte le riforme che stiamo preparando". Prima dell'incontro Bossi avveva affermato: "La Bce sta facendo bene, perché ha promesso di comprare i titoli italiani e spagnoli". Il leader della Lega Nord Umberto Bossi ha commentato i primi dati dell'apertura di Borsa. "Non c'é il problema di elezioni adesso". Così il segretario della Lega Nord Umberto Bossi, prima di un incontro con il ministro Tremonti, ha replicato a giornalisti che gli chiedevano se sia ipotizzabile un ricorso anticipato alle urne nel 2012. "Come si fa? Certo non votiamo dopo il 2013...", ha scherzato sopra prima di congedarsi. "Vogliamo la verità. E' incredibile e inaccettabile che l'opposizione non abbia avuto fin qui comunicazione alcuna sui vincoli ai quali la comunità europea e internazionale ci sta sottoponendo. Al di la di indiscrezioni, nessuna comunicazione formale è stata data né a noi, né all'opinione pubblica". Lo afferma Pier Luigi Bersani, segretario nazionale del Partito Democratico che aggiunge: "cosa davvero e precisamente ci stanno chiedendo la Bce e le istituzioni internazionali? " "Un governo impotente, totalmente screditato e ormai commissariato dica almeno qual è la situazione reale" continua Bersani che ripete: "se dobbiamo discutere per la salvezza del paese vogliamo la verità. Non accettiamo più il balletto indecente delle menzogne e dei diversivi che ci hanno portati a questo disastro".
2011-08-07 6 agosto 2011 CRISI GLOBALE Rating, declassati gli Usa Vertice ministri finanze del G7 Gli Stati Uniti perdono per la prima volta nella loro storia il rating di tripla A: a non considerare più i titoli di stato americani fra i più sicuri investimenti al mondo è Standard & Poor's, con una mossa senza precedenti arrivata dopo ore di braccio di ferro con il Tesoro. Il Dipartimento guidato da Timothy Geithner ha ricevuto la bozza della decisione dell'agenzia di rating venerdì alle 13.30, ore 19.30 italiane. E l'esame, che si è protratto per ore con la risposta che è stata inviata alle 16 (ore 22 italiane), si è tradotto in un'accusa: S&P ha commesso un errore da 2mila miliardi di dollari. L'agenzia ha ritardato la diffusione del comunicato che poi è stato reso pubblico dopo le 20, ore 2.00 italiane. Il "downgrade riflette la nostra opinione" sul piano di risanamento che non è adeguato a quanto "sarebbe necessario per stabilizzare nel medio-termine il debito" afferma Standard & Poor's, sottolineando che "l'efficacia, la stabilità e la prevedibilità della politica americana si è indebolita in un momento" in cui le sfide fiscali ed economiche aumentano. Il tetto del debito - evidenza il presidente del comitato di valutazione di S&P, John Chambers - doveva essere alzato prima per evitare il downgrade. La decisione di Standard & Poor's potrebbe avere - secondo gli osservatori - un effetto più psicologico che pratico. Le agenzie di rating Moody's e Fitch hanno mantenuto il rating di tripla A per gli Stati Uniti e il downgrade di una sola agenzia è più gestibile. I titoli del Tesoro sono rimasti stabili negli ultimi giorni e considerati dagli investitori un investimento sicuro anche in seguito alla crisi del debito europea. Ma il taglio del rating delle ripercussioni potrebbe averle aumentando la mancanza di fiducia nel sistema politico e causando il downgrade di aziende e stati, per i quali i costi di finanziamento potrebbero salire. La maggiore preoccupazione è verificare se la decisione avrà un impatto sull'appetito degli investitori esteri per il debito americano. Nel 1945 i creditori esteri detenevano solo l'1% del debito americano, ora ne controllano il 46%. LA PRESA DI POSIZIONE DI PECHINO Intanto Pechino, a poche ore dal taglio del brating deciso da S&P's, condanna la "miope" disputa politica avutasi negli Usa sul debito. "La Cina, il più grande creditore dell'unica superpotenza mondiale, ha tutto il diritto - si legge in un durissimo commento diffuso dall'agenzia Nuova Cina - di chiedere oggi agli Stati Uniti la soluzione dei problemi di debito strutturali e garantire la sicurezza degli asset cinesi denominati in dollari". VERTICE STRAORDINARIO DEI MINISTRI DELLE FINANZE DEL G7 I ministri delle Finanze e i banchieri centrali dei Paesi del G7 si riuniscono oggi in teleconferenza per discutere della situazione dei mercati finanziari mondiali, anche alla luce del declassamento del rating degli Stati Uniti deciso da Standard & Poor. Lo riferisce l'agenzia giapponese Jiji Press che cita fonti finanziarie. La riunione di emergenza è stata convocata dalla Francia, presidente di turno del G7.
2011-08-06 6 agosto 2011 L'altro editoriale Risposta inevitabile La risposta ai morsi della speculazione contro l’Italia alla fine è arrivata. Secca, subitanea. Per forza, più che per virtù, anche se è di virtù che avremmo bisogno. Nella certezza, soprattutto, che nessuno dei partner europei in grado di farlo ci avrebbe dato altrimenti una mano. E dinanzi alla prova provata (incisa a fuoco nei listini dei mercati, nell’ormai mitico spread tra Btp e Bund tedeschi, nella crescente magrezza dei bilanci domestici delle famiglie italiane) che gli errori – e i peccati di omissione – accumulati negli ultimi dieci anni nella gestione del nostro debito pubblico ne hanno ormai reso insostenibile il peso. Troppo a lungo quel macigno sul futuro di tutti è stato trattato come un relitto della Prima Repubblica, come la fastidiosa colpa di chi politicamente non c’era più e non come uno dei compiti più stringenti dell’attuale classe dirigente. Anche per questo c’è poco da applaudire, oggi, davanti a una mossa coraggiosa e giusta perché inevitabile. L’accelerazione delle grandi manovre di "taglio" per ottenere il pareggio di bilancio annunciata dal premier Berlusconi e dal ministro Tremonti è, infatti, un atto purtroppo dovuto, non una festa. È la scelta di spingerci tutti più dentro quella stagione "lacrime e sangue" che è già cominciata nella vita concreta degli italiani e che sarà necessario accompagnare con una limpida capacità di spiegare – soprattutto con dedizione, rinunce e altri convincenti esempi da parte di chi ci governa e rappresenta – a un’opinione pubblica impaurita e adirata. Gli italiani, come amava dire l’allora presidente Ciampi, sanno rispondere con slancio quando si fa loro capire per che cosa ci si sacrifica e qual è il "bene comune" da tutelare o da conseguire secondo giustizia. Noi ne siamo convinti, ma vogliamo esserlo di più. Ci si concentri su questo, sul cesellare i tagli, sul "fabbricare lavoro" e su un nuovo fisco amico delle famiglia, piuttosto che sulle favole ambigue come quella della presunta forza risolutiva della riforma all’insegna del "vietato vietare" dell’articolo 41 della Costituzione (sui doveri sociali della libera impresa). Non ci serve altro fumo iperliberista negli occhi, basta e avanza quello dei roghi appiccati in questa estate di barbare scorribande speculative sui mercati di tutto il mondo. Marco Tarquinio
6 agosto 2011 Oggi siamo tutti responsabili Un esame di coscienza Con le tempeste dei mercati e le cifre dei dissesti finanziari, più ancora del 2008 riaffiorano in Occidente e in Europa antiche paure che forse abbiamo dimenticato. Paure di fallimenti che portano con sé il destino di Stati, nazioni intere, quindi di ciascuno di noi, del nostro modo di vivere, delle nostre aspettative. Il linguaggio macro-economico si esprime con categorie fino a ieri sconosciute, formula ipotesi impensabili solo pochi mesi addietro. Gli Stati Uniti possono fallire, un’Agenzia può decretarne l’insolvenza. Se ciò non è accaduto è perché il Congresso si è accordato nell’alzare in alto l’asticella del fallimento, come a dire che la malattia non è scomparsa ma si è escluso il male dalle patologie riconosciute. Ancor più imprevedibile è il fatto che, mentre gli Usa evitano l’insolvenza con un compromesso, la Cina li rimprovera e sostiene che il default non è affatto scongiurato. E il presidente della Bce Jean-Claude Trichet si dichiara preoccupato per l’incertezza generale in tutta l’area dell’euro. Sono scenari da incubo che, presi alla lettera, prefigurerebbero fratture lancinanti negli assetti economici internazionali. Chiunque è indotto a pensare che, se falliscono gli Usa, la bancarotta della Grecia, della Spagna, o altri Paesi europei sarebbe quasi inevitabile; con la conseguenza di un malessere che ci colpisce tutti, quasi muti per la paura del peggio. Scopriamo un Occidente fragile e incerto in quelli che sono stati per due secoli i suoi capisaldi, le sue fortezze economiche. E temiamo che l’Europa, l’euro, la stabilità, possano crollare da un momento all’altro vanificando un lavoro politico ed economico di oltre mezzo secolo. Affiora il timore tutto umano, direi esistenziale, che i risparmi di una vita vadano in fumo, che le certezze personali, familiari, di stile di vita, svaniscano da un momento all’altro. La prima cosa da chiederci, in questi giorni di crisi e quasi di panico, è se siamo in grado di farvi fronte con una forza morale e politica adeguata, e la risposta purtroppo è negativa. Lo è perché siamo divisi, astiosamente divisi, con una concezione della politica che è degradata sempre più, toccando i punti più bassi nella storia repubblicana, fino a scivolare nella difesa di interessi egoistici, di gruppo, personali, perfino in un delirio da gossip che oggi ci appare sciagurato e autolesionista. Abbiamo dissipato così una capacità di coesione e di resistenza che oggi sarebbe necessaria. Solo adesso ci rendiamo conto di quanto i ripetuti richiami di Benedetto XVI e dei vescovi italiani al fondamento morale della politica, diretta a tutelare il bene comune anziché egoismi particolaristici, e quelli di Giorgio Napolitano alle ragioni dello stare insieme, tenersi uniti con la condivisione di valori comuni, non siano mai stati appelli retorici, o ripetizioni di cose ovvie. Altre domande riguardano la nostra capacità di risposta a quanto sta accadendo, rivedendo le priorità di una politica e di una economia rese troppo euforiche dal trionfo del modello capitalistico-finanziario. La capacità di previsione dei grandi centri di analisi e decisione economica si è rivelata di cortissimo respiro, lascia attoniti per macroscopici errori di valutazione, per scelte fatte a tavolino nell’assemblare paesi ed economie a diversissimo livello di sviluppo. Lascia sgomenti il predominio esercitato dai protagonisti della finanza nel decidere il destino di interi agglomerati produttivi, con giudizi dettati cinicamente a tavolino, prescindendo dallo sviluppo reale delle singole economie. Tutto ciò, però, non cancella la responsabilità di ciascuno di noi, che in Occidente ci culliamo nella convinzione di poter tenere alto uno stile di vita, negli acquisti, nei consumi, nel modo di pensare, che corrisponde al più puro individualismo, evita di gettare lo sguardo sugli altri, sui loro bisogni, sulle loro esigenze più elementari. Forse è il caso di soffermarsi sul corto circuito che si è venuto a creare tra queste patologie, dalle quali ci siamo fatti guidare per troppo tempo, reintroducendo concetti di solidarietà ed equilibrio che devono guidare il mondo economico come ogni altro settore dell’attività umana. Carlo Cardia
6 agosto 2011 CRISI GLOBALE Declassato rating Usa Il Tesoro: l'agenzia ha commesso errori Gli Stati Uniti perdono per la prima volta nella loro storia il rating di tripla A: a non considerare più i titoli di stato americani fra i più sicuri investimenti al mondo è Standard & Poor's con una mossa senza precedenti arrivata dopo ore di braccio di ferro con il Tesoro. Il Dipartimento guidato da Timothy Geithner ha ricevuto la bozza della decisione dell'agenzia di rating venerdì alle 13.30, ore 19.30 italiane. E l'esame, che si protratto per ore con la risposta che è stata inviata alle 16 (ore 22 italiane), si è tradotto in un'accusa: S&P ha commesso un errore da 2mila miliardi di dollari. L'agenzia ha ritardato la diffusione del comunicato che poi è stato reso pubblico dopo le 20, ore 2.00 italiane. Il "downgrade riflette la nostra opinione" sul piano di risanamento che non è adeguato a quanto "sarebbe necessario per stabilizzare nel medio-termine il debito" afferma Standard & Poor's, sottolineando che "l'efficacia, la stabilità e la prevedibilità della politica americana si è indebolita in un momento" in cui le sfide fiscali ed economiche aumentano. Il tetto del debito - evidenza il presidente del comitato di valutazione di S&P, John Chambers - doveva essere alzato prima per evitare il downgrade. La decisione di Standard & Poor's potrebbe avere - secondo gli osservatori - un effetto più psicologico che pratico. Moody's e Fitch hanno mantenuto il rating di tripla A per gli Stati Uniti e il downgrade di una sola agenzia è più gestibile. I titoli del Tesoro sono rimasti stabili negli ultimi giorni e considerati dagli investitori un investimento sicuro anche in seguito alla crisi del debito europea. Ma il taglio del rating delle ripercussioni potrebbe averle aumentando la mancanza di fiducia nel sistema politico e causando il downgrade di aziende e stati, per i quali i costi di finanziamento potrebbero salire. La maggiore preoccupazione è verificare se la decisione avra' un impatto sull'appetito degli investitori esteri per il debito americano. Nel 1945 i creditori esteri detenevano solo l'1% del debito americano, ora ne controllano il 46%. Intanto Pechino, a poche ore dal taglio del brating deciso da S&P's, condanna la "miope" disputa politica avutasi negli Usa sul debito. "La Cina, il più grande creditore dell'unica superpotenza mondiale, ha tutto il diritto - si legge in un durissimo commento diffuso dall'agenzia Nuova Cina - di chiedere oggi agli Stati Uniti la soluzione dei problemi di debito strutturali e garantire la sicurezza degli asset cinesi denominati in dollari".
5 agosto 2011 ISTAT Pil in frenata: +0,3% a giugno Produzione industriale in calo Nel secondo trimestre 2011 il Pil è cresciuto dello 0,3% sul trimestre precedente e dello 0,8% nei confronti del secondo trimestre 2010. Lo comunica l'Istat. Il risultato rispetto al trimestre precedente è la sintesi di un calo del valore aggiunto dell'agricoltura che cresceva invece nei due trimestri precedenti. L'ultimo calo per l'agricoltura era stato infatti registrato nel terzo trimestre 2010. Aumenta invece il valore aggiunto dell'industria e dei servizi. Il secondo trimestre nel 2011 - spiega l'Istat - ha avuto una giornata lavorativa in più rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative del secondo trimestre 2010. Nello stesso periodo - ricorda l'Istat - il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,3% negli Stati Uniti e dello 0,2% nel Regno Unito. In termini tendenziali il Pil è aumentato dell'1,6% negli Stati Uniti e dello 0,7% nel Regno Unito. La crescita del Pil acquisita per il 2011 è pari allo 0,7%. Si tratta della crescita che si avrebbe se la variazione congiunturale nei prossimi trimestre fosse uguale a zero. Nel Def il governo indica una crescita per l'intero 2011 dell'1,1%. PRODUZIONE INDUSTRIALE IN CALO A GIUGNO A giugno la produzione industriale in Italia è scesa dello 0,6% rispetto a maggio. Lo rende noto l'Istat. Rispetto al giugno dello scorso anno si è registrato un aumento dello 0,2%.
2011-08-05 5 agosto 2011 CRISI Il premier: pareggio di bilancio anticipato al 2013 Berlusconi, Tremonti e Gianni Letta hanno il volto segnato dall’ennesima giornata tempestosa dei titoli di Stato. E nelle loro parole gravi risuona l’invito di tutti i leader Ue, degli Usa e delle istituzioni finanziarie internazionali: "Fate in fretta". Con rare eccezioni alla sobrietà, e abbandonando in parte i toni rassicuranti dei giorni scorsi, i tre convocano la stampa all’improvviso e presentano d’urgenza il "piano B" per far fronte alla speculazione e alla crisi di fiducia degli investitori. Con una misura che sovrasta per impatto tutte le altre: "Anticiperemo il pareggio di bilancio dal 2014 al 2013", annuncia il premier, quando piazza Affari è chiusa da due ore e la risposta delle Borse è rinviata a lunedì. Altre tre le decisioni maturate con il concorso dei ministri Romani, Brunetta e Sacconi: l’inserimento nella Carta del pareggio di bilancio (che così diverrebbe un vincolo permanente), la modifica dell’articolo 41 sulla libertà d’impresa (vecchio pallino di Tremonti, che commenta: "È la madre di tutte le liberalizzazioni, la Costituzione dirà che è possibile fare tutto ciò che non è vietato dalla legge") e la presentazione al Senato di un ddl di riforma del mercato del lavoro. Commissioni mobilitate già dalla settimana prossima, Aule pronte a riunirsi per accelerare sui provvedimenti. Il ministro del Tesoro spiega il piano per ottenere il pareggio con un anno di anticipo. "Partiamo dalla delega assistenziale", dice. Ovvero: il governo andrà avanti "a tutta" per recuperare 20 miliardi, senza arrivare a far scattare il disboscamento automatico delle 470 agevolazioni fiscali che, in base alla manovra triennale, sarebbe ottenuto con tagli lineari e indiscriminati a tutte le detrazioni. "Contiamo di poter avere il sì delle Camere alla delega prestissimo, anche entro settembre, abbiamo già preallertato Fini e Schifani", si augura Berlusconi (allo stato attuale la legge che delega il governo non è stata ancora presentata alle Aule). "La razionalizzazione delle detrazioni – ricorda Tremonti – è strettamente collegata alla riforma fiscale, ed è un’opera di grande moralità per spostare le agevolazioni su lavoro, famiglie e giovani". Il punto politico, per il ministro, è dimostrare che non c’è alcuna "addizionale" alla manovra triennale, né tantomeno una correzione al rialzo: "È solo un anticipo di quanto già stabilito, dettato dai mercati". E qui piazza una frase che gela la platea: "In un mese è cambiato il mondo". Nessun dettaglio, invece, sulla riforma del lavoro: si parla di uno Statuto dei lavori meno "ingessato", ci sono progetti nelle commissioni, Sacconi sul tema è attivo da tempo. Di certo, essendo uno dei punti discussi con le parti sociali, prima dell’aula passerà per il tavolo aperto giovedì. Poi, per dimostrare di aver accolto la piattaforma delle parti sociali, spiega: le 4 novità sono "i pilastri", ma si lavorerà pure su "velocizzazione delle infrastrutture e privatizzazioni". Berlusconi, con i cronisti, si occupa solo della comunicazione politica. "Inutile girarci intorno, il mondo è entrato in una crisi finanziaria planetaria che non rispetta la realtà delle nostre economie. Noi subiamo di più per colpa del debito pubblico che abbiamo ereditato". Poi una nota, per allontanare le polemiche e replicare a chi vuole un passo indietro: "Nulla si può ascrivere ai governi", né al suo né agli altri Paesi. Incalzato sul presunto commissariamento subito dalla Bce e dal governo tedesco, che l’avrebbe indotto ad accelerare le misure per il rientro del deficit, è secco: "Non rispondiamo a Francoforte, ma ai mercati e agli speculatori". Infine, nuovo appello alle opposizioni: "Se vogliono portare proposte migliorative, siamo disponibili". Solo verso la fine ritrova l’humor: "Vedete, palazzo Letta, pardon, palazzo Chigi, è aperto anche ad agosto". Omaggio al sottosegretario, che per molti è l’artefice di un passaggio politico obbligatorio: che Berlusconi e Tremonti apparissero in comunione d’intenti. A tarda sera sull’impegno per la crisi anche il leader della Lega Nord Umberto Bossi si fa sentire: nessuno vada al mare, la prossima settimana si lavora. E commenta: i nostri titoli rischiavano di diventare carta straccia. Il discorso di Berlusconi? "Oggi (ieri per chi legge ndr) mi ha interessato di più", perché se si riesce a far comprare i titoli di Stato, si può fare il pareggio un anno prima. Marco Iasevoli
2011-08-04 4 agosto 2011 CRISI Borse in tilt in tutta Europa Milano sprofonda: - 5,16% Collegare i ribassi record al tilt informatico che a colpito alcune borse europee è forse dietrologia. Ma certo attorno alle 17 si sono vissuti minuti di panico, quando mezza Europa a pochi minuti dalla chiusure, con gli indici in picchiata, non ha più funzionato nulla. Colpa di un problema degli indici Euronext, ovvero Parigi, Lisbona, Bruxelles e Amsterdam, oltre a New York. Milano lavora con Londra e ha potuto fornire solo con ampio ritardo i dati finali, e con qualche sorpresa. Indice Mib chiuso ufficialmente a -3,23%, l'all share con una chiusura "virtuale" a -3,23%. In serata, dopo il black out, è arrivato il dato drammatico sul valore finale dell'Ftse Mib. L'indice di riferimento della Borsa di Milano ha chiuso oggi in calo del 5,16% a 16.128 punti. Intesa Sanpaolo è calata del 10,35%, peggior risultato del listino, Fiat a -10,03%, Unicredit a -9,33%). Molto male anche Fiat Industrial (-9,15%), Pirelli (-6,53%) e Exor (-4,9%). Lo spread Btp/Bund torna a volare a quota 390,2 punti, a soli 2,8 punti dal massimo storico di ieri. Francoforte e Londra hanno terminato la seduta in calo rispettivamente del 3,4% e del 3,43%, Parigi e Madrid cedono 3,9% e -3,89%. Non va meglio a New York dove Wall street perde oltre il 2,50%. Lo scivolone di oggi è costato alle principali borse europee circa 173 miliardi di euro.
2011-08-03 3 agosto 2011 MILANO Borsa, giornata altalenante Ennesima chiusura in calo, la quarta di fila, per Piazza Affari, con il Ftse Mib (-1,54%) sopra ai minimi di giornata, tra scambi brillanti per oltre 3,6 miliardi di euro di controvalore. Il listino milanese ha oscillato tra rialzo e ribasso nella mattinata, spinto dall'attesa per i risultati di Unicredit, che sono stati diffusi nel primo pomeriggio. Si è mossa in controtendenza invece Intesa Sanpaolo, che insieme a Generali renderà nota la propria semestrale venerdì prossimo. Sotto pressione Eni, Saipem e Fiat, dopo che l'amministratore delegato Sergio Marchionne ha ventilato una possibile uscita di scena nel 2016. UNICREDIT E INTESA CONTRASTATE Si sono mantenute agli antipodi del listino i due colossi bancari nazionali. Unicredit (+1,77%) ha guadagnato per l'intera seduta, prima ancora di diffondere risultati con un utile semestrale raddoppiato a 1,3 miliardi di euro. Sul fronte opposto ha ceduto Intesa Sanpaolo (-2,76%), che diffonderà i risultati tra due giorni, con gli analisti che prevedono un calo dell'utile sotto quota 1 miliardo di euro, con una forchetta che spazia da 583 a 948 milioni. In calo frazionale Generali (-0,16%), il cui utile, secondo gli analisti, è destinato a scendere a 0,97 miliardi. MARCHIONNE FRENA FIAT Dopo i dati sulle vendite di auto, che hanno penalizzato il titolo nelle scorse sedute, il Lingotto (-1,73%) ha sofferto oggi per l'ipotesi ventilata dallo stesso amministratore delegato Sergio Marchionne su un possibile addio del gruppo nel 2016. Giù anche Fiat Industrial (-1,14%) ed Exor (-0,73%). CHI SALE E CHI SCENDE Sotto pressione Saipem (-5,04%), Ansaldo (-4,18%), Stm (-5,19%) ed Eni (-3,6%). Più cauta Enel (-1,24%) che ha diffuso i conti a borsa chiusa. Effetto semestre su A2a (+0,47%), nonostante il calo dell'utile, mentre Mps (+1,97%) è stata spinta dalla conferma della raccomandazione outperform(rendimento migliore delle Borse, ndr) da parte di alcuni analisti finanziari. Cauta Telecom (+0,24%) in attesa dei conti di venerdì. LE ALTRE PIAZZE EUROPEE Atene guida i ribassi delle principali piazze finanziarie europee con Londra e Francoforte che lasciano sul terreno oltre due punti percentuali. L'indice di Atene chiude a quota 477,34 punti (-4,12%), male anche quello londinese (-2,34% a 5.584) e il listino tedesco con il Dax in flessione del 2,30% a 6.640 punti. Ribassi anche per Parigi (-1,93% a 3.454), si allineano ai cali Lisbona (-1,33%) e Madrid (-0,81%).
3 agosto 2011 SVILUPPO Cipe, via libera al Piano per il Sud Il Cipe ha dato il via libera al Piano per il Sud. Ne dà notizia il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, spiegando che il Cipe ha inoltre approvato il progetto preliminare della Tav Torino-Lione, i progetti definitivi della Tangenziale esterna di Milano (Tem), del collegamento ferroviario Orte-Falconara con la linea adriatica - I lotto, dell'adeguamento della strada statale calabrese 534 come raccordo autostradale. "Si tratta di infrastrutture - dichiara Matteoli - per complessivi 9 miliardi di euro circa, di cui oltre 7 miliardi a valere sui fondi Fas che finanziano il Piano per il Sud" e di interventi che "daranno certamente un forte impulso allo sviluppo".
3 agosto 2011 GIAPPONE Fukushima, approvato risarcimento La Tepco dovrà pagare 100 miliardi Il Parlamento giapponese ha approvato il piano della compagnia elettrica Tepco per compensare le vittime dell'incidente all'impianto nucleare di Fukushima a seguito del terremoto e dello tsunami dell'11 marco scorso. Secondo il piano, un nuovo fondo dovrà essere creato per pagare i danni che i residenti hanno subito a causa della crisi nucleare. La Tepco, che nei mesi scorsi ha dichiarato perdite per 15 miliardi di dollari, potrebbe dover pagare oltre 100 miliardi di dollari di indennizzi.Sono quasi 80mila le persone che sono state costrette a lasciare le proprie case dopo la crisi nucleare, e vi sono molte aziende che hanno dovuto sospendere le proprie attività. Secondo gli analisti, anche se il governo ha approvato il piano, la questione centrale sarà dove verranno recuperate le risorse per far fronte a tutte le richieste di risarcimento.
2011-08-02 2 agosto 2011 MERCATI Crisi, il Colle preoccupato E Borse ancora in calo "Nell'attuale momento la parola è alle forze politiche, di governo e di opposizione, chiamate a confrontarsi con le parti sociali sulle scelte da compiere per stimolare decisamente l'indispensabile crescita dell'economia e dell'occupazione, a integrazione delle decisioni sui conti pubblici volte a conseguire il pareggio di bilancio nel 2014". È quanto scrive il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una nota sulla situazione economica. "Seguirò dunque attentamente gli esiti di tale confronto - si legge - partendo dalla preoccupazione che non ho mancato di esprimere per gli andamenti dei mercati finanziari e dell'economia, nei loro termini generali e nei loro specifici aspetti italiani". MILANO CHIUSURA IN FORTE CALO, FTSE MIB -2,53% Chiusura in forte calo per i principali mercati europei, che continuano a soffrire per le tensioni legate al debito di alcuni Paesi dell'area euro, tensioni che non sono state alleviate dall'intesa sull'innalzamento del tetto dell'indebitamento raggiunta in extremis a Washington. Non aiuta l'andamento negativo di Wall Street, sulla quale pesa il dato negativo sulla spesa per consumi, che ha registrato il primo calo in due anni. La maglia nera va ancora a Milano, affondata dalle forti vendite sul comparto bancario. L'indice Ftse Mib perde il 2,53% a 17.272,79 punti. Il Dax di Francoforte cede il 2,15% a 6.804,63 punti, il Cac 40 di Parigi arretra dell'1,52% a 6.804,63 punti, l'Ibex di Madrid lascia sul terreno l'1,9% a 9.140,9 punti. Limita i danni Londra, con l'Ftse 100 che segna -0,71% a 5.733,49 punti. Tonfo di Atene, giù del 3,37% con l'Ase a quota 497,83. RIUNIONE COMITATO STABILITÀ CON TREMONTI È durata circa due ore la riunione del Comitato per la stabilità finanziaria. Al tavolo coordinato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, erano presenti il direttore generale della Banca d'Italia, Fabrizio Saccomanni, il vice direttore generale dell'istituto di Via Nazionale, Anna Maria Tarantola, il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, il presidente dell'Isvap, Giancarlo Giannini, e il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli. La riunione era stata convocata per discutere la difficile situazione finanziaria. Tremonti, con questa convocazione, ha cercato di dare un segnale mercati anche prima dell'intervento di Berlusconi domani in Parlamento. Il ministro Tremonti incontrerà domani a Lussemburgo il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. SPREAD RECORD BTP-BUND Lo spread tra Btp e Bund decennali ha superato anche la soglia dei 380 punti base: il differenziale di rendimento si è ampliato a 384 punti, con il tasso del Btp a dieci anni è salito al 6,23%.
2011-07-22 22 luglio 2011 Giovanardi: "Il piano famiglia è una bella auto senza benzina" Il piano nazionale della famiglia, presentato al Consiglio dei ministri questa mattina, "è una bella macchina ma non ha la benzina, quindi rischia di essere un bel modellino". Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Carlo Giovanardi al termine del Cdm. "Crediamo - ha precisato Giovanardi che ha delega alle politiche familiari - di aver costruito una bella macchina per la famiglia italiana per il futuro, ma non c'è la benzina e quindi rischia di essere un bel modellino". La manovra, ha aggiunto, "è stata sadica nei confronti della famiglia? Io non uso un'espressione così forte, ma sono state tolte cose alle famiglie e per me è inaccettabile". La fiscalità, per Giovanardi, "deve cambiare a favore delle famiglie: nel momento in cui si riordinano le aliquote a favore delle famiglie con figli, il discorso cambia e quello che il governo ha indicato agli italiani come un obiettivo può essere realizzato nella legislatura".
2011-07-21 21 luglio 2011 L'ECONOMIA RALLENTA L'allarme di Confindustria: crescita ferma nel 3° trimestre "La crescita sarà quasi nulla nel terzo trimestre, dopo che nel secondo si è avuto un aumento dell'1,6% della produzione industriale, concentrato nella prima parte del periodo, che ha originato una temporanea accelerazione del Pil". È quanto si legge nell'analisi mensile del Centro studi di Confindustria, che vede arrivare nuove difficoltà all'orizzonte: "Per l'Italia si profilano debolezza della domanda interna, minor forza di quella estera, ripercussioni dalle violente turbolenze finanziarie globali e stretta sui conti pubblici". In particolare, "gli indicatori puntano a una nuova e prolungata fase di variazioni del Pil che saranno molto difficilmente superiori all'1% annuo". Il Centro Studi di Viale dell'Astronomia ricorda come "l'attività industriale nel terzo trimestre parte dal -0,3% ereditato dal secondo. Gli indicatori qualitativi sono in corale arretramento: gli indici Pmi hanno rilevato in giugno ordini calanti nel manifatturiero (47,5, minimo da 20 mesi, da 51,1) e nel terziario(47,4, da 50,1). Giudizi e attese delle imprese rivelano la fiacca dinamica produttiva". La fase economica sta ancora attraversando una fase critica. "Il mercato del lavoro in Italia rimane debole" ed i consumi "hanno un profilo piatto". Secondo il dossier "a maggio il tasso di disoccupazione è salito all'8,1% (+0,1 su aprile) e al 28,9% (+0,4) tra i giovani sotto i 25 anni", mentre "a giugno la percentuale di imprese che si attendeva una riduzione del numero di addetti nei successivi tre mesi (17,5%) è tornata a essere superiore a quella di quante prevedevano un incremento (16,0%): un deterioramento che ricalca quello delle previsioni delle aziende sulle condizioni economiche in cui operano". L'Istat intanto comunica che si amplia il disavanzo commerciale con i paesi extra Ue, passato da -1,4 miliardi di giugno 2010 a -1,5 miliardi dello stesso mese del 2011. A giugno le esportazioni italiane verso i Paesi extra Ue rimangono stabili rispetto al mese precedente, mentre le importazioni calano del 2,2%. Nell'ultimo trimestre (aprile-giugno) la dinamica è positiva, rispetto al trimestre precedente, per le esportazioni (+1,6%) e negativa per le importazioni (-0,5%). La crescita tendenziale, invece, si mantiene su tassi positivi, pressochè simili, per importazioni (+8,1%) ed esportazioni (+7,8%), ma risulta in marcato rallentamento rispetto ai mesi precedenti.
21 luglio 2011 COSTI DELLA POLITICA La Camera taglia 110 milioni di spese Primo segnale concreto per chi si attendeva un ridimensionamento dei costi della politica. L'ufficio di presidenza della Camera ha approvato il piano proposto dal presidente Gianfranco Fini, che prevede tagli nel triennio per 110 milioni di euro al bilancio interno. Il piano, che sarà illustrato da Fini durante la Cerimonia del Ventaglio, ha avuto il voto favorevole di tutti i componenti ad eccezione di Mimmo Lucà (Pd), che si è astenuto. Lucà ha spiegato ai cronisti il motivo del suo mancato assenso che lo ha portato ad astenersi: "non sono d'accordo sull'ultima norma del piano, quella che prevede una riduzione del trattamento economico per i nuovi assunti. In realtà c'è un blocco del turn over, quindi di nuovi assunti non ce ne saranno. Piuttosto - ha aggiunto - sarebbe stato meglio prevedere che nei rinnovi contrattuali di tutti i dipendenti ci fosse un ancoraggio agli standard retributivi europei", come prevede il primo articolo della manovra approvata la scorsa settimana. Il Piano approvato dall'Ufficio di Presidenza, per diventare effettivo, dovrà essere recepito dal Bilancio interno della Camera, che verrà discusso in aula la prima settimana di agosto.
2011-07-20 19 luglio 2011 ALLARME SOLIDARIETÀ Manovra, "Volontariato internazionale al capolinea" Una mannaia si sta per abbattere sulla cooperazione civile italiana nelle aree internazionali di crisi. La denuncia arriva dall’organizzazione umanitaria per l’emergenza Intersos che, con il presidente Nino Sergi, critica duramente il decreto legge 107 del 12 luglio con cui il Governo ha prorogato e rifinanziato le missioni all’estero. Nello specifico, Sergi denuncia il drastico taglio dei fondi alla cooperazione civile allo sviluppo, alla quale viene assegnato appena l’1,5% degli stanziamenti approvati, mentre il restante 98,5% è destinato alla componente militare delle missioni. In pratica, denuncia Sergi, se il decreto fosse confermato in sede di approvazione parlamentare, si arriverebbe al "dissolvimento degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace di stabilizzazione" delle aree di crisi. A sostegno della protesta, Intersos ricorda l’entità dei tagli apportati al sistema della cooperazione internazionale italiana. Mentre, infatti, tra il 2008 e il 2011 i finanziamenti alle missioni internazionali sono cresciuti del 50%, passando da un miliardo a un miliardo e 500 milioni di euro, i fondi per le iniziative di cooperazione allo sviluppo, previste all’interno delle missioni, sono diminuiti del 45%. Nel dettaglio, nel 2008 i fondi per la cooperazione erano il 9,4% di un miliardo di euro, nel 2009 sono passati al 6,1% di 1,4 miliardi e nel 2010 sono stati ulteriormente ridotti, rappresentando il 4,7% di 1,5 miliardi destinati alle missioni internazionali. Quest’anno la situazione è la seguente: nel primo semestre alla cooperazione è stato destinato il 3,6% di 754 milioni, mentre per la seconda metà dell’anno è previsto l’1,5% di 736 milioni di euro. "Il Governo – spiega Sergi – non si è reso conto che l’eccessiva riduzione dei fondi comporterà, nella realtà, la soppressione di attività già avviate. Ancora più grottesca è la moltiplicazione di strutture per gestire questo "nulla". È confermata infatti una "task force", con il compito di individuare, gestire e coordinare gli interventi, come se non bastasse l’attività dell’Unità tecnica centrale della Direzione generale cooperazione allo sviluppo (Dgcs)". Intersos denuncia anche il "blitz", attuato attraverso la modifica di due commi dell’articolo 3 del decreto 107 del 12 luglio, con cui si sono praticamente "eliminate alcune garanzie per i volontari e cooperanti delle Ong". "Con queste norme – esemplifica Nino Sergi – Ong come "Cuamm-Medici con l’Africa" o "Emergency" e ogni realtà che impiega personale ospedaliero e di altri enti pubblici, si trova senza la possibilità di far valere il diritto all’aspettativa e di provvedere ai versamenti contributivi. Molti progetti rischiano perciò di fermarsi per l’impossibilita di inviare personale". Anche alla luce di queste considerazioni, Sergi invita il Governo a ritirare i due commi e avviare un "tavolo di lavoro per studiare attentamente la questione e trovare, tra Ong e Ministero, la giuste modalità per arrivare allo stesso risultato senza pasticci e superficialità di sorta". Anche il portavoce del Forum del Terzo settore, Andrea Olivero, lancia un appello a "fare marcia indietro, per evitare di smantellare il volontariato internazionale che, in Italia, ha una storia e un tradizione molto radicata e che, nel corso degli anni, ha contribuito non poco, a migliorare l’immagine e il prestigio del nostro Paese all’estero". Per Olivero, questo provvedimento è tanto più grave perché "messo in atto all’insaputa degli organismi che avrebbero dovuto essere coinvolti". Ancora una volta, incalza il portavoce del Forum del Terzo settore, "il Governo ha agito senza ascoltare la voce dei diretti interessati, con un’azione che rischia di mandare all’aria la lunghissima tradizione della cooperazione internazionale, abbandonando a se stessa quella vastissima risorsa che lavora per il nostro Paese e per i Paesi in via di sviluppo, che si chiama volontariato". Paolo Ferrario
2011-07-16 16 luglio 2011 Delusione Ma la politica si auto-tassa appena per 8 milioni Dai presìdi semi-permanenti dietro le transenne in piazza Montecitorio una donna si fa sentire con l’aiuto di un megafono: "Ma come potete chiedere altri sacrifici a noi se non avete toccato di un euro i vostri privilegi?". La protesta, isolata e un po’ velleitaria, racconta di una pubblica opinione sfiduciata, quasi rassegnata. Che affida a una voce gracchiante e isolata la protesta che tutti hanno in mente. La Casta - cosiddetta - riesce a racimolare solo milioni (otto, per la precisione) in una manovra che taglia in miliardi (80 in tutto spalmati nei quattro anni). Dopo i roboanti proclami inziali il tutto suona come una presa in giro, peggio, una sorta di ricatto da parte di una classe politica - la "prima classe" del Titanic, per dirla con Tremonti - che, essendo chiamata a salvare il Paese con misure senza precedenti, si presta alla causa solo a prezzo di salvare sé stessa. Voli di Stato riservati solo alle cinque alte cariche: resta questa la misura più significativa fatta salva in manovra peraltro con eccezioni e scappatoie ancora possibili per singoli casi. Poi: auto blu di cilindrata non superiore ai 1600 cc, con l’eccezione ancora una volta delle alte cariche. Taglio del 20 per cento al Cnel e ad altre autorità inidipendenti. Rimborsi elettorali solo se la legislatura arriva alla conclusione naturale. Misura che, in questa congiuntura traballante, ha tanto l’aria di una polizza assicurativa inventata dalla maggioranza per "disincentivare" qualche partito (la Lega, ipotizzano i maligni) dall’idea di staccare la spina. Nussuna traccia per il resto della promessa sforbiciata all’indennità dei parlamentari e alla loro velocissima previdenza e della riduzione stessa del loro numero. Trattasi in quest’ultimo caso di una modifica costituzionale, ma vista la convergenza praticamente dell’intero arco parlamentare sull’obiettivo, forse era l’occasione per iniziare a passare dalle parole ai fatti. Ma altri banchi di prova non mancheranno. Con il testo che la Lega ha predisposto, a firma Roberto Calderoli, che punta a costituire il Senato federale e a dimezzare il numero dei parlamentari. E con la proposta del Pd calendarizzata per settembre che ne riduce il numero a 600 dai 945 attuali: 400 deputati e 200 senatori. L’ultimo capolavoro, concepito nottetempo, è stato quello di parametrare la retribuzione non più alla media europea, ma alla media dei "sei principali stati dell’area euro", ossia i più ricchi, quelli di cui fatichiamo a tenere il passo. Quanto alla riduzione dei rimborsi elettorali, nella misura non drammatica del 10 per cento, ne è stata disposto lo slittamento alla prossima legislatura. Uteriori privilegi sono stati invece inseriti sotto forma di mancata sanzione. Quella massima per "manifesto selvaggio" tocca la ragguardevole cifra di 13mila euro, con la responsabilità in solido introdotta per il soggetto pubblicizzato. Ma - guarda caso - la stretta non riguarderà i manifesti politici che di queste violazioni sono la parte più consistente e a volte sfacciata. "Noi non possiamo non dare l’esempio, chiedere sacrifici alla gente non facendo nulla noi", sprona adesso il leghista Giancarlo Giorgetti. Parole che potrebbero essere bollate come lacrime di coccodrillo, se non fosse che altre occasioni ci saranno, anche a breve, per fare sul serio, per "tempestivamente e rapidamente affiancarsi" ai sacrifici che la gente comune dovrà affrontare, auspica il presidente della Commisione Bilancio della Camera a nome del Carroccio. Fra gli strumenti per intervenire ci sono anche i regolamenti interni dei due rami del Parlamento. Gruppi di lavoro dei singoli partiti promettono proposte molto forti a breve, in particolare per Montecitorio - la voce più pesante - che vede i suoi costi di gestione lievitare ben oltre il miliardo annuo, con prospettiva di ulteriore aumento, senza interventi correttivi, per gli anni a venire. "Abbiamo proposte precise sui costi della politica e rifiutiamo l’antipolitica", dice, per il Pd, il segretario Pierluigi Bersani. Ma un’altra occasione è andata perduta. Angelo Picariello
2011-07-15 15 luglio 2011 IL PIANO ANTI-CRISI Approvata la manovra Berlusconi: Italia più forte Dopo aver espresso il voto di fiducia al governo, la Camera ha approvato definitivamente la manovra economica: 314 i voti a favore, 280 i contrari e due gli astenuti. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha subito promulgato il decreto legge. "L'Italia deve esser grata alle Camere - ha commentato Napolitano - È una prova di coesione e si tratta di un risultato impensabile senza il deciso concorso dell'opposizione". Il Quirinale ha quindi auspicato un confronto tra gli schieramenti su come fermare la morsa del debito. "Ora l'Italia è più forte" ha commentato Berlusconi, che ha però sottolineato che nonostante l'approvazione della manovra economica "restano delle incognite" dovute alla crisi così come "i problemi ereditati dal passato e che impediscono alla nostra economia un andamento in linea con gli altri Paesi europei". Il premier ha poi risposto a chi aveva sottolineato la sua assenza dal dibattito politico di questi giorni: "Non sono stato affatto assente o latitante. Mi vogliono dipingere così, ma io invece in questi giorni ho studiato tutte le carte, ho lavorato per il bene degli italiani: mi piacerebbe tanto dare loro quello che ho promesso, un alleggerimento della pressione fiscale, ma il momento è difficile e adesso non è possibile". Dopo il voto il premier ha voluto sottolineare ancora il senso del suo atteggiamento: "Mi si attribuisce un silenzio inspiegabile in questi giorni. È molto chiaro invece che le cose recentemente accadute che mi hanno riguardato da vicino sono tali che se dicessi quello che penso davvero non coinciderebbe con gli interessi del Paese in questo momento di attacchi internazionali. Il mio senso di responsabilità mi ha quindi impedito di dichiarare quello che penso".
15 luglio 2011 TUTTE LE NOVITA' Pensioni tartassate: età innalzata e aumenti bloccati
È il settore più rivoluzionato dalla manovra: a conferma che, quando serve, la previdenza rimane uno dei serbatoi più 'gettonati' a cui attingere. Con il decreto si ottengono, in un colpo solo, i seguenti effetti: viene frenata o azzerata la rivalutazione annua delle pensioni medio-alte, si introduce un taglio almeno del 5% per quelle sopra i 90mila euro annui, si anticipa l’innalzamento dell’età di ritiro che farà lasciare a tutti il lavoro più tardi, si obbligano i pensionandi con 40 anni di contributi ad andarsene un mese dopo e si stabilisce dal 2020 l’aumento dell’età di pensione anche per le donne che lavorano nel privato.
Un ricco carnet , dunque. La misura che ha provocato più polemiche (oggi protesterà lo Spi-Cgil) è quella sulle indicizzazioni che ogni anno, il 1° gennaio, fanno salire un po’ l’importo degli assegni (per il 2012, a esempio, a oggi è prevedibile che la percentuale di adeguamento sarà di circa il 2%). Questa percentuale nel biennio 2012/13 resterà ora applicata al 100% per le pensioni più basse, fino a 1.428 euro mensili lordi; nell’ultima versione calerà invece dal 90 al 70% (in un primo tempo si era ipotizzato il 45%) per quelle fino a 5 volte gli assegni minimi, ovvero dai 1.428 fino a 2.380 euro. Ma attenzione, l’aumento ridotto varrà solo per la fascia di pensione sopra i 1.428 euro: in pratica, la perdita sarà al massimo di 6 euro. Resta confermato l’azzeramento degli aumenti annui per quelle sopra i 2.340 euro lordi al mese, sempre nella parte eccedente tale soglia.
Ben più netto è invece il taglio per chi percepisce lauti assegni previdenziali: da agosto e fino a tutto il 2014, i livelli sopra i 90mila euro lordi l’anno saranno tagliati del 5%, quelli sopra i 150mila del 10%. Un’altra sorpresa finale in negativo riguarda l’anticipo della norma approvata nel 2010 (e presentata allora da Tremonti come "la vera riforma delle pensioni") che fa salire in automatico per tutti l’età di pensione in rapporto all’allungamento delle aspettative di vita. Per i trattamenti di vecchiaia e per l’assegno sociale l’età dovrebbe salire di 3 mesi dal 1° gennaio 2013 (doveva scattare dal 2015). Per i successivi interventi triennali, dal 2016 al 2030, la stima è di successivi innalzamenti di 4 mesi, che si ridurranno a 3 mesi dal 2030.
A conti fatti nel 2050, rispetto a oggi, si dovrebbe andare in pensione 3 anni e 10 mesi più tardi. Un’altra novità introdotta nelle battute finali si rivela spiacevole per i lavoratori con 40 anni di contributi, che vengono 'toccati' per la prima volta: per il 2011 in corso non cambia nulla, ma da gennaio 2012 dovranno comunque aspettare un mese in più per lasciare il lavoro; poi quest’attesa si prolungherà a 2 mesi dal 2013 e a 3 per chi matura i 40 anni nel 2014.
Le donne, infine: è confermata la partenza nel 2020 dell’aumento, dagli attuali 60 anni, dell’età per la pensione di vecchiaia delle donne nel settore privato (il processo è già in corso nel pubblico impiego). Il meccanismo è graduale e si arriva a 65 anni nel 2032. Eugenio Fatigante
15 luglio 2011 TUTTE LE NOVITA' Agevolazioni falciate, anche per la famiglie Si completa con una "mazzata" finale il menù della manovra-sprint rafforzata, dopo l’annuncio di Tremonti l’altroieri, fino alla cifra-monstre di 70 miliardi e oltre. La novità finale è anche una di quelle dal maggior impatto: il taglio alle agevolazioni fiscali che scatterà dal 2013 (la cosiddetta "clausola di salvaguardia" che sarà attivata nel caso in cui non fosse realizzata per tempo la delega per la riforma di Fisco e assistenza) sarà indistinto. Cioè riguarderà tutti i circa 480 regimi di favore oggi esistenti, a partire dai figli e familiari a carico, dalle spese per la sanità, dallo sgravio del 36% per i lavori edilizi e da quello del 55% per il risparmio energetico, dai costi per gli asili a quelli per i mutui e gli studenti universitari, fino alla detrazione sui redditi da lavoro dipendente e da pensione. A subire una sforbiciata saranno così pure le agevolazioni a favore del Terzo settore, delle Onlus e quelle in materia di Iva e di accise. Si tratta di una novità che conferma come questa manovra, cresciuta in modo abnorme con il passare dei giorni (e con l’aggravarsi dell’immagine dell’Italia sui mercati finanziari) finisca, al di là dei proclami del governo, col mettere pesantemente le mani nelle tasche dei cittadini.
Per tutte queste voci il taglio sarà lineare, cioè uguale, e pari al 5% nel 2013 e al 20% a partire dal 2014. E dovrà garantire un recupero, da destinare alla riduzione del deficit, di 4 miliardi di euro nel primo anno e di 20 miliardi nel secondo. Anche se la Cgil contesta queste cifre e, sostenendo che in realtà l’insieme dei vari regimi agevolativi oggi in vigore "vale" 161 miliardi, il loro taglio del 5 e del 20% farebbe risparmiare allo Stato rispettivamente 8 e 32 miliardi, quindi ben oltre i 20 previsti dal governo. L’unica possibilità concessa dalla norma, ha spiegato il relatore al Senato, Pichetto Fratin, è che "con successivi decreti il governo potrà decidere di escludere alcune categorie". Quindi, a esempio, potrebbe tener fuori gli sgravi per i familiari. Ma allo stato è solo un auspicio. La novità del testo finale, rispetto alla prima versione, è anche il rafforzamento dell’eventuale taglio: nella bozza il taglio lineare sarebbe dovuto scattare solo nel caso in cui entro settembre 2013 il governo in carica non avesse completato la riforma prevista dalla legge delega; ora invece anche la riforma dovrà comunque garantire quegli stessi importi (4 più 20 miliardi). Questo spiega anche il lievitare dell’intervento, rafforzato dall’azione del Senato: ora il decreto riduce il deficit di 47,97 miliardi di euro nel 2014, dai circa 40 miliardi del testo uscito da Palazzo Chigi. E le maggiori entrate assicurano il 60% dell’intera correzione. Nel dettaglio, l’intervento è poi da 2,10 miliardi sul 2011, da 5,58 sul 2012 e da 24,40 miliardi sul 2013. Altre novità decise nel corso dell’ultima nottata in commissione Bilancio, a Palazzo Madama, riguardano la revisione del Patto di stabilità con gli enti locali (sul quale si era rischiato l’empasse) e gli ammortamenti. Per questi, dopo le critiche di Confindustria è saltato anche il tetto al 2% (all’inizio doveva essere l’1%) per tutti i concessionari. In compenso arriva un aumento dello 0,30% dell’Irap (dal 3,90 al 4,20%) per i concessionari non autostradali, mentre per quelli di autostrade e trafori scende dal 5 all’1% la deducibilità del fondo spese di ripristino. Per gli enti locali, infine, è saltato il parametro di virtuosità sul rapporto fra la spesa per investimenti, finanziata con risorse proprie, e la spesa corrente. Eugenio Fatigante
15 luglio 2011 TUTTE LE NOVITA' Agevolazioni falciate, anche per la famiglie Si completa con una "mazzata" finale il menù della manovra-sprint rafforzata, dopo l’annuncio di Tremonti l’altroieri, fino alla cifra-monstre di 70 miliardi e oltre. La novità finale è anche una di quelle dal maggior impatto: il taglio alle agevolazioni fiscali che scatterà dal 2013 (la cosiddetta "clausola di salvaguardia" che sarà attivata nel caso in cui non fosse realizzata per tempo la delega per la riforma di Fisco e assistenza) sarà indistinto. Cioè riguarderà tutti i circa 480 regimi di favore oggi esistenti, a partire dai figli e familiari a carico, dalle spese per la sanità, dallo sgravio del 36% per i lavori edilizi e da quello del 55% per il risparmio energetico, dai costi per gli asili a quelli per i mutui e gli studenti universitari, fino alla detrazione sui redditi da lavoro dipendente e da pensione. A subire una sforbiciata saranno così pure le agevolazioni a favore del Terzo settore, delle Onlus e quelle in materia di Iva e di accise. Si tratta di una novità che conferma come questa manovra, cresciuta in modo abnorme con il passare dei giorni (e con l’aggravarsi dell’immagine dell’Italia sui mercati finanziari) finisca, al di là dei proclami del governo, col mettere pesantemente le mani nelle tasche dei cittadini.
Per tutte queste voci il taglio sarà lineare, cioè uguale, e pari al 5% nel 2013 e al 20% a partire dal 2014. E dovrà garantire un recupero, da destinare alla riduzione del deficit, di 4 miliardi di euro nel primo anno e di 20 miliardi nel secondo. Anche se la Cgil contesta queste cifre e, sostenendo che in realtà l’insieme dei vari regimi agevolativi oggi in vigore "vale" 161 miliardi, il loro taglio del 5 e del 20% farebbe risparmiare allo Stato rispettivamente 8 e 32 miliardi, quindi ben oltre i 20 previsti dal governo. L’unica possibilità concessa dalla norma, ha spiegato il relatore al Senato, Pichetto Fratin, è che "con successivi decreti il governo potrà decidere di escludere alcune categorie". Quindi, a esempio, potrebbe tener fuori gli sgravi per i familiari. Ma allo stato è solo un auspicio. La novità del testo finale, rispetto alla prima versione, è anche il rafforzamento dell’eventuale taglio: nella bozza il taglio lineare sarebbe dovuto scattare solo nel caso in cui entro settembre 2013 il governo in carica non avesse completato la riforma prevista dalla legge delega; ora invece anche la riforma dovrà comunque garantire quegli stessi importi (4 più 20 miliardi). Questo spiega anche il lievitare dell’intervento, rafforzato dall’azione del Senato: ora il decreto riduce il deficit di 47,97 miliardi di euro nel 2014, dai circa 40 miliardi del testo uscito da Palazzo Chigi. E le maggiori entrate assicurano il 60% dell’intera correzione. Nel dettaglio, l’intervento è poi da 2,10 miliardi sul 2011, da 5,58 sul 2012 e da 24,40 miliardi sul 2013. Altre novità decise nel corso dell’ultima nottata in commissione Bilancio, a Palazzo Madama, riguardano la revisione del Patto di stabilità con gli enti locali (sul quale si era rischiato l’empasse) e gli ammortamenti. Per questi, dopo le critiche di Confindustria è saltato anche il tetto al 2% (all’inizio doveva essere l’1%) per tutti i concessionari. In compenso arriva un aumento dello 0,30% dell’Irap (dal 3,90 al 4,20%) per i concessionari non autostradali, mentre per quelli di autostrade e trafori scende dal 5 all’1% la deducibilità del fondo spese di ripristino. Per gli enti locali, infine, è saltato il parametro di virtuosità sul rapporto fra la spesa per investimenti, finanziata con risorse proprie, e la spesa corrente. Eugenio Fatigante
15 luglio 2011 TUTTE LE NOVITA' Ticket subito, esenti over 65 e bimbi Dal superbollo alla visita fiscale
Sui ticket si gioca d’anticipo e si parte già da lunedì. La tassa per le visite ambulatoriali ed il pronto soccorso, infatti, sarà tra pochi giorni una realtà; una medicina amara per gli italiani, ma non per le casse dello Stato che risparmierà da subito 381 milioni di euro. Il testo iniziale della manovra metteva sul piatto 486 milioni di risorse destinate alla conferma per il 2011 dell’esenzione da questi ticket (dal 2014 scatteranno anche quello per i farmaci e per i ricoveri), una cifra che ora invece è scesa a 105. Uno degli otto emendamenti presentati dal relatore alla manovra 2012-2013, così, fa scattare ex nunc la misura che la prima versione della legge anti- deficit aveva previsto per il 1° gennaio 2012. Insomma, gli italiani dovranno pagare 10 euro per la diagnostica e la specialistica e 25 per gli interventi di pronto soccorso classificati col codice bianco. Ma anche qui ci saranno dei distinguo: resta in vigore difatti la gratuità delle visite per gli over 65 e per i bambini fino a 14 anni. "Nella manovra sono stati introdotti i ticket del 2007, ma restano le categorie deboli esenti" si è affrettato a precisare ieri il ministro della Salute Ferruccio Fazio. Dunque, la novità non sarà erga omnes. "Dobbiamo arrivare ad un sistema sanitario in cui le patologie siano curate con continuità assistenziale – ha aggiunto – evitando che il paziente entri ed esca dall’ospedale, facendo in modo che sia seguito sempre". In realtà, entrambi i ticket erano già presenti nella Finanziaria Prodi, ma di fatto le Regioni nella maggioranza dei casi hanno trovato coperture alternative, non applicando quindi il balzello ai cittadini. A parte la Basilicata, l’unica che non l’ha mai avuto, le altre amministrazioni hanno utilizzato per lo più le risorse statali (quasi un miliardo di euro l’anno). Secondo i dati Agenas (agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), in realtà, per le prestazioni specialistiche le regioni chiedono già un contributo al malato fino ad un massimo di 36,15 euro (più alto in Calabria, Sardegna e Campania), prevedendo poi ognuna una serie di esenzioni. Il ticket sul pronto soccorso, invece, veniva in alcune Regioni applicato già da prima della Finanziaria 2007 e oggi esiste ovunque, tranne che in Basilicata. L’Agenas stima che su 30 milioni di accessi annui al reparto emergenza, circa 7 milioni e mezzo richiedono prestazioni classificate col codice bianco, il più leggero. Il rischio adesso è che, però, questi ticket aumentino ancora. Nella provincia autonoma di Bolzano e in Campania la quota fissa, infatti, è già il doppio: 50 euro. Alessia Guerrieri IL BOLLO TITOLI RESTA A 34,2 EURO PER GLI IMPORTI SOTTO I 50 MILA Non sarà una stangata ma dalla rimodulazione dell’imposta di bollo sul dossier titoli lo Stato conta comunque di avere un recupero di gettito annuo di circa 897 milioni di euro per il primo biennio e di circa 2.525 milioni dal 2013 in poi. Sono stati risparmiati i piccoli risparmiatori, i vecchi "Bot people" che generalmente hanno meno di 10mila euro nei loro depositi e che temevano di dover mettere i soldi sotto il materasso per non cadere nel paradosso di dover pagare in tasse più di quanto rendono i titoli in portafoglio. In base agli ultimi emendamenti infatti per tutti i conto titoli con una giacenza inferiore ai 50mila euro non cambierà nulla, l’imposta rimarrà di 34,2 euro l’anno e il piccolo "capital gain" dei risparmiatori dovrebbe restare pressochè intatto. Secondo i dati Gfk Eurisko si tratta complessivamente di circa 1,7 milioni di famiglie. I conti invece li dovrà fare chi ha dai 50mila euro in su ma nessun timore di accanimento o sacrifici in fumo. La manovra prevede quattro scaglioni, fatto salvo quello sotto i 50mila euro; c’è quello tra 50.000 e 150.000 su cui a regime (dal 2013) graverà un bollo di 230 euro; tra 150.000 a 500.000 euro si dovrà pagare 780 euro e per depositi superiori ai 500.000 euro il superbollo arriverà a 1.100 euro. BABY IMPRENDITORI UNDER 35 TASSATI AL 5% PER CINQUE ANNI Se hai meno di 35 anni e fiuto imprenditoriale per aprire un’impresa, paghi il 5% di tasse a forfait per cinque anni. La norma inserita nella manovra finanziaria, fortemente voluta dal ministro della Gioventù Giorgia Meloni, va a modificare in parte il regime fiscale agevolato già previsto nel nostro Paese per i giovani intraprendenti dalla Finanziaria 2008. Quello appena varato dal governo è "il regime fiscale più conveniente d’Europa", riservato a ragazzi sotto i 35 anni anni. Il capo del dicastero ha definito così la novità di una imposta sostitutiva ridotta al 5% per il primo quinquennio di attività, e anche oltre, fino al raggiungimento comunque dei 35 anni anni. Un incentivo orientato alla crescita che porterà le giovani generazioni a puntare sulla propria capacità creativa. L’attuale regime per baby manager applicato in Italia risale ad una manovra del governo Prodi e prevede per piccoli imprenditori (minori di 30 anni) o lavoratori in mobilità che iniziavano un’attività una tassazione forfettaria al 20% per tre anni, a patto che abbiano un fatturato inferiore ai 30.000 euro l’anno. Come la nuova norma si articolerà nel dettaglio non è ancora chiaro, per questo bisognerà attendere un decreto attuativo che ne specifichi le caratteristiche e gli ambiti di applicabilità. Non è ancora stato fissato neppure un tetto di spesa per finanziare questa misura che va, comunque, ad aggiungersi a tutte le altre agevolazioni già presenti nel nostro ordinamento a favore dell’imprenditoria giovanile. STIPENDI SOLO EUROPEI PER I NOSTRI PARLAMENTARI Gli stipendi dei titolari di cariche elettive – come parlamentari o amministratori locali, o di vertice – non potranno superare la media "ponderata rispetto al Pil" degli analoghi trattamenti economici previsti negli altri sei principali Stati dell’area euro. La norma si applica tuttavia dalle prossime elezioni o nomine e, per quel che riguarda le Camere, nel rispetto della loro autonomia costituzionalmente garantita. L’articolo 6 della manovra introduce dalla prossima legislatura un taglio del 10% al finanziamento dei partiti politici che, cumulato agli analoghi interventi già decisi negli anni scorsi, porta a una "riduzione complessiva del 30%". Gli aerei blu saranno presto limitati solo alle 5 massime cariche dello Stato: presidente della Repubblica, presidenti di Camera e Senato, presidente del Consiglio, presidente della Corte costituzionale. Sono ammissibili eccezioni ma solo se "specificamente autorizzate". Previsti inoltre limiti alle auto blu, che non potranno superare i 1600 centimetri cubici di cilindrata, con l’eccezione delle auto in dotazione al Capo dello Stato, ai presidenti del Senato, della Camera e della Corte Costituzionale, al presidente del Consiglio e "le auto blindate adibite ai servizi istituzionali di pubblica sicurezza". Le auto blu attualmente in servizio che non rispettano i parametri potranno essere utilizzate solo fino alla loro dismissione o rottamazione. COLLOCAMENTO: RIFORMA PER LIBERALIZZARLO Il collocamento al lavoro sarà riformato. Lo potranno fare anche enti come le scuole, i patronati, le università, i Comuni. Si tratta di un ampliamento delle opportunità di accesso al mercato del lavoro per i giovani che si trovano alla conclusione del loro percorso di studi secondario e che non hanno ancora le capacità per orientarsi nella ricerca di un’occupazione. AUTOMOBILI: SUPERBOLLO SOPRA I 301 CAVALLI Arriva il superbollo, che si applicherà dal 2011. È prevista un’addizionale di 10 euro per ogni chilowatt superiore a 225. Chi non la paga incorre in una sanzione pari al 30% del dovuto. Le modalità e i termini dell’addizionale saranno stabiliti con un provvedimento del ministero dell’Economia, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della manovra. VISITA FISCALE: PER GLI STATALI DAL PRIMO GIORNO Per i dipendenti statali la visita fiscale sarà obbligatoria per le malattie il giorno precedente o successivo una festività. Sempre per il pubblico impiego, il blocco degli stipendi sarà prorogato al 31 dicembre 2014. Il blocco parziale del turnover sarà prorogato di un anno, ad esclusione di polizia, vigili del fuoco e agenzie fiscali. Previste anche limitazioni nell’uso delle auto di servizio. COMMERCIO: NEGOZI APERTI IN CITTA' La manovra prevede la liberalizzazione degli orari e delle aperture dei negozi, delle aperture domenicali e della mezza chiusura infrasettimanale per i Comuni a vocazione turistica e città d’arte. Ma la norma non piace a Confesercenti, che ne chiede lo stralcio. "È ininfluente per i comuni turistici e per le città d’arte, ed è portatrice di un danno grave per migliaia di esercizi commerciali". STOCK OPTION: CAMBIA ADDIZIONALE DEL 10% Con la manovra l’addizionale al 10% sulla remunerazione variabile dei manager - bonus e stock option - si applica alla quota che eccede la parte fissa della retribuzione. Lo scorso anno l’addizionale si faceva scattare sulla quota superiore al triplo della parte fissa. Il maggior gettito ammonterà a 5,4 milioni nel 2011 e a 21,6 milioni nel 2012 e per gli anni successivi. AMMORTAMENTI: SI ALLENTA LA STRETTA SUI LIMITI La manovra ha eliminato l’ammortamento al 2% per le società diverse da quelle autostradali e dei trafori. Introdotto, invece, un aumento dello 0,30% dell’Irap (dal 3,9% al 4,2%) per i concessionari non autostradali, mentre per i concessionari autostradali e i trafori scende dal 5 all’1% la deducibilità del fondo per le spese di ripristino.
15 luglio 2011 GENOVA Il card. Bagnasco: necessario difendere il lavoro e la famiglia La famiglia "deve poter essere difesa e tutelata perchè è la base della società civile". Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, a Genova in occasione della presentazione di un protocollo d'intesa tra ospedale pediatrico Gaslini e Polizia di Stato. Per poter difendere la famiglia, ha aggiunto il porporato, "è necessario difendere il lavoro perchè se non c'è lavoro o se questo è precario è impossibile formarsi una famiglia. Penso in questo senso ai giovani".
15 luglio 2011 RICERCA L'Istat: al Sud è povera una famiglia numerosa su 2 Una famiglia numerosa su due nel Sud Italia è povera. È quanto emerge dal rapporto dell'Istat, secondo il quale la povertà risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2009, sia quella relativa che assoluta, ma per alcune fasce della popolazione le condizioni sono peggiorate. Infatti l'Istat rileva che la povertà relativa aumenta tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9% al 29,9%), tra quelle con membri aggregati, ad esempio quelle dove c'è un anziano che vive con la famiglia del figlio (dal 18,2% al 23%), e di monogenitori (dall'11,8% al 14,1%). E la condizione delle famiglie con membri aggregati peggiora anche rispetto alla povertà assoluta (dal 6,6% al 10,4%). In particolare, fa notare l'Istituto, nel Mezzogiorno l'incidenza di povertà relativa cresce dal 36,7% del 2009 al 47,3% del 2010 tra le famiglie con tre o più figli minori. Quindi, quasi la metà di questi nuclei vive in povertà relativa. La povertà relativa aumenta tra le famiglie con persona di riferimento lavoratore autonomo (dal 6,2% al 7,8%) o con un titolo di studio medio-alto (dal 4,8% al 5,6%), a seguito del peggioramento osservato nel Mezzogiorno (dal 14,3% al 19,2% e dal 10,7% al 13,9% rispettivamente), dove l'aumento più marcato si rileva per i lavoratori in proprio (dal 18,8% al 23,6%). Tra le famiglie con persona di riferimento diplomata o laureata aumenta anche la povertà assoluta (dall'1,7% al 2,1%). E ancora, spiega l'Istat, peggiora la condizione delle famiglie di ritirati dal lavoro in cui almeno un componente non ha mai lavorato e non cerca lavoro, si tratta essenzialmente di coppie di anziani con un solo reddito da pensione, la cui quota aumenta dal 13,7% al 17,1% per la povertà relativa e dal 3,7% al 6,2% per quella assoluta. I TERMINI ASSOLUTI Nel 2010, in Italia, 1 milione e 156 mila famiglie (il 4,6% delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 3 milioni e 129 mila persone (il 5,2% dell'intera popolazione). L'incidenza della povertà assoluta, spiega l'Istat, viene calcolata sulla base di una soglia di povertà corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile.
2011-07-14 14 luglio 2011 IL CAMMINO Manovra, sì del Senato Tremonti: debito è un mostro "La manovra contiene 16 nuove azioni per la crescita: dal credito per la ricerca ai contratti per la produttività, da processo civile, al turismo". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, intervenendo al Senato prima del voto di fiducia al decreto del governo, che si pone come obiettivo finale il pareggio di bilancio nel 2014. "Senza il pareggio il mostro del debito che viene dal passato divorerebbe il nostro futuro" ha ammonito Tremonti che poi, rivolgendosi all'aula, ha aggiunto: "Oggi in Europa c'è l'appuntamento con il destino: la salvezza non arriva dalla finanza ma dalla politica. Ma la politica non può fare errori" anche perché "è come sul Titanic: non si salvano neanche i passeggeri in prima classe". Secondo il ministro "È necessario introdurre in Costituzione la regola d'oro del pareggio di bilancio". Il decreto, come previsto, è stato poi approvato: i sì sono stati 161, i no 135, 3 astenuti. Il provvedimento passa ora alla Camera che dovrebbe licenziarlo, con nuovo voto di fiducia, domani in serata. TICKET SUBITO E TAGLI ALLE PENSIONI D'ORO Ha preso forma solo ieri a tarda sera la manovra riscritta dal governo, per garantirne l’approvazione-lampo (entro oggi in Senato, con "maxi-emendamento" del governo e voto di fiducia). Le ulteriori novità sono grosse: partono già lunedì prossimo i ticket sanitari, arriva il "contributo di solidarietà" triennale del 5 o 10% per le pensioni più ricche (sopra 90mila euro lordi l’anno) mentre le rivalutazioni restano limitate ma al 70% (non più il 45%) per gli assegni che superano di 3 volte (cioè 1.428 euro lordi al mese) il minimo Inps, è confermato l’anticipo al 2013 del taglio alle agevolazioni fiscali se non sarà chiusa entro settembre la legge delega di riforma, è riscritta la stangata sul bollo per chi ha Bot e azioni in banca, comincerà già quest’anno l’azione per far associare sul piano amministrativo i piccoli Comuni e ripartono, infine, le privatizzazioni (ma con un avvio al ralenty, entro fine 2013). Resta invece "non pervenuto", al momento, il rafforzamento del capitolo sui tagli ai costi della politica. È stata una giornata a dir poco febbrile quella che ha partorito il nuovo volto della manovra. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, è giunto di persona a Palazzo Madama poco dopo le 18 per sciogliere gli ultimi nodi, assieme al presidente Schifani. Alla fine si sono materializzati 8 emendamenti del relatore Pichetto Fratin. Dei quali, però, solo la metà (su pensioni, depositi titoli, enti locali "virtuosi" e ammortamenti) sono concordati fra maggioranza e opposizioni. Ticket subito. Il loro ritorno era atteso dal 2012. Non sarà più così. I 486,5 milioni che dovevano garantirne ancora la soppressione fino a fine 2011 sono ridotti a 105 (risparmiandone così 380) e, quindi, già dalla prossima settimana saranno applicati il contributo di 10 euro sull’assistenza specialistica negli ambulatori e quello di 25 euro sui "codici bianchi" (i casi più lievi) nei pronto soccorsi. Bollo titoli, stangata ammorbidita, Innanzitutto resterà di 34,20 euro (l’attuale importo) per i depositi fino a 50mila euro; salirà poi da subito a 70 euro per chi ha tra 50 e 150mila euro; a 240 da 150mila a 500mila euro, e arriverà a 680 euro per chi detiene titoli pubblici o azioni per più di mezzo milione. Poi, dal 2013 ci saranno nuovi aumenti: tra 50mila e 150mila si pagheranno 230 euro; tra 150mila e 500mila 780 euro, e ben 1.100 euro per i maxi-depositi oltre i 500mila euro. La relazione spiega che la norma farà recuperare un gettito di 897 milioni per i primi 2 anni e 2,52 miliardi dal 2013. Agevolazioni. Via al loro taglio: sarà tra il 5 e 20%, ma non partirà se entro settembre 2013 il governo farà la riforma fiscale. Nel 2013 attesi circa 4 miliardi. Pensioni. Prima le rivalutazioni: sale dal 45% al 70% rispetto al testo originario (ma sempre meno dell’attuale 90%) l’indice di aumento per le pensioni medie, quelle che superano di 3 volte il minimo; ed è confermato l’azzeramento degli aumenti per quelle pari a 5 volte (2.340 euro) il minimo. Poi i nuovi tagli: la modifica dispone che dal 1° agosto al 31 dicembre 2014 gli assegni saranno tagliati del 5% nella sola parte che eccede i 90mila euro annui (all’importo concorrono però anche eventuali pensioni integrative) e del 10% per la parte eccedente i 150mila euro. La norma dovrebbe colpire in tutto un importo di 800 milioni. L’aggancio dell’età pensionabile alle aspettative di vita scatterà dal 2013 e sarà di 3 mesi. Infine, una novità anche per i lavoratori che matureranno i requisiti per la pensione di anzianità nel 2012: dovranno posticipare di un mese la loro uscita. Ammortamenti. La quota deducibile non può superare il 2% del valore dei beni in concessione. Ma per i concessionari di autostrade e trafori la percentuale scende dal 5 all’1%. Stock option. L’aliquota del 10% si applica solo al loro importo che eccede la parte fissa dello stipendio.
13 luglio 2011 LE MISURE ECONOMICHE Tremonti: manovra rafforzata Draghi: senza tagli altre tasse "ll decreto per il pareggio di bilancio sarà rafforzato su tutto il quadriennio e approvato entro venerdì". Lo ha annunciato il ministro dell'economia Giulio Tremonti all'assemblea dell'Abi. Più tardi la conferma: il testo sarà votato in via definitiva alla Camera venerdì alle 19. Tremonti ha aggiunto che la manovra "sarà accompagnata da chi si prende la responsabilità di averla presentata", smentendo indirettamente le voci di sue dimissioni. Il ministro ha poi ammonito: "Tutto quello che ha causato la crisi è ancora presente, niente di quello che doveva essere fatto è stato fatto". E ha aggiunto che tutto ciò che ha caratterizzato la crisi "è ancora tra di noi ed è anche peggio". Per uscire dal tunnel bisognerà anche "accelerare le privatizzazioni". Per questo il decreto sulla manovra conterrà una spinta in questa direzione. "Entro sei mesi il campo delle attività, se non prevedi niente di diverso, è libero. È una norma europea - ha spiegato il ministro all'assemblea dell'Abi - scritta in inglese che noi abbiamo tradotto e che - ha concluso il Ministro - ho come l'impressione che entrerà nel decreto". Dopo Tremonti è intervenuto Mario Draghi, che ha sottolineato l'urgenza della manovra. "Occorre definire in tempi rapidissimi il contenuto delle misure ulteriori volte a conseguire il pareggio di bilancio nel 2014: a questo soprattutto guardano i mercati". Il governatore di Bankitalia ha aggiunto che il ricorso alla delega fiscale e assistenziale per completare la manovra nel 2013-14, se non si incide anche su altre voci di spesa, "non potrà evitare un aumento delle imposte". Secondo Draghi, alla correzione degli squilibri di finanza pubblica "si deve accompagnare un innalzamento del potenziale di crescita della nostra economia, mediante la messa in campo tempestiva di politiche strutturali incisive e credibili". AVVOCATI PDL IN RIVOLTA È in corso all'interno del Pdl una raccolta delle firme per protestare contro la manovra da domani al voto del Senato (al momento sarebbero circa un'ottantina). "Fino a quando non verrà tolta la norma che abolisce gli ordini professionali, noi il testo - assicura un avvocato del Pdl - non la voteremo mai dovesse anche cadere Tremonti". In serata però è stato trovato un accordo: "È stata raggiunta l'intesa tra maggioranza e governo sull'emendamento relativo alla liberalizzazione delle professioni" ha detto il ministro per i rapporti con le Regioni Raffaele Fitto, lasciando lo studio del presidente del Senato Renato Schifani dove sono rimasti i ministri Giulio Tremonti e Paolo Romani, insieme al relatore della manovra correttiva Gilberto Picchetto Frattin per gli ultimi ritocchi e per definire il nuovo emendamento sugli ordini professionali, che dovrebbe contenere una distinzione tra gli ordini che sostengono l'esame di Stato e quelli che non lo sostengono. Un'altra norma contro la quale si stanno alzando le barricate tra i berlusconiani è quella che renderebbe incompatibile l'incarico di parlamentare con quello di sindaco o di presidente di provincia. Solo alla camera gli 'interessatì sarebbero 9 presidenti di provincia e 6 sindaci. "E state pur certi - si assicura ancora nel Pdl - che anche quella norma deve saltare se vogliono che votiamo la manovra".
14 giugno 2011 CONSUMI Inflazione record, a giugno al 2,7%, Il tasso d'inflazione annuo a giugno é salito al 2,7%, dal 2,6% di maggio. Lo rileva l'Istat confermando le stime provvisorie che indicano un aumento dei prezzi al consumo su base mensile dello 0,1%. Il tasso tendenziale è il più alto dal novembre 2008, quando l'inflazione si attestò proprio al 2,7%. La principale spinta all'inflazione arriva dai rialzi dei prezzi per i servizi relativi ai trasporti. Impatti significativi a livello congiunturale derivano anche dagli aumenti sui beni alimentari lavorati e sui servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona. A giugno l'Istat rileva diminuzioni congiunturali dei prezzi di tutti i carburanti, anche se su base annua si registrano ancora crescite a doppia cifra sia per la verde che per il diesel. La benzina è aumentata dell'11,9% (+11,0% a maggio) su base annua, mentre è scesa del'1,1% su base mensile. Sempre secondo quanto fa sapere l'Istat, confermando le stime provvisorie, a giugno il prezzo del gasolio per i mezzi di trasporto è salito del 14,0% (15,1% a maggio) ed é, invece, calato del 2% sul piano congiunturale. A giungo, considerando il settore dei beni, i prezzi degli alimentari (incluse le bevande alcoliche) aumentano rispetto a maggio dello 0,1%, evidenziando un'accelerazione del tasso annuo, che sale al 3,0% (dal 2,9% del mese precedente). Si tratta del livello più alto dal marzo del 2009, ovvero da oltre due anni. Anche a giugno il carrello della spesa ha registrato un aumento di prezzi superiore alla media. Per il raggruppamento dei prodotti acquistati con maggiore frequenza (dal cibo ai carburanti) la crescita è stata del 3,5% su base annua, contro un tasso di inflazione al 2,7%. Così l'indice dei prezzi della lista dei beni che rientrano nella spesa quotidiana è rimasto stabile a confronto con maggio, al livello massimo dall'ottobre del 2008. Lo comunica l'Istat, aggiungendo che, però, su base mensile l'indice ha segnato un calo dello 0,1% A giugno si impennano i prezzi dei biglietti per aerei, traghetti e treni. L'Istat, infatti, registra aumenti congiunturali "consistenti" per i prezzi del trasporto aereo passeggeri (+6,9%), che crescono su base annua del 13,8%. Un aumento più marcato si rileva per i prezzi del trasporto marittimo e per vie di acque interne (+10,8%), che segnano una crescita rispetto a giugno 2010 del 52,8% (+62,3% a maggio). Anche i prezzi del trasporto ferroviario passeggeri risultano in aumento rispetto a maggio (+2,0%) e salgono dell'8,4% su base annua. Si segnala, inoltre, il rialzo mensile (+0,3%) dei prezzi delle assicurazioni sui mezzi di trasporto, cresciuti su base tendenziale del 5,3%. Insomma, con il via alle partenze per le vacanze estive scattano i rincari tradizionali della stagione. In particolare, l'Istat segnala l'aumento dello 0,9% su base mensile dei prezzi dei servizi di alloggio (+3,9% su base annua), l'incremento congiunturale dei prezzi dei campeggi (+14,4%) e delle pensioni e simili (+2,0%). Infine, nell'ambito dei ricreativi, si rileva il rialzo su base mensile dei prezzi degli stabilimenti balneari (+3,5%), che crescono del 4,3% su base annua.
Il Cnel: il 29% dei giovani non lavora né studia Anche quest'anno è allarme disoccupazione ed aumentano i giovani che non lavorano, né studiano: sono circa il 28,8% solo nella fascia tra i 25-30 anni. In crescita anche gli "scoraggiati". È quanto emerge dall'analisi contenuta nel Rapporto del Cnel sul "Mercato del lavoro 2010-2011", presentata oggi a Villa Lubin. "L'economia italiana - spiega il Cnel - è troppo debole per imprimere una svolta alla domanda di lavoro: a fronte di una crescita fra lo 0,5 e l'1% del Pil, le unità di lavoro nel 2011 registreranno ancora una flessione e il tasso di disoccupazione potrebbe salire ancora per qualche trimestre". L'uscita dalla crisi "è molto lenta e l'attuale quadro economico dell'Italia non garantisce il recupero dei posti di lavoro persi", sottolinea lo studio che avverte: "il rischio disoccupazione riguarda soprattutto i giovani. Si aggrava infatti il fenomeno dei neet (not in education or training nor in employment), cioè coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro e che non sono impegnati in un processo di formazione". I dati mostrano che "se prima della crisi il tasso di neet si aggirava attorno al 16% tra i più giovani (16-24 anni) e al 24% tra i giovani adulti (25-30 anni), tali percentuali sono rapidamente aumentate, salendo rispettivamente al 18,6 e al 28,8% nel terzo trimestre del 2010". Il Cnel spiega che "la crisi aggrava le probabilità dei giovani di restare nella condizione di neet, così come aumenta in modo preoccupante lo 'scoraggiamentò di chi addirittura rinuncia a cercare lavoro". La recessione ha inoltre inciso sul passaggio dai contratti a termine a quelli a tempo indeterminato: "prima della crisi - secondo lo studio - quasi il 31% dei giovani con contratto temporaneo passavano l'anno successivo ad un lavoro permanente, contro poco più del 22% attuale". Riguardo alla formazione si osserva che sebbene i laureati siano più facilitati se il titolo coincide con la domanda di lavoro, resta ampio e crescente il fenomeno dell'overeducation, dato anche che le minori opportunità professionali aumentano la disponibilità dei laureati ad accettare lavori che richiedono livelli d'istruzione più bassi. SUD IN CRISI I problemi maggiori sono al Sud, dove l'occupazione è in continuo calo: ne consegue un aumento dei trasferimenti nel Centro-Nord. Il Cnel precisa che "contano solo in parte le differenze nei tassi di crescita delle due aree: nel corso della crisi la fragilità del tessuto produttivo meridionale ha anche comportato maggiori perdite occupazionali a parità di flessione del prodotto. Difatti, nel triennio 2008-2010 la variazione cumulata del Pil al centro-Nord non va molto meglio che al Sud (-4,8% e -5,9% rispettivamente nelle due aree), ma la dimensione delle perdite occupazionali nelle due aree è molto diversa: a inizio 2011 rispetto al punto di massimo di inizio 2008, la perdita di occupati al Sud era del 5%, al Nord dell'1.5%". DONNE DEQUALIFICATE Per quanto riguarda l'occupazione femminile, nel 2011 il divario di genere si è ampliato a causa del sottoutilizzo del capitale umano, dato che è aumentata, più di quanto osservato per gli uomini, la quota di occupate con un impiego che richiede una qualifica inferiore a quella posseduta. L'occupazione femminile cresce invece nei servizi ad alta intensità di lavoro e a bassa qualificazione (in seguito anche alle massicce regolarizzazioni che negli ultimi hanno riguardato le donne straniere prevalentemente impiegate nei servizi di cura e assistenza alle famiglie), accentuando la segregazione femminile in questo segmento del mercato del lavoro, mentre è caduta l'occupazione qualificata".
2011-07-09 9 luglio 2011 MILANO Lodo Mondadori, Fininvest dovrà pagare 560 milioni alla Cir La Fininvest dovrà pagare. I giudici della Corte d'Appello di Milano hanno condannato la holding del Biscione a risarcire Cir per la vicenda del Lodo Mondadori per 540 milioni circa di euro alla data della sentenza di primo grado dell'ottobre 2009, più gli interessi e le spese decorsi da quel giorno. La cifra quindi arriverebbe intorno ai 560 milioni di euro. Immediate le reazioni. La Cir ha espresso "soddisfazione", sottolineando come le sia stato riconosciuto il diritto "a un congruo risarcimento" per un "danno, enorme già in origine" e che si è poi "notevolmente incrementato" col passare del tempo. Secondo la Cir la sentenza "riguarda una storia imprenditoriale ed è completamente estraneo all'attualità politica", e "conferma ancora una volta che nel 1991 la Mondadori fu sottratta alla Cir mediante la corruzione del giudice Vittorio Metta, organizzata per conto e nell'interesse di Fininvest". Durissima Marina Berlusconi, figlia del premier e presidente Fininvest: "Neppure un euro è dovuto da parte nostra, siamo di fronte ad un esproprio che non trova alcun fondamento nella realtà dei fatti nè nelle regole del diritto". "È una sentenza che sgomenta e lascia senza parole - ha continuato - La Fininvest, che ha sempre operato nella più assoluta correttezza, viene colpita in modo inaudito, strumentale e totalmente ingiusto". Secondo Marina Berlusconi "è una sentenza che rappresenta l'ennesimo scandaloso episodio di una forsennata aggressione che viene portata avanti da anni contro mio padre, con tutti i mezzi e su tutti i fronti, compreso quello imprenditoriale ed economico". Infine, ha annunciato che "anche di fronte ad un quadro così paradossale e inquietante, non ci lasciamo però intimorire. Già in queste ore i nostri legali cominceranno a studiare il ricorso in Cassazione. Siamo certi di essere assolutamente nel giusto, dobbiamo credere che le nostre ragioni verranno alla fine riconosciute". LA CAUSA La causa non è altro che la conseguenza, in sede civile, di un processo penale finito nel 2007 con le condanne definitive, per corruzione in atti giudiziari, del giudice Vittorio Metta e degli avvocati Cesare Previti, Giovanni Acampora e Attilio Pacifico. La Cassazione aveva confermato che la sentenza del 1991 della Corte d'Appello di Roma sfavorevole a Carlo De Benedetti nello scontro con Silvio Berlusconi per assicurarsi il controllo della casa editrice fu 'comprata' corrompendo il giudice Metta con almeno 400 milioni di lire provenienti dai conti esteri di Fininvest. Il premier venne prosciolto per prescrizione in modo irrevocabile nel novembre 2001. Avviato nell'aprile 2004 il procedimento civile il 3 ottobre 2009 ha visto la sentenza di primo grado che stabiliza che la holding di De Benedetti "ha diritto" al risarcimento da parte di Fininvest "del danno patrimoniale da perdita di 'chance'" per "un giudizio imparziale". Risarcimento che aveva quantificato in 749.995.611,93 euro a cui si aggiungono gli interessi legali, le spese del giudizio e, tra l'altro, due milioni di euro per gli onorari.
9 luglio 2011 BORSA NEL MIRINO Mercati sotto attacco Italia con il fiato sospeso Dopo la batosta subita ieri dalla Borsa il governo è al lavoro per restituire fiducia ai mercati. Ma resta grande la preoccupazione per quanto potrà succedere lunedì alla riapertura delle contrattazioni. "L’unica cosa certa è che è in corso un attacco speculativo contro l’Italia" commentavano venerdì analisti e broker finanziari, dopo una seduta drammatica: Piazza Affari ha chiuso con un crollo dell’indice Ftse Mib del 3,47%, a seguito di vendite concentrate soprattutto sul settore bancario. Al termine delle contrattazioni Consob giudicherà la reazione degli operatori "probabilmente eccessiva", promettendo un monitoraggio serrato su "attività fortemente anomale" in alcuni comparti. La sensazione che il nostro Paese fosse nel mirino degli "squali" della finanza si era percepita sin dalla mattinata a causa delle tensioni, fortissime, registrate sul mercato obbligazionario con il nuovo record per lo spread tra titoli di Stato italiani e quelli tedeschi: il differenziale tra i Btp e i Bund decennali è arrivato a 248 punti base, ai massimi dall’introduzione dell’euro. È stato il segnale che un’ondata di vendite stava abbattendosi sul debito pubblico italiano, preso di mira come ai tempi della lira. Troppi i timori e i dubbi, dal piano di salvataggio della Grecia all’efficacia della manovra triennale italiana per raggiungere il pareggio di bilancio. Peggio di Madrid Ecco il punto d’aggancio tra finanza e politica: a chi opera sui mercati non è sfuggito, negli ultimi giorni, il tira e molla sugli interventi di finanza pubblica e insieme il progressivo deterioramento nei rapporti dentro il governo, con l’indebolimento del ministro dell’Economia Tremonti (al centro peraltro di un caso mediatico-giudiziario che ha coinvolto il suo ex consigliere Marco Milanese). Se il responsabile del Tesoro dovesse uscire di scena, sarebbe difficile scongiurare un altro attacco della speculazione contro l’Italia. Per questo, a mercati aperti, ieri sono arrivate sia le rassicurazioni del presidente del Consiglio Berlusconi, che ha "convocato" a pranzo il titolare di Via XX Settembre sia soprattutto le parole nette del governatore di Bankitalia e prossimo presidente della Bce, Mario Draghi. È servita una nota ufficiale nel primo pomeriggio per garantire il mercato sulla solidità dei conti pubblici italiani e sullo stato patrimoniale delle nostre banche. Nel frattempo, Milano si confermava capofila dei ribassi, facendo peggio di Madrid (-2,58%) e Parigi (-1,67%). Più lontane Londra (-1,06%) e Francoforte (-0,92%) mentre il tasso d’interesse sui Btp decennali saliva fino al 5,37% contro il 2,91% dei Bund a dieci anni. Senza dubbio, ha pesato il rischio contagio che un eventuale default della Grecia potrebbe avere sugli altri Paesi europei gravati da un forte debito pubblico, come il nostro, senza trascurare l’alta esposizione che le banche Usa hanno proprio nei confronti dello Stato italiano: la speculazione ha così deciso di concentrarsi, dopo gli attacchi dei giorni scorsi a Grecia e Portogallo, sull’Italia, penalizzata assai di più della Spagna, fino a poche settimane fa considerata dai mercati più vulnerabile. Dubbi sul risanamento Capitolo a parte, nella giornata di ieri, merita il confronto aperto tra la Consob e le agenzie di rating. Non c’è dubbio che la tempesta finanziaria scatenatasi ieri su Piazza Affari sia stata anche l’esito di una serie di report tutt’altro che benevoli pervenuti sul conto del nostro Paese. Sia Moody’s che Standard & Poor’s non hanno mancato di lanciare allarmi sull’equilibrio delle finanze pubbliche italiane. Ieri è arrivata una parziale rettifica. Secondo Alexander Kockerbeck, analista di Moody’s per il debito sovrano, le misure contenute nella manovra sono "interessanti" e "confermano che l’Italia ha delle opzioni per risparmiare". Resta "un punto interrogativo" sul sì del Parlamento, senza dimenticare che la gestione della crisi in Grecia è un fattore che sta influenzando "in modo importante" il costo del debito pubblico italiano e che "determina le condizioni ambientali in cui il governo cerca di ridurre" lo stesso indebitamento. Come dire: ogni fibrillazione che si consuma ad Atene (chiamata nei prossimi giorni a un tour de force di interventi per rispettare gli impegni presi con Ue, Bce e Fmi) rischia di riflettersi sui Paesi periferici dell’Europa. Ieri a Milano ne hanno fatto le spese soprattutto i titoli delle banche, penalizzate anche da alcuni rumors sull’esito degli stress test. A pagare più di tutti è stata Unicredit (-7,85%) con indiscrezioni su possibili aumenti di capitale sin qui smentiti da Piazza Cordusio.
9 luglio 2011 L'ESECUTIVO Tregua nel governo. Solo in nome dei mercati Due uomini allo specchio. E, in questo frangente, più vicini di quanto loro stessi potessero immaginare. Tremonti "terrorizzato" - questo l’oggettivo usato dai deputati a lui più vicini - dall’escalation della posizione giudiziaria di Marco Milanese, il plenipotenziario (sino a pochi giorni fa) di via Venti Settembre, dalle cui mani passavano le nomine e gli affari più delicati e che gli offriva un alloggio a Roma, in via di Campo Marzio. Berlusconi alla vigilia della sentenza che lo preoccupa più di ogni altra, che oggi potrebbe condannarlo ad un maxirisarcimento nei confronti di Carlo De Benedetti nell’ambito del lodo Mondadori. Entrambi si sono svegliati stamattina nel loro incubo peggiore: i mercati che attaccano i Bot italiani. Non solo per la fragilità del nostro debito, ma anche per le dichiarazioni del Cavaliere a Repubblica (non smentite per quanto riguarda i contenuti, ma solo in relazione al contesto: "Era una conversazione amichevole"), in cui accusa il "superministro" di non fare gioco di squadra e ne sottolinea l’isolamento nel governo ("Pensa di essere il migliore e considera tutti cretini, anche la Lega ha preso le distanze..."), e in cui fa intravedere la sua "preoccupazione elettorale" rispetto alla manovra. Parole pesanti che alimentano la speculazione, e che rendono urgente una risposta pubblica. In pochi minuti messaggi in questo senso arrivano informalmente dal Colle, in modo chiaro da Draghi e da Confindustria. Così il Cavaliere invita Tremonti ad una "colazione di lavoro" con tanto di nota che annuncia l’evento alla stampa, e, dopo appena 45 minuti di vertice a palazzo Grazioli, comunica al mondo che "il clima è stato cordiale", che "il governo vuole il pareggio di bilancio entro il 2014", che "la manovra sarà approvata prima dell’estate". Per il Palazzo sono stati 45 minuti con il cuore in gola. A tavola erano in tre: Berlusconi, Letta e Tremonti. Nessun’altro, per evitare qualsiasi spiffero. Anche stavolta, dicono fonti di palazzo Chigi, il superministro si sarebbe presentato con in testa la possibilità di lasciare il dicastero. E non per minacciare il premier, ma per prendere atto del preoccupante polverone giudiziario che sta coinvolgendo il suo (fino al 28 giugno) più stretto collaboratore. La presenza del sottosegretario è stata però un monito alla "responsabilità" nel giorno più turbolento delle Borse, e la decisione comune è stata quella di procedere insieme almeno sino alla conclusione dell’iter della manovra. Sono fatti che avvengono poche ore prima che le agenzie di stampa svelino i verbali delle dichiarazioni rese da Tremonti dinanzi ai pm di Napoli. La tregua sancita a palazzo Grazioli è stata siglata anche se questi fatti erano noti ad entrambi, e nonostante il duro affondo di giornata contro il Tesoro del giornale della famiglia Berlusconi. In ogni caso, tregua a parte, nel parterre delle alternative per via Venti Settembre, oltre a Lorenzo Bini Smaghi entra anche Vittorio Grilli (candidato dell’esecutivo a Bankitalia). Oltre al "senso di responsabilità", dicono uomini vicini al premier, la decisione di non lasciarsi dipenderebbe anche da una valutazione strategica di Berlusconi. Un segno di come sia andato il colloquio è, ad esempio, la nota diramata poco dopo da via Venti Settembre, in cui si annuncia un tesoretto da 6 miliardi da destinare al fisco. Il fatto viene letto come un cedimento di Tremonti di fronte all’insoddisfazione del premier sul come sono stati presentati i tagli martedì. "La manovra – dicono i suoi – ora è più debole e più emendabile, fermo restando che i saldi non si cambiano". Insomma, con un ministro in difficoltà, il testo del Tesoro è sempre meno blindato, e Alfano lo fa intendere in serata, da Mirabello. Anche la Lega, con Maroni, conferma: "Siamo al lavoro per migliorarla". E poi, nel cuore del Pdl si consuma, tra lo sconcerto e il sarcasmo, la rivincita verso "quel ministro al quale non si può rivolgere parola, tre volte più distante di Fini, che non ha mai reso nota la catena di comando al ministero, che quando il suo braccio destro - Milanese - disponeva, non ce n’era più per nessuno". Parole di una deputata di casa a palazzo Grazioli. "Usava quella casa perché ha il braccino corto", commenta Guido Crosetto, il sottosegretario più duro verso Tremonti durante la gestazione della manovra. A cercare un minimo di compattezza ci prova Cicchitto, che parla di un "disegno di destabilizzazione" dell’esecutivo. Ma le note di solidarietà al ministro sono poche. Alfano, da Mirabello, dirà che "Tremonti è una persona perbene", e La Russa considera "una bestemmia immaginare che possa usare la politica per avere vantaggi". Ma la difesa più decisa è di un Bossi spaventato dal rischio corso a Piazza Affari: "Fa male Berlusconi a litigare con Tremonti, lui è una brava persona, è l’unico che ascolta i mercati. Meno male che ci siamo noi a tenere la barra dritta, se lasciassimo Silvio finiremmo come la Grecia". Ma comunque, conclude parlando della successione nel Pdl, non credo che "Berlusconi se ne vada". Marco Iasevoli
9 luglio 2011 Mettere da parte i personalismi, controllare lo spirito di fazione Non offrire complicità alle manovre contro l'Italia L'attacco al debito italiano, annunciato e temuto da tempo, si sta facendo più concreto, con effetti pesanti sull’andamento della Borsa (soprattutto dei titoli finanziari) e un aumento sensibile del costo del servizio del debito pubblico. Si parla di speculazione, il che è senz’altro vero, ma il morso degli speculatori scatta quando si presentano possibilità di successo, per debolezze strutturali e incertezze nella gestione del debito. La debolezza strutturale, causata dalla dimensione del debito italiano, non è certo una novità. La capacità di gestione del debito, invece, finora appariva sostanzialmente assicurata, ed è tuttora riconosciuta dal presidente in carica della Banca centrale europea e dal governatore della Banca d’Italia, che gli succederà a novembre. Sul ministro dell’Economia in carica si è però abbattuta una serie di problemi: da quelli causati dalle vicende giudiziarie che hanno toccato persone a lui politicamente vicine (e hanno fatto emergere la sua personale leggerezza nell’accettare una sistemazione abitativa agevolata) a quelli sorti all’interno dell’area di governo, che pur approvando il decreto presentato per la stabilità finanziaria secondo i requisiti europei, fatica a digerire la durezza e l’impopolarità di alcune misure. Tuttavia, oggi, non è in gioco la fortuna politica personale di Giulio Tremonti, ma la tenuta dell’economia italiana. Scherzare col fuoco, in queste condizioni, sarebbe da irresponsabili. È il governo in carica che deve affrontare la situazione. Dopo scambi di osservazioni non lusinghiere, Silvio Berlusconi e il suo ministro dell’Economia hanno concordato – meglio tardi che mai – sull’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2014 e sullo spazio e le risorse da destinare alla promozione della crescita. Se lo avessero fatto prima e senza tante esibizioni di personalismo e di insofferenza, forse avrebbero evitato di doverlo fare, con affanno, sotto il fuoco della speculazione. Anche alle forze di opposizione hanno qualcosa da dire e da fare che va oltre gli interessi di parte. Spetta loro, soprattutto, di chiarire se condividono l’impegno assunto per il pareggio, pur mantenendo naturalmente riserve e posizioni diverse sul percorso suggerito per raggiungere l’obiettivo. Sarebbe perciò un bene se si creassero le condizioni per due incontri tra il presidente del Consiglio e i leader delle diverse opposizioni: Pierluigi Bersani, per il centrosinistra, e Pier Ferdinando Casini, per il "nuovo polo". Bersani, tra l’altro, un faccia a faccia lo ha già chiesto per far sentire la propria opinione sulla scelta del successore di Draghi come governatore della Banca d’Italia. L’unico modo per respingere la speculazione è dimostrare che l’Italia è decisa a rispettare i suoi impegni e che su questo non c’è rottura né all’interno della maggioranza né tra maggioranza e opposizione. Si tratta di un’esigenza nazionale evidente: ogni punto di aumento del costo del servizio del debito pubblico costa agli italiani 18 miliardi, il che finisce col pesare sulle tasche dei contribuenti più dei tagli proposti dal governo o di quelli prospettati da altri. Per chiedere una prova di responsabilità agli altri, però, il governo deve prima di tutto dare esso stesso, nel modo più limpido, la dimostrazione che la fase un po’ torbida delle contrapposizioni personalistiche e di fazione è finita davvero. Nessuno può augurarsi che l’Italia entri in una spirale distruttiva che ci metta in una situazione simile a quella della Grecia o del Portogallo, il disastro riguarderebbe tutto e tutti. A tutti conviene, perciò, evitare che la barca affondi, perché solo a questa condizione avrà, poi, senso confrontarsi su chi e come dovrà guidarla nel futuro. In una fase politica qualitativamente nuova che si annuncia in modo ancora confuso e persino rischioso, ma che è sempre più necessaria. Sergio Soave
9 luglio 2011 INTERVISTA Biggeri (Banca Etica): "Tassiamo la speculazione non i conti dei risparmiatori" Iniqua e dannosa, colpisce i piccoli risparmiatori e incoraggia la speculazione". Così il presidente di Banca Popolare Etica, Ugo Biggeri, commenta la misura che il governo ha inserito nella manovra economica con cui si alza l’imposta di bollo sul deposito titoli. E non solo perché si tratta di un’imposta regressiva che penalizza chi ha poco da investire, dato che dovendo sborsare all’Erario 120 euro l’anno (150 euro dal 2013, per portafogli fino a 50mila euro) invece di 34,20 euro vede ridursi le sue potenzialità di guadagno, mentre i grandi speculatori non se ne accorgeranno neppure. Ma anche perché è contraria allo sviluppo di un certo modo partecipato di intendere la finanza in cui Banca Etica crede profondamente. Qual è il principale rilievo che muove a questa misura? Di fatto è un ostacolo all’idea di un azionariato diffuso, di cui si parla ad esempio per le public company, e alla possibilità di pensare ad associazioni di piccoli azionisti che possano partecipare dal basso alle assemblee delle società quotate. Mentre anche in un’ottica liberale, o persino liberista, il fatto che i singoli risparmiatori abbiano delle azioni e possano contribuire attraverso la finanza allo sviluppo delle imprese e del Paese, è visto come un elemento di democrazia economica. Invece così si riduce un margine di libertà e di scelta in campo finanziario da parte dei cittadini. A questo punto sarebbe stato quasi meglio se si fosse reintrodotto il fissato bollato, che qualcuno ha ribattezzato "Tobin tax all’italiana"… Tutto sommato sì. Se si fosse scelta questa opzione, l’Italia avrebbe preso una linea forse un po’ strana, ma obiettivamente originale, che non era venuta nemmeno alla campagna che promuove la Tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf). Si sarebbe comunque posta in una posizione che va incontro ad alcune cose che si stanno dicendo in Europa, in un modo efficace e possibile da realizzare. La Ttf, che prevede di tassare dello 0,05 le transazioni finanziarie a livello internazionale inciderebbe su categorie di investimenti finanziari che non riguardano la stragrande maggioranza dei cittadini. Invece si preferisce colpire proprio quella stragrande maggioranza e non i poteri di tipo speculativo. Il presidente della Commissione europea, Barroso, ha annunciato una legge per introdurre la Ttf nell’Unione europea: c’è spazio per farlo davvero? Mi pare evidente che ci sono delle lobby fortissime: quelle di chi amministra, e alla fine sono poche persone, le enormi masse di denaro che circolano sui mercati finanziari, che ammontano a svariate volte il Pil mondiale. Andrea Di Turi
2011-07-05 4 luglio 2011 LE MISURE DEL GOVERNO La manovra lievita a 49 miliardi dietrofront sul lodo Mondadori Silvio Berlusconi ha annunciato il ritiro dalla manovra della discussa norma cosiddetta 'salva-Fininvest', che secondo l'opposizione sarebbe stata utilizzabile per congelare il maxi risarcimento di 750 milioni dovuto alla Cir di De Benedetti in caso di conferma della sentenza di primo grado. La discussa norma aveva provocato anche i "malumori" della Lega, che si era detta sorpresa per l'inserimento della stessa nel decreto inviato al Colle. Critico anche il parere del vicepresidente del Csm Michele Vietti, secondo cui la norma avrebbe potuto "violare il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge". La manovra economica intanto è lievitata. L'intervento reale sfiora, se si considerano le maggiori tasse e i tagli di spesa, i 50 miliardi. Nei primi due anni maggiori entrate per 6,1 miliardi (1,8 quest'anno e 4,3 nel 2012) serviranno a coprire maggiori spese di analogo importo, senza alcun impatto sul deficit. Nei due anni successivi, invece, la manovra corregge il deficit sia sul lato delle entrate sia su quello delle spese prevedendo ulteriori interventi per 49,4 miliardi: 17,9 miliardi nel 2013, e 25,4 miliardi nel 2014. Il totale è appunto 49,3 miliardi. Il testo approderà nell'Aula di Palazzo Madama da martedì 19 luglio. Le commissioni di merito si occuperanno del decreto nella settimana precedente, da martedì 12 luglio a venerdì 15 luglio. BERLUSCONI: NORMA GIUSTA MA LA RITIRO - I ministri leghisti giovedì scorso non avevano ricevuto nel testo che era stato loro consegnato la norma "pro-Fininvest". E i ministri leghisti hanno appreso solo a cose fatte dell'inserimento. Da qui il "profondo malumore" dei ministri del Carroccio Bossi, Maroni e Calderoli, che ha spinto Berlusconi a fare un passo indietro. "Nell'ambito della cosiddetta manovra - si legge in una di Palazzo Chigi - è stata approvata una norma per evitare attraverso il rilascio di una fideiussione bancaria il pagamento di enormi somme a seguito di sentenze non ancora definitive, senza alcuna garanzia sulla restituzione in caso di modifica della sentenza nel grado successivo. Si tratta di una norma non solo giusta ma doverosa specie in un momento di crisi dove una sentenza sbagliata può creare gravissimi problemi alle imprese e ai cittadini". "Le opposizioni - ha proseguito - hanno promosso una nuova crociata contro questa norma pensando che, tra migliaia di potenziali destinatari, si potrebbe applicare anche a una società del mio gruppo. Si è prospettato infatti che tale norma avrebbe trovato applicazione nella vertenza CIR -FININVEST dando così per scontato che la Corte di Appello di Milano effettivamente condannerà la Fininvest al pagamento di una somma addirittura superiore al valore di borsa delle quote di Mondadori possedute dalla Fininvest". In mattinata era stata annullata la prevista conferenza stampa per spiegare i contenuti della manovra, cui avrebbe dovuto partecipare Tremonti. "Colpa del maltempo" ha minimizzato il ministro dell'Economia. Quanto a Napolitano, ha preferito non esprimersi. Ai giornalisti che gli chiedevano giudizi sulla manovra ha risposto: "Quando sarà il momento conoscerete le nostre determinazioni". Ma in serata è trapelato che la decisione del premier di rinunciare all'ormai famosa norma ha risposto solo ad una delle osservazioni prospettate dal Quirinale al governo per indicare criticità, problemi tecnico-giuridici e di coerenza del decreto legge che contiene la manovra economica. Il Colle resta in attesa di altre risposte dall'esecutivo: le questioni aperte riguarderebbero tra l'altro l'Istituto del commercio estero e le quote latte. IL TESTO DEL DECRETO Il testo definitivo del decreto Manovra è stato trasmesso al Quirinale ieri intorno alle 12.30. Il provvedimento è composto da 39 articoli e due allegati: il primo articolo riguarda gli stipendi dei politici e l'ultimo il riordino dei giudici tributari. Confermate tutte le misure anticipate nei giorni scorsi, nonostante le polemiche nella maggioranza. Nel testo torna il taglio del 30% di "tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni" presenti in bolletta relativi alle energie rinnovabili. "Allo scopo di ridurre il costo finale dell'energia per i consumatori e le imprese - dice l'articolo 35 - a decorrere dal primo gennaio 2012 tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni, comunque gravanti sulle componenti tariffarie relative alle forniture di energia elettrica e gas naturale, previste da norme di legge o da regolamenti sono ridotti del 30 per cento rispetto a quelli applicabili alla data del 31 dicembre 2010". L'entità degli incentivi, dei benefici e delle agevolazioni sarà rideterminata dal ministero dello Sviluppo su proposta dell'Autorità per l'energia entro 90 giorni. La manovra toglie risorse alla politica: previsto un ulteriore taglio del 10% al finanziamento dei partiti "cumulando così una riduzione complessiva del 30%". Ridimensionati anche gli "aerei blu", previsti solo per le prime cinque cariche dello Stato. Confermato per il biennio 2012-2013 il blocco della rivalutazione delle pensioni "dei trattamenti pensionistici superiore a cinque volte il trattamento minimo di pensione Inps. Per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il predetto trattamento minimo Inps l'indice di rivalutazione automatica delle pensioni è applicato nella misura del 45%". Confermato al 2014 l'avvio della misura che aggancia l'età pensionabile alla speranza di vita. La norma precedente faceva cominciare questo processo dal 2015. A partire dal 2011 torna il superbollo: "per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose è dovuta una addizionale erariale della tassa automobilistica, pari ad euro 10 per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 225 chilowatt, da versare alle entrate del bilancio dello Stato". Stangata Irap per banche e assicurazioni. Per gli istituti di credito e per le altre società finanziarie l'Irap sale al 4,65% mentre per le assicurazioni passa al 5,90%. Salasso anche per i depositi di titoli: il bollo che si applica alle comunicazioni relative al deposito di titoli può salire infatti fino a 380 euro se ha un ammontare complessivo a cinquantamila euro ed è gestito da una banca. L'importo varierà infatti in base al valore del "conto": dai 120 euro annuali per le comunicazioni di intermediari finanziari ai 150 per i conti inferiori ai 50 mila euro relativi a comunicazioni di depositi titoli presso banche, fino ai 380 euro annuali se si supera questa soglia. Fa discutere l'inserimento di una norma che potrebbe sospendere l'esecutività del mega risarcimento di 750 milioni di euro a carico della Fininvest e a favore della Cir di Carlo De Benedetti, se fosse confermato in appello dai giudici di Milano il verdetto di primo grado sul Lodo Mondadori. Si tratta di una modifica a due articoli del codice di procedura civile che obbliga il giudice, a differenza di quanto accadeva sinora, a sospendere l'esecutività della condanna nel caso di risarcimenti superiori ai 20 milioni di euro (10 in primo grado) dietro il pagamento di "idonea cauzione", in attesa che si pronunci in via definitiva la Cassazione. Le opposizioni subito attaccano. Bindi: una norma aberrante.
5 luglio 2011 L'altro editoriale Errori da correggere Quando si manovra politicamente, si prendono sempre rischi. Quando la manovra è economico–finanziaria, si prendono soprattutto fischi. Qualche volta rischi e fischi si mescolano in modo inestricabile e più che motivato. È purtroppo esattamente quello che sta accadendo in queste ore mentre dalle pieghe dei provvedimenti destinati a mantenere il più possibile in ordine i malmessi equilibri contabili del Bel Paese emergono particolari sconcertanti. Si possono chiedere, in forma di ticket, sacrifici probabilmente inevitabili, ma certo pesanti e amari ai malati. Si possono, e forse si devono, bloccare per un altro anno il turnover e gli aumenti di stipendio nella pubblica amministrazione. E si può persino decidere che in questo Paese, dove l’evasione fiscale è ancora e sempre scandalosa, "ricchi" a cui chiedere di più siano i pensionati che incassano trattamenti previdenziali da – udite udite – oltre 1.428 euro lordi al mese... Ma non si capisce perché i tagli ai "costi della politica" siano invece tutti orientati al futuro e debbano ridursi, qui e ora, alla sola riduzione dei voli di Stato. E soprattutto non ci si capacita del motivo per cui in una manovra così aspra e dura, e in un momento così complicato per l’Italia e per la stessa maggioranza che la governa, debba saltar fuori una norma che, in sé, può avere una logica, ma che, oggi, appare tagliata su misura per una vicenda – il lodo Mondadori – che riguarda un’azienda di famiglia del premier. I rischi di una simile scelta sono più forti persino dei fischi che scatena. Tutto si può capire, ma non tutto si può spiegare e accettare. E gli errori si correggono. Marco Tarquinio
5 luglio 2011 INAIL Incidenti sul lavoro in calo I morti sono stati 980 Ancora in calo gli incidenti sul lavoro. Nel 2010, il numero dei decessi è sceso per la prima volta sotto la soglia dei mille: sono stati 980, registrando un calo del 6,9% rispetto ai 1.053 del 2009 e toccando un nuovo minimo storico dal dopoguerra (riferimento per le statistiche). In diminuzione anche gli infortuni nel complesso: lo scorso anno sono stati 775 mila (775.374 per la precisione) in calo dell'1,9% rispetto ai 790.112 del 2009. I dati sono contenuti nel rapporto annuale dell'Inail, presentato alla Camera. È un fatto di "straordinaria rilevanza", commenta il presidente dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, Marco Fabio Sartori, che nella relazione evidenzia come "solo dieci anni fa gli infortuni erano oltre un milione (1.030.000) e ben 1.452 i casi mortali". Insieme al calo degli incidenti, Sartori rileva la nascita del Polo della salute e della sicurezza. "Due fatti di straordinaria rilevanza hanno caratterizzato, nel 2010, l'attività dell'Inail - spiega -. Per la prima volta dal dopoguerra la soglia dei morti sul lavoro è scesa sotto i mille casi/anno e, dopo il calo record di infortuni del 2009, in parte dovuto agli effetti della difficile congiuntura economica, il 2010 ha registrato un'ulteriore contrazione di 15mila denunce (per un totale di 775mila complessive) a conferma del miglioramento ormai strutturale dell'andamento infortunistico in Italia. Solo dieci anni fa gli infortuni erano oltre un milione (1.030.000) e ben 1.452 i casi mortali!". L'altro, prosegue Sartori, è "l'approvazione della legge 30 luglio 2010, n.122, con la conseguente incorporazione dell'Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) e dell'Ipsema (Istituto di previdenza per il settore marittimo), ha finalmente permesso la nascita del Polo della salute e della sicurezza e il concreto sviluppo di quel piano industriale, da noi fortemente voluto e condiviso con governo e Parlamento, il cui obiettivo finale è la realizzazione effettiva della tutela integrata e globale del lavoratore". Oggi, aggiunge, "siamo nel pieno di un percorso, ambizioso e complesso". BILANCIO 2010, AVANZO ECONOMICO SCENDE A 1,334 MLD L'Inail ha chiuso il 2010 con un avanzo economico pari a quasi 1.334 milioni, in riduzione di circa 709 milioni rispetto al risultato registrato nel 2009, "essenzialmente a causa delle minori entrate contributive". Il bilancio è contenuto nel rapporto annuale dell'Istituto. Oltre 3,3 milioni le aziende iscritte: +0,63% rispetto al 2009. Gli apporti delle nuove attività derivanti dall'integrazione con ex Ipsema (Istituto di previdenza per il settore marittimo) ed ex Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro), con cui è nato il 'Polo della salute e della sicurezza', "hanno consentito - rileva l'Inail - di mantenere un risultato complessivamente positivo e comunque in linea con il trend degli ultimi anni". Il bilancio 2010 dell'Inail presenta un avanzo di cassa di 17.514 milioni di euro; in miglioramento di circa 1.219 milioni rispetto all'esercizio precedente (16.295 milioni di euro). Il disavanzo patrimoniale complessivo 2009 di 456 milioni di euro, invece, si attesta a fine 2010 su un avanzo patrimoniale di 992 milioni, che concretizza un'inversione di tendenza permettendo di registrare un risultato positivo. L'avanzo di amministrazione, pari ad oltre 25.205 milioni di euro, risulta migliore di quello del 2009 (23.925 milioni). SARTORI, 2010 RECORD PER MALATTIE PROFESSIONALI Le malattie professionali "sono protagoniste, anche nel 2010, di un nuovo record: +22%, pari a 42.347 denunce, 7.500 circa in più rispetto al 2009 e oltre 15 mila in più rispetto al 2006, +58%". Lo sottolinea il presidente dell'Inail, Marco Fabio Sartori, nel rapporto annuale dell'Istituto. "La crescita del fenomeno, eccezionale nell'ultimo biennio, si motiva principalmente con l'emersione delle cosiddette malattie 'perdute' - spiega Sartori - incentivata dalle numerose iniziative avviate dall'Inail con il contributo delle Parti sociali e dei medici di famiglia. Una particolare evidenza va assegnata alle malattie muscolo-scheletriche da sovraccarico bio-meccanico, da tempo le più denunciate a livello europeo e divenute negli ultimi anni, anche in Italia, prima causa di malattia professionale con il record di denunce (circa il 60% del totale nel 2010)". L'Italia "non è la 'maglia nera' degli infortuni sul lavoro e i numeri lo dimostrano": lo afferma il presidente dell'Inail, Marco Fabio Sartori, nella relazione annuale dell'Istituto, evidenziando il calo degli incidenti e dei casi mortali anche nel 2010. "La diminuzione degli infortuni è ormai un fatto strutturale. Per conseguire risultati ancora più soddisfacenti è indispensabile puntare sulla diffusione capillare e mirata delle azioni di prevenzione: dieci anni di progressi non bastano; è urgente un ulteriore salto di qualità!". Sartori porta il confronto con l'Unione europea. "Utilizzando come termine di paragone i tassi standardizzati Eurostat aggiornati al 2007 (ultimo anno disponibile), il nostro Paese registra un indice infortunistico pari a 2.674 infortuni per 100.000 occupati, di gran lunga più favorevole rispetto a quello medio riscontrato nelle due aree Ue (3.279 per l'area Euro e 2.859 per l'Ue 15). Nonostante una forte incidenza manifatturiera, l'Italia si colloca in posizione migliore rispetto ai maggiori Paesi del vecchio continente come Spagna (4.691), Francia (3.975) e Germania (3.125). Per quanto riguarda gli infortuni mortali, nel periodo 2006-2007 si è registrata, per l'intera Ue, una diminuzione dei tassi d'incidenza da 2,4 a 2,1 decessi per 100.000 occupati (valore provvisorio poiché alcuni Paesi non hanno comunicato i dati riguardanti l'anno 2007) e anche l'indice dell'Italia ha registrato un calo, passando da 2,9 a 2,5 decessi per 100.000 occupati. Già per il 2008, tuttavia - conclude - è previsto un ulteriore miglioramento dell'indice italiano che dovrebbe approssimarsi a quello medio europeo". INFORTUNI E MORTI IN CALO SOLO PER UOMINI, NO PER DONNE Infortuni e casi mortali sul lavoro in calo nel 2010, ma esclusivamente per gli uomini: per le donne, infatti, i casi sono in aumento. E' quanto emerge dal bilancio 2010 dell'Inail. In particolare, lo scorso anno si è registrata una diminuzione, per gli uomini, degli infortuni nel complesso pari al 2,9% (da oltre 545 mila a 529 mila) rispetto al 2009 e dell'8,2% per i casi mortali (da 981 a 901). In leggera crescita invece gli infortuni per le donne: un migliaio in più quelli in complesso (+0,4% rispetto al 2009, da 244 mila a 245 mila) e 7 vittime lavoratrici in più (da 72 a 79), con un incremento percentuale, sempre sul 2009, del 9,7%; metà dei decessi femminili è avvenuto in itinere. Va comunque tenuto conto - sottolinea il rapporto - che le donne rappresentano circa il 40% degli occupati, che la quota di infortuni femminili rispetto al totale è del 32% e dell'8% per i casi mortali: "si deduce che il lavoro femminile è sicuramente meno rischioso". PEGGIO PER STRANIERI A fronte della sostanziale stabilità del numero di lavoratori stranieri assicurati all'Inail, il 2010 é stato un anno peggiore del precedente (dai 119.240 infortuni del 2009 ai 120.135 del 2010, +0,8%). All'incremento ha contribuito in maniera significativa la componente femminile (+6,8% gli incidenti contro il -1,2% dei maschi), circostanza - viene evidenziato - legata alla progressiva e continua crescita numerica di colf e badanti straniere (soprattutto dell'Est europeo) che lavorano nel nostro Paese. Migliore la situazione per i casi mortali, che nel complesso tra gli stranieri continuano a diminuire (dai 144 del 2009 ai 138 del 2010, -4,2%). Ma ancora con una differenza di genere, che pure va rapportata ai numeri in assoluto: -9,7% i decessi tra gli uomini (da 134 a 121), +70% (da 10 a 17) per le donne. MENO INCIDENTI SU STRADA-LAVORO Gli infortuni 'in itinere' (verificatisi al di fuori del luogo di lavoro, nel percorso casa-lavoro-casa e causati principalmente, ma non esclusivamente, dalla circolazione stradale) hanno conosciuto, nel 2010, la riduzione maggiore (-4,7%). Contenuta invece (-1,5%) la riduzione degli infortuni 'in occasione di lavoro' (avvenuti all'interno del luogo di lavoro, nell'esercizio effettivo dell'attività) che rappresentano circa il 90% del complesso delle denunce. Da segnalare la crescita (+5,3%) degli infortuni occorsi ai lavoratori per i quali la strada rappresenta l'ambiente di lavoro ordinario (autotrasportatori, rappresentanti di commercio, addetti alla manutenzione stradale, ecc.): i casi sono passati dai 50.969 del 2009 ai 53.679 del 2010, il valore più alto dal 2005, primo anno di rilevazione strutturale e completa del dato. AGRICOLTURA E INDUSTRIA MEGLIO CHE ALTRI SETTORI L'analisi settoriale sugli infortuni mostra che è l'Agricoltura a conseguire il risultato migliore (-4,8%), seguita dall'Industria (-4,7%) e dai Servizi, in controtendenza, con un lieve aumento (pari allo 0,4%).
5 luglio 2011 INPS Cassa integrazione in frenata a giugno Brusca frenata per le richieste di cassa integrazione (cig) nel mese di giugno. Con 82,4 milioni di ore autorizzate si registra una diminuzione del 20,1% rispetto al mese di maggio 2011 (quando furono 103,2 milioni) e un calo analogo del 20% anche rispetto al mese di giugno 2010 (103,1 milioni). È quanto rende noto l'Inps precisando che tutte le categorie risultano in netta flessione. Nel dettaglio in giugno sono state autorizzate 18,7 milioni di ore di cassa integrazione ordinaria (cigo), 33,7 milioni di cassa integrazione straordinaria (cigs) e 30 milioni di cassa integrazione in deroga (cigd). Rispettivamente il calo congiunturale - rispetto al mese di maggio 2011 - è stato del 5,9% (per la cigo), del 34,7 (cigs) e del 5,4% (cigd). Anche la diminuzione tendenziale - rispetto al mese di giugno 2010 - riguarda tutte le tipologie di cassa: -31,4% per la cigo, -6,1% per la cigs, -24,9% per la cigd. La flessione nelle richieste di cig si conferma anche se guardiamo il periodo: nel primo semestre del 2011 (gennaio-giugno) le domande di cig si sono fermate a 511,1 milioni, registrando un calo del 19,3% rispetto ai primi sei mesi del 2010. Nel periodo la cigo è calata del 44,3%. Le richieste di cigs sono scese del 9,4%. Le domande di cigd sono diminuite del 2,8%. "Il segnale è univoco e forte - commenta il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua - sia rispetto al mese precedente, sia rispetto all'anno scorso, le richieste di cassa integrazione sono sensibilmente diminuite nel mese di giugno. Il dato è coerente con la ripresa del pagamento dei contributi da parte delle aziende. È ripresa l'attività produttiva. Solo il monitoraggio successivo potrà dirci se si tratta di un segnale continuo". Nel Nord Ovest e nel Mezzogiorno si segnalano i più decisivi segni di calo delle richieste di cig (rispettivamente -25% e -22,3% rispetto a maggio 2011). Per quanto riguarda i settori produttivi il segnale più forte di rientro dalle domande di cig proviene dall'industria che segnala un -21,6% rispetto a maggio 2011. I dati delle domande di disoccupazione e mobilità sono come sempre relativi al mese precedente a quello dell'ultima rilevazione di cig. Nei primi cinque mesi dell'anno (gennaio-maggio) le domande di disoccupazione sono calate del 3,8% (con un lieve rimbalzo nel mese di maggio: +2,1%). Diminuiscono invece dell'11,9% le richieste di mobilità del periodo (scese del 32,8% anche nel mese di maggio).
5 luglio 2011 ISTAT Nel 2010 fermi i consumi delle famiglie Nel 2010 la spesa media mensile per famiglia è stata pari, in valori correnti, a 2.453 euro, con una variazione rispetto all'anno precedente del +0,5%. Lo comunica l'Istat nel report sui consumi delle famiglie, precisando che in termini reali la spesa risulta ferma, tenendo conto della dinamica inflazionistica (+1,5%) e dell'errore campionario.Nel 2010 il valore della spesa mensile per la metà delle famiglie è rimasto sotto i 2.040 euro.L'Istat precisa che rispetto al 2009 si è registrato un aumento dell'1%, mentre in termini reali il valore si conferma stabile. È stata di circa 1.200 euro la differenza della spesa media mensile delle famiglie nel 2010 guardando al massimo divario tra le diverse regioni d'Italia. Lo scorso anno, infatti, la Lombardia ha registrato la spesa media mensile più elevata (2.896 euro), mentre fanalino di coda, ancora una volta, è risultata la Sicilia (1.668 euro). La quota di spesa per alimentari e bevande rimane costante fra le famiglie del Nord e del Centro (16,5% nel Nord e 18,6% nel Centro), mentre aumenta nel Mezzogiorno, arrivando a rappresentare un quarto della spesa totale. Inoltre, fa sapere l'Istituto di statistica, tra il 2009 e il 2010 diminuiscono le spese destinate agli altri beni e servizi, in particolare, si contrae, anche a seguito della minore percentuale di famiglie che acquistano tali prodotti, la spesa per la cura personale (parrucchiere, barbiere, centri estetici e simili), i viaggi, gli onorari dei professionisti, l'assicurazione vita e le rendite vitalizie. In diminuzione su tutto il territorio appare anche la quota di spesa per combustibili ed energia, aumentata nel 2009 a seguito di una stagione invernale particolarmente lunga e rigida. Il calo più marcato si osserva per le spese associate al riscaldamento, in particolare gas da rete e combustibili liquidi; un'evidente diminuzione si osserva anche nelle spese sostenute per le utenze di energia elettrica, a seguito della riduzione dei prezzi associati a questo servizio.
2011-07-04 Stangata su banche e titoli Interni stampa quest'articolo segnala ad un amico feed 4 luglio 2011 LE MISURE DEL GOVERNO Manovra, stretta sulle pensioni Stangata su banche e titoli Il testo definitivo del decreto Manovra è stato trasmesso al Quirinale intorno alle 12.30. Il provvedimento è composto da 39 articoli e due allegati: il primo articolo riguarda gli stipendi dei politici e l'ultimo il riordino dei giudici tributari. Confermate tutte le misure anticipate nei giorni scorsi, nonostante le polemiche nella maggioranza. Nel testo torna il taglio del 30% di "tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni" presenti in bolletta relativi alle energie rinnovabili. "Allo scopo di ridurre il costo finale dell'energia per i consumatori e le imprese - dice l'articolo 35 - a decorrere dal primo gennaio 2012 tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni, comunque gravanti sulle componenti tariffarie relative alle forniture di energia elettrica e gas naturale, previste da norme di legge o da regolamenti sono ridotti del 30 per cento rispetto a quelli applicabili alla data del 31 dicembre 2010". L'entità degli incentivi, dei benefici e delle agevolazioni sarà rideterminata dal ministero dello Sviluppo su proposta dell'Autorità per l'energia entro 90 giorni. La manovra toglie risorse alla politica: previsto un ulteriore taglio del 10% al finanziamento dei partiti "cumulando così una riduzione complessiva del 30%". Ridimensionati anche gli "aerei blu", previsti solo per le prime cinque cariche dello Stato. Confermato per il biennio 2012-2013 il blocco della rivalutazione delle pensioni "dei trattamenti pensionistici superiore a cinque volte il trattamento minimo di pensione Inps. Per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il predetto trattamento minimo Inps l'indice di rivalutazione automatica delle pensioni è applicato nella misura del 45%". Confermato al 2014 l'avvio della misura che aggancia l'età pensionabile alla speranza di vita. La norma precedente faceva cominciare questo processo dal 2015. A partire dal 2011 torna il superbollo: "per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose è dovuta una addizionale erariale della tassa automobilistica, pari ad euro 10 per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 225 chilowatt, da versare alle entrate del bilancio dello Stato". Stangata Irap per banche e assicurazioni. Per gli istituti di credito e per le altre società finanziarie l'Irap sale al 4,65% mentre per le assicurazioni passa al 5,90%. Salasso anche per i depositi di titoli: il bollo che si applica alle comunicazioni relative al deposito di titoli può salire infatti fino a 380 euro se ha un ammontare complessivo a cinquantamila euro ed è gestito da una banca. L'importo varierà infatti in base al valore del "conto": dai 120 euro annuali per le comunicazioni di intermediari finanziari ai 150 per i conti inferiori ai 50 mila euro relativi a comunicazioni di depositi titoli presso banche, fino ai 380 euro annuali se si supera questa soglia. Fa discutere l'inserimento di una norma che potrebbe sospendere l'esecutività del mega risarcimento di 750 milioni di euro a carico della Fininvest e a favore della Cir di Carlo De Benedetti, se fosse confermato in appello dai giudici di Milano il verdetto di primo grado sul Lodo Mondadori. Si tratta di una modifica a due articoli del codice di procedura civile che obbliga il giudice, a differenza di quanto accadeva sinora, a sospendere l'esecutività della condanna nel caso di risarcimenti superiori ai 20 milioni di euro (10 in primo grado) dietro il pagamento di "idonea cauzione", in attesa che si pronunci in via definitiva la Cassazione. LA PUNTUALIZZAZIONE DEL COLLE In mattinata la stessa presidenza della Repubblica aveva precisato di non aver ancora ricevuto il testo, prendendo le distanze dai mezzi di informazione che l'hanno descritta come già al vaglio del capo dello Stato. "Poiché molti organi di informazione continuano a ripetere che la manovra finanziaria approvata dal governo nella seduta di giovedì scorso sarebbe al vaglio della presidenza della Repubblica già da venerdì, si precisa che a tutt'oggi la Presidenza del Consiglio non ha ancora trasmesso al Quirinale il testo del decreto legge". La puntualizzazione, per quanto affidata ad un comunicato asettico, è apparsa irrituale e ha dato lo spunto alle opposizioni per un nuovo attacco all'esecutivo. Secondo il Pd, per bocca del senatore Francesco Ferrante, "la nota del Quirinale conferma il fatto che sulla manovra il governo alle prese con un work in progress".
4 luglio 2011 EMERGENZA Rifiuti, 14 Regioni e Trento: "A Napoli emergenza nazionale" "È un'emergenza nazionale, le istituzioni devono essere chiamate a fare la loro parte" sui rifiuti di Napoli: "Si è determinata una situazione di stallo da cui bisogna uscire al più presto, per evitare rischi alla salute dei cittadini e ulteriori danni all'immagine del Paese". Così un comunicato congiunto sottoscritto dal presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai e da 14 presidenti di Regione: Claudio Burlando (Liguria), Vito De Filippo (Basilicata), Vasco Errani (Emilia-Romagna), Roberto Formigoni (Lombardia), Michele Iorio (Molise), Raffaele Lombardo (Sicilia), Catiuscia Marini (Umbria), Renata Polverini (Lazio), Augusto Rollandin (Valle d'Aosta), Enrico Rossi (Toscana), Gian Mario Spacca (Marche), Giuseppe Scopelliti (Calabria), Renzo Tondo (Friuli Venezia Giulia), Nichi Vendola (Puglia). "Le diverse istituzioni della Repubblica devono essere chiamate a fare la loro parte", si legge nel comunicato, diffuso a Bologna, dove lavora il presidente della Conferenza delle Regioni, Errani: "A tal fine riteniamo che sia indispensabile agire su due fronti. Da un lato occorre aprire subito nuove discariche in Campania. Dall'altro il Governo deve innanzitutto dire se ritiene sia giusto e necessario che tutte le Regioni intervengano per affrontare questa emergenza nazionale e, di conseguenza, se per questo obiettivo intenda impegnarsi". "In questo quadro di chiarezza e di responsabilità - concludono i presidenti -, individuate e decisa la realizzazione di nuove discariche e impianti in Campania e confermato l'impegno del governo, le nostre Regioni sono pronte a dare il loro contributo assicurandosi, come è ovvio, tutte le necessarie garanzie per la salute dei cittadini e le sicurezze ambientali sulla qualità e caratteristiche dei rifiuti". Questo comunicato congiunto è di fatto la risposta alle voci che si sono rincorse per tutta la giornata e che davano l'Umbria e l'Emilia-Romagna contrarie all'accoglienza dei rifiuti partenopei. Voci che, soprattutto a Bologna, stridevano particolarmente: neanche una settimana fa era stata approvata a larga maggioranza in aula una risoluzione regionale (Udc e "grillini" con la maggioranza di centrosinistra, contrari Pdl e Lega nord) per offrire lo smaltimento in Emilia-Romagna di quantitativi "da concordare", nell'ambito di una "soluzione del problema che coinvolga tutte le Regioni italiane secondo possibilità, in uno spirito di collaborazione e cooperazione nazionale".
4 luglio 2011 TORINO Processo Eternit, l'accusa chiede 20 anni di carcere per due dirigenti Il pubblico ministero di Torino Raffaele Guariniello ha chiesto una condanna a 20 anni di carcere per due ex alti dirigenti della società Eternit Spa nell'ambito del processo per i danni alla salute degli operai nelle lavorazioni dell'amianto, cui è attribuita la morte di quasi 3.000 persone in quattro stabilimenti italiani a partire dagli anni 50. Lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne sono imputati per omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e disastro doloso. L'accusa contesta alla Eternit di non aver adottato le opportune misure di sicurezza pur essendo a conoscenza dei rischi corsi da operai e dalla popolazione. I pm, durante le 50 udienze, hanno sottolineato che si tratta di una "strage che continua ancora oggi". Alcuni periti hanno testimoniato che nella zona di Casale Monferrato il picco delle morti è previsto tra una decina di anni. Le persone morte, operai e residenti nei dintorni delle fabbriche, hanno riportato mesoteliomi pleurici, asbestosi e tumori polmonari insorti a causa della polvere di amianto. L'amianto, allora largamente usato come materiale di coibentazione nell'edilizia anche per una scarsa conoscenza dei relativi rischi, si può ritrovare ancora oggi in molti edifici privati e in alcune strutture pubbliche. Le udienze, nel corso delle quali sono state presentate oltre 2.000 richieste di costituzione di parte civile, hanno avuto un grande seguito e si sono svolte nella maxi aula 1 del Palazzo di Giustizia di Torino con un collegamento video nella maxi aula adiacente.
4 luglio 2011 CARBURANTI Vola il prezzo della benzina la verde oltre quota 1,6 euro al litro Nuovo record storico per la benzina, che nei distributori Esso, secondo le rilevazioni di Staffetta quotidiana, vola a 1,613 euro al litro. A 1,6 euro anche il prezzo consigliato ai gestori Q8. L'abbondanza dei margini lordi delle compagnie, ormai da oltre un mese al di sopra della media dei tre anni precedenti, non sembra arrestare la corsa al rialzo dei prezzi raccomandati sulla rete carburanti italiana. Nel fine settimana, infatti, Q8 ha aumentato di 0,5 centesimi i prezzi raccomandati di benzina e diesel, mentre questa mattina e' stata la volta di TotalErg con +1,1 centesimi sulla verde e +0,6 centesimi sul gasolio. E' quanto emerge dal monitoraggio di quotidianoenergia.it. Salita generalizzata anche per i prezzi praticati sul territorio, come diretta conseguenza degli aggiustamenti dei giorni scorsi sulla scia del caro-accise, con le no-logo che fanno eccezione e registrano limature al ribasso. A livello Paese, la media per la benzina (in modalita' servito) va dall'1,581 euro/litro degli impianti Eni all'1,591 euro/litro dei punti vendita Q8 (no-logo a 1,499). Per il diesel si passa dall'1,459 euro/litro dei punti vendita Eni all'1,476 euro/litro degli impianti Shell (no-logo a 1,374 euro/litro). Il Gpl si posiziona tra lo 0,738 euro/litro dei punti vendita Eni allo 0,757 degli impianti IP (a 0,728 euro/litro le no-logo).
2011-07-02 2 luglio 2011 CONTI PUBBLICI Pensioni, stop alle rivalutazioni Insorgono opposizione e sindacati Una "norma socialmente ingiusta", una "patrimoniale sui poveri". Sindacati e opposizioni dicono no alle taglio delle rivalutazioni delle pensioni, provvedimento che colpisce cinque milioni di cittadini, compresi quelli che percepiscono le rendite più basse e i molti casi unica fonte di reddito regolare nelle famiglie. Alla stretta sulle pensioni, denuncia il Pd, si aggiungerà il peso di una serie di misure che ricadranno sugli anziani. Secondo Stefano Fassina, responsabile per il Pd di Economia e lavoro, "si colpiscono le pensioni da 1.400 euro cioè 1.000 euro netti" ma questa "è sola una delle norme. Poi c'è il ticket che pesa soprattutto sui pensionati visto che più di altri ricorrono al servizio sanitario nazionale. E ancora, l'aumento da 34 a 120 euro del bollo sui titoli a partire dai 1.000 euro investiti; anche qui parliamo di piccoli risparmiatori spesso anziani". Da ultimo "c'è il colpo pesantissimo e insostenibile a Comuni, Province e Regioni, con 10 miliardi di tagli che vanno ad aggiungersi ai 13 miliardi dello scorso anno. Tutti gli amministratori, anche quelli leghisti, hanno già annunciato che dovranno tagliare i servizi sociali e assistenziali". "La manovra Berlusconi-Tremonti candida chi dirige le amministrazioni territoriali, presidenti di regione, di province e sindaci a diventare esclusivamente dei curatori fallimentari" ha affermato il presidente di Sinistra Ecologia Libertà Nichi Vendola. "La manovra era partita con gli effetti speciali degli annunci, che riguardano sempre il futuro, mai il presente, degli tagli alla casta e alla politica. E poi quando uno osserva il contenuto vero capisce - guardando ad esempio l'incredibile vicenda del blocco delle pensioni - che si tratta della patrimoniale sui ceti medio bassi del nostro Paese. È la patrimoniale sui poveri. Nient'altro". "Lo stop alle rivalutazioni delle pensioni è una patrimoniale ai danni di 13 milioni di pensionati -commenta Felice Belisario, dell'Idv -. È un vero e proprio insulto colpire da un lato 13 milioni di pensionati, molti dei quali già stentano ad arrivare a fine mese e, dall'altro, pesare con il misurino del farmacista, dilatandoli nel tempo, i tagli dei costi della politica". Anche Italia Futura, la fondazione di Luca Cordero di Montezemolo, ha bocciato la manovra e ha sollecitato l'opposizione a una sfida sulle riforme. "La manovra è quella che è", si legge in un post sul sito della fondazione firmato da Carlo Calenda, "il minimo sindacale, con alcune ridicole prese in giro sui costi della politica (dove si annunciano misure puramente simboliche) e una buona quantità di assegni post-datati: provvedimenti che avranno effetto solo dalla prossima legislatura e che rappresenteranno un alibi formidabile per chiunque governerà il paese dopo il 2013. Abbiamo forti dubbi che, nel medio periodo, questo risulterà sufficiente". "Ma per il momento e considerando la situazione della maggioranza, non era realistico aspettarsi qualcosa di più o di meglio". Il governo ed il Parlamento "devono correggere il provvedimento che blocca la rivalutazione delle pensioni". È questa richiesta del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni sul tema delle pensioni. Bonanni, che a caldo si era riservato un esame più approfondito delle misure della manovra, spiega: "La norma della manovra economica che riduce la rivalutazione delle pensioni per la fascia da tre a cinque volte il trattamento minimo, tenendo conto dell'inflazione, rende ancora più vulnerabili quei pensionati che negli ultimi quindici anni hanno già visto ridursi il potere di acquisto delle loro pensioni. Non solo ci aspettiamo subito un chiarimento dal Governo, ma il Parlamento, nel percorso di approvazione della manovra stessa, potrà correggere questa palese iniquità, individuando nella riduzione dei livelli amministrativi, negli sprechi e nei costi impropri della politica, la copertura necessaria per dare soluzione ad un provvedimento ingiusto e socialmente non sostenibile". "Una misura inaccettabile, inserita in una manovra che ancora una volta colpisce i soliti noti, che non affronta i temi della crescita e che picchia duro sui lavoratori e sui pensionati". Così il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica, commenta la norma contenuta nella manovra che blocca la rivalutazione delle pensioni, annunciando che il sindacato "si opporrà con forza anche con la mobilitazione". LA PRECISAZIONE DELL'INPS Non c'è uno stop alla rivalutazione delle pensioni ma una revisione per fasce, per cui tutte le pensioni sono oggetto di rivalutazione, anche se in misura progressivamente inversa rispetto all'entità della pensione. È quanto puntualizza l'Inps, ricordando anche che la rivalutazione automatica delle pensioni è stata variamente modulata negli anni. Nel 1995 addirittura il governo Dini realizzò il blocco generalizzato per tutte le pensioni, anche per le più basse. Il Governo Prodi bloccò interamente la rivalutazione delle pensioni oltre cinque volte il minimo.
2 luglio 2011 EMERGENZA A NAPOLI Rifiuti, primo ok dalle Regioni: 20 mila tonnellate in Liguria Primo via libera per il trasferimento dei rifiuti campani. A dare l'ok è stata la regione Liguria. Ora "si attende il nulla osta da altre 7 Regioni". Lo ha annunciato il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, riferendo che "un primo nulla osta per il trasferimento di circa 20 mila tonnellate di rifiuti campani al di fuori della regione è giunto stamattina dalla Liguria". "Da altre 7 regioni - sottolinea Prestigiacomo - si attende un analogo nulla osta per avviare i trasferimenti in altri 16 impianti fuori dalla Campania, in base alle intese che sono state già raggiunte a livello di enti locali preposti allo smaltimento dei rifiuti". "Cominciano quindi ad arrivare - osserva Prestigiacomo - le prime risposte positive del lavoro avviato dalla Campania e dal ministero dell'Ambiente subito dopo l'emanazione del decreto governativo, che non rappresenta, da solo, come si è sempre detto, la soluzione per il problema, ma consente di superare la criticità attuale". Il nodo da sciogliere, secondo la responsabile dell'Ambiente, resta l'attivazione di un corretto ciclo dei rifiuti "per il quale esistono risorse adeguate e sono stati conferiti poteri commissariali appropriati per velocizzare le procedure e per la individuazione delle discariche da attivare nella more dell'avvio degli impianti".
1 luglio 2011 EMERGENZA RIFIUTI Sepe: Napoli umiliata Napolitano al governo: il decreto non basta Il decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri per risolvere l'emergenza rifiuti napoletana non ha soddisfatto il presidente della Repubblica. Napolitano ha emanato il provvedimento, ma ha chiesto al governo di fare di più. "Nel rilevare i limiti del provvedimento - si legge in una nota del Quirinale - che nel testo approvato ieri dal Consiglio dei ministri non appare rispondente alle attese e tantomeno risolutivo, il Capo dello Stato auspica che il Governo adotti ogni ulteriore intervento necessario per assicurare l'effettivo superamento di una emergenza di rilevanza nazionale attraverso una piena responsabilizzazione di tutte le istituzioni insieme con le autorità locali della Campania" Intanto sono stati avviati i primi contatti con le altre Regioni per portare i rifiuti fuori dalla Campania. Il giorno dopo l'approvazione del decreto rifiuti da parte del Consiglio dei ministri, che prevede accordi diretti tra Campania e singole Regioni per il trasferimento in altri territori, l'Assessorato all'Ambiente della Regione ha sentito Comuni, Province e chi gestisce gli impianti e avviato i primi contatti con le altre Regioni. Tra le prime Puglia, Emilia Romagna, Marche, Calabria, Toscana e Friuli Venezia Giulia mentre si continua a lavorare così da allargare il fronte delle Regioni disposte ad accogliere i rifiuti campani.
SEPE: GRANDE AMAREZZA I rifiuti nelle strade a Napoli "sono la tragica eloquenza di una situazione intollerabile non solo da oggi, ma dal momento stesso in cui si è originata" afferma l'arcivescovo della città, cardinale Crescenzio Sepe secondo il quale, però, ora "la vera emergenza è un'altra, è quella di salvare non solo il buon nome della città, ma la città stessa: la salute, il decoro, la dignità della sua gente e, primi fra tutti, dei più deboli che, come sempre, sono i più esposti davanti a ogni ricorrente difficoltà". Insomma, "si faccia presto". In una riflessione di oggi, Sepe spiega: "Quella che da troppo tempo viene definita emergenza è, in realtà, il segno di una sconfitta senza fine che riguarda tutti, ma che oggi rischia di abbattersi come un colpo mortale su una Napoli già duramente provata su altri versanti". In ogni caso, dice il cardinale, "anche nei momenti più gravi e nelle situazioni più difficili, come quella che stiamo vivendo, esistono tempi diversi rispetto alle varie fasi dell'impegno richiesto a ciascuno. Come Pastore della Chiesa di Napoli, avverto il dovere di sottolineare che questo è il momento della responsabilità comune, del serrare le fila e mettere da parte ogni forma di polemiche, tra le tante che - anche legittimamente - la dolorosa e assurda vicenda rifiuti può originare". Non si tratta, quindi, "di spargere veli pietosi sul passato, nè di chiudere gli occhi di fronte alle responsabilità maturate, sia a livello politico che amministrativo, senza neppure escludere alcune manifestazioni di scarsa cura per il bene comune messe in atto a livello individuale; per non parlare, infine, della micidiale morsa con la quale la criminalità organizzata tenta di stringere ai suoi criminali interessi anche questa ennesima crisi della città. Ma verrà il momento delle analisi e della ricerca delle colpe certe". "Se la Chiesa di Napoli avverte ora la necessità di riprendere ancora una volta la parola, lo fa unicamente per segnalare una tale urgenza: si faccia presto".
2 luglio 2011 I CONTI DEL PAESE Fisco, il "fattore famiglia" non c’è La manovra e la delega sulla riforma fiscale appena varate dal governo riservano una sgradita sorpresa ai contribuenti italiani e alle loro famiglie: dopo tante promesse, il testo della delega - per quanto generico - non conterrebbe alcun riferimento a un futuro trattamento di favore ai nuclei più numerosi, né a nuovi bonus per i figli, dei quali pure si era parlato. C’è solo un impegno, altrettanto generico, a concentrare "sulla natalità" i regimi fiscali più favorevoli che ci saranno dopo la revisione del sistema. La manovra ripropone anche il tema del conflitto generazionale: se da una parte infatti gli imprenditori, quelli giovani sotto i 35 anni, 'incassano' il forfettone fiscale (appena il 5% per 5 anni) per avviare nuove attività, i pensionati - e non solo quelli con assegni 'd’oro' (si parte infatti da quota 18.300 euro) - si vedranno stoppata la rivalutazione. Unica attenuazione al conflitto arriva dal fatto che il forfettone varrà anche per i 'quasi anziani' che hanno perso il lavoro o sono in cassa integrazione. Sono le luci e le ombre della ma- novra da 47 miliardi (ma la cifra potrebbe essere destinata a cambiare) che, oltre a trovare nuove risorse per avvicinarci al pareggio di bilancio a fine 2014, è ricca anche di norme 'ordinamentali' che potrebbero però cadere durante il cammino parlamentare: l’opposizione già sottolinea che non hanno alcun carattere d’urgenza, come imporrebbe il decreto. Spulciando il giorno dopo il testo (peraltro ancora non ufficiale, in attesa della firma del Quirinale), si trovano novità e conferme. Fra le prime, c’è la rivalutazione limitata al 45% per gli assegni di pensione che superano il trattamento minimo di tre volte. Quindi, spiega lo stesso governo nella manovra, con una pensione di circa 2.300 euro lordi al mese (30.500 l’anno per 13 mensilità) non si avrà più la rivalutazione; ma anche con una pensione di 1.400 euro (pari a 18.300 l’anno) la rivalutazione si dimezza. Sulla riforma fiscale, intanto, riparte il lavoro dei tavoli tecnici. Il primo a riunirsi, la prossima settimana, tra i 4 istituiti dal ministro Tremonti, sarà quello sulla giungla degli sconti, guidato da Vieri Ceriani. Dovrà infatti arrivare proprio dallo sfoltimento delle agevolazioni, visto che di fatto l’aumento del-l’Iva è stato accantonato nell’immediato, il grosso delle risorse con cui finanziare la riduzione a 3 delle aliquote Irpef. Assieme sempre ai risultati della lotta all’evasione. Con tre sole aliquote arriveranno "grossi vantaggi economici solo per il 4% circa dei contribuenti", calcola il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi. Anche se nel disegno di legge delega non sono ancora indicati i nuovi scaglioni di reddito, la simulazione realizzata dalla Cgia si basa sulle ipotesi circolate nei giorni scorsi. Vale a dire: il 20% da 0 a 15mila euro; da 15.001 a 55mila, il 30%; oltre 55mila, aliquota al 40%. Ivan Malavasi, neo-presidente di Rete Imprese Italia, chiede che la riforma "sia realizzata in modo tale da non penalizzare i consumi". Le notizie riguardanti un possibile aumento, sia pure graduale e futuro, dell’Iva lo preoccupano "perché vanno nella direzione opposta". Sulle rendite al 20% arriva invece il plauso di Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa SanPaolo: "È un allineamento a quello che succede in tutta Europa". Eugenio Fatigante
2010-11-28 27 novembre 2010 SINDACATO Cgil: governo risponda o sciopero Debutta in piazza S. Giovanni a Roma, Susanna Camusso, neoleader della Cgil alla sua prima manifestazione da segretario generale. È lungo l'elenco che srotola dal palco all'indirizzo di palazzo Chigi: da una riforma dell'Università "che va ritirata", alla scuola che "deve tornare ad essere pubblica, nazionale e laica", da un ddl sul lavoro "crudele e ingiusto", alle deroghe ai contratti "un danno anche per le imprese", da un piano per il Sud "pieno per ora solo di buone intenzioni", alla necessità di un nuovo fisco che alleggerisca e ossigeni i redditi da lavoro. È per questo che la Cgil guarda nuovamente all'eventualità di un nuovo sciopero: "il governo ha tanto parlato ma in questi due anni non ha fatto nulla per lavoro, occupazione e futuro", dice dal palco incalzando: "per il Paese abbiamo scioperato e continueremo a scioperare". Perché, come spiegava prima del comizio finale, "dopo questa manifestazione il governo dovrà dare le risposte che gli abbiamo chiesto e soprattutto cominciare ad avere delle politiche di contrasto alla crisi che finora non ha avuto". E sarà proprio su questa base che poggerà la scelta del sindacato di Corso Italia di optare per nuove mobilitazioni, per un nuovo sciopero: generale, come torna a chiedere ancora oggi l'area di minoranza del sindacato e la Fiom, o meno.
2010-11-12 12 novembre 2010 I CONTI CON LA CRISI Fondi alle scuole paritarie: in extremis si arriva a 245 milioni Arrivano 245 milioni di euro alle scuole paritarie nel 2011. La cifra è indicata nella tabella del governo, che è stata presentata stamattina e che viene allegata al maxiemendamento alla legge di stabilità. Nella tabella viene ripartita la cifra di 750 milioni di euro degli 800 previsti. Gli altri 50, è scritto nella riformulazione, sono destinati a misure per il riequilibrio socio-economico, ad attività di ricerca, all'assistenza e cura dei malati oncologici, alle attività sportive. La ripartizione dei 50 milioni sarà definita con un successivo decreto del Presidente del Consiglio.
I 245 milioni alle scuole paritarie, cifra più alta dei 150 ipotizzati in precedenza, ha spiegato il vice ministro all'economia, Giuseppe Vegas, servono a "ripristinare lo stanziamento complessivo al livello dello scorso anno". Nella ripartizione dei 750 milioni di euro, figurano 100 milioni al 5 per mille, 30 milioni al settore editoriale (per la carta stampata) a fronte dell'andamento dei costi delle materie prime, 375 milioni ad interventi vari che sono: la partecipazione dell'Italia a banche e fondi internazionali, i libri di testo gratuiti, la stipula di convenzioni con i Comuni per la stabilizzazione degli addetti ai lavori socialmente utili.
2010-11-09 7 novembre 2010 AL VIA LA CONFERENZA DI MILANO Sacconi: primato pubblico a matrimonio e procreazione "La famiglia è una straordinaria risorsa per l'intera collettività, è fondamento insostituibile per lo sviluppo e il progresso di una società aperta e solidale". È quanto sottolinea il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega alle Politiche per la famiglia, Carlo Giovanardi, in occasione della seconda Conferenza nazionale sulla famiglia, aperta oggi a Milano e organizzata dal governo. "Sostenere e salvaguardare il miglior svolgimento delle sue funzioni - avverte il Capo dello Stato - costituisce una doverosa attuazione dei principi sanciti al riguardo dalla Carta costituzionale". Napolitano osserva che "la complessità dei temi all'esame della Conferenza richiama tutti i soggetti istituzionali all'esigenza di affrontare con determinazione e lungimiranza i problemi principali che ostacolano il formarsi delle famiglie: la precarietà e l'instabilità dell'occupazione, la difficoltà di accesso ai servizi e sostegni pubblici e la loro disomogenea distribuzione sul territorio nazionale". I lavori sono stati aperti dai messaggi dell’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, e delle massime autorità locali (il sindaco Moratti, i presidenti di Provincia e Regione Podestà e Formigoni), poi l'intervento di apertura del senatore Carlo Giovanardi, in rappresentanza del premier Silvio Berlusconi che nei giorni scorsi aveva fatto sapere che non avrebbe presenziato all'evento. TETTAMANZI: FAMIGLIA SPESSO LASCIATA SOLA "Da parte della politica "non basta la semplice proclamazione di valori, impegni e mete, ma serve il lavoro quotidiano sulle condizioni concrete perché i valori che tutti proclamano siano resi concreti sulla rete delle famiglie". È quanto ha spiegato l'arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, intervenuto alla Conferenza. Il cardinale ha espresso la sua preoccupazione per il fatto che "nelle difficoltà la famiglia è spesso lasciata sola", e ha detto che è necessario "un coinvolgimento generale, una grande alleanza tra tutte le forze politiche, culturali, imprenditoriali, associative, che possano occuparsi della famiglia". GIOVANARDI: LA FAMIGLIA E' VITALE, IL FISCO L'AIUTI Nonostante le crisi, demografiche e coniugali, "la famiglia è vitale e resta un riferimento essenziale in un momento di incertezza. Protegge i figli, gli anziani, i componenti più deboli. È centro di legami di solidarietà oltre che di affetti. Questa funzione della famiglia va sostenuta, certamente: non si può chiederle di supplire alle mancanze del sistema di welfare, che va anche apprezzata e valorizzata più di quanto normalmente si faccia". Così è intervenuto alla Conferenza il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi. Una famiglia che, a suo avviso, va intesa secondo quella definita dall'articolo 29 della Costituzione. "È evidente - ha aggiunto - che per far fronte ai fenomeni di disgregazione familiare è indispensabile l'impegno di tutta la collettività nazionale: della scuola, della cultura, delle comunità religiose, dell'associazionismo, del mondo del lavoro e delle imprese per tutti quegli aspetti che vanno al di là del mero dato economico". Giovanardi si è augurato che dalla Conferenza esca la base del Piano nazionale di politiche per la famiglia, quale "quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia, cioè aventi la famiglia come destinatario e come soggetto degli interventi". Citando tre aree di intervento per il futuro: la riforma fiscale, la conciliazione tra tempi di vita e quelli di lavoro e la necessità di un nuovo quadro delle competenze dello Stato nel settore della Famiglia. "Tutti dicono di essere disposti a votare una riforma fiscale in un senso favorevole alle famiglie. Maggioranza e opposizione - ha aggiunto - sono disposte a votare questa riforma. È arrivato il momento di farla. Non so se si chiamerà quoziente familiare o fattore famiglia, ma il nuovo fisco dovrà tenere conto dei numeri dei componenti della famiglia". E il sottosegretario ha ricordato, per quanto riguarda la tutela della famiglia, il valore della legge sulla fecondazione assistita: "I progressi della scienza e le biotecnologie possono togliere ai figli il diritto di nascere all'interno di una comunità d'amore con una identità certa paterna e materna", "La rottura della diga costituita dalla Legge 40 aprirebbe la porta a inquietanti scenari, tornando a un vero e proprio far west della provetta, dove fin dal primo momento il concetto costituzionale di famiglia andrebbe irrimediabilmente perduto". CARFAGNA: SI' AL QUOZIENTE FAMILIARE "È assolutamente fondamentale intervenire sul fisco per potere aiutare le famiglie. Questo è il prossimo obiettivo ambizioso che si pone il governo. Abbiamo dovuto tenere i conti in ordine, ora le prime risorse che saranno disponibili dovranno essere indirizzate alle famiglie, attraverso interventi come quello del quoziente familiare. Aiutare le famiglie significa aiutare tutto il Paese". Così ha detto il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna. SACCONI: FAMIGLIA NATURALE ORIENTATA ALLA PROCREAZIONE HA IL PRIMATO PUBBLICO "Ho sentito ieri dai cosiddetti futuristi - ha detto il ministro per il lavoro e le politiche sociali, Maurizio Sacconi - mettere in discussione il primato pubblico della famiglia naturale fondata sul matrimonio e orientata alla procreazione. Senza nulla togliere al rispetto che meritano tutte le relazioni affettive, che però riguardano una dimensione privatistica, le politiche pubbliche che si realizzano con benefici fiscali sono tarate sulla famiglia naturale fondata sul matrimonio e orientata alla procreazione". "Su questi punti - ha aggiunto Sacconi - ho avvertito ieri con l'assemblea futurista e il presidente Fini una differenza di opinioni, in particolare con l'intervento di Della Vedova". Sempre secondo il ministro, "la crisi porta il governo a fare delle scelte e gli interventi di welfare vanno riorientati". "La famiglia deve essere l'unità di riferimento che ci consente di compiere quell'operazione di razionalizzazione delle prestazioni dirette e indirette necessarie perchè gli obiettivi che vogliamo raggiungere per sostenere la natalità possano essere perseguite. Di affabulazioni senza fondamento se ne sentono tante, io guardo ai fatti e ai numeri". FORUM FAMIGLIE, BENE LAVORI CONFERENZA IN CORSO Il Forum delle associazioni familiari ha espresso "apprezzamento" per come la Conferenza nazionale della famiglia sta trattando il tema. Lo ha detto il presidente del Forum, Francesco Belletti. "Per noi - ha osservato - è importante che la Conferenza abbia messo la famiglia al centro dell'agenda del paese e al centro dell'attenzione della pubblica opinione. Apprezziamo anche l'identità di famiglia che è stata esplicitata, quella dell'articolo 29 della Costituzione, e quindi quella formata da un uomo ed una donna coniugata e con figli. Una famiglia cioè socialmente responsabile". Belletti ha poi espresso giudizio positivo sulla bozza di Piano nazionale che è qui in discussione: "È un punto di partenza per un'ampia discussione, apprezziamo le priorità sul fisco che sono state anche evidenziate dal governo stamattina. Anche noi presentiamo il nostro progetto sul fisco, il "fattore famiglia", che consiste in una no-tax area familiare crescente con il numero di figli ed equa anche fra i redditi".
2010-10-21 20 ottbre 2010 INCHIESTA "Buttiamo via il cibo di una seconda Italia" Oltre 37 miliardi di euro. L’equivalente del 3% del nostro Pil. A spiegarlo col portafoglio alla mano, lo spreco alimentare italiano potrebbe ancora dire poco. Allora servono i fatti: perché ogni anno, prima che il cibo che consumiamo giunga nei nostri piatti, se ne butta via una quantità che potrebbe soddisfare i bisogni alimentari di tre quarti della popolazione. Venti milioni di tonnellate, che sfamerebbero quasi 45 milioni di persone per un anno intero. È solo l’inizio del capogiro descritto drammaticamente da Last Minute Market, un’emanazione della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, che il prossimo 30 ottobre presenterà il primo Libro Nero dello spreco alimentare. Il cibo buttato, si badi bene, non è quasi mai scaduto, nocivo per la salute, o deteriorato. Tutt’altro: a dettare le regole della filiera dello spreco è piuttosto l’odierna economia del consumo. Che privilegia prodotti esteticamente perfetti, che vuole pronto all’uso tutto e subito, che invoca la durata pressoché infinita dei prodotti. Nei campi Inizia qui, lo spreco italiano di cibo. E vi registra il picco più spaventoso: quasi 18 milioni di tonnellate di frutta, verdura e cereali buttati via ogni anno, nel solo 2009 oltre il 3% della produzione agricola nostrana. Se si restringe il fuoco solo alla produzione ortofrutticola, l’anno scorso sono rimasti sul campo circa 7 milioni e mezzo di tonnellate. Un dato che confrontato con quello dei consumi di ortofrutta per il 2009 – 8,4 milioni di tonnellate – dice che abbiamo buttato via tanta frutta e verdura quanta quella che consumiamo: la quantità sprecata avrebbe potuto soddisfare le esigenze di una seconda Italia. Le ragioni che stanno alla radice del fenomeno sono varie, ma nessuna porta a inficiare la consumabilità del prodotto stesso: si va da quelle meramente estetiche (prodotti colpiti da grandine, per esempio) alle ragioni commerciali (prodotti fuori pezzatura) fino a quelle di mercato (costi della raccolta superiori al prezzo di mercato liquidato all’agricoltore, per cui non c’è convenienza a raccogliere). Nelle cooperative Gli sprechi purtroppo non si fermano ai campi. Altro step importante risultano essere le cosiddette cooperative di primo grado o organizzazioni di produttori. Si tratta di quelle realtà nate per la gestione delle crisi nel settore ortofrutticolo e che dovrebbero ritirare parte della produzione dal mercato per evitare il "crollo" dei prezzi. Il prodotto ritirato in parte viene destinato al consumo di fasce deboli della popolazione che altrimenti non consumerebbero questi beni, in parte a scuole e a istituti di pena, quale quota aggiuntiva ai consumi già preventivati (distribuzione gratuita), in parte all’alimentazione animale, ma la stragrande maggioranza viene destinata alla distillazione per la produzione di alcool etilico, al compostaggio e alla biodegradazione. Uno spreco nella misura in cui la destinazione del prodotto è a un uso differente da quello dell’alimentazione (in Europa lo fa solo l’Italia): delle 73mila tonnellate di beni ritirati nel 2009, solo il 4,4% è stato destinato a sfamare chi ne aveva bisogno. Con i restanti – seppur "riciclati" – si sarebbe potuto coprire l’esigenza ortofrutticola di città come Bologna e Firenze per un anno. L’industria Qui il quadro dello spreco si allarga. E ai prodotti agricoli si aggiungono le carni, le bevande, i prodotti caseari. . E che per ragioni di mercato viene buttato via: date di scadenza ravvicinate, deterioramento delle confezioni, mancanza di richieste. Si tratta di oltre 2 milioni di tonnellate di prodotti: tanti quanti basterebbero per sfamare l’intero Veneto per un anno. Per fortuna proprio dalle imprese nascono anche sempre più spesso iniziative di recupero a favore del terzo settore. Una pratica che fino a dieci anni fa era del tutto impensabile e che oggi, invece, assiste alla destinazione dei prodotti ritirati, ma ancora perfettamente commestibili, a enti caritativi, ospedali, mense per i poveri. La vendita al dettaglio Presso i grandi e piccoli punti vendita (dai mercati agli ipermercati fino ai piccoli o medi negozi di quartiere) ogni anno una percentuale di ortofrutta che si attesta a circa all’1,2% viene gestita come rifiuto. Visto che nel 2009 sono passati per i mercati generali 9.134.747 tonnellate, ne risulta che 109.617 sono state sprecate. I motivi che portano alla formazione di questa quota di scarto/spreco sono, anche qui, riconducibili a questioni di mercato (che non ne inficiano la consumabilità). Cosa differente invece accade nella distribuzione organizzata, soprattutto quella grande: nella maggior parte dei casi i motivi che portano alla formazione dello spreco di prodotti ortofrutticoli sono legati all’eccessiva manipolazione, da parte dei clienti, che ne determina un danneggiamento estetico e che li rendono meno appetibile da parte degli stessi. In famiglia I numeri dello spreco familiare dicono che la vera grande "discarica" è e resta nei frigoriferi italiani. Ogni nucleo butta via 480 euro al mese di ciò che ha investito nella spesa, 515 se si aggiunge ciò che finisce in pattumiera a Natale, Capodanno, Pasqua e ricorrenze varie. Nell’immondizia finisce il 39% dei prodotti freschi acquistati (come latte, uova, carne), pari al 9% della spesa alimentare affrontata nell’arco di 12 mesi (i dati bolognesi combaciano con quelli diffusi dall’Adoc e Legambiente). Cui va aggiunto il 19% del pane, il 4% della pasta, il 17% di frutta e verdura. Secondo le indagini incrociate, i motivi di tanto spreco sono dovuti per lo più all’eccesso di acquisti generici (nel 36% dei casi), a prodotti scaduti o ritenuti tali (25%), all’eccesso di acquisti per offerte speciali (24%), a novità non gradite (8%) e a prodotti acquistati poi rivelatisi inutili (7%). Viviana Daloiso
21 ottobre 2010 ECONOMIA E POLITICA Apre il cantiere del Fisco Tremonti: priorità famiglia Il governo riunisce le parti sociali e mette all’ordine del giorno una "grande riforma" del Fisco dopo 40 anni di "rattoppi". Il veicolo degli interventi sarà una legge delega, mentre riguardo ai contenuti Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti per ora hanno indicato la direzione di marcia su una strada resa stretta dall’obbligo di rigore nei conti pubblici. Semplificazione del sistema normativo, spostamento del peso delle tasse dalle persone alle cose e priorità alla famiglia, le linee guida di una riforma che, ha subito avvertito il ministro dell’Economia, dovrà essere "eurocompatibile" e quindi non potrà essere "coperta dal recupero dell’evasione fiscale". L’evasione va sì contrastata, ha chiarito, ma solo dopo "faremo i conti dei soldi" recuperati, senza "mettere il carro davanti ai bui" perché "questo screditerebbe il nostro Paese". Il tavolo si è riunito ieri pomeriggio al Tesoro, dopo un incontro a quattr’occhi tra il premier e il responsabile dell’Economia. Con loro erano presenti i ministri Maurizio Sacconi e Roberto Calderoli, i leader delle confederazioni sindacali e delle associazioni di impresa. La riforma è "una grande ambizione e una grande responsabilità", ha detto Berlusconi e punta a spostare "il prelievo dalle persone alle cose e dal centro alle periferie". Con un percorso in tre fasi: "la raccolta di dati; una legge delega in Parlamento e infine una serie organica di decreti allegati". Sul fronte della semplificazione ha sottolineato che "ci sono 240 forme di erosione della base imponibile" (cioè di agevolazioni ed esenzioni) che andranno "disboscate per ampliare l’imponibile e tagliare le aliquote". Quanto all’evasione, ha riconosciuto, "quando leggo certe dichiarazioni mi vergogno". Dunque c’è molto da laurà, ha detto in "milanese", annunciando una nuova convocazione del tavolo tra tre-quattro giorni. È stato quindi Tremonti a spiegare che "la priorità della riforma è la famiglia", sulla quale occorre concentrare gli aiuti lasciando così ai nuclei la scelta su "come allocare le risorse". Mentre ha escluso un inasprimento della tassazione sulle rendite finanziarie: "Abbiamo qualche refrattarietà a questa formula strutturale. Tassare i Bot non è la cosa più razionale". Nel cammino della riforma Tremonti si dice comunque "aperto a critiche, alternative e ragionamenti". Disponibilità al confronto arriva dalle parti sociali, che attendono di entrare nel merito delle proposte. "Siamo prontissimi a collaborare", ha commentato il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, ma bisogna dare "qualche segnale in tempi non troppo lunghi" mettendo al centro "lavoro e impresa" e ragionando su "come combattere l’evasione". Per il segretario della Cisl Raffaele Bonanni "si apre una fase importante, siamo molto soddisfatti". L’obiettivo è una riforma che "rifondi il rapporto tra cittadini e Stato" e che "metta al centro la famiglia, il lavoro e gli investimenti". "Noi vigileremo affinché non vada a finire in chiacchiere", ha aggiunto ricordando che "oggi le tasse le pagano soprattutto i lavoratori e i pensionati" e bisogna alleggerire l’Irpef". Ma se si vogliono "fare le cose seriamente", incalza il leader della Cgil Guglielmo Epifani, occorre "fare delle scelte" e cioè "dare a qualcuno e prendere a qualcun altro". "Per ora sono solo parole", ha aggiunto, mentre per ridurre "il carico fiscale su lavoro e occupazione" bisogna "caricare su altre forme di reddito" e "colpire i grandi patrimoni". Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli frena invece tanto su un maggior prelievo fiscale sui consumi" quanto su un calo delle tasse che "discrimini tra dipendenti e autonomi". Nicola Pini
2010-10-18 18 Ottobre 2010 PARIGI Pensioni: scioperi e proteste, la Francia verso la paralisi La Francia non si piega alla riforma delle pensioni voluta da Nicolas Sarkozy e la protesta sta paralizzando i trasporti. Alla vigilia del via libera al Senato per la riforma che porta a 62 anni l'età minima e a 67 la massima per andare in pensione, si sono moltiplicate le iniziative sindacali in tutto il Paese e monta la tensione con il governo. Il premier, Francois Fillon, ha avvertito domenica sera che non accetterà che i sindacati blocchino il Paese e ha attivato un'unità di crisi per monitorare la situazione dei rifornimenti. Il governo ha convocato una riunione di emergenza per la crisi carburante a frotne di circa il 20-25% dei distributori del Paese oramia a secco. La situazione si fa di ora in ora più critica. Metà dei treni fermi, centinaia di licei chiusi con scontri tra giovani e polizia, le 'operations escargot' (operazioni lumaca) dei camionisti per bloccare le strade, decine di raffinerie bloccate e oltre 1.500 stazioni di rifornimento con problemi o a secco di carburante; e per domani, nuova giornata di sciopero generale e manifestazioni, si prevede che anche gli aeroporti andranno in tilt. Il blocco delle raffinerie, cominciato venerdì, prosegue nonostante il governo abbia minacciato di riaprirle anche con la forza. I problemi continuano nelle principali raffinerie del Paese e un certo numero di stazioni di servizio già comincia a sentire gli effetti della mancanza di carburante. La mobilitazione degli studenti è stata punteggiata da alcuni incidenti. Davanti alla scuola Joliot-Curie, a Nanterre, c'è stato un vero e proprio confronto tra giovani e polizia. Dopo una mattinata di atti vandalici, con i giovani che rovesciavano auto e bersagliavano pensiline e cabine telefoniche lanciando pietre, la polizia ha risposto con gas lacrimogeni. Incidenti anche a Combs-laVille, a Lagny, a Lille, vicino Rouen. Nei trasporti ferroviari, un TGV su due è bloccato e gli scioperi hanno avuto ripercussioni anche sui collegamenti internazionali, già in ginocchio per la concomitante astensione dal lavoro dei ferrovieri belgi. Alle proteste si sono uniti nelle ultime ore anche i camionisti, che moltiplicano le azioni di blocco della circolazione lungo tutto il Paese, causando numerosi ingorghi. I camionisti francesi bloccano o rendono difficile la circolazione in vari punti strategici del Paese. Le azioni sono particolarmente intense negli accessi alle raffinerie e ai depositi di combustibile. Il blocco principale è su un'autostrada nel nord, vicino a Lille, dove un corteo di 15 veicoli leggeri e due camion circolavano a bassa velocità e hanno provocato una fila di una decina di chilometri. Nella regione di Parigi, rimane bloccata un'autostrada che porta ad est ed è rallentato il traffico su un'altra verso il Sud..
2010-10-14 14 ottobre 2010 CONSIGLIO DEI MINISTRI Il governo vara la Finanziaria Tremonti: ora la fase dello sviluppo Via libera dal Consiglio dei Ministri alla legge di stabilità, la vecchia Finanziaria. La riunione, assente Berlusconi, ancora convalescente, è durata circa mezz'ora. La legge di stabilità "è stata approvata in un tempo rapidissimo, con la giusta discussione, all'unanimità. Il governo ha posto l'ipotesi di fiducia". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in conferenza stampa a Palazzo Chigi. La nuova Finanziaria, ha spiegato Tremonti, contiene solo la fotografia dei conti pubblici come costruiti in passato e come sono proiettati nel futuro. Ora, approvata la legge di stabilità, "lanciamo la politica dello sviluppo". Il ministro elenca una serie di punti dai quali intende partire e sono: "Il nucleare, la pubblica amministrazione, il Sud, la tematica dei rapporti sociali fino alla riforma fiscale". Si tratta di riforme che verranno presentate poi all'Ecofin e che dovranno essere "coerenti con il piano di stabilità". Il governo avvierà mercoledì prossimo la discussione sulla riforma fiscale, anche con il coinvolgimento delle parti sociali. Ai cronisti che chiedono se a fine saranno trovati anche i fondi per il piano di concorsi in sei anni a favore di 9.000 ricercatori, Tremonti ha risposto: "Il nostro impegno è fare il massimo possibile". ll piano di concorsi era previsto dal ddl di riforma dell'Università, bloccato ieri alla Camera proprio per problemi di copertura.
14 ottobre 2010 LEGGE AL PALO "Niente fondi". Università, slitta la riforma La riforma dell’Università si impantana nelle ristrettezze di bilancio. Il Tesoro "strangola" uno dei testi più attesi del governo Berlusconi, che slitta e resta "congelato" almeno fino a fine novembre dopo una giornata convulsa alla Camera e un "gelido" vertice serale fra il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e la collega dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. "Giulio, le riforme senza risorse io non le faccio", ha scandito la Gelmini congedandosi. E per rassicurare il ministro si è speso in prima persona Silvio Berlusconi, che le ha telefonato per assicurare: la riforma "si farà". Il delicato dossier, finito al centro di un nuovo allarme dei rettori (la Crui ha manifestato "disappunto e allarme", perché "nulla assicura" che una soluzione sarà trovata), ha richiamato infatti, malgrado la convalescenza, l’attenzione del premier che ne ha voluto discutere di persona con Tremonti. Il ministro era volato per questo in mattinata ad Arcore. A nulla è valso nemmeno l’implicito "benestare" dato da Umberto Bossi ("Meglio dare i soldi all’università che alle bombe per gli aerei"). Ad affossare (per ora) il disegno di legge di riforma è stata la relazione della Ragioneria generale dello Stato arrivata ieri in commissione Bilancio, a Montecitorio. C’era scritto che il testo non ha la copertura finanziaria su diversi punti, in particolare sul piano di concorsi entro il 2016 per 9mila ricercatori che avrebbe potuto sbloccare la loro protesta (in vari atenei si astengono dalla didattica e si rischia il blocco delle lezioni). Insorgono le opposizioni: per il Pd "la maggioranza va in tilt" (pur essendo "positivo" che ci sarà del tempo in più) e per Francesco Rutelli, leader dell’Api, "sarebbe un dramma se rimanesse il veto di Tremonti". Anche per Luisa Santolini (Udc), dal governo arrivano "solo promesse". Lo stallo era emerso già nel pomeriggio, alla conferenza dei capigruppo che aveva deciso di far slittare di 24 ore, a venerdì, la discussione generale in aula, già rinviando per di più il voto al termine della sessione di bilancio. Proprio stamani, infatti, in Consiglio dei ministri approda la Legge di stabilità 2011, cioè la "nuova Finanziaria" che, ha ribadito Tremonti, sarà "totalmente tabellare", cioè solo con le voci di spesa dicastero per dicastero (la Camera, intanto, ha dato via libera alla risoluzione di maggioranza - 297 i sì - sulla Dfp, la Decisione di finanza pubblica che fissa il quadro generale). La legge odierna non conterrà però nuovi fondi, per i quali Tremonti ha rimandato tutti a un decreto di fine anno (forse il classico "mille-proroghe"). A pesare fortemente, anche il no di Futuro e libertà, che ha condizionato il suo voto alle modifiche proposte dalle commissioni della Camera, precisando che senza "i fondi indispensabili per la ricerca, il gruppo di Fli chiederà il ritiro del testo al ministro Gelmini". Ed è significativo che al vertice serale abbiano presenziato anche i finiani Bocchino, capo dei deputati di Fini, e Granata, oltre ai presidenti delle commissioni Cultura, Aprea, e Bilancio, Giorgetti, e alla relatrice Frassinetti. Resta però l’incognita che in un mese si trovino i fondi (2,23 miliardi da qui al 2017): "Non ci ha firmato una cambiale", ha riferito Granata. Sui tempi, nemmeno Berlusconi è riuscito a dare una risposta alla Gelmini che reclamava certezze. E a fine giornata il ministro ammetteva, in un comunicato: "Arrivati a questo punto, ha ragione la maggioranza quando chiede di contestualizzare le riforme alle risorse". Eugenio Fatigante
2010-08-28 28 settembre 2010 ISTAT Crisi, il Nord-Ovest è più penalizzato Il Nord-Ovest ha pagato la crisi nel 2009 più delle altre zone d'Italia. È quanto emerge dallo studio Principali aggregati dei conti economici regionali a cura dell'Istat. Lo scorso anno infatti il Pil si è ridotto del 6% nel Nord-Ovest, del 5,6% nel Nord-Est, del 3,9% nel Centro e del 4,3% nel Mezzogiorno, a fronte di un valore nazionale pari a -5%. Il Pil per abitante ai prezzi di mercato, misurato dal rapporto tra Pil nominale e numero medio di residenti nell'anno, segna una flessione del 3,7% a livello nazionale. Il calo è più contenuto nel Mezzogiorno (-2,7%) e nel Centro (-2,9%), mentre è più marcato nel Nord-Ovest (-4,6%) e nel Nord-Est (-4,5%). Diversa è la fotografia della spesa delle famiglie italiane che si è ridotta dell'1,9% nel 2009 rispetto al 2008. Il calo maggiore si è registrato al Mezzogiorno con un -2,8% seguito dal Centro -2,1%, dal Nord-Ovest -1,7% e dal Centro-Nord -1,6%. Meglio di tutti fa il Nord-Est -1%. La Confesercenti intanto indica nel "posto di lavoro" la grande priorità degli italiani. Dal quarto rapporto su Gli Italiani e la crisi promosso da Confesercenti-Ispo emerge che il 61% degli italianai si dichiara molto o abbastanza preoccupato a causa della crisi. In particolare, cresce anche il numero di coloro che si dicono molto allarmati (dal 28 al 31%). Una sensazione di ansia che tormenta soprattutto imprenditori, dirigenti e liberi professionisti ma anche i lavoratori dipendenti dalle basse qualifiche. Paradossalmente però sono i diplomati e laureati a dormire sonni meno tranquilli di coloro che hanno conseguito solo la licenza elementare o media. E naturalmente in prima fila fra coloro che mostrano preoccupazione ci sono i giovani fra i 18 e i 34 anni, mentre finisce pari il confronto fra uomini e donne. Analizzando il dato per aree geografiche, secondo il rapporto la preoccupazione sale di ben 11 punti nel Nord-Est (dal 21% di maggio al 32% di settembre 2010) mentre ad esempio nel Sud sale solo di un punto (dal 36 al 37%). Per il presidente della Confesercenti Marco Venturi dunque servono cinque mosse per rilanciare lo sviluppo: taglio coraggioso delle spese, meno pressione fiscale, investire in infrastrutture, autonomia energetica, lotta alla criminalità. "Il calo di fiducia non è il solo segnale negativo - sottolinea Venturi - in quanto ad esso si aggiunge il fatto che la gran parte degli italiani non crede che la crescita nel 2011 sarà significativa e vigorosa". Ecco perchè, dice il presidente di Confesercenti, "si deve elevare la qualità del confronto politico e sociale se non vogliamo sprecare altri preziosi mesi".
2010-08-24 24 agosto 2010 LOTTA ALL'EVASIONE Fiamme gialle, da inizio anno scoperta evasione da un miliardo Dall'inizio dell'anno la Guardia di Finanza ha scoperto un'evasione per circa 1 miliardo di euro nell'ambito di indagini sui rapporti tra operatori nazionali e della Repubblica di San Marino. Lo riferiscono in una nota le stesse Fiamme gialle. "Dal mese di gennaio sono state concluse 330 verifiche, con la scoperta di redditi sottratti a tassazione per oltre 850 milioni di euro e un'Iva evasa per circa 240 milioni", dicono le Fiamme gialle nella nota, precisando che sono attualmente in corso altre 800 verifiche. Il piano d'azione delle Fiamme gialle interessa in particolare "due tipologie di fenomeni: casi di proventi derivanti da evasione fiscale realizzata da imprese nazionali... che avrebbero veicolato "capitali sporchi" verso società finanziarie di San Marino per poi farli rientrare "puliti" nel territorio nazionale sotto forma di finanziamenti e aperture di credito in favore di imprese affiliate; frodi Iva 'carosellò attuate tramite società "cartiere" fittiziamente interposte negli scambi commerciali fra imprese italiane e sammarinesi operanti principalmente nei settori dell'elettronica, telefonia mobile, elettrodomestici, abbigliamento, calzature, cartoleria e prodotti detersivi". Nell'ambito delle indagini sui rapporti tra operatori nazionali e sanmarinesi rientra anche un'operazione di cui oggi hanno dato notizia le Fiamme gialle di Pesaro, conclusasi con la denuncia di un imprenditore marchigiano autore di una frode fiscale che coinvolgeva due aziende di San Marino. In questo caso la Guardia di Finanza ha recuperato a tassazione un imponibile di circa 14 milioni di euro e Iva per circa 1,5 milioni.
2010-08-21 12 agosto 2010 NELLE TASCHE DEGLI ITALIANI Cgia, in Italia più tasse e meno welfare Su ciascun italiano grava un peso tributario annuo, fatto di sole tasse, imposte e tributi, pari 7.359 euro, mentre in Germania la quota pro capite tocca i 6.919 euro. Tra i principali Paesi dell'area euro, solo la Francia sta peggio di noi. Ma si tratta di una situazione relativa, perchè i transalpini versano una media di 7.438 euro di tasse allo Stato ma vengono "ricompensati" con una spesa sociale pro capite pari a 10.776 euro. È quanto sostiene il Centro studi della Cgia di Mestre, sulla base delle tasse pagate nel 2009. Sempre in termini di spesa sociale i tedeschi ricevono, invece, 9.171 euro pro capite l'anno, mentre agli italiani tra spese per la sanità, l'istruzione e la protezione sociale vanno appena 8.023 euro: vale a dire 2.753 euro in meno della Francia e 1.148 euro in meno della Germania. Se si analizza invece il saldo, vale a dire la differenza pro capite tra quanto ricevuto in termini di spesa e quanto versato in termini di tasse, quello francese è positivo e pari a 3.339 euro. Anche il differenziale tedesco registra una valore positivo, pari a 2.251 euro. In Italia, invece, si segna un saldo di 664 euro pro capite. "La situazione è fortemente sconfortante - commenta il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi - perchè dimostra ancora una volta come, pur in presenza di un peso tributario tanto elevato, in Italia non vengano destinate risorse adeguate per la casa, per aiutare le famiglie indigenti, i giovani, i disabili e chi vive ai margini della società. È evidente a tutti - prosegue - che le tasse così elevate nel nostro Paese sono la conseguenza di una spesa pubblica eccessiva". A chi poi sostiene che probabilmente le tasse sono alte per colpa degli evasori fiscali, la risposta di Bortolussi è secca: "È innegabile che il problema dell'evasione fiscale pesi sull'Italia. Ma allora sarebbe anche opportuno studiare una strategia efficace - propone - affinchè venga fatta emergere l'economica sommersa e si faccia pagare chi è completamente sconosciuto al fisco". Dagli Artigiani di Mestre arriva infine la sollecitazione "ad abbassare le imposte, combattere l'evasione fiscale e tagliare le intollerabili inefficienze presenti nella Pubblica amministrazione così come stanno facendo in tutti gli altri Paesi europei".
2010-08-18 18 Agosto 2010 I CONTI DEL PAESE Federalismo: per le Regioni una miscela di Iva e di Irap Compleanno con federalismo. È quello che si celebrerà oggi a Lorenzago di Cadore dove, come negli ultimi anni, Giulio Tremonti festeggerà il compleanno (sono 63) assieme al tandem leghista formato da Umberto Bossi e Roberto Calderoli. Già ieri sera il leader lumbard si è trasferito dalla "sua" Ponte di Legno. Brindisi e torta per il ministro dell’Economia sono d’obbligo. Ma le pratiche di governo incombono. Fra le montagne del Cadore potrebbe decidersi come saranno finanziate le Regioni nell’era post-federalista: l’ipotesi che filtra è che sia loro destinato un mix di Iva e Irap (quest’ultima, che già oggi va alle Regioni, "cambierà, ma non dico come", ha detto ieri Calderoli a Calalzo), più incerto è invece se destinare una quota di Irpef. Già il giorno di Ferragosto il ministro della Semplificazione ha portato a Bossi gli ultimi due decreti attuativi della delega sul federalismo, quelli che riguardano appunto le Regioni e le Province. Noncuranti delle avvisaglie di crisi che offuscano il futuro della maggioranza, dunque, i leghisti e il loro "tutore" Tremonti procedono come niente fosse sulla strada della riforma federalista. È un ottimismo contagiato, dalla Sardegna, dal premier Berlusconi che confida ai suoi di ritenere possibile, dopo gli ultimi dati, che la crescita dell’economia possa anche arrivare quest’anno "fino all’1,2-1,5%", contro quell’1,1% indicato nelle ultime stime governative. Alla vigilia dell’incontro odierno, è stato Calderoli a fare il punto della situazione, in attesa della ripresa parlamentare di metà settembre. "I Comuni hanno capito – ha spiegato – che dall’emersione degli "immobili-fantasma" e dalla cedolare secca sugli affitti trarranno lo strumento per superare quello che perdono con la manovra". Adesso bisogna completare quel progetto: "Abbiamo cercato di accelerare il cammino dei decreti legislativi e abbiamo rispettato i tempi per i Comuni – ha proseguito il ministro –, ora dobbiamo rispettarli anche per le Province e per le Regioni anche perché rappresentano uno strumento rispetto alle situazioni di difficoltà che vengono dalla crisi". Per i principali tributi si attende pertanto un sostanziale ridisegno. Calderoli ha osservato al riguardo che l’Iva "è una tassa "fredda", oggi stabilita dall’Istat, in futuro potrebbero incassarla direttamente i territori". Mentre l’Irap "è l’odioso balzello inventato dai comunisti" e che "continua a essere odioso e comunista". Infine una rassicurazione per chi continua ad accusare la Lega di nutrire propositi divisori del Paese: "Abbiamo scelto il federalismo anziché la secessione", ha chiuso Calderoli. A "guastare" la festa di compleanno del ministro Tremonti interviene però, a nome del Pd, il responsabile economico Stefano Fassina. "Sarebbe utile – ha dichiarato – che Bossi e il ministro dell’Economia si decidessero a inquadrare gli interventi per l’autonomia fiscale degli enti territoriale in un disegno coerente di riforma fiscale generale, per ridurre le tasse sui lavoratori e le piccole imprese. Altrimenti, per le Regioni si ripeterà lo sgangherato e penalizzante intervento realizzato per i Comuni". Eugenio Fatigante
2010-08-17
17 agosto 2010 Corre la spesa pensionistica: più 4,3% nel 2009 Corre ancora la spesa pensionistica. Non è bastato l'inasprimento dei requisiti d'accesso al pensionamento: nel 2009 la spesa è infatti aumentata del 4,3%, quando nell'anno precedente era aumentata del 3,9%. Sale l'esborso dello Stato, un punto percentuale in rapporto al prodotto interno lordo, ma gli assegni restano "mini". Un pensionato su due in Italia porta a casa, infatti, meno di mille euro al mese. A fotografare la situazione del sistema previdenziale è il ministero dell'Economia nella consueta "Relazione generale sulla situazione economica del Paese" diffusa nelle scorse settimane e aggiornata al 2009. Nel 2009 la spesa per pensioni e rendite è risultata dunque pari a 234.025 milioni di euro, mantenendosi costante come quota del complesso delle erogazioni per prestazioni sociali a carico delle amministrazioni pubbliche (58,2%) e aumentando di circa un punto percentuale in rapporto al Pil (15,4%). Rispetto al 2008 la spesa è cresciuta del 4,3%, mentre l'incremento fra il 2007 e il 2008 era stato del 3,9%. "La dinamica della spesa per pensioni è spiegata - rileva il Tesoro nel documento - in parte dall'adeguamento dei trattamenti in essere ai prezzi, pari per il 2009 al 3,4% (1,6% nel 2008), di cui 0,1% come conguaglio per lo scostamento tra valore accertato e valore erogato per il 2007. Continua, inoltre, ad essere operativa la disposizione che stabilisce, per il triennio 2008-2010, l'applicazione della rivalutazione nella misura del 100% (e non del 75%) alle fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo". Per quanto riguarda l'importo degli assegni, il 21,4% risulta inferiore ai 500 euro, il 27,7% tra i 500 e i 999,99 euro, il 23,5% tra i 1.000 e i 1.499,99 euro, il 13,7% tra i 1.500 e i 1.999,99 euro. I trattamenti pensionistici con importi più cospicui costituiscono solo il 13,7% del totale (il 7,7% se si considerano le sole pensionate donne) ma in crescita rispetto al 12,4% dell'anno precedente. Per quanto riguarda gli importi dei redditi pensionistici per ripartizione geografica, si conferma, anche per la previdenza, un'Italia a due velocità: considerato 100 per la media nazionale, al Nord i redditi pensionistici sono infatti pari al 105%, al Centro al 106,6% mentre al Sud valgono l'88,1%. Infine, per quanto riguarda la suddivisione dei tipi di pensione, il gruppo più numeroso (11,4 milioni) è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia. I meno numerosi quelli che invece percepiscono un assegno sociale (334.000) e i pensionati di guerra (293.000).
2010-08-06 6 agosto 2010 FINANZA PUBBLICA Corte dei Conti: Comuni in rosso Debiti per 62 miliardi di euro Il debito dei Comuni ha superato nel 2009 i 62 miliardi di euro e la sua sostenibilità risulta critica, dice la Corte dei Conti nella relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali. "Il debito finanziario dei comuni supera i 62 miliardi di euro e cresce limitatamente rispetto al precedente esercizio. Più spinta è la crescita del debito delle province che raggiunge quasi 11,5 milardi", dice la Corte dei Conti. "La sostenibilità del debito, considerando sia il peso degli interessi che quello delle quote capitale risulta nel complesso dei comuni critica, in quanto parte dell'onere è coperto con risorse di natura straordinaria", aggiungono i magistrati contabili. La Corte dei Conti accende un faro inoltre sui debiti fuori bilancio, che rischiano di diventare "un evento fisiologico, anche se la recente normativa ha posto limitazioni all'uso dello strumento e l'obbligo di denuncia alle procure della Corte dei Conti". "Per gli enti locali, pur rilevandosi taluni andamenti non conformi al quadro programmatico, si evidenzia una difficile situazione complessiva, con maggiori difficoltà rispetto all'esercizio precedente anche a fronte di un apporto ridotto delle entrate correnti proprie che continuano a decrescere. Resta sempre arduo lo stretto controllo della spesa corrente, ma l'assenza dei rinnovi dei contratti del personale contribuisce al contenimento", sintetizza la Corte dei Conti. Notizie tutto sommato positive, invece, sul fronte delle Regioni. "Dal conto consolidato delle pubbliche amministrazioni il risultato delle amministrazioni regionali con riferimento all'indebitamento netto rispetto al Pil è risultato positivo, infatti tale indicatore scende dallo 0,3% del 2008 allo 0,15% del 2009". Le spese complessive (al netto di una operazione contabile tra Stato e Regioni) sono cresciute nell'anno dello 0,8% (contro il 7% dell'esercizio 2008). "Le spese correnti permangono in crescita (+2,6%), ma con una dinamica più contenuta rispetto al biennio precedente. Nell'ambito della spesa corrente la maggior crescita si registra nella spesa per consumi intermedi (+4,7), mentre diminuisce la spesa per interessi", dice la Corte dei Conti. Diminuisce la spesa in conto capitale, con una flessione di poco meno del 10% per il venir meno di alcune poste straordinarie. Le entrate regionali (sempre al netto della regolazione contabile Stato-Regioni) aumentano del 2,3%, ma il risultato è in gran parte riconducibile al significativo aumento dei trasferimenti, poiché le altre voci di entrata sono, invece, in decremento rispetto al 2008. La sanità pubblica è il settore che incide maggiormente sulla finanza regionale assorbendo circa il 73% delle risorse. "La dinamica di crescita della spesa corrente per il Ssn che nel periodo 2000-2005 è risultata molto spinta, subisce un rallentamento nel 2009 (+0,4%)", dice la relazione.
2010-08-05 5 agosto 2010 FISCO E COMUNI Cedolare secca, scende al 20% Effetto a sorpresa finale per la cedolare secca sugli affitti, introdotta del decreto attuativo del federalismo fiscale municipale. Dopo un’altalena tra il 22% ed il 20% delle prime dichiarazioni al termine del Consiglio dei ministri, Roberto Calderoli parla di una limatura finale dell’aliquota al 20%, mentre in partenza era del 25. Ma in serata arriva la precisazione che, nonostante a Palazzo Chigi si sia deciso di abbassare l’aliquota rispetto al livello iniziale, al ministero dell’Economia si stava ancora conteggiando il livello possibile. Conclusione: oggi Giulio Tremonti, in conferenza stampa, comunicherà la decisione finale. È l’ultimo ritocco al provvedimento varato ieri dal Consiglio dei ministri, che contiene anche l’imposta unica sugli immobili (Imu). Mentre la cedolare secca partirà dall’inizio del prossimo anno, per l’Imu bisognerà attendere il 2014. Optare per la cedolare sarà una scelta del locatore dell’appartamento, che nel caso sarà esentato dal riportare l’affitto nell’Irpef e dal conseguente effetto sull’imposta (variabile in relazione alle sue aliquote). Gli saranno risparmiate anche imposta di registro e di bollo. Dure sanzioni sono previste per gli evasori e per chi dichiara importi inferiori. Di Imu, poi, ve ne saranno due: la "propria" e la "secondaria" che è facoltativa. La prima si applicherà solo sulle seconde case e su quelle di lusso. L’aliquota verrà fissata da un decreto del presidente del Consiglio, su indicazioni del ministro dell’Economia, entro il prossimo 30 novembre. Saranno poi i comuni ad aumentare o diminuire il prelievo dello 0,3%. L’Imu sostituisce, per la componente immobiliare, l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria, l’imposta catastale, l’imposta di bollo, l’imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e l’imposta comunale sugli immobili. Sarà versata in quattro rate di pari importo con scadenze al 31 marzo, al 16 giugno, al 30 settembre e al 16 dicembre. Il contribuente potrà anche decidere di versarla in un’unica soluzione annuale da corrispondere entro il 16 giugno. L’Imu facoltativa non riguarderà gli immobili a uso abitativo. Sarà decisa sulla base di un referendum e potrà sostituire la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari, l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza. L’aliquota sulla compravendita degli immobili sarà dell’8% sulle seconde case e del 2-3% sulle prime case. Il provvedimento approvato ieri a Palazzo Chigi passerà adesso in Conferenza Stato-regioni e in Parlamento per ottenere, poi, l’ok definitivo dal Consiglio dei ministri. Moltiplici e variegati i commenti dei sindaci, ma in una nota l’Anci, "senza dare troppa enfasi", sottolinea che il provvedimento rimette i municipi "in carreggiata". Tuttavia, si osserva, "non siamo ancora nel federalismo, perché la legge Calderoli ha ancora tanti pezzi che devono essere incastrati". "Si pianta l’albero storto dell’autonomia finanziaria dei comuni", lamenta però Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd, per il quale le soluzioni individuate "in particolare la super-patrimoniale per imprese e famiglie, sono inaffidabili, inique e molto poco autonomiste". Pier Luigi Fornari
5 agosto 2010 POLITICA E CORRUZIONE Roma, aperto un fascicolo sulla casa di An a Montecarlo La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta sulla cessione da parte di An di un appartamento a Montecarlo in cui abiterebbe il cognato del presidente della Camera Gianfranco Fini. Lo riferiscono fonti giudiziarie. Nei giorni scorsi alcuni giornali, tra cui "Il Giornale" - di proprietà della famiglia Berlusconi - hanno pubblicato la notizia che l'immobile sarebbe stato ceduto da An a Fini per un prezzo molto inferiore a quello di mercato, e che nella casa abita attualmente il fratello della compagna dell'esponente politico. Fini ha smentito le notizie di stampa e ha annunciato di voler querelare "Il Giornale". L'apertura del fascicolo, anticipata da "Il Giornale" e da "Libero", fa seguito alla denuncia presentata nei giorni scorsi dai due esponenti locali de "La Destra".
5 agosto 2010 ERARIO Fisco: +9% incassi da lotta all'evasione La guerra agli evasori fiscali ha portato al recupero, nei primi sette mesi del 2010, di 4,9 miliardi di euro. Un nuovo traguardo che fa registrare, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, un aumento degli incassi del 9%. I dati sono stati presentati dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, nel corso di una conferenza stampa. Il direttore ha quindi ricordato l'obiettivo fissato per l'anno in corso e sottolineato l'intenzione di superarlo: "L'obiettivo è di fare almeno otto miliardi, contiamo ovviamente di superarlo". Le entrate complessive, erariali e non erariali, arrivano dai ruoli e dai versamenti diretti. In particolare gli incassi da ruoli si confermano a 1,8 miliardi di euro. Un dato, spiega Befera, non aggiornato a causa dei tempi tecnici di trasmissione dei dati da parte di Equitalia, ma che in pratica ha già superato i due miliardi di euro. Mentre è la voce versamenti diretti che fa registrare il boom di incassi con un gettito di 3,1 miliardi in aumento del 15% rispetto al 2009. Il direttore dell'accertamento, Luigi Magistro, ricorda che, rispetto allo scorso anno, sono venute meno le entrate legate al recupero degli aiuti di Stato.
2010-08-04 4 agosto 2010 RIFORMA FEDERALE Affitti, arriva la cedolare secca al 25% In arrivo nel Consiglio dei ministri di oggi una cedolare secca sugli affitti del 25% all’interno del quarto decreto attuativo del federalismo fiscale relativo ai comuni. L’imposta, che assorbirà anche quelle di bollo e di registro, scatterà dal primo gennaio dal 2011, e sarà su base volontaria, nel senso che il proprietario avrà la scelta di puntare sulla cedolare o di mantenere la vecchia tassazione Irpef. Per i contratti a canone agevolato nei centri ad alta densità abitativa il prelievo sarà del 20%. Nel 2014, poi, scatterà la nuova imposta municipale unica (Imu), che sarà pagata sul possesso degli immobili (si applicherà solo sulle seconde case e su quelle di lusso) e l’aliquota sarà decisa con un decreto dal presidente del Consiglio, su indicazione del ministro dell’Economia, entro il prossimo 30 novembre. I comuni avranno la possibilità di aumentare o diminuire il prelievo di 0,3 punti percentuali (in pratica fino al 3 per mille). Oltre al prelievo sul possesso i comuni incasseranno anche un tributo sulle compravendite che sarà del 3% sulle prime case e del 7% sulle seconde. I municipi, secondo l’ultima bozza del federalismo comunale, che oggi sarà all’esame del Consiglio dei ministri, potranno modificare le aliquote dal 2017. A ciò si aggiungerà un tributo municipale facoltativo, deciso cioè per via referendaria, ad esempio sull’occupazione di aree pubbliche o le affissioni. L’arrivo delle nuove imposte sugli affitti dovrebbe essere accompagnato da un inasprimento delle sanzioni nei casi di omessa dichiarazione, che potrebbero aggirasi fino ad un massimo di 2mila euro e al 400% dell’incremento dell’imposta, quando gli affitti sono dichiarati in misura inferiore. Tutto il maggior gettito incassato per l’iscrizione al catasto degli "immobili fantasma" andrà ai Comuni, mentre sale dal 33 al 50% la percentuale di "compartecipazione" sugli incassi della lotta all’evasione. Il ministro per i Rapporti con le regioni, Raffaele Fitto, ha spiegato che il provvedimento rientra nell’accordo definito con i comuni recentemente, e segue il federalismo demaniale e quello sui fabbisogni standard dei comuni, anticipando "la definizione dei costi standard sulla sanità e la definizione del rapporto con le regioni", che avverrà a settembre. Dunque si tratta di "un’architrave importante", "un avanzamento" nel processo di attuazione del federalismo. "Con questo decreto diamo una forte autonomia in questo ambito ai comuni – ha aggiunto –. Abbiamo lavorato insieme ai comuni e con l’Anci e quindi il testo del decreto dovrebbe essere sostanzialmente condiviso. Rispetto a questa riforma è preoccupato solo chi non vuole essere responsabilizzato. Bisogna sapere che questa riforma punta a responsabilizzare i pubblici amministratori". È critico, invece, il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, per il quale, se le anticipazioni si mostreranno fondate, "è in arrivo una mega-patrimoniale sugli investimenti immobiliari". Pier Luigi Fornari
4 Agosto 2010 LAVORO Telecom, 3900 esuberi: accordo per mobilità volontaria Fumata bianca alla Telecom: il negoziato, partito a metà luglio, è stato molto serrato all'indomani dell'annuncio dell'azienda di 6.800 licenziamenti nei prossimi due anni (3.700 dei quali entro giugno 2011). E stanotte, dopo 24 ore di confronto al ministero dello Sviluppo Economico, è stata trovata l'intesa: tra le novità la formazione e la mobilità volontaria. Per 3.900 dipendenti si prevede l'attivazione di una mobilità ordinaria su base volontaria nel biennio 2010-2012. Per altri 2.220 invece si ricorrerà a percorsi di formazione con contratti di solidarietà per consentire il reinserimento in settori strategici dell'azienda, in particolare la rete. Si tratta di 1.300 dipendenti non coperti da tutela e saranno reinseriti in Telecom, di 470 dipendenti del '1254' e 450 di SSC. Per i lavoratori già posti in mobilità, che si sono visti slittare in avanti la data utile a percepire la pensione a seguito delle modifiche normative sopraggiunte, si è ottenuta la copertura del 90% della retribuzione per i periodi eventualmente scoperti. L'attivazione di mobilità ordinaria su base volontaria per circa 3.900 lavoratori sarà volta, principalmente, a coloro che così potranno raggiungere i requisiti pensionistici previsti dalla legge. I lavoratori del '1254' avranno una proroga dei contratti di solidarietà per ulteriori due anni e un piano formativo di riqualificazione nonchè un ulteriore riutilizzo del telelavoro. Per Ssc è prevista l'attivazione di circa 470 contratti di solidarietà anche questi associati ad un piano formativo e che reintegri i lavoratori in altri settori di Telecom, oltre a prevederne l'internalizzazione dei processi di attività informatiche. Per 1.300 lavoratori che non hanno protezioni sociali ed erano, per l'azienda, esuberi strutturali è previsto un importante piano formativo al termine del quale porterà ad una riqualificazione completa dei lavoratori per un loro utilizzo in altri settori strategici per l'azienda. Per i lavoratori ex Tils, attualmente non impiegati, grazie anche ai percorsi formativi previsti per i colleghi di altri settori/aziende, c'è l'impegno di riassunzione in Hr Service. Soddisfatte le parti. L'ad di Telecom, Franco Bernabè, ha sottolineato come l'intesa garantisca "il rispetto e la tutela dei lavoratori". Per il Governo l'accordo è un "segnale di maturità da parte di tutti, del sindacato, dell'azienda e per certi versi anche del Governo", afferma il vice ministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani. "Certamente la notizia è buona, fino a poche settimane fa il quadro era diverso con licenziamenti unilaterali", dice invece il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Anche i sindacati mostrano apprezzamento: per Enrico Miceli della Slc Cgil l'accordo è un modello possibile. 2010-07-30 2 agosto 2010 MERCATO AUTO Federauto, flop immatricolazioni A luglio calo del 26% Ancora un flop del mercato dell'auto che a luglio "consuntiverà un altro -26%". Lo anticipa Federauto, l'associazione dei concessionari d'auto, alla vigilia dei dati ufficiali che saranno resi noti oggi. Per il presidente Filippo Pavan Bernacchi, che chiede un intervento del governo, si tratta di "un vero disastro per tutti. Questo dato si avvicina molto alla realtà perchè - dice - sembra che i principali costruttori abbiamo finalmente tolto il piede dalle kilometri zero. Questo perchè non si può continuare all'infinito ad autoimmatricolarsi vetture per dimostrare dati di quota non veritieri. E infatti il mercato a privati, quello non inquinabile da autoimmatricolazioni, vede una flessione attorno al -30%. E si continua così oramai da qualche mese nell'indifferenza del Governo". Negli Usa - commenta ancora Federauto - Obama visita lo stabilimento Chrysler ed elogia Sergio Marchionne che riceve, nel contempo, consensi dagli operai. Obama si spinge a rivendicare di aver varato la legge sulla rottamazione "che ha salvato almeno 100mila posti di lavoro, permettendo nel contempo di realizzare auto e camion che consumando meno ci porteranno verso un futuro di indipendenza energetica. In Italia è il contrario". Per Pavan Bernacchi "servirebbe che il presidente del Consiglio prendesse in mano la situazione". Come? "Da un lato rinnovando dei bonus pluriennali per svecchiare il parco auto e incentivare le vetture a basso impatto ambientale; in primis quelle alimentate a Gpl e a Metano. Dall'altro, varando una politica seria per riallineare la tassazione delle vetture aziendali agli altri paesi europei. C'è una differenza enorme a nostro sfavore e le poche aziende che potrebbero acquistare auto, veicoli commerciali e industriali, sono costrette a mantenere i propri parchi, anche obsoleti, non sicuri e inquinanti". Federauto chiede allo Stato "di prendere subito in considerazione misure a supporto del mercato auto. Sarebbero a costo zero, perchè si pagherebbero, sia con le imposte sulle auto aggiuntive, sia con riduzione delle spese mediche legate alla cattiva qualità dell'aria e la diminuzioni di morti e feriti per gli incidenti stradali. Inoltre ci sarebbe un minor ricorso agli ammortizzatori sociali che stanno drenando molte risorse statali. Questo si otterrebbe incentivando l'acquisto di auto che consumano e inquinano meno, e sono molto più sicure con dotazioni moderne come le scocche a deformazione progressiva, l'Abs, l'Esp e gli airbag". Quanto alla questione della produzione delle auto in Italia, per Federauto "è importante che Fiat resti a produrre nella Penisola. Per questo serve un atteggiamento totalmente diverso di certi sindacati. In questo momento produrre in Europa non conviene più e tutti stanno smobilitando gli stabilimenti italiani per delocalizzare. Prendiamo esempio dai lavoratori targati Usa".
2010-07-29 29 luglio 2010 POLITICA ECONOMICA Manovra, dalla Camera arriva il sì definitivo Via libera definitivo della Camera alla manovra correttiva dei conti pubblici da 25 miliardi per il biennio 2011-2012. I voti a favore sono stati 321, quelli contrari 270, le astensioni quattro. Il provvedimento è quindi legge. La manovra, secondo le intenzioni del governo, consentirà di riportare il deficit sotto il 3% alla fine del 2012, esattamente al 2,7%, mentre oggi marcia al 5%. Della manovra ha parlato, durante la cerimonia del Ventaglio, anche il presidente del Senato Renato Schifani: "La manovra - ha detto - è dolorosa ma evita il default come è successo per la Grecia. L'entità della manovra ci mette al riparo da speculazioni finanziarie". "C'è un clima di difficoltà economica - ha aggiunto il presidente del Senato - che nasce da Oltreoceano e per sopperire all'esigenza della riduzione del debito si è fatta una manovra in cui si chiedono sacrifici ai cittadini italiani. L'esigenza primaria è la tenuta dei conti".
29 luglio 2010 MANOVRA Quote latte la Ue richiama l'Italia La Commissione europea è "insoddisfatta" dell'emendamento sulle quote latte contenuto nella manovra approvata oggi dal Parlamento. Come ricorda il commissario per l'Agricoltura Dacian Ciolos, "l'Italia ha votato una misura che va contro le regole Ue sul pagamento delle sanzioni per aver superato i limiti delle quote latte". La Commissione ribadisce che "come indicato in precedenza, esaminerà il testo che è stato votato e non esiterà a procedere contro l'Italia con l'azione necessaria se le misure sono contro le norme Ue".
2010-07-27 27 luglio 2010 I COSTI DELLA POLITICA Manovra, il governo pone la fiducia Il governo, tramite l'intervento nell'Aula di Montecitorio del ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha posto la questione di fiducia sulla manovra economica, la cui discussione era iniziata questa mattina. "Il governo attribuisce particolare importanza per il Paese alla definitiva approvazione di questo provvedimento che è in scadenza", ha spiegato Vito. La questione di fiducia è stata posta sul testo uscito dalla commissione che è identico a quello già approvato dal Senato. Il Pd aveva tentato di far slittare il momento della fiducia tentando di far valere il regolamento della Camera in base al quale, nelle 24 successive alla richiesta, non si possono svolgere attività d'aula. Secondo Roberto Giachetti, non si sarebbe potuto riunire il parlamento in seduta comune per l'elezione dei membri laici del Csm. Il presidente Gianfranco Fini è però intervenuto per chiarire che "il parlamento in seduta comune è un organo diverso rispetto alla Camera dei deputati; si applica il regolamento della Camera, ma è organo di altra natura". È la 36ma volta che il governo ricorre alla fiducia. DEPUTATI, TAGLIO AGLI STIPENDI Si annuncia il taglio di mille euro agli stipendi dei parlamentari e, contemporaneamente si approntano meccanismi che sembrano aprire la strada alla mitigazione del rigore invocato dai presidenti Fini e Schifani, sulle buste paga di deputati e senatori. È in arrivo insomma il "taglio con il gettone": accanto alla riduzione di 500 euro netta stabilita per la diaria di soggiorno, si preparano i meccanismi per introdurre un meccanismo di "gettoni di presenza" per la partecipazione ai lavori di commissione. È quanto emerge dal comunicato ufficiale della Camera al termine dell'ufficio di presidenza che ha varato i tagli. La "riduzione di 500 euro della diaria di soggiorno" per il triennio 2011-2013 è decisa "nella prospettiva di definire una disciplina per la rilevazione delle presenze in Commissione, secondo quanto preannunciato nella riunione dell'Ufficio di Presidenza dell'8 giugno scorso". L'ipotesi sul tappeto da tempo, quello che bisogna mettere a punto ora sono i meccanismi tecnici dell'operazione: alcune commissioni ad esempio si riuniscono più assiduamente di altre (la Bilancio molto più spesso della Politiche Ue) e impongono una "perequazione" per poter assicurare potenzialmente lo stesso beneficio a fine mese a tutti i parlamentari. La formula del rimborso spese aggira l'ostacolo posto dal fatto che la retribuzione dei parlamentari per legge è "omnicomprensiva". Per quanto riguarda i deputati il taglio andrà a colpire "gli emolumenti strumentalmente connessi" all'esercizio del mandato e non lo "stipendio". Saranno infatti ridotte di 500 euro la diaria di soggiorno e di altri 500 euro "le spese per il rapporto eletto/elettori", quelle solitamente previste per i portaborse. Tagli sono previsti anche per i dipendenti: ci saranno riduzioni del 5% per i redditi sopra i 90.000 euro e del 10% per quelli sopra i 150.000 euro, sempre nel triennio 2011-2013. Nel complesso la Camera conta di risparmiare, tra queste e altre misure, 60 milioni di euro nel triennio, come dice il comunicato. Anche il Senato dovrebbe muoversi sulla falsariga di Montecitorio, come ha spiegato l'ufficio stampa di Palazzo Madama. NAPOLITANO, NO A TAGLI INDIFFERENZIATI "È un imperativo cui nessuno può sfuggire quello del contenimento e di una sostanziale riduzione del nostro debito pubblico". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo alla settima Conferenza degli ambasciatori alla Farnesina. Il rigore necessario per abbattere il debito pubblico "comporterà inevitabili sacrifici diffusi" ma "non può vedere penalizzati in modo indifferenziato tutti i comparti, tutte le voci di spesa dello Stato", ha aggiunto Napolitano e soprattutto "non deve mortificare funzioni e strutture portanti dello Stato nazionale", tra le quali la politica estera e la diplomazia. La manovra "rischia di minare l'efficacia della nostra azione", ha aggiunto il decano degli ambasciatori, l'ambasciatore Vittorio Claudio Surdo, sulla preoccupazione dei diplomatici italiani per gli effetti di alcune misure previste dalla manovra economica. "C'è profonda preoccupazione per alcuni dei provvedimenti previsti" spiega, sottolineando che ci sono dei punti come quello delle diarie che "ledono in modo sistematico la nostra professione, mortificandola".
2010-07-26 26 luglio 2010 POLITICA ECONOMICA Manovra in discussione alla Camera Buttute finali per la manovra correttiva. Stamani in Aula alla Camera è iniziata la discussione generale sul provvedimento. Il voto sulle tre pregiudiziali di costituzionalità, presentate dal Pd, dall'Idv e dall'Udc, è previsto per domani alle 10,30. Subito dopo, a quanto riferiscono fonti parlamentari, è probabile che il governo chieda di mettere ai voti la richiesta di sospensione della discussione generale per poter poi annunciare il ricorso alla fiducia sullo stesso testo licenziato dal Senato. La votazione per chiamata nominale si terrà mercoledì (i tempi nel dettaglio saranno decisi dalla conferenza dei capigruppo). Seguirà l'esame degli ordini del giorno e il voto finale sul provvedimento che dovrebbe tenersi giovedì. Ma la maggioranza è intenzionata a stringere i tempi ed è anche possibile il voto finale nella serata di mercoledì. L'opposizione non demorde. Nonostante il governo abbia preannunciato la fiducia sulla manovra anche alla Camera, Pd e Idv hanno deciso di tentare comunque di rallentare il passaggio del decreto in aula. Gli iscritti a parlare nella discussione generale sul testo sono 243, praticamente tutti i deputati del Pd e dell'Idv più sette dell'Udc, quattro del Pdl, uno della Lega e due del gruppo misto. È probabile che domani sarà decisa l'interruzione della discussione. Sempre domani, alle 13.30, è in programma la conferenza dei capigruppo che deciderà il calendario degli ultimi giorni di attività prima della pausa estiva. Oltre al via libera alla manovra pende l'esame del disegno di legge sulle intercettazioni. Il ddl sarà in aula il 29 luglio, ma non è detto che riesca a uscire da Montecitorio prima della chiusura.
26 luglio 2010 FEDERALISMO Irpef e Iva ai Comuni La Lega smentisce "La solita tempesta in un bicchiere d'acqua. Poco fa, chiacchierando con Umberto Bossi, abbiamo riso insieme della sciocchezza sul federalismo fiscale riportata oggi da un quotidiano locale, e ripresa poi dalle agenzie di stampa, secondo cui, l'Irpef e l'Iva sarebbero state destinate ai Comuni, quando invece, nel nostro progetto, questi tributi saranno parzialmente ad appannaggio delle Regioni". Così il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli ha commentato le notizie di stampa sulla posizione della Lega e del suo leader Bossi in tema di federalismo fiscale. "I tributi destinati ai Comuni - ha aggiunto il ministro Calderoli - saranno quelli relativi agli immobili, con l'esclusione della prima casa, come già anticipato dal ministro Tremonti nella sua relazione al Parlamento". QUOTE LATTE E COBAS "Sto dalla vostra parte, chiederò a Zaia di scendere in campo. L'ho detto anche a Berlusconi: non puoi far chiudere le fattorie del Nord, la gente non capirebbe". Alla festa della Lega Nord di Soncino (Cremona) Umberto Bossi ieri sera si è rivolto così ai Cobas sulla vicenda delle quote latte. "Vi ricordate quando coi trattori volevate entrare a Milano e io vi dissi che il sindaco, che era leghista, avrebbe dovuto per forza far intervenire la polizia? - ha proseguito Bossi - Vi dissi: facciamo un patto, voi non marciate su Milano e io risolvo il problema: avete fatto bene a fidarvi allora e adesso. Galan, io non posso cacciarlo, ma chiederò a Zaia di scendere in campo: sta facendo bene in Veneto, ma lui ha a cuore come me la vostra situazione. È uno che fa, non come Galan che parla e basta". E al vice presidente della Regione Lombardia, il leghista Andrea Gibelli, ha detto: "Devi dire al tuo capo Formigoni che non può manifestare con gli allevatori che non stanno dalla nostra parte: patti chiari e amicizia lunga".
2010-07-22 22 Luglio 2010 POLITICA & INFORMAZIONE Berlusconi: contro di me campagna mediatica Il Tg1 anticipa il messaggio, è polemica "In questi giorni sono riprese contro il governo e contro il Popolo della libertà furibonde campagne mediatiche". Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lancia "l'operazione memoria" con un messaggio inviato a tutto il popolo del Pdl e ai simpatizzanti, invitandoli alla mobilitazione. Un messaggio parzialmente anticipato dal sito del Tg1. Quanto basta a scatenare una polemica interna all'opposizione, l'Idv in primis che annuncia iniziative a San Macuto e "in ogni sede competente" contro le scelte del direttore del Tg1 Augusto Minzolini: il messaggio infatti è stato annunciato e in parte anticipato in apertura della homepage. Il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti, dal canto suo, osserva che "è quanto meno singolare che il sito internet del principale tg del servizio pubblico dia spazio in apertura ad una lettera di propaganda, pubblicitaria, di partito del presidente del Consiglio". Immediata la replica del tg della rete ammiraglia di Viale Mazzini proprio dal sito: "A chi ha criticato la tempestività con cui abbiamo dato la notizia del messaggio di Berlusconi, rispondiamo che il nostro sito è abituato a dare le notizie. Possibilmente prima degli altri. Cosa che succede spesso. Oggi – prosegue il Tg1 – è capitato con un messaggio di Berlusconi. Che, per inciso, subito dopo è diventato l'apertura dei maggiori siti d'informazione italiani. Domani speriamo che capiti con un messaggio o una qualunque altra iniziativa di Pier Luigi Bersani o Antonio Di Pietro. Questo è quello che dovrebbe fare ogni organo di informazione, cominciando da quello che è investito del compito di fare servizio pubblico. Tutto qui".
22 luglio 2010 RIFORME Manovra, le Regioni dicono no Tremonti: "Tratteranno" "Sono i numeri stessi della manovra del ministro Tremonti a dimostrare quanto essa pesi in modo oggettivamente sproporzionato sulle Regioni rispetto, in particolare, ai Ministeri, con un taglio strutturale superiore del 57% a quello delle Amministrazioni centrali". Lo ha dichiarato il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani. La proposta delle Regioni al governo è quella di "riequilibrare i pesi della manovra. Ciascun livello tagli in proporzione a quanto spende", conclude il presidente Errani. "Nonostante l'opposizione alla manovra, le Regioni alla fine si siederanno al tavolo del governo per trattare sul federalismo fiscale", ne è convinto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, dopo che oggi la conferenza delle Regioni ha ribadito il parere negativo sulla manovra correttiva, che "considera insostenibile per le ricadute sui bilanci regionali". Il ministro non intende però cedere e dice: "Alla fine scenderanno dai grattacieli e torneranno al tavolo". "Anche il sindaco di Torino (e presidente dell'Anci) Sergio Chiamparino ha detto che la manovra era negativa, ma poi si è seduto al tavolo per discutere. Mica possiamo pensare che il giudizio diventi positivo. Il parere delle Regioni resterà negativo, ma poi pensiamo che verranno al tavolo e parleremo", ha detto Tremonti in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Le Regioni contestano la manovra perché viene finanziata con forti tagli agli enti locali. In totale i minori trasferimenti pesano per 6,3 miliardi nel 2011, 8,5 nel 2012 e 8,5 nel 2013. Il grosso dei tagli viene dalle Regioni, che dovranno sostenere minori risorse per quattro miliardi nel 2011 e 4,5 miliardi a partire dal 2012. Il governo vuole compensare i tagli in manovra con la maggiore autonomia impositiva che il federalismo porta alle Regioni. Il percorso però è ancora lungo, come riconosce lo stesso Tremonti. "La questione delle province è di risoluzione abbastanza semplice. Sulle Regioni invece ci sarà da discutere per non fare sbagli", spiega il ministro. VIA A SECONDO DECRETO SU FEDERALISMO FISCALE Come previsto, oggi il Consiglio dei ministri ha varato in via preliminare il secondo decreto sul Federalismo fiscale. Il decreto, che ora andrà all'esame delle Camere prima di tornare in Consiglio dei ministri per il varo definitivo, indica il percorso per la determinazione dei fabbisogni standard di comuni e province sulla base di spesa storica, abitanti e un insieme di variabili territoriali. Saranno la Sose (Società per gli studi di settore) e l'Ifel (l'Istituto per la finanza e l'economia locale dell'Anci) a fissare i livelli di spesa efficiente. "Entro l'estate ci saranno anche i costi standard per la sanità, che rappresentano il motivo di maggior preoccupazione", assicura il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli aggiungendo che "è impensabile che ci sia il 50% delle Regioni sotto osservazione, e molte commissariate. L'intervento sulla sanità è urgente e necessario". DECRETO SU FEDERALISMO MUNICIPALE ENTRO FINE MESE Per i comuni, il governo vuole presentare il decreto attuativo entro fine mese e comunque prima della pausa estiva. L'idea, ha ribadito Tremonti, consiste nel devolvere i gettiti provenienti "dai tributi che insistono sugli immobili ubicati nell'area di competenza, come le tasse di registro, le tasse ipotecarie, catastali e l'Irpef". "Lo schema del federalismo municipale lo abbiamo scritto nella relazione presentata dal governo al Parlamento. In quello schema ci sono due ipotesi. La fase uno prevede la devoluzione ai comuni del gettito che insiste sugli immobili. Poi, c'è anche la fase due, che pensiamo di articolare nel tempo e che prevede di semplificare e unificare tutti i tributi o in un solo tributo o in pochi tributi", ha ribadito Tremonti. Con il federalismo municipale potrebbe vedere la luce anche la cedolare secca sugli affitti, che secondo Tremonti può "dare un grande recupero di gettito ai comuni".
2010-07-20 20 luglio 2010 DELITTO MEDIATICO Aumenti delle tariffe, il Palazzo fa una mossa Anche parte del mondo politico, da destra a sinistra, non ci sta a veder boccheggiare quelle testate radicate nei territori, ma anche aperte al mondo, come i settimanali cattolici – la maggior parte dei quali diocesani –, i periodici dell’associazionismo laicale, la stampa missionaria oppure quella che fa riferimento a ordini religiosi, santuari celebri, sigle varie, anche non legate al mondo ecclesiale. Un settore editoriale minore nelle proporzioni, non nella passione informativa. Messo a forte rischio – come Avvenire ha sottolineato domenica – dai tagli scattati il 1° aprile alle agevolazioni previste per le spedizioni postali. Ossigeno che è stato improvvisamente troncato, costringendo a forti ridimensionamenti in corso d’opera, visti gli aggravi fino al 120% delle spese per far arrivare il giornale agli abbonati. È categorico Roberto Rao, capogruppo Udc in Commissione vigilanza Rai: "Sulla vicenda registriamo da parte del governo solo annunci di "buona volontà", ma nessuna azione concreta riparatrice dell’errore commesso". Per Rao più che usare l’accetta dei tagli, che "lasciano indenni le testate fantasma", occorrerebbe individuare – nel confronto con Poste italiane – criteri selettivi che evitino sprechi e creino i risparmi necessari a sostenere "un settore importante che conta nel nostro Paese una presenza significativa nella piccola editoria, cattolica e laica, nelle case editrici minori e in quelle indipendenti". Chiede un "dietrofront su questa scelta, sbagliata e gravissima" anche la senatrice Pd Emanuela Baio Dossi. In aprile aveva presentato, con colleghi del suo partito e dell’Udc, un’interrogazione urgente. "A tutt’oggi non abbiamo avuto risposta, la solleciterò nuovamente". Più che un paragone con le intercettazioni ("un problema di libertà in termini generali") la senatrice ne azzarda uno con i tagli – poi rientrati – sull’invalidità. "In tutti e due i casi si tocca un principio fondamentale della nostra civiltà. Colpire l’informazione associativa, che arriva a tante persone semplici e rappresenta la parte più sana e vitale della nostra società, qualsiasi governo che si dica liberale non può permetterselo". La senatrice ricorda, infine, che le risorse in ballo non sono ingenti e si possono reperire in tanti modi. Una proposta la formula Giuseppe Fioroni, anche lui Pd. "Se i canali del digitale terrestre inutilizzati venissero rapidamente messi all’asta produrrebbero quei cinque-sei miliardi di euro che sono molto più dei risparmi che si ottengono dall’eliminazione delle tariffe postali agevolate". La cosa "si può fare per semplice atto amministrativo, senza modifiche di legge: basterebbe la volontà politica, accompagnata da norme amministrative che destinino le agevolazioni solo a chi fa veramente informazione locale". La preoccupazione di Fioroni è che diversamente tali testate, diocesane e non solo, rischino la chiusura o la messa in vendita. Anche nelle file del centrodestra c’è consapevolezza della perdita che ciò costituirebbe per il Paese. "Si tratta di portare a un esito positivo il negoziato con le Poste per avere tariffe agevolate che, anche se non più al livello di quelle precedenti, possano venire incontro ad attività editoriali che, non avendo scopo di lucro ma grande rilevanza morale e sociale, hanno diritto a un trattamento di riguardo", incalza dalla file della maggioranza il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri. Anche in questo caso, come per i tagli – evitati – ai disabili, Gasparri promette impegno diretto e personale. "Un appello specifico andrebbe rivolto al ministro dell’Economia, azionista di Poste, affinché coniughi gli aspetti di economicità con un valore sociale. Come vanno combattuti i falsi invalidi, così occorre smascherare i furbi che usano le tariffe agevolate per operazioni commerciali". Sul versante dello stimolo al governo anche il Carroccio intende muoversi. Il deputato leghista Massimo Polledri annuncia infatti che oggi, nella sua dichiarazione di voto, porterà la questione in aula alla Camera in occasione del passaggio del ddl di assestamento di bilancio. "Ricorderemo al governo la necessità di distinguere tra le tariffe postali dei grandi giornali e le riviste diocesane, che non possono essere messe sullo stesso piano, anche dal punto di vista delle finalità sociali".. Gianni Santamaria
2010-07-17
17 luglio 2010 INTERVISTA "Appalti, centrale unica per bloccare le mafie" "In questo nostro Paese, purtroppo, dove ci sono i soldi, ci sono le mafie. È necessario prenderne atto. Non importa più che sia in Calabria, in Sicilia, a Milano o a Pordenone. Dove ci sono i soldi, ci sono le imprese che le mafie negli ultimi due decenni hanno messo in piedi. Abbiamo scoperto tardi il contrasto patrimoniale delle cosche: i risultati sono buoni, ma sono ancora insufficienti…". Il magistrato calabrese Alberto Cisterna si è occupato di ’ndrangheta sin dai primi anni novanta, in una squadra di pm che a Reggio Calabria coordinò fior di inchieste e catture di pericolosi latitanti. Oggi è sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia e, insieme ad altri colleghi, è stato incaricato di vigilare sul rischio di infiltrazioni criminali nella ricostruzione post - terremoto in Abruzzo. Perché laddove ci sono denari pubblici in ballo, ripete Cisterna, le mafie arrivano subito. E la maxi-operazione anti ’ndrangheta tra Lombardia e Calabria, coi suoi 300 arresti (ieri è stato confermato il carcere per il presunto super capo, Oppedisano), ne è solo l’ennesima conferma. "Bisogna intendersi su una cosa – spiega Cisterna –. La mafia al nord si rende invisibile, non percepibile. Se vogliamo guardare agli omicidi, alle estorsioni, qualcuno potrebbe anche dire che lì se ne registra un numero minore. Ma c’è un aspetto della ’ndrangheta e delle mafie in generale, quello delle infiltrazioni nell’economia, che pochi sembrano vedere. O, peggio, che molti non vogliono vedere…". Perché, dottor Cisterna? Perché i soldi non puzzano. Di questi tempi il denaro necessita alle imprese in crisi. E, perfino se arriva fuori dai circuiti bancari, è bene accetto. Ai soggetti che formalmente si presentano come investitori non si domanda dove abbiano preso i milioni di euro. Si accettano bonifici o finanziamenti estero su estero, si accetta tutto. È un problema grave, che dovrebbe pesare sulla coscienza del sistema bancario e finanziario del nostro paese, che non concedendo fidi o prestiti ragionevoli, lascia le imprese in balia dei riciclatori mafiosi. Di solito le inchieste arrivano dopo, quando gli appalti sono stati assegnati e i soldi sporchi ripuliti. Cosa si può fare per arrivare prima? I magistrati hanno ovviamente l’esigenza che i reati siano commessi, non possono perseguire solo la mera intenzione di compierli. Il fatto è che l’esigenza di prevenire, che dovrebbe appartenere ad altre amministrazioni, ancora oggi fa i conti con difficoltà organizzative e norme inadeguate. Può fare un esempio? Uno per tutti è la certificazione antimafia richiesta alle imprese. Uno sbarramento aggirabile e per questo ormai palesemente inefficace. Bisogna rimodularlo per renderlo più ostico, più aggressivo nei confronti delle imprese in odore di mafia. Oppure buttarlo a mare. Ci sono altri strumenti pratici che possono essere adottati? Guardi, in Italia ci sono 80 miliardi di euro in opere pubbliche aggiudicate ogni anno, tra forniture, servizi e appalti veri e propri. È il settore principale da monitorare, con soluzioni che già ci sono. Ad esempio, la stazione unica appaltante creata in Calabria è uno strumento che, attraverso il nuovo piano straordinario antimafia, il governo intende estendere all’intero Paese. Non è però l’unico strumento. La verità è che il settore degli appalti è un settore delicatissimo, nel quale quotidianamente molti operatori segnalano anomalie di tutti i generi. Perciò, bisogna fare uno sforzo in più Vincenzo R. Spagnolo
16 luglio 2010 SPORT INQUINATO Le mani della mafia sul calcio Sono più di 30 i club coinvolti Partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome: le mafie hanno messo le mani sul mondo del calcio, perchè, come spiega Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera "si garantiscono visibilità e presidio nel territorio e opportunità di riciclare denaro e arruolare nuove leve". In Lombardia, in Campania, Basilicata, Calabria, sono più di trenta i clan contati da Libera direttamente coinvolti o contigui al potere della criminalità organizzata e censiti per inchieste giudiziarie per infiltrazioni malavitose. "È uno spaccato inquietante - ha sottolineato Don Ciotti - ma non c'è da stupirsi". È la denuncia dell'associazione Libera, che ha presentato il dossier "Le mafie nel pallone - Storie di criminalità e corruzione nel gioco più truccato al mondo. Potenza Calcio: il caso limite", un'anticipazione del libro "Le mafie nelPallone", di Daniele Poto, in uscita a settembre. Già tre anni fa Libera aveva denunciato che nella piana di Gioia Tauro i clan sono entrati nei piccoli club, in quell'occasione "il mondo del calcio si è indignato, ma è una realtà che le mafie siano "nel pallone"". I collaboratori di giustizia, ha ricordato il fondatore di Libera, da anni "dichiarano che i presidenti dei club hanno offerto loro posti di lavoro, che hanno scoperto solo dopo essere manovalanza per le organizzazioni criminali". Il caso di Giorgio Chinaglia, tutt'ora latitante per la tentata scalata alla Lazio, quello dei giocatori del Potenza che non gioiscono per il gol dei propri compagni di squadra perchè sui risultati delle partite erano stati scommessi migliaia di euro in collusione con la 'ndrangheta, sono solo episodi limite. Il dossier, preparato da Libera, e che verrà pubblicato in settembre, ne cita altri.
2010-07-16 16 luglio 2010 Limita i danni della crisi, patiti dai giovani, ma rischia di logorarsi Urgente rafforzare la famiglia ammortizzatore essenziale Già prima della crisi economica le nuove generazioni non se la passavano molto bene in questo Paese. Bassi tassi di attività e lunga permanenza entro le protettive e rassicuranti mura della famiglia di origine, sono da molti anni un tratto caratterizzante dei giovani italiani rispetto ai coetanei del resto d’Europa. Alla base ci sono anche motivi culturali, legati all’importanza della famiglia e alla forza delle relazioni affettive e di disponibilità al reciproco sostegno tra genitori e figli. Quella che, però, era una scelta è diventata nel tempo sempre più una necessità. Tanto che, come documenta l’Istat, tra i motivi della non uscita dalla casa paterna sono cresciuti negli ultimi anni soprattutto quelli riconducibili a difficoltà oggettive. Aumenta, dicono le varie ricerche, la voglia di autonomia dei giovani, ma non cresce la loro capacità di liberarsi dalla dipendenza dei genitori. I problemi maggiori arrivano soprattutto dal lavoro, che non c’è o, quando c’è, prevede spesso remunerazioni basse e discontinue. Negli altri Paesi i giovani con contratto a termine sono pagati di più e aiutati maggiormente con politiche attive, che coprono il passaggio da un’occupazione all’altra. In Italia, come ben noto, la riforma del mercato del lavoro non è stata accompagnata da una concomitante ristrutturazione del sistema di welfare pubblico in grado di fornire strumenti di protezione verso i nuovi rischi. Così la flessibilità è scivolata verso la precarietà, quasi completamente addossata sui giovani, ovvero sui nuovi entranti. A loro volta le nuove generazioni hanno risposto appoggiandosi ancora di più sulla famiglia di origine, il loro unico vero ammortizzatore sociale. Ma così abbiamo creato un sistema che incentiva la dipendenza anziché promuovere l’autonomia e le scelte di responsabilità adulta, quali formare una propria famiglia. A preoccupare è soprattutto l’incapacità di valorizzare il capitale umano delle nuove generazioni mettendolo al servizio della crescita del benessere comune. Siamo, nel complesso, uno dei Paesi più lontani da quella promozione di una piena partecipazione dei giovani nella società e nel mondo del lavoro auspicata dalla Commissione Europea. La crisi ha accentuato, evidentemente, ancor più questo stato di cose. Il ricorso alla cassa integrazione riguarda maggiormente i lavoratori maturi, le mancate assunzioni e il mancato rinnovo di contratti a tempo determinato colpisce invece maggiormente le nuove generazioni. Ed infatti l’80% della riduzione dell’occupazione riguarda i giovani. A mitigare gli effetti di un impatto così rilevante e potenzialmente drammatico è stata ancora una volta la famiglia di origine. Ma ciò solleva varie questioni preoccupanti. L’assenza di un welfare pubblico adeguato rende essenziale il ruolo dei genitori, ma crea forti disuguaglianze. Reggerà meglio chi ha alle spalle genitori benestanti, indipendentemente dal suo valore e dalle proprie capacità. Ma più in generale, ci si può chiedere fino a che punto le famiglia media riuscirà a tenere. Quella che è stata finora la risorsa più importante per la crescita e il benessere sociale, potrebbe uscire dalla crisi molto provata e impoverita, rischiando di compromettere le possibilità di ripresa e rilancio. Abbandonare i giovani e le famiglie a se stesse può consentire di limitare i costi della crisi nel breve termine, ma provocare conseguenze negative durature nel tempo. Alessandro Rosina
2010-07-15 15 luglio 2010 IL VOTO Manovra, il Senato vota la fiducia Sì dal Senato alla fiducia chiesta dal governo sul maxiemendamento alla manovra correttiva. I sì sono stati 170, i no 136. Il testo, che deve essere convertito in legge entro fine luglio, passa ora all'esame della Camera. Il maxiemendamento del governo recepisce tutte le modifiche della Commissione bilancio: dilazionamento delle tasse per le popolazioni colpite dal terremoto in Abruzzo, blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, novità sulle pensioni per le donne del pubblico impiego, riduzione degli stipendi dei manager e dei budget a disposizione dei ministeri, taglio dei costi della politica. Entrano in vigore anche le nuove norme per la libertà d'impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per le case non accatastate. Tra i tagli, spiccano quelli per Regioni, Province e Comuni. LE REAZIONI I governatori, in particolare, minacciano - con l'eccezione dei presidenti leghisti di Veneto e Piemonte - di restituire al governo le loro deleghe in materia di servizi e incentivi economici. Torneranno a riunirsi nei prossimi giorni per esaminare la situazione. Per ora hanno deciso di accantonare la riconsegna delle deleghe, iniziativa annunciata nelle scorse settimane come protesta ai tagli da 13 miliardi tra 2011 e 2013. "Al fine di confermare l'unità piena della conferenza la decisione della riconsegna delle deleghe viene accantonata fiduciosi che il percorso di confronto con il governo abbia un esito pienamente positivo", dice il documento approvato al termine della conferenza odierna. Le Regioni ribadiscono in ogni caso "che alle deleghe trasferite debbano corrispondere le relative risorse". La manovra colpisce le Regioni con tagli per 4 miliardi nel 2011 e 4,5 miliardi a partire dal 2012. La decisione di oggi segue lo sfilarsi dal fronte di protesta contro il governo di Lazio, Molise, Abruzzo, Campania e Calabria. Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, è tornato ieri a difendere la manovra nel corso dell'assemblea di Confcooperative: "Siamo a un tornante della storia. Non solo per noi ma per tutti i paesi. Non so se sia una ideologia. L'austerità certamente è una necessità che significa solidarietà e responsabilità".
15 luglio 2010 MANOVRA AL VOTO Oggi la fiducia. E Tremonti predica austerità La manovra va oggi al giro di boa, con il voto di fiducia in Senato (alle 11,30), e Giulio Tremonti torna a predicare austerità e rigore. "Non so se sia un’ideologia, ma oggi l’austerità è certamente una necessità e una responsabilità", ha dichiarato il ministro dell’Economia all’assemblea di Confcooperative. Quasi in simultanea il governo "blindava" il decreto a Palazzo Madama, sul testo di un maxi-emendamento che conferma i tagli alle Regioni, la proroga per le multe sulle "quote-latte" che "sconcerta" il ministro dell’Agricoltura Galan e l’uso del 30% dei risparmi nella scuola per pagare gli scatti d’anzianità agli insegnanti. Poche le novità, rispetto a quanto già circolato: si rafforza la stangata sulle assicurazioni (30 milioni in più, da 234 a 264) e - con un nuovo contrordine - rimane il limite dei 20 alunni nelle classi con disabili. Cambiano i tagli ai patronati: sono diluiti in 3 anni, ma salgono a 90 milioni. Hanno trovato spazio poi 61,3 milioni, in 4 anni, per le assunzioni di giovani magistrati. E sono saltate le norme, introdotte in commissione, che prolungavano il periodo in servizio per i docenti delle università private e limitavano (era una proposta leghista) a mille euro, dagli attuali 2mila, i trasferimenti di denaro contante tramite i money transfer. Già da domani il testo sarà alla Camera, dove è atteso da un’altra fiducia. Per il governo è già ora di voltare pagina, come ha testimoniato Silvio Berlusconi nell’ormai consueto comunicato di giornata: "Non possiamo limitarci a piangere sui danni causati dalla crisi, dobbiamo invece ricercare tutte le strade possibili per consolidare la ripresa e il governo sta facendo proprio questo", scrive il premier (che fa poi un preciso riferimento alle esigenze dei costruttori, che hanno tenuto ieri la loro assemblea). Da parte sua Tremonti ha elogiato "quanti, nel disegno della manovra, hanno condiviso il senso e la logica di quel cambiamento": è grazie a loro, ha rimarcato, che non c’è stata "rottura della coesione sociale" e "il Paese ha tenuto, tiene e terrà". Ma un nome su tutti ha voluto farlo, dando un pubblico riconoscimento a Raffaele Bonanni, il leader della Cisl seduto in prima fila davanti a lui nell’auditorium Conciliazione: "In questi mesi ho visto un uomo di Stato, che ha un senso profondo di responsabilità politica". Accanto a questo, restano anche gli strappi operati dalla manovra. A partire da quello con le Regioni che però hanno aggiornato a oggi la loro Conferenza, messa in crisi dal dissenso ormai pubblico dei governatori leghisti Cota e Zaia, che "non hanno alcuna intenzione" di riconsegnare le deleghe sui servizi gravati dai tagli. Restano anche i "no" del Pd, che annuncia una mobilitazione nazionale venerdì e sabato, e della Cgil: per il segretario Guglielmo Epifani il "maxi-emendamento" "conferma le ragioni dello sciopero" fatto dalla Cgil, la manovra "è iniqua e pagano solo i lavoratori". E una polemica "interna" si è materializzata pure in Senato, nell’intervento di Mario Baldassarri, presidente della commissione Finanze e senatore finiano, il quale ha ricordato che la sua proposta, già a dicembre scorso, di una manovra da 35 miliardi "fu considerata cervellotica, fui chiamato "dottor Stranamore""; con il risultato invece che da allora "ne abbiamo fatta una da 43 miliardi" tra Finanziaria 2010, "mille-proroghe" più l’attuale intervento. Per Baldassarri il problema è che "tutte le manovre tagliano la spesa tendenziale degli anni futuri" più che quella in corso d’anno, che continua a salire. Eugenio Fatigante
14 luglio 2010 MANOVRA FINANZIARIA Manovra, il governo pone la fiducia al Senato Il governo ha posto la questione di fiducia in Senato sul maxiemendamento alla manovra correttiva. Lo ha comunicato in aula il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito. Il Senato voterà la fiducia al più tardi giovedì, poi la manovra passerà alla Camera per la seconda lettura. L'approdo in aula a Montecitorio è previsto al momento il 26 luglio, il via libera entro il 29. Il decreto legge decade il 30 luglio, è difficile quindi che la Camera possa introdurre modifiche e rendere necessario un terzo passaggio in Senato. LE NOVITA' Stop ai rinnovi contrattuali e agli stipendi degli statali, tagli ai costi della politica ma anche alle Regioni, nuove norme sulle pensioni e novità per i cittadini abruzzesi colpiti dal terremoto: ecco le misure principali contenute nella manovra correttiva aggiornata con il maxiemendamento presentato mercoledì dal governo in Senato e sul quale domani sarà votata la fiducia. STOP CONTRATTI E BLOCCO STIPENDI P.A. Stop al rinnovo dei contratti, agli aumenti degli stipendi degli statali e al turn-over. Limitazioni per i contratti a termine. Fanno eccezione poliziotti, vigili del fuoco e enti di ricerca. PROFESSORI E MAGISTRATI - Bloccati gli automatismi stipendiali per il personale non contrattualizzato, tra cui i professori universitari. Per i diplomatici proroga dei trattamenti in servizio. Per le toghe il taglio tocca le indennità. Sì a 61,3 milioni per assunzioni di giovani magistrati. MINI-AUMENTI BALZELLI PROCESSI - Arrivano una serie di mini-aumenti delle tasse processuali. TAGLI AI MINISTERI E AUTO BLU - La sforbiciata è del 10%. Arriva anche un giro di vite sulle auto blu. COSTI POLITICA - Riduzioni di spesa per Palazzo Chigi. Taglio del 10% alle buste paghe dei ministri e sottosegretari che non siano membri del Parlamento. Sforbiciata anche per la politica locale e economie in vista per gli organi costituzionali. TAGLI A PARTITI - Si riducono i rimborsi elettorali. MANAGER P.A.- La quota di stipendio che supera i 90.000 è ridotta del 5%, quella che supera i 150mila il 10%. PENSIONI - Donne della p.a. in pensione a 65 anni dal 2012. Dal 2015 età anagrafica collegata all'aspettativa di vita. Previste le cosiddette "finestre mobili", che ritardano la possibilità di lasciare il lavoro. PIÙ CONTROLLI SU INVALIDI - Torna al 74% la soglia per gli assegni di invalidità. Salgono a 250 mila le verifiche Inps. TAGLI FAI-DA-TE REGIONI - La sforbiciata resta di 8,5 miliardi ma sarà la Conferenza Stato-regioni a decidere come ripartirli seguendo criteri di 'virtuosità. Tagli anche a Comuni (4 miliardi) e Province (800 milioni). COMUNI E LOTTA EVASIONE - I comuni che collaboreranno incasseranno il 33% dei tributi statali incassati. ROMA CAPITALE - Oltre ai 300 mln del Tesoro, 200 mln arrivano tramite un aumento delle tasse di imbarco e un incremento dell'addizionale comunale all'Irpef. A queste risorse si sommano 50 mln per i comuni commissariati. Roma ha maggiore flessibilità sul patto di stabilità interno e può introdurre una tassa di soggiorno per i turisti. TASSE ABRUZZO - Proroga della sospensione delle tasse per le imprese fino al 20 dicembre. I cittadini avranno 10 anni per la restituzione dei tributi. Il pagamento scatterà dal 2011. CASE FANTASMA - Entro il 31 dicembre 2010 chi ha un fabbricato non censito dovrà denunciarlo e farlo accatastare. CATASTO - Accesso dei comuni alle banche dati del Territorio. Nelle compravendite immobiliari per assicurare la conformità delle planimetrie basta un attestato di un tecnico. SILENZIO-ASSENSO ANCHE SU PAESAGGIO - Esteso all'autorizzazione paesaggistico-territoriale il silenzio-assenso della conferenza dei servizi. REDDITOMETRO - Entrano nuovi indicatori per risalire dal tenore di vita al reddito guadagnato. TRACCIABILITÀ - Tetto a 5.000 euro per i pagamenti in contanti. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro. LIBERTÀ IMPRESA - D'ora in poi basterà una segnalazione per avviare un'attività. I controlli solo ex-post. Dalle nuove regole sono esclusi i documenti relativi all'immigrazione e al patrimonio culturale e paesaggistico . FISCO E IMPRESE - L'accertamento fiscale sarà esecutivo nei due mesi successivi all'atto della notifica. Possibile compensare i crediti nei confronti della p.a. con debiti verso il fisco. Stretta sulle imprese "apri e chiudi". L'azzera-compensi non si applica alle società. IRPEF - Slitta il versamento dell'acconto dell'imposta per il 2011 e per il 2012. Previste minori entrate per 2,9 miliardi. STANGATA ASSICURAZIONI - Resta la tassa sulle assicurazioni. Il governo attende un incremento di gettito di 264 milioni l'anno. FORZE DELL'ORDINE, FONDI E FESTE "SALVE" - Arrivano 160 milioni in due anni. Salve dai tagli le feste nazionali. MINI-NAJA - Stage di tre settimane per giovani volontari nelle forze armate. La divisa si paga. SCUOLA - Il 30% dei risparmi potranno essere destinati anche agli scatti di anzianità e di carriera dei professpri. Resta il tetto dei 20 alunni previsto per le classi con alunni disabili. FARMACI - I tagli saranno spalmati su tutta la filiera. Dal 2011 il prezzo degli equivalenti è adeguato alla media Ue. QUOTE LATTE - Proroga al 31 dicembre il pagamento della rata delle multe "latte". FONDAZIONI BANCARIE - Non dovranno effettuare svalutazioni dei titoli tossici. FONDI IMMOBILIARI CHIUSI - Chi non si adegua alla nuove misure avrà cinque anni per chiudere la liquidazione. CERTIFICATI VERDI - Il Gse dovrà riacquistare quelli in scadenza, ma la spesa andrà ridotta del 30%. AUTOTRASPORTO - Salta il pacchetto di misure per il settore. PEDAGGI - Già scattati i pedaggi su alcune tratte Anas. TAGLIA-ENTI - Soppressi tra gli altri l'Ente teatrale italiano e quello per la Montagna, l'Isae.
14 Luglio 2010 LOTTA ALL'EVASIONE Sommerso, l'Inps recupera 2,6 miliardi di euro in sei mesi Continua con successo la lotta all'evasione contributiva da parte dell'Inps. Nei primi sei mesi dell'anno sono stati recuperati 2,6 miliardi di euro. Il dato si riferisce al periodo gennaio-giugno e mostra una performance assai positiva: +13,5% rispetto al risultato pur eccezionale (+66% sul 2008) dello stesso periodo del 2009. "È una conferma del grande lavoro di recupero crediti che l'Inps ha messo in atto in questi mesi - commenta il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua - per contrastare il fenomeno dell'evasione contributiva. Con questo trend l'ambizioso obiettivo di arrivare a sei miliardi di euro entro la fine dell'anno diventa realisticamente raggiungibile. Un altro segnale di efficienza nel recupero di risorse indebitamente sottratte alla collettività". La performance segnalata per il recupero crediti, si unisce a un andamento positivo nella riscossione ordinaria: nei primi sei mesi, al netto della lotta all'evasione, sono stati riscossi 58,5 miliardi di euro di contributi: oltre un punto percentuale in più (+1,2%) rispetto al preventivo e anche leggermente superiore allo stesso periodo dello scorso anno (+0,3%). "La lotta all'evasione contributiva si associa all'azione di vigilanza che l'Inps continua a svolgere con efficacia sul mercato del lavoro - conclude Mastrapasqua - nei primi sei mesi dell'anno, nel corso di 44mila ispezioni, sono stati denunciati 34mila rapporti di lavoro in nero, oltre il 15% in più rispetto al piano preventivo della vigilanza definito per quest'anno".
14 Luglio 2010 CAPO DELLO STATO Napolitano: Costituzione testo lungimirante Giorgio Napolitano, rivolgendosi al sindaco di Udine, Furio Honsell, e ai consiglieri comunali di Udine, ha riaffermato la "lungimiranza" della Costituzione vigente, approvata a dicembre del 1947, sul tema delle autonomie. "Sono saldate nello stesso articolo la inscindibilità della nazione italiana e la promozione delle autonomie". Due principi, ha detto il presidente della Repubblica a Udine, profondamente attuali sviluppati con le Regioni a Statuto speciale, nate con la stessa Costituzione, e le Regioni a statuto ordinario del 1970. Oggi, ha aggiunto Napolitano, si deve proseguire sulla strada tracciata perchè "una Italia unita senza la coesione nazionale si perderebbe nel grande e tumultuoso fiume della globalizzazione. L'unità nazionale si può promuovere facendo conoscere la Costituzione e promuovendo le autonomie. Io sono profondamente impegnato nella difesa dei valori costituzionali. Ma piuttosto che usare l'espressione "difendere la Costituzione" amo dire che è necessario far vivere e attuare la Costituzione, attuare anche il nuovo Titolo V che ha segnato la strada per uno sviluppo anche in senso federalistico del principio autonomistico che trovò già forma felice nella prima formulazione della Costituzione". "Si riveda ciò che è necessario, si garantisca il massimo di semplificazione nell'articolazione del nostro Stato", ha detto Napolitano raccomandando di salvare i vari livelli di autonomia regionale e locale e di riconoscere "l'importanza decisiva dei Comuni che sono le istituzioni più vicine ai cittadini e ai loro bisogni". A proposito della crisi economica, il capo dello Stato ha affermato che "nessuna parte politica può sottrarsi alla responsabilità collettiva di alleggerire in modo decisivo e di consolidare il bilancio pubblico riducendo il debito che noi abbiamo accumulato e che è un pesante fardello sulle nostre spalle".
2010-07-12 12 Luglio 2010 UNIONE EUROPEA Quote latte, Galan: si dimetta chi causa sanzioni Per la soluzione "europea" del problema degli allevatori italiani che chiedono l'ulteriore proroga del pagamento delle sanzioni per il superamento delle quote latte, supportati dalla Lega Nord, il ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan ha "massima fiducia in Tremonti". Infatti, come ha spiegato a Bruxelles, in occasione della sua partecipazione al Consiglio Agricoltura, Galan non crede che il collega dell'Economia, che oggi è a Bruxelles per l'Eurogruppo, "voglia giocarsi la reputazione" su questa vicenda. Diversamente da quanto anticipato prima del voto parlamentare sull'emendamento che consentiva la proroga per quegli allevatori, Galan non si dimetterà: "Prima di tutto per non dare soddisfazione a chi lo vorrebbe - ha spiegato - poi perchè nel ministero ci sono ancora tante cose da rimettere a posto, e la questione delle quote latte è una di queste: vorrei almeno provarci". Infine, Galan sarebbe "andato a casa se Berlusconi mi avesse chiesto di lasciare perdere, di pensare agli equilibri e alle alleanze. Non me l'ha detto", anzi, ha aggiunto "mi ha detto di fare quello che ho fatto e ci ho rivisto il Berlusconi del 1994, quello che ha cambiato la vita di molti di noi e ha incarnato i sogni di tanti italiani". Galan ha sottolineato che l'Italia ha già pagato, sottoforma di mancati contributi Ue, 1,708 miliardi fra il 1995/96 e il 2001/02 per il mancato rispetto delle quote latte da parte degli allevatori italiani: "Dobbiamo ancora commettere infrazioni sapendo di commetterle? Per difendere chi?", si è chiesto ancora il ministro. Anche sui costi di un'eventuale procedura di infrazione, Galan non è d'accordo con le stime dei sostenitori della proroga: "Se anche fosse vero che ci costerebbe solo fra i 5 e i 7 milioni, ovvero il costo della proroga di sei mesi, ma i miei calcoli sono molto diversi, perchè dovremmo farlo? Non è un atteggiamento da paese civile, e oltretutto ci troviamo in un periodo in cui si chiedono sacrifici e rigore a tutt". E poi, ha aggiunto, "il 95% dei 40mila allevatori italiani", ovvero tutti quelli che sono in regola con le quote latte oppure hanno pagato le sanzioni per averle superate, "un pò di rispetto lo meritano". Secondo Galan, "è stupefacente" la battaglia della Lega a difesa "dei 67 che hanno aderito alla legge Zaia", ma c'è anche una parte degli allevatori, "fra i quali un parlamentare della Repubblica, l'onorevole Rainieri, che non solo superano le quote ma le mettono sul mercato". "In un momento in cui pretendono sacrifici dagli italiani - ha concluso Galan - ci sono cose che non si possono chiedere".
12 luglio 2010 FORUM EURO MEDITERRANEO Berlusconi: nel Mediterraneo, grande potenziale Il rapporto tra i Paesi del Mediterraneo "può avere ancora una volta, un ruolo centrale per il futuro" e "in questo incontro fra il Nord e il Sud del Mediterraneo, Milano fa da perno sia geograficamente che economicamente". Lo ha detto Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio di Milano, aprendo i lavori del Forum Euromed. Sul Mediterraneo, ha detto Sangalli, "si affacciano da una parte un esperimento unico al mondo, l'Unione economica europea, e dall'altra, i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo che per risorse demografiche, minerarie, energetiche, naturali, hanno le potenzialità di diventare i nuovi Bric (Brasile, Russia, India e Cina, ndr). Una combinazione che è davvero la scommessa sul futuro". Basti pensare che siamo di fronte a un mercato potenziale di 600 milioni di consumatori ed un interscambio che ha raggiunto, nel 2009, quota 250 miliardi di euro e che Milano "ha prodotto un volume d'affari con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo pari a 3 miliardi di euro, cioé un terzo del volume d'affari italiano in quest'area". E se i dati dello scorso anno "ci fanno davvero preoccupare", ha aggiunto Sangalli, i numeri del primo trimestre 2010 sono incoraggianti. "L'interscambio commerciale - ha proseguito - rispetto al primo trimestre 2009 verso i Paesi mediterranei è per l'Italia cresciuto del 25%. Per Milano e Provincia è cresciuto più del 34%". Anche il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha sottolineato che "Milano ha la vocazione di essere il ponte economico e culturale tra l'area del Mediterraneo e l'Europa continentale". Per il primo cittadino, il capoluogo lombardo non solo rappresenta "la provincia più mediterranea" di tutto il continente europeo, grazie al 2% dell'interscambio commerciale con la sponda meridionale del Mediterraneo, ma è anche un "hub naturale" per tutto il bacino euromediterraneo. Tra la sponda Sud e la sponda Nord del Mediterraneo c'è "la possibilità di realizzare relazioni straordinarie". È quanto ha affermato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un passaggio del suo intervento al Forum sul Mediterraneo di Milano. Secondo la percezione del capo del governo, dal convegno di Milano emergono "buone prospettive" e una "volontà coerente di procedere". Berlusconi ha ricordato che l'Italia ha sempre lavorato per un forte dialogo euro-mediterraneo e, rivolgendosi agli imprenditori presenti in sala, ha affermato che il governo "è direttamente a disposizione per risolvere i problemi di ogni singolo imprenditore" che volesse investire nell'area euromediterranea, che vogliono crescere ed espandersi su nuovi mercati. Sottolineando di parlare con "anche l'interim per il ministero dello Sviluppo Economico", il premier ha così spiegato che "tutti quelli che hanno un problema sanno di avere il governo disponibile ad aiutarli". "Ho un rapporto di amicizia personale molto profonda con tutti i leader dei Paesi del Mediterraneo - ha aggiunto Berlusconi -. È un fatto importante perchè permette di risolvere tutti i problemi con una telefonata, come del resto è avvenuto di recente. Naturalmente continueremo in questa direzione perchè serve a superare i problemi politici e le barriere burocratiche". LA POLITICA DEL "CUCU" Dalla "politica del cucù" all'autodefinizione di "playold" più che di "playboy". Un Silvio Berlusconi autoironico alterna accenti faceti a quelli più seri del sostegno alle imprese, nel corso del suo intervento al Forum Mediterraneo. Il presidente del Consiglio prende spunto dalle parole di Emma Marcegaglia circa il dialogo con i Paesi a Sud e a Est del Mediterraneo e osserva che "ho inaugurato una famosa politica, la politica del cucù... Una politica molto particolare". Un riferimento all'ormai famosa gag con Angela Merkel, a Trieste, che Berlusconi completa spiegando l'importanza del metodo di governo "basato sull'essere aperti agli interessi degli altri e all'amicizia". Decisamente più leggera la chiusa, rivolta ai rappresentanti diplomatici dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: "Qualche volta portatevi anche qualche bella ragazza, signori ambasciatori, perchè so che anche questo è un merito che tutti quanti siete molto orgogliosi di portare. E noi lo apprezzeremmo molto, perchè siamo latini...". A questo proposito, Berlusconi aggiunge un altrettanto scherzoso inciso personale: "Io non sono più un playboy, ma, come si dice... un "playold" ma ci teniamo ad avere la possibilità di manifestare il nostro senso estetico".
2010-07-10 10 Luglio 2010 MESSAGGIO Berlusconi: "La ripresa è già una realtà" Il governo "ha fatto molte cose positive per fare uscire l'Italia dalla crisi economica senza lasciare indietro nessuno e con i conti pubblici in regola che era la premessa indispensabile per avere una ripresa vera, solida e duratura". Lo ha detto in un messaggio ai Promotori della Libertà il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. "La ripresa economica è una realtà confermata da tutte le rivelazioni statistiche", ha continuato Berlusconi, invitando a diffondere "nei gazebo un messaggio di fiducia e ottimismo". Il premier ha fatto presente come i dati economici indichino che "le cose stanno cominciando a funzionare" citando "l'aumento della produzione industriale, la crescita delle esportazioni e l'aumento del Pil dello 0,5% che è il più elevato rispetto agli altri Paesi europei". La manovra economica "è necessaria" e coniuga "il rigore dei conti alla crescita". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi,in un messaggio audio ai promotori della Libertà chiedendo loro di informare la gente di questo. La manovra, ha quindi continuato, "è in linea con quanto chiesto dell'Ue in merito alla riduzione della spesa pubblica che ormai da anni supera il nostro prodotto interno nazionale". Berlusconi torna all'attacco anche sulle intercettazioni all'indomani dello sciopero dei giornalisti contro il ddl. "Dovete togliere il bavaglio alla verità - dice in un messaggio ai Promotori della libertà - quel bavaglio imposto dalla stampa schierata con la sinistra, pregiudizialmente ostile al governo, che disinforma, distorce la realtà e calpesta in modo sistematico il diritto sacrosanto della privacy dei cittadini". Secondo il premier la libertà di stampa, come tutte le libertà costituzionali, incontra il limite di altri diritti meritevoli di tutela, come quello alla privacy.
10 luglio 2010 TAGLI ALLA SPESA Manovra, si intensifica il pressing delle Regioni Dopo l'incontro di ieri con il premier Silvio Berlusconi, dove non c'è stata nessuna apertura su una diversa distribuzione dei tagli, prosegue il pressing delle Regioni che chiedono di modificare la manovra finanziaria. I governatori torneranno a riunirsi mercoledì prossimo, nel pomeriggio, alla vigilia del voto di fiducia sul provvedimento, previsto per giovedì al Senato.Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, oggi ha parlato telefonicamente con il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per informarlo della preoccupazione dei governatori per il peso che la sforbiciata prevista dalla manovra avrà sui servizi a cittadini, famiglie e imprese. E anche la prossima sarà una settimana "calda" per i governatori. Dopo il vertice di Palazzo Chigi, secondo indiscrezioni, i presidenti avrebbero concordato di riunire le rispettive giunte nello stesso giorno, mercoledì mattina, per mettere a punto nero su bianco un documento che fotografi gli effetti dei tagli della manovra nella propria Regione e i servizi a rischio. I governatori continuano a sperare di poter ottenere correttivi in extremis. E così sempre mercoledì, nel pomeriggio, in vista del voto di fiducia a Palazzo Madama, si svolgerà una nuova riunione della Conferenza delle Regioni, dove si farà il punto sull'incontro di ieri con l'esecutivo e si decideranno le iniziative da assumere. Come ribadito da Errani, le Regioni continuano a chiedere al ministro dei Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto di iscrivere all'ordine del giorno della prossima Conferenza Stato-Regioni il punto sulle procedure per restituire allo Stato le funzioni trasferite dalla legge Bassanini: i governatori ritengono di non avere più le risorse per esercitarle proprio a causa dei sacrifici richiesti dalla manovra. Si tratta delle competenze su: trasporto pubblico locale, mercato del lavoro, polizia amministrativa, incentivi alle imprese, Protezione civile, servizio maregrafico, demanio idrico, energia e miniere, trasporti, invalidi civili, salute umana, opere pubbliche, agricoltura, viabilità e ambiente Una posizione, quella sulla restituzione delle competenze, votata il 26 giugno scorso all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni, anche se oggi i governatori leghisti del Veneto Luca Zaia e del Piemonte Roberto Cota sembrano prenderne le distanze: "Da parte mia di restituzione di competenze non se ne parla. Noi chiediamo autonomia, chiediamo federalismo, non siamo della partita di chi vuol restituire le competenze", ha affermato Zaia. "Per quanto mi riguarda punto ad avere nuove competenze, non certo a restituire le deleghe", ha sottolineato Cota. Molto probabilmente mercoledì i governatori discuteranno anche della "Commissione straordinaria" per la riqualificazione della spesa pubblica e per la lotta agli sprechi, la cui istituzione è stata chiesta al governo. E non è escluso, che i lavori proseguano anche il giorno successivo, giovedì mattina. Proprio giovedì la manovra tornerà anche sul tavolo dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani, che insieme all'Unione delle Province d'Italia ieri ha invece siglato un accordo con il governo. Il Consiglio nazionale dell'Associazione è stato infatti convocato per il 15 luglio alle 11 nella sala delle Conferenze in piazza Monte Citorio e tra i punti all'ordine del giorno ci sono anche le comunicazioni del presidente sullo stato delle relazioni con il Governo.
10 luglio 2010 TAGLI ALLA SPESA Manovra, si intensifica il pressing delle Regioni Dopo l'incontro di ieri con il premier Silvio Berlusconi, dove non c'è stata nessuna apertura su una diversa distribuzione dei tagli, prosegue il pressing delle Regioni che chiedono di modificare la manovra finanziaria. I governatori torneranno a riunirsi mercoledì prossimo, nel pomeriggio, alla vigilia del voto di fiducia sul provvedimento, previsto per giovedì al Senato.Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, oggi ha parlato telefonicamente con il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per informarlo della preoccupazione dei governatori per il peso che la sforbiciata prevista dalla manovra avrà sui servizi a cittadini, famiglie e imprese. E anche la prossima sarà una settimana "calda" per i governatori. Dopo il vertice di Palazzo Chigi, secondo indiscrezioni, i presidenti avrebbero concordato di riunire le rispettive giunte nello stesso giorno, mercoledì mattina, per mettere a punto nero su bianco un documento che fotografi gli effetti dei tagli della manovra nella propria Regione e i servizi a rischio. I governatori continuano a sperare di poter ottenere correttivi in extremis. E così sempre mercoledì, nel pomeriggio, in vista del voto di fiducia a Palazzo Madama, si svolgerà una nuova riunione della Conferenza delle Regioni, dove si farà il punto sull'incontro di ieri con l'esecutivo e si decideranno le iniziative da assumere. Come ribadito da Errani, le Regioni continuano a chiedere al ministro dei Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto di iscrivere all'ordine del giorno della prossima Conferenza Stato-Regioni il punto sulle procedure per restituire allo Stato le funzioni trasferite dalla legge Bassanini: i governatori ritengono di non avere più le risorse per esercitarle proprio a causa dei sacrifici richiesti dalla manovra. Si tratta delle competenze su: trasporto pubblico locale, mercato del lavoro, polizia amministrativa, incentivi alle imprese, Protezione civile, servizio maregrafico, demanio idrico, energia e miniere, trasporti, invalidi civili, salute umana, opere pubbliche, agricoltura, viabilità e ambiente Una posizione, quella sulla restituzione delle competenze, votata il 26 giugno scorso all'unanimità dalla Conferenza delle Regioni, anche se oggi i governatori leghisti del Veneto Luca Zaia e del Piemonte Roberto Cota sembrano prenderne le distanze: "Da parte mia di restituzione di competenze non se ne parla. Noi chiediamo autonomia, chiediamo federalismo, non siamo della partita di chi vuol restituire le competenze", ha affermato Zaia. "Per quanto mi riguarda punto ad avere nuove competenze, non certo a restituire le deleghe", ha sottolineato Cota. Molto probabilmente mercoledì i governatori discuteranno anche della "Commissione straordinaria" per la riqualificazione della spesa pubblica e per la lotta agli sprechi, la cui istituzione è stata chiesta al governo. E non è escluso, che i lavori proseguano anche il giorno successivo, giovedì mattina. Proprio giovedì la manovra tornerà anche sul tavolo dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani, che insieme all'Unione delle Province d'Italia ieri ha invece siglato un accordo con il governo. Il Consiglio nazionale dell'Associazione è stato infatti convocato per il 15 luglio alle 11 nella sala delle Conferenze in piazza Monte Citorio e tra i punti all'ordine del giorno ci sono anche le comunicazioni del presidente sullo stato delle relazioni con il Governo.
10 luglio 2010 MANOVRA Le Regioni a muso duro: "Manovra inaccettabile" Nessuno spazio a modifiche sui tagli nella manovra, aveva detto Berlusconi accettando l’incontro. Ed è stato di parola. Malgrado ciò, la torrida mattinata di ieri a Palazzo Chigi ha avuto un esito double face, col governo che spacca così il fronte delle autonomie locali: "molto negativo" per le Regioni, che ora intendono restituire davvero le deleghe su una serie di servizi e avvisano che riferiranno al capo dello Stato, Giorgio Napolitano; "collaborativo" invece per Comuni e Province che, pur mantenendo il giudizio negativo sul maxi-decreto, hanno portato a casa l’impegno del governo a mandare in Parlamento entro il 31 luglio il decreto delegato sul federalismo municipale, che dovrà fissare l’autonomia loro concessa in tema di imposte (il decreto per le Province arriverà invece a settembre). Sono sembrati due film totalmente diversi quelli "girati" ieri nella sala stampa di Palazzo Chigi. Per primi sono scesi i rappresentanti delle Regioni, quasi al gran completo (mancavano però i leghisti Cota e Zaia, pur presenti all’incontro, mentre c’erano quelli del Pdl). I volti tirati, hanno riferito dell’impatto con un "muro", quello rappresentato dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, vero protagonista della riunione. Più di Silvio Berlusconi, che ha provato a fare una concessione temporale, di "3-4 giorni", per cercare una soluzione alternativa; ma è stato stoppato dal custode dei conti pubblici, il quale ha fatto notare che dare ai mercati "l’impressione che si riaprisse la manovra avrebbe potuto dare spazio da lunedì alla speculazione finanziaria", a danno dell’Italia. Discorso chiuso, quindi. L’unica concessione passata è l’assenso del governo (c’era pure Gianni Letta) a mettere in piedi in tempi rapidi una commissione mista "a costo zero" con le varie autonomie locali, per studiare insieme la spesa della pubblica amministrazione e dove si annidano i maggiori sprechi. No a raffica sono venuti invece sulla proposta di riequilibrare i tagli fra Stato centrale ed amministrazioni locali. Le Regioni sostengono che, anche sommando i tagli disposti dalla Finanziaria triennale del 2009, la bilancia è "totalmente squilibrata", come certificato anche da "Istat e Corte dei Conti". "Ci sembra che ci sia un’impuntatura che non fa bene al Paese – ha detto Vasco Errani, il presidente della Conferenza delle Regioni –. La scelta del conflitto istituzionale non è nostra. Siamo molto preoccupati: non si può parlare ogni giorno di federalismo, prendendo poi la strada opposta del pieno centralismo". Il fronte è compatto nell’affermare che ora, in Conferenza unificata, chiederà al governo di rimettere le deleghe: un passaggio per cui serve una legge, ma che secondo i governatori si può attuare anche con un emendamento alla manovra da martedì in aula, al Senato. Il governatore lombardo, Roberto Formigoni, ha sottolineato che "non è una ripicca, ma una presa d’atto". E per Nichi Vendola (Puglia) "a questo punto faranno il federalismo con il morto". Una minaccia che non spaventa Tremonti: "Vedrete che, a manovra chiusa, anche le Regioni torneranno al tavolo con noi". Anche perché, ha fatto notare Tremonti che si è presentato invece (e con lui Calderoli) al fianco di Sergio Chiamparino e Giuseppe Castiglione nella successiva conferenza stampa di Anci e Upi, sono le Regioni che "hanno preferito una discussione diversa", rispetto a quel "metodo di lavoro comune" accettato invece da Comuni e Province. Nel documento da essi sottoscritto ci sono pure, ha spiegato Chiamparino, "il pieno trasferimento ai Comuni delle funzioni del Catasto, l’attivazione di un tavolo per valutare entro ottobre il possibile sblocco dei residui passivi e per rimodulare il Patto di stabilità assorbendo i tagli ai trasferimenti". Eugenio Fatigante
10 luglio 2010 MANOVRA Contro i tagli scioperano anche i diplomatici Il 26 luglio prossimo, per protestare contro la manovra finanziaria, anche i diplomatici incrociano le braccia. Ad annunciarlo in una nota è il Sindacato nazionale dipendenti del ministero degli Esteri (Sndmae) che rappresenta gran parte delle feluche. "I diplomatici italiani non possono accettare quei tagli, alle risorse e al funzionamento della loro carriera di servitori del Paese, che di fatto preludono allo smantellamento della Farnesina", si legge nel comunicato. Il Sndmae ha sottolineato che tante commesse all'estero e accordi internazionali come quelli che ultimamente ha firmato in America latina il premier Silvio Berlusconi (il quale ha parlato di un guadagno per il Paese pari a un punto di Pil) non sarebbero stati mai raccolti "senza il lavoro assiduo, determinato, spesso testardo, senza il lavoro da professionisti dei nostri diplomatici". "I diplomatici e tutti i lavoratori della Farnesina sono impegnati a promuovere l'internazionalizzazione delle nostre imprese e ad appoggiarle quando investono e quando partecipano a gare e commesse", ha spiegato il Sndmae. "Senza l'impegno dei diplomatici, ci sarebbero meno posti di lavoro in Italia e meno ricchezza per il nostro Paese, le cui aziende hanno ormai - e devono avere, per vivere e prosperare - come orizzonte i mercati mondiali", ha ricordato il sindacato. Il ministero degli Esteri, ha assicurato il Sndmae, "produce molto più di quanto costi al Paese. Ha ragione il presidente Berlusconi quando ricorda che il bene comune non è fatto dalla somma dei pur legittimi interessi particolari e i diplomatici italiani chiedono di continuare a esistere come carriera di una Farnesina vitale, proprio per poter continuare a servire il bene comune", ha concluso la nota. 2010-07-08 8 Luglio 2010 DISAGI Da stasera stop ai treni Domani fermi bus, metro e tram Scatta da stasera alle 21 lo sciopero di 24 ore del personale ferroviario, ma il giorno nero sarà domani, quando a incrociare le braccia saranno anche i lavoratori del trasporto pubblico locale: a fermarsi bus, metro e tram. La mobilitazione è stata indetta dalla Filt-Cgil, dalla Fit-Cisl, dalla Uilt, dall'Ugl, dall'Orsa, dalla Faisa e dalla Fast a sostegno della vertenza per il nuovo contratto unico della mobilità. È stato invece differito dal ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, lo stop del personale Enav del centro di Padova che era stato previsto sempre per il 9 luglio. Non solo: per sabato è previsto anche uno sciopero dei lavoratori pubblici indetto dalla Uil Pubblica amministrazione. STOP TRENI DALLE 21 DI OGGI Il fermo dei treni si concluderà alle 21 di domani. Trenitalia ha attivato un numero verde (800.89.20.21) operativo fino alla fine dello sciopero. Informazioni si potranno trovare anche sul web (www.ferroviedellostato.it), al call center 892021 e ai punti informativi, le biglietterie e gli uffici assistenza delle stazioni. Sarà assicurato il collegamento tra Roma Termini e l'aeroporto di Fiumicino attraverso il 'Leonardo Express' o il ricorso a servizi autobus sostitutivi. Per i treni regionali saranno garantiti i servizi essenziali nelle fasce orarie 6-9 e 18-21. VENERDÌ NERO: FERMI TRENI MA ANCHE BUS E METRO Domani non solo proseguirà lo sciopero dei treni, ma sarà fermo anche il trasporto pubblico locale (bus, metro e tram), secondo modalità decise a livello locale. A Roma lo sciopero sarà dalle 8,30 alle 17,30 e dalle 20 a fine turno; a Milano dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 a fine turno; a Firenze dalle 9,15 alle 11,45 e dalle 15,45 a fine turno; a Napoli dalle 8,30 alle 17 e dalle 20 a fine turno; a Cagliari dalle 9,30 alle 12,45, dalle 14,45 alle 18,30 e dalle 20 a fine turno; a Palermo dalle 8,30 alle 17,30; a Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine turno.
8 Luglio 2010 POLITICA ECONOMICA Manovra, slitta la discussione: dal 23 al 26 luglio La discussione generale sulla manovra economica alla Camera slitta dal 23 luglio al 26 luglio. È quanto ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. A riferirlo è il presidente dei deputati del Pd, Dario Franceschini, al termine della riunione. L'esponente democratico ha inoltre ribadito le critiche alla decisione del governo di annunciare la fiducia al provvedimento: "L'annuncio da parte di Tremonti e Berlusconi quando la manovra non è ancora all'esame dell'aula del Senato è un fatto grave, irrituale e che non ha precedenti e svuota ancora di più il ruolo del Parlamento". Slitta tutto di una settimana, di fatto, il calendario dei lavori dell'Aula della Camera. In sostanza la manovra che arriverà dal Senato il 15 luglio (l'approvazione a Palazzo Madama è programmata per il 14), dopo l'esame in commissione approderà in Aula alla Camera il 26 luglio con la discussione generale. Calcolando che il provvedimento decade il 30 luglio, i tempi si fanno quindi molto stretti. Di qui il ricorso alla fiducia che porterebbe ad una approvazione sul filo di lana il 29 con eventuale immediato ritorno al Senato in terza lettura. Il tutto senza contare una richiesta di iscrizioni in massa delle opposizioni nella discussione generale, cosa che complicherebbe ancor più la ristrettezza dei tempi. Per quanto riguarda il ddl intercettazioni, la conferenza dei capigruppo si è limitata a stabilire che andrà "a seguire" l'esame e l'approvazione della manovra. Inizialmente il ddl intercettazioni era previsto in aula per il 29 luglio. Ecco quindi lo slittamento della settimana che porta il ddl intercettazioni alla prima di agosto e il suo sempre più probabile salto a settembre. Un iter che comunque si gioca tutto sulla duplice fiducia che il governo porrà sulla manovra al Senato e poi alla Camera.
7 Luglio 2010 MANIFESTAZIONE La protesta dei terremotati Il governo: tasse in 120 rate Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, d'intesa con il Ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in serata ha annunciato che il recupero dei tributi e dei contributi non versati per effetto della sospensione disposta a causa del terremoto che ha colpito la provincia dell'Aquila nell'aprile 2009, sarà effettuato in 120 rate mensili a decorrere dal gennaio 2011. A tal fine, il governo presenterà in aula al Senato un apposito emendamento al decreto legge sulla manovra, per ripartire il pagamento su 10 anni anziché su 5, come attualmente dispone la norma approvata in Commissione. CINQUEMILA A ROMA Si è conclusa così una giornata convulsa, iniziata con l'arrivo a Roma di 5000 terremotati con i pullman e le auto private. La maggior parte esibiva bandiere nere e verdi, nero per il lutto, verde per la speranza. È la bandiera de L'Aquila. Il senso della protesta a Roma lo ha spiegato il sindaco del capoluogo abruzzese colpito dal terremoto il 6 aprile 2009. "Dal primo luglio – ha detto – stiamo ripagando le tasse. Quelle che ci erano state sospese lo scorso anno le dobbiamo pagare in 60 mesi, questo vuol dire che gli abitanti del "cratere" pagheranno allo Stato italiano 250 milioni di tasse. È un omicidio premeditato e per questo siamo venuti a protestare. Inoltre la ricostruzione è bloccata perché i soldi non ci sono".
I manifestanti hanno esibito inoltre cartelli contro il Governo e i suoi principali esponenti. "Onna distrutta e tassata", si leggeva su uno striscione, "Chiodi, non pazzia", si leggeva su un altro. Ma fin dall'inizio la tensione era percepibile. Infatti pochi minuti dopo l'arrivo del grosso della manifestazione, un gruppo di manifestanti ha tentato di sfondare il posto di blocco delle forze di polizia tra piazza Venezia e via del Corso. Qui un ragazzo è rimasto ferito da una manganellata. Il lungo "muso a muso" tra manifestanti e polizia è proseguito poi all'incrocio tra via del Corso e via di Pietra, dove le forze dell'ordine hanno allestito un altro blocco. In tarda mattinata, finalmente, anche questo posto di blocco è stato rimosso e i manifestanti sono arrivati davanti a palazzo Chigi. IL SINDACO: BILANCIO AMARO Bilancio amaro per il sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente. "Di botte – ha detto Cialente in piazza Navona dove si è conclusa la manifestazione – ce ne sono state abbastanza. Risultati concreti pochi. Ho parlato poco fa con il sottosegretario Letta e mi ha detto che Berlusconi è possibilista sulla possibilità che gli aquilani inizino a pagare le tasse dal primo gennaio 2011, restituendo quello che non hanno pagato solo per il 40% e in dieci anni. Ora la parola spetta a Tremonti. Se ci sarà un suo via libera questa ipotesi diventerà realtà". POLEMICHE PER GLI SCONTRI, IL VIMINALE "VERIFICA" "Sto andando al ministero per fare una riunione su quanto accaduto". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, rispondendo a una domanda sugli scontri che in giornata hanno coinvolto i manifestanti aquilani e le forze dell'ordine a Roma. Per ora, ha spiegato il ministro, "ho solo notizie frammentarie, al ministero mi farò raccontare come sono andati i fatti. Io verifico i fatti non le opinioni riportate da qualcuno". Maroni ha quindi riferito di "essere favorevole alle manifestazioni quando si svolgono pacificamente, senza violenze e voglio capire perché questa non si è svolta in questo modo, voglio capire se ci sono responsabilità e da che parte".
2010-07-04 3 Luglio 2010 MANOVRA ECONOMICA Tredicesime, Berlusconi: "Non ci saranno tagli" "Ho letto che nella manovra sarà prevista una riduzione della tredicesima per le forze dell'ordine. Smentisco questa notizia nella maniera più assoluta. Nella manovra non ci sarà alcuna riduzione della tredicesima per nessuno". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervistato dal Tg4, a proposito dell'emendamento del relatore alla manovra che taglia le tredicesime ad alcune categorie. In giornata c'erano state anche le rassicurazioni del ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Pure dal Viminale si fa sapere che non ci sarà alcun taglio delle tredicesime del comparto Sicurezza. Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, si è sentito telefonicamente con il collega La Russa e la linea di entrambi - si sottolinea in ambienti del Viminale - è che la tredicesima degli uomini delle forze dell'ordine non si tocca. Intorno a mezzogiorno, il ministro La Russa aveva precisato: "Il punto di cui si discute con Tremonti è il blocco degli aumenti in caso di promozione che per il comparto sicurezza è assai più pesante e punitivo rispetto altri comparti perchè da noi le promozioni sono più frequenti". Nell'ambito di questa discussione, ha aggiunto La Russa, il ministero dell'Economia "ha proposto di dare la facoltà, ma non l'obbligo, a ogni comparto di optare per un taglio generalizzato fra il 10 e il 20% della tredicesima al posto del taglio sulle promozioni". Una possibilità che però né il ministro della Difesa, né il ministro dell'Interno, Roberto Maroni hanno preso in considerazione. "L'abbiamo notificato pubblicamente - conclude La Russa - e io ho appena finito di parlare con Tremonti che ne ha preso atto. In parole povere, sia da me che da Maroni è stato specificato che anche ove la norma che dà la facoltà di optare per il taglio delle tredicesime venisse inserita, noi fin da ora dichiariamo che non intendiamo avvalercene in nessun caso". "LE TREDICESIME POSSONO ESSERE RIDOTTE" di Gianni Santamaria Ma mentre quello in materia pensionistica è una riformulazione di quello contestato l’altroieri (il "refuso", che per la Cgil è diventato una "retromarcia"), a spuntare dal cilindro è il taglio alla mensilità aggiuntiva. "Le tredicesime possono essere ridotte" al fine di assicurare "un risparmio di spesa". L’entità dei tagli verrà definita con appositi decreti del presidente del Consiglio. Per i magistrati il decreto sarà emanato "su conforme delibera degli organi di autogoverno". Potranno essere emanati distinti decreti per tutte le altre categorie. La misura va a copertura di una nuova norma che prevede di escludere promozioni, straordinari e arretrati dai tagli della pubblica amministrazione. Ma si scontra con il no del Pd: "Ci opporremo con tutta la nostra forza istituzionale a questo ennesimo atto di arroganza della maggioranza", annuncia Emanuele Fiano, responsabile del forum sicurezza. Parla di iniziativa "sconcertante" il leader Udc Pier Ferdinando Casini. E ironizza: "Spero sia solo un nuovo clamoroso refuso". La novità della proposta di modifica in materia di pensioni, invece, è che il secondo adeguamento dei requisiti alla speranza di vita (previsto ogni tre anni) scatterà dal 1° gennaio 2016, cioè solo un anno dopo rispetto al primo gennaio del 2015. È stato invece tolto lo stop al requisito dei 40 anni di contributi, che aveva sollevato un vespaio di polemiche. "Il testo è stato ripulito. Non c’è problema, è tutto risolto", ha tranquillizzato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Per effetto delle numerose questioni aperte, il via libera alla manovra della Commissione Bilancio del Senato è, dunque, slittato a lunedì. Il provvedimento potrebbe essere approvato in quella stessa data con una seduta no-stop, ha riferito Maurizio Saia (Pdl). Potrebbero entrare nella manovra anche la cosiddetta mini-naja. Infatti, è possibile che in un emendamento venga inserito quanto già previsto in un ddl governativo attualmente in discussione in Senato, che prevede per i ragazzi e le ragazze tra 18 e 30 anni, la possibilità di partecipare volontariamente a corsi di formazione teorico-pratici, non superiori a tre settimane nelle Forze armate. Pronto anche il testo che sarà presentato lunedì e prevede possibili tagli all’intero settore farmaceutico, comprese quindi le aziende, così come chiedevano i titolari di farmacie. "In attesa dell’adozione di una nuova metodologia di remunerazione delle farmacie per i farmaci erogati in regime di Ssn", le quote di spettanza a grossisti e farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico dei medicinali di fascia A vengono rideterminate nella misura del 3% per i primi (era il 6,65%) e del 30,35% per i secondi (era il 26,7%) "come quota minima spettante". Infine, il 30% dei risparmi previsti dal settore scuola e reinvestiti nel comparto verranno accantonati - nonostante il congelamento triennale 2011-2013 - e potranno in seguito essere destinati a scatti di anzianità e progressioni del corpo docente.
2 Luglio 2010 IL PALAZZO E IL PAESE Il ritorno di Berlusconi "Da lunedì ci penso io" La politica italiana "è in ebollizione? Ghe pensi mi". Il premier, sbarcato in Italia da una lunga trasferta internazionale, si concede a raffica a tv e radio quasi unificate per avvisare tutti che la festa è finita. "Da lunedì", promette Silvio Berlusconi, "mi metterò al lavoro", "prenderò in mano la situazione" – definita "non tranquilla" e "in ebollizione" – e "mi occuperò di con grande determinazione e con risultati concreti" di "manovra, intercettazioni e giustizia". Un’agenda, quella spiegata in tv, che non comprende altri temi, dei quali però si è parlato lungamente in un vertice con i fedelissimi, convocato a Palazzo Grazioli nel pomeriggio di ieri. E potrebbe comprendere la soluzione traumatica del caso Brancher, ovvero le dimissioni del neo ministro (il quale però assicura di non saperne nulla) prima della mozione di sfiducia alle Camere. Un gesto che, nelle intenzioni del Cavaliere, dovrebbe servire a riprendere i nodi del rapporto con il capo dello Stato, sfilacciatosi notevolmente dopo la vicenda Brancher e quella delle intercettazioni. Ed evitare una conta in Parlamento che, con l’annunciata convergenza di Pd, Idv, Udc e finiani, potrebbe di questi tempi riservare sgraditissime sorprese. Il pendolo, all’interno dello Stato maggiore del Pdl, oscilla notevolmente tra lo scontro frontale e la mediazione. C’è chi come Ghedini, avvocato del premier e consigliere privilegiato in materia di giustizia, propende per lo show down con il Quirinale. E ieri mattina, con una intervista al "Corsera", ha dato fuoco alle polveri, facendo una (in apparenza cortese) lezione di diritto costituzionale a Napolitano, ma ricordandogli nella sostanza che qualora non firmasse la legge sulle intercettazioni, il Parlamento (ovvero la maggioranza) potrebbe rimandargliela così com’è, costringendolo alla firma. Una vera e propria sfida, stigmatizzata duramente dalle opposizioni. Difficile pensare che Ghedini abbia potuto fare un attacco così mirato al capo dello Stato, senza prima essersi consultato con il suo capo. Ma è anche vero che nel gioco della comunicazione politica di cui il Pdl è maestro, spesso si fanno lanciare da altri attacchi duri, per poi presentarsi come i pacificatori. Da quello che raccontano i partecipanti al vertice, la guerra a Napolitano (i cui interventi non sono piaciuti al premier) sarebbe, in questo momento, l’ultimo dei pensieri di Berlusconi. Preoccupato della situazione interna al Pdl – il Cavaliere detesta che si litighi in pubblico, come hanno fatto l’altro giorno Fini e Bondi – ma anche da un certo movimentismo della Lega, che nei giorni scorsi si è esposta fin troppo nel rivendicare il suo ruolo di mediazione politica: con il Quirinale, nella vicenda Brancher; con Fini e lo stesso capo dello Stato per la questione della legge sulle intercettazioni; con le Regione per i tagli contenuti nella manovra. Movimentismo che, in certi passaggi, ha rischiato di appannare l’immagine del premier. Il presidente sono io, è stato dunque il messaggio che Berlusconi ha voluto dare agli elettori del centrodestra un po’ frastornati. Ma anche ai suoi alleati-competitori, ai quali il Cavaliere fa sapere che non accetta di essere scavalcato. E, da quello che è emerso dal vertice, il Pdl tenderà una mano sulle intercettazioni ("Non impicchiamoci a questo testo, che non è nemmeno quello che volevo", avrebbe sostenuto il presidente del Consiglio) accettando anche il rinvio a settembre. Piuttosto, meglio lavorare sulla costituzionalizzazione del Lodo Alfano, per il quale però il consenso dell’opposizione se non obbligatorio è consigliabile, per evitare il ricorso al referendum. Ma probabilmente si arriverà al più presto (o si tenterà di farlo) alla resa dei conti con il presidente della Camera, che è ormai accusato di "tradimento". "O dentro alle nostre condizioni o fuori", ammoniva ancora ieri Fabrizio Cicchitto. Giovanni Grasso
3 Luglio 2010 CONTI PUBBLICI Tremonti attacca le Regioni "Cialtroneria sui fondi Ue" Nuova puntata dell’ormai difficile rapporto fra il governo, nella persona di Giulio Tremonti, e le Regioni. Il ministro dell’Economia attacca pubblicamente le amministrazioni regionali del Sud, colpevoli di lamentarsi tanto ma di saper utilizzare finora solo una minima parte dei quasi 44 miliardi di euro di fondi europei (per il periodo 2007/13). E chiede di smetterla con la "cialtroneria di chi prende i soldi e non li spende". Parole pronunciate da un Tremonti in camicia davanti alla foltissima assemblea della Coldiretti e che provocano la replica "in diretta" di Vasco Errani, il presidente della Conferenza delle Regioni, che esorta allora il ministro a "fare una commissione a costo zero sugli sprechi della pubblica amministrazione, che guardi voce per voce". La nuova polemica alimenta un clima reso già incandescente, oltre che dalla manovra, dalla conferma (arrivata dall’Agenzia delle Entrate) che l’Irap sarà più salata dello 0,15% per le aziende già dall’acconto di novembre prossimo, mentre la mini-stangata dell’Irpef, legata all’aumento dell’addizionale nelle 4 regioni in deficit sanitario (Lazio, Calabria, Campania e Molise), scatterà solo a partire dal 2011, con un anticipo al 2010 solo per i dipendenti che finiscono di lavorare. Un conto che solo per l’Irpef, che riguarda tutti i contribuenti, varrà in media 60-70 euro a testa. L’aggravio di tasse innesca la reazione di Confindustria, che in una nota parla di "una fiscalità di svantaggio" per il Sud e annuncia che "non intende tollerare più a lungo comportamenti irresponsabili da parte delle Regioni". La nuova polemica tremontiana sortisce però il suo effetto. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, la definisce un "intollerabile diversivo" per "non dare risposte". Replica per le rime il governatore pugliese Nichi Vendola, che accusa il ministro di voler "avvelenare i rapporti fra governo e Regioni". Per di più proprio nel momento in cui una delegazione di governatori, in attesa dell’incontro promesso da Berlusconi, aveva trovato udienza ieri dal presidente del Senato, Renato Schifani, il quale ha detto che farà arrivare "le loro preoccupazioni" a Palazzo Chigi. Sono timori palesati dalle parole di Roberto Formigoni, governatore lombardo: "Siamo pronti a farci carico di spiegare alcuni tagli ai cittadini, ma non vogliamo dover essere costretti a tagliar loro la testa". Proprio per l’impegno a Palazzo Madama, Errani e Polverini sono arrivati in lieve ritardo all’assemblea Coldiretti. In tempo, però, per sentire Tremonti scagliarsi contro lo "scandaloso percorso" nella gestione delle risorse Ue al Sud: "Dei fondi sul programma 2007/13 – ha spiegato – questi signori hanno speso solo 3,6 miliardi. Mentre cresceva la protesta contro i tagli, aumentavano i capitali non usati. Più il Sud declinava, più i fondi salivano. Questa cosa è di una gravità inaccettabile". E lo sarà ancor di più valutando che "siccome i soldi per il Sud saranno di più e non di meno nei prossimi anni, non si può continuare con questa gente che sa solo protestare e non sa dare servizi". Sul tema è intervenuto anche il ministro per i Rapporti regionali, Raffaele Fitto, che propone una "nuova agenda per il Sud" sostenendo che Tremonti "mette a nudo una dura realtà". Controversa però, a sentire Vendola, per il quale "è evidente che la "cialtroneria" delle Regioni meridionali ha prodotto comunque performance migliori, come capacità di spesa, rispetto ai responsabili delle misure gestite direttamente dai ministeri". E anche Raffaele Lombardo, presidente della Sicilia, ha risposto, piccato, che "i cialtroni vanno cercati altrove". Ed Errani ha ricordato il "necessario rispetto fra le istituzioni". Eugenio Fatigante
2010-07-02 2 Luglio 2010 POLITICA ECONOMICA Fondi Ue al Sud, Tremonti: "Basta cialtronerie" Dura requisitoria del ministro dell'Economia Giulio Temonti contro la classe politica delle Regioni meridionali che non sa spendere i soldi messi a disposizione dall'Unione europea. "Ieri ho incontrato il commissario europeo per i Fondi regionali - ha raccontato Tremonti all'assemblea della Coldiretti - È uno scandalo pauroso quello prodotto dalle Regioni meridionali. Lo stanziamento sul programma comunitario 2007-2013 era di 44 miliardi di euro. Questi signori ne hanno speso solo 3,6, solo 1/12". "E mentre cresceva la protesta per i tagli subiti aumentava l'accumulazione dei capitale non usati e questa è una cosa di una gravità inacettabile. La colpa non è dell'Europa non è dei governi nazionali di destra o di sinistra, ma della cialtronaggine di chi ha i soldi e non li spende. E siccome i soldi per il Mezzogiorno saranno di più e non di meno nei prossimi anni non si può continuare con questa gente che sa protestrare, ma non sa fare il servizio pubblico per i cittadini". Anche il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, intervenendo dopo il ministro dell'Economia, ha puntato il dito sulla scarsa trasparenza nel Mezzogiorno: nel Sud, "in agricoltura, l'occupazione cresceva malgrado la crisi. È un segnale di qualche cosa che non va", ha detto Sacconi sollecitando le associazioni del settore ad aiutare il governo "a portare maggiore trasparenza". Non è tardata la risposta di del presidente delle Regioni Vasco Errani che ha sottolineato come se si "guarda alle Regioni che non stanno spendendo bene, bisogna anche guardare il perché. Hanno responsabilità loro così come hanno responsabilità serie gli enti dello Stato pagatori dei progetti delle regioni meridionali". Dopo il botta e risposta tra il ministro Tremonti e il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani durante l'assemblea nazionale della Coldiretti, anche il ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan è intervenuto sui fondi europei stanziati per il Sud Italia. "Quando si parla di agricoltura italiana - ha spiegato - va detto che ci sono 1.114 milioni di euro che mancano all'appello e che rischiano di essere restituiti all'Unione europea". E rivolgendosi a Vasco Errani: "Questo non va bene, si può giustificare tutto, ma non l'incapacità, l'incompetenza, l'impreparazione di chi non è in grado di spendere i soldi e li restituisce a Bruxelles". Secondo Galan, chi non ha saputo utilizzare i fondi europei "ha fatto un triplice misfatto: buttare via dei soldi, azzerare la credibilità dell'Italia in caso di richiesta di fondi all'Ue e, qualcosa di ancora peggio, perchè nei nuovi criteri della Pac c'è la capacità della spesa storica e come posso andare a chiedere dei soldi se non ho speso quelli che già mi sono stati dati?". Tremonti nelle ultime settimane ha avuto forti polemiche con le Regioni italiane soprattutto a causa dei tagli ai trasferimenti previsti dalla manovra 2011-12. Dopo gli attacchi del presidente e del governatore della Lombardia Roberto Formigoni, i governatori di cinque Regioni del Centro-Sud amministrate dal centrodestra hanno scritto una lettera a Tremonti per chiedere una trattativa sulla revisione dei tagli ai trasferimenti previsti dalla manovra. LA NOTA CONGIUNTA DEI VICEPRESIDENTI UDC "I toni usati dal ministro Tremonti contro le classi dirigenti del sud appaiono eccessivi e fuori luogo, specialmente in un momento in cui le nuove Giunte regionali del centro-sud muovono i primi passi. Non è con le polemiche e con gli insulti che si risolverà un problema, quello del corretto utilizzo dei fondi Ue, che va invece trattato con la massima serietà e coesione nazionale". È quanto affermano, in una nota congiunta, i vicepresidenti Udc delle Regioni Lazio, Campania, Basilicata, Luciano Ciocchetti, Giuseppe De Mita, Agatino Mancusi e il presidente del Consiglio regionale Calabria, Francesco Talarico. "È indubbio infatti - aggiungono i quattro vicepresidenti centristi- che sia i fondi gestiti al centro che quelli in periferia siano spesso amministrati male o non diretti affatto, e che la loro gestione venga comunque portata avanti in accordo tra i ministeri e le Regioni: si tratta quindi di un problema nazionale e non certo riconducibile al nord, al centro o al sud". "L'Udc - si legge nella nota- vuole dare il suo contributo nelle amministrazioni regionali per eliminare sprechi e disservizi e per sfruttare a pieno le grandi opportunità che concede l'Europa. Le generalizzazioni del ministro Tremonti - concludono - non solo non servono a nulla, ma alimentano solo sfiducia da parte dei cittadini nei confronti di una classe politica che è stata eletta per riscattare il centro-sud da anni di amministrazioni disastrose".
2 Luglio 2010 TAGLI Manovra, Regioni preoccupate "ma disponibili al confronto" Si è svolto questa mattina l'incontro tra il presidente del Senato, Renato Schifani, e una delegazione dei presidenti delle Regioni, guidata dal presidente della Conferenza Vasco Errani accompagnato dai presidenti della Lombardia, Roberto Formigoni, e del Lazio, Renata Polverini. I governatori hanno rappresentato al presidente del Senato le loro preoccupazioni insieme "alla loro disponibilità al confronto sulla riduzione della spesa a condizione che essa sia proporzionale alla riduzione della spesa statale". "Trasmetterò alla presidenza del Consiglio queste preoccupazioni. Ma non rientra nel mio ruolo una valutazione politica di merito - ha detto Schifani -. Garantirò ampio dibattito in commissione e in aula perchè ci siano tempi e spazi per gli approfondimenti opportuni". "Abbiamo espresso al presidente Schifani una fortissima preoccupazione e allarme - ha spiegato il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani -. Noi siamo pronti a fare la nostra parte. Riteniamo la manovra necessaria ma nel rispetto dei saldi riteniamo che sia bene che ciascun livello istituzionale faccia la sua parte mentre ora la manovra è squilibrata verso gli enti locali di cui si taglia l'80% dei servizi". "Siamo pronti a farci carico di spiegare la necessità di alcuni tagli ai cittadini, ma non vogliamo dover essere costretti a tagliare la testa ai cittadini" perchè se la manovra resta invariata "potremmo essere costretti a tagliare alcuni servizi essenziali come il trasporto pubblico o l'assistenza alle famiglie". Lo ha detto il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, al termine dell'incontro con il presidente del Senato, Schifani. Parlando del federalismo fiscale, il presidente della Regione Lombardia ha aggiunto che "noi governatori ci siamo sempre battuti per il federalismo fiscale che riteniamo essenziale" ma "crediamo vada realizzato seguendo la legge 42 (la legge delega sul federalismo fiscale ndr) altrimenti temo non si vada sulla strada giusta". Della delegazione faceva parte anche la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. "Abbiamo rappresentato al presidente Schifani una posizione condivisa da tutti i governatori" sulla manovra "a cui io ho voluto aggiungere altre osservazioni in particolare sulla relazione del Tesoro sul federalismo fiscale, sulla questione dei piani di rientro e del patto di stabilità", ha detto Polverini. Questi elementi che, ha sottolineato la Polverini, "rischiano di mettere in ginocchio le regioni", per questo "serve un colloquio istituzionale per permettere alle regioni di compiere il loro ruolo".
1 Luglio 2010 PREVIDENZA Pensioni, riforma-choc Poi il governo corregge Per andare in pensione, dal 2016, non basteranno più i 40 anni di contributi. È quanto prevede l'emendamento del relatore alla manovra e che fra l'altro innalza l'età pensionabile delle donne nella pubblica amministrazione. Ma sulla questione il governo ha subito corretto il tiro. "E' stato solo un refuso, lo cancelleremo", ha detto il ministro del Lavoro Maurizio Saconi. La novità era una conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 scatti l'adeguamento fra l'età pensionabile e la speranza di vita calcolata dall'Istat e si "somma" agli effetti analoghi prodotti dall'introduzione della cosiddetta "finestra mobile" prevista dalla manovra. In attuazione - si legge nell'emendamento - del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che "a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell'economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento". Sull'emendamento del relatore della manovra, Antonio Azzolini, sia la Cgil con Vera Lamonica segreterio confederale sia la Cisl con il leader Raffaele Bonanni avevano espresso un giudizio "molto negativo". IL governo ha però poi smentito l'intenzione di modificare il requisito dei 40 anni, promettendo di correggere l'emendamento.
2010-07-01 1 Luglio 2010 PREVIDENZA Pensioni: non basteranno più 40 anni di contributi Per andare in pensione, dal 2016, non basteranno più i 40 anni di contributi. È quanto prevede l'emendamento del relatore alla manovra e che fra l'altro innalza l'età pensionabile delle donne nella pubblica amministrazione. La novità è una conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 scatti l'adeguamento fra l'età pensionabile e la speranza di vita calcolata dall'Istat e si "somma" agli effetti analoghi prodotti dall'introduzione della cosiddetta "finestra mobile" prevista dalla manovra. In attuazione - si legge nell'emendamento - del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che "a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell'economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento". Sull'emendamento del relatore della manovra, Antonio Azzolini, Vera Lamonica segreterio confederale della Cgil esprime un giudizio "molto negativo"; in particolare sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. "L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perchè un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita. Nel mentre dal lavoro oltre i 40 anni non ricevono nessun beneficio contributivo cioè vanno in pensione dopo ma i contributi non producono nulla".
2010-06-23 23 Giugno 2010 POLITICA ECONOMICA Manovra, il ministro Tremonti apre a modifica Patto di stabilità Disponibilità a rivedere i criteri del Patto di stabilità, possibilità di una maggiore liquidità sui residui passivi per il 2010, nonchè di rivedere la distribuzione dei tagli previsti sulla manovra. E poi la service tax, o Imu, una tassa unica sugli immobili che non dovrebbe riguardare le prime case e potrebbe scattare nel 2012. La manifestazione di protesta degli amministratori locali (sindaci in prima linea, ma anche le Province e le Comunità montane) in piazza Navona a Roma, gli incontri con il ministro Maroni prima, poi con il presidente del Senato Schifani e infine - quello decisivo - con il ministro Tremonti hanno prodotto i primi effetti facendo intravvedere la possibilità di un alleggerimento della manovra tanto contrastata dagli enti locali ai quali verrebbero chiesti sacrifici insostenibili. "Con la giornata di oggi - afferma Chiamparino, sindaco di Torino e presidente dell'Anci (l'Associazione dei Comuni italiani) - possiamo dire di aver smosso le acque". Sul federalismo, innanzitutto, i cui decreti attuativi sarebbero in dirittura d'arrivo. "Aspettiamo di essere convocati entro breve per conoscere il testo del decreto che dovrebbe restituire autonomia impositiva ai Comuni". Proprio facendo camminare insieme manovra e federalismo fiscale, spiega Chiamparino, "potrebbe essere possibile ottenere un alleggerimento della manovra per i Comuni". C'è disponibilità, anche a tentare una via per sbloccare dopo l'estate il 4% dei residui passivi che i Comuni hanno in cassa". Sulla manovra in sè, avverte però Chiamparino, "siamo ancora su posizioni interlocutorie: abbiamo cercato di impostare un percorso che porti ad una redistribuzione del peso dei sacrifici". C'è poi l'Imu o service tax, proposta a suo tempo proprio dall'Anci, allo studio del governo: "Credo di poter dire che si tratti di quello che avevamo proposto. L'obiettivo - ha precisato - è di farla entrare in vigore realisticamente entro il 2012. C'é una disponibilità a lavorare in pochissimi giorni al decreto legislativo". L'ipotesi fin qui emersa sarebbe quella di accorpare molte altre tassazioni nazionali che vengono pagate intorno agli immobili e fare un'unica imposta locale le cui aliquote dovrebbero essere determinate dai Comuni "con la possibilità di aggregare anche altre imposte locali - ha concluso Chiamparino - per semplificare la vita ai cittadini". Prime "importanti aperture" anche alle richieste delle Province: "Il ministro Tremonti - ha detto il presidente dell'Upi (Unione Province d'Italia) Giuseppe Castiglione - ci ha assicurato che saranno riviste le modalità del taglio dei trasferimenti. Inoltre ha accolto la richiesta di modificare il Patto di stabilità, introducendo meccanismi di premio per le amministrazioni che si sono dimostrate virtuose rispetto alla riduzione dell'indebitamento o all'incidenza delle spese di personale.Il ministro ha accettato poi di rivedere, in autunno, i vincoli del Patto di stabilità, per liberare parte di quei 2,6 miliardi di residui passivi che oggi sono bloccati nelle casse e che invece devono essere destinati agli investimenti. Il ministro Calderoli - ha concluso Castiglione - ci ha assicurato che il decreti attuativi del federalismo fiscale, in particolare quello che assegna autonomia tributaria a Province e Comuni, sono in dirittura d'arrivo".
2010-06-22 22 Giugno 2010 POLITICA ECONOMICA Tassa sugli introiti bancari Germania, Gran Bretagna e Francia introducono insieme una tassa sugli introiti delle banche, sia per fare fronte ai loro problemi di bilancio, che per meglio affrontare eventuali future nuove crisi del sistema finanziario, e sollecitano gli altri Paesi del G20 a fare altrettanto. "I governi di Francia, Gran Bretagna e Germania propongono di introdurre tasse bancarie basate sui bilanci delle banche", si legge in un comunicato congiunto. Tasse che "avranno lo scopo di assicurare che le banche contribuiscano in modo onesto in funzione del rischio che pongono al sistema finanziario e all'economia più ampia, e per incoraggiare le banche ad aggiustare i loro bilanci in modo da ridurre tale rischio", si legge inoltre. Il cancelliere dello Scacchiere britannico, George Osborne, ha annunciato l'introduzione di tali imposte a partire dal primo gennaio del 2011. La Francia introdurrà una misura simile nel suo prossimo bilancio il prossimo autunno, la stessa cosa la Germania, quest'estate.
21 GIUGNO MANOVRA Condoni, il Pdl ci prova ma il governo stoppa Durano il tempo d’un temporale estivo i tentativi di riaprire i termini per il condono edilizio e per quello fiscale e tombale. Ma torna anche, sotto forma di emendamento, il decreto del governo che propone di sospendere la demolizione di edifici abusivi in Campania stoppato alla Camera due settimane fa. In proclami e voci i condoni su casa e tasse entrano ed escono a ripetizione dall’impianto della manovra correttiva. Ma nella pioggia di emendamenti ne spunta uno del Pdl che, nero su bianco, addirittura prevede l’estensione della sanatoria alle aree protette da vincoli paesaggistici. Fino al 31 marzo 2010. Anche in presenza di un "no" delle amministrazioni a precedenti richieste. Alzano un muro le opposizioni. Ma anche dalla maggioranza arriva più di un mugugno, con il finiano Fabio Granata. Il governo è costretto a smentire categoricamente. Dribbla i giornalisti il ministro dell’economia Giulio Tremonti, che si trincera dietro la posizione espressa dal suo sottosegretario Luigi Casero. Il quale nega un’approvazione delle iniziative su entrambi i fronti. Soprattutto sul tema degli abusi edilizi interviene il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti. Il portavoce di Silvio Berlusconi parla di "trovata propagandistica" dell’opposizione, che fa passare per legge un semplice emendamento. Del quale il gruppo al Senato chiede subito il ritiro. "Non vi saranno condoni di alcun genere", assicurano i vertici pidiellini a Palazzo Madama. A combinare il patatrac su ambedue i fronti i senatori Paolo Tancredi, Cosimo Latronico e Gilberto Pichetto Fratin. Il primo fa mea culpa. E ammette di aver firmato molti emendamenti in gran fretta. Uno, ad esempio, stabilisce che in caso di confisca di edifici abusivi, il responsabile possa avere diritto di prelazione nelle aste. Proposte che è stato possibile presentare, spiega Gaetano Quagliariello vicecapogruppo, perché lo screening è stato rimandato a una seconda fase, con un’apposita commissione. Ne resterà in piedi un "numero estremamente limitato". E "nessun condono fiscale e edilizio resisterà al controllo", promette. Durissime le opposizioni. Ermete Realacci (Pd) parla di "attrazione fatale del Pdl per l’abusivismo e l’illegalità". Un condono "non manca mai", aggiungono i colleghi di partito Roberto Della Seta e Francesco Ferrante. Stesse parole usate da Felice Belisario (Idv). "Atto criminale", attacca il verde Angelo Bonelli. "Morirebbe sul nascere la nostra disponibilità" a sostenere la manovra, minacciano i rutelliani. "I cittadini non potrebbero tollerare una nuova sanatoria a favore dei disonesti", osserva Pier Ferdinando Casini leader dell’Udc. "I condoni edilizi non servono", sottolinea Emma Marcegeglia, presidente di Confindustria. Sul piede di guerra, infine, le associazioni ambientaliste. "La banda del mattone selvaggio colpisce ancora", il commento di Legambiente. Di "vera scelleratezza" parlano Wwf e Fai. Gianni Santamaria
2010-06-18 18 Giugno 2010 POLITICA ECONOMICA Draghi: "Troppe regole un ostacolo per le imprese" Le regolamentazioni eccessive costituiscono un ostacolo per le imprese, per la concorrenza e per la crescita. Lo ha spiegato il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nella lectio magistralis pronunciata al Cuoa per il conferimento di un master honoris causa in Business Administration. "Una regolamentazione eccessiva o di cattiva qualità per le imprese costituisce un fattore di ostacolo alla concorrenza e alla crescita economica", ha spiegato. La maggior parte degli indicatori diffusi dall'indagine Doing Business della Banca Mondiale sul peso degli oneri burocratici per le imprese, ha aggiunto Draghi, "mostra come non sia facile fare impresa in Italia", perchè emerge "un quadro di debolezza rispetto alle città straniere" frutto di una regolamentazione nazionale inefficiente e costosa. Sulla redditività delle imprese italiane pesa un carico fiscale più elevato di quello internazionale, e questa situazione è aggravata dal peso dell'economia sommersa rispetto al Pil, ha detto ancora Draghi. "Pesa sulla redditività delle imprese italiane e quindi anche su quelle del Nord Est un carico fiscale elevato nel confronto internazionale - ha spiegato Draghi -. Nel 2008 per le imprese dell'industria manifatturiera del Nord Est l'incidenza del prelievo sugli utili lordi si collocava attorno al 43%, livello superiore di circa 15 punti rispetto a quelli di regioni come la Catalogna, il Rodano-Alpi e le Fiandre", ovvero di quelle regioni d'eccellenza a livello europeo con cui, secondo il Governatore, il Nord Est si deve confrontare. Questa situazione, ha aggiunto l'inquilino di Palazzo Koch, è aggravata dalla "diffusione dell'economia sommersa", che rende più pesante "il fardello della fiscalità per i contribuenti onesti". "Nel Nord Est il peso dell'economia sommersa in rapporto al Pil, pur più contenuto rispetto alla media nazionale, è superiore a quelli di Francia, Germania e Regno Unito", ha illustrato Draghi.
18 Giugno 2010 FIAT Marchionne: piano Pomigliano senza uguali in Europa Nelle trattative sindacali occorre un interlocutore unico e non una decina come accade in Italia, dove la Fiat è impegnata in una trattativa con le associazioni dei lavoratori "sballata", fuori dal tempo e dalla realtà. Lo ha detto l'ad di Fiat Sergio Marchionne a margine di un evento organizzato dal Cuoa, a pochi giorni dal referendum del 22 giugno dello stabilimento di Pomigliano dove la casa automobilistica vorrebbe trasferire la produzione della nuova Panda a patto però che le organizzazioni sindacali e i lavoratori accettino pienamente l'accordo. "Noi abbiamo bisogno come in America di un solo interlocutore con cui parlare e non di 12. Anche il fatto che i nostri operai si siano divisi in gruppetti ci costringe a parlare (con tutti), dà fastidio e non è la cosa più efficiente", ha detto il manager italo-canadese. "Non si può andare avanti così, se per portare una macchina in Italia bisogna parlare con dieci persone. È una cosa incredibile, mai vista", ha detto Marchionne. Il manager ha voluto mettere in evidenza la decisione di Fiat, fatto unico nel panorama europeo, di riportare la produzione dai Paesi dell'Est al proprio. "Il problema è che stiamo cercando di portare avanti un progetto industriale italiano che non ha equivalenti nella storia dell'Europa: non conosco nessuna azienda in Europa che è stata disposta e capace e ha avuto il coraggio di spostare la produzione da un Paese dell'Est di nuovo in Italia", ha aggiunto, evidenziando il rischio che l'industria manifatturiera italiana scompaia. "Se la vogliamo ammazzare me lo dite. Lo facciamo, sono disposto a fare quello che vogliono gli altri. Stiamo facendo discussioni sui giornali, televisioni eccetera, su principi di ideologia che ormai non hanno più corrispondenza con la realtà. Parliamo di storia vecchia di 30, 40, 50 anni fa. Parliamo del padrone contro il lavoratore, cose che non esistono più! Non mi riconosco come industriale nei discorsi fatti dalla Fiom: questa non è la Fiat che gestiamo noi, non è la Fiat che esiste. Parliamo di mondi diversi. È proprio un discorso completamente sballato". "Se la Fiat non avesse voluto bene a questo Paese non avrebbe mai fatto una mossa simile, 20 miliardi di investimento, un raddoppio della produzione in Italia, stiamo discutendo un discorso teorico su un affronto alla Costituzione italiana, stiamo scherzando". A chi chiedeva del rischio cassa integrazione a luglio, Marchionne ha risposto: "Non lo so, stiamo valutando, tutto dipende dal mercato. Stiamo cercando di fare del nostro meglio, ma il mercato è quello che è".
18 Giugno 2010 ECONOMIA E POLITICA Manovra, sindaci sul piede di guerra Il 23 giugno protesta davanti al Senato Potrebbe essere Gianni Alemanno a guidare la "marcia su Roma" dei sindaci italiani. Il primo cittadino della Capitale è tra gli oltre ottomila scontenti pronti a mobilitarsi il 23 giugno davanti al Senato, in coincidenza con la Conferenza Stato-città che deve discutere delle proposte di emendamenti avanzate dall’Anci. Ieri una rappresentanza è salita al Colle per spiegare al presidente della Repubblica gli effetti della manovra sugli enti locali e le conseguenze per i cittadini. La richiesta al governo è di una nuova convocazione per riaprire il confronto. Giornata intensa, dunque, quella di ieri, iniziata con un direttivo dell’Anci sulla manovra e chiusa dall’incontro con Napolitano, che – racconta il presidente dell’Associazione Sergio Chiamparino – "si è dimostrato estremamente attento e particolarmente sensibile alle esigenze dei Comuni. Mi pare di potere dire che le nostre richieste siano state recepite dal presidente". Una speranza in cui confida l’Anci, visto che, ricorda lo stesso sindaco di Torino, il capo dello Stato "ha nella sua normale attività colloqui con il governo e le rappresentanze politiche". E tra le parole di conforto già spese dall’inquilino del Quirinale, racconta Chiamparino, "il presidente ci ha rafforzato nella nostra convinzione che i Comuni sono l’anello indispensabile alla catena che collega rappresentanze della politica, istituzioni e cittadini e ci ha sollecitato a spiegare bene al governo quali potrebbero essere le conseguenze della manovra sui Comuni". I sindaci non si faranno pregare. Piuttosto chiamano in supporto anche Regioni e Province nonché tutte le associazioni, categorie sociali ed economiche ed altre istituzioni che "nei territori hanno avvertito e avvertono ogni giorno le conseguenze di un ruolo dei comuni sempre più mortificato e penalizzato dalle decisioni del governo". Con la manovra – è in sintesi l’allarme dell’Anci – c’è il pericolo di produrre "un effetto depressivo sul sistema economico e sociale, con riduzione degli stessi livelli occupazionali". Anche i comuni sono disposti a rivedere i punti che li riguardano tenendo fermo il saldo fissato da Tremonti. Le ipotesi fatte dai sindaci sono un riequilibrio dei tagli di spesa fra i livelli di governo, con una maggiore riduzione delle spese di funzionamento dei ministeri. Una significativa riduzione del peso finanziario a carico della manovra a partire dal 2010. L’attribuzione di una quota certa delle risorse che saranno recuperate dal contrasto dell’evasione fiscale. Quello che è certo, concordano Alemanno e Chiamparino, è che tra tutte le realtà locali i Comuni sono i più colpiti. Per contro, secondo il sindaco di Torno, a fronte del peggioramento della spesa pubblica, negli ultimi cinque anni "i Comuni hanno portato un miglioramento dei saldi di 2,5 miliardi di euro". Complessivamente, comunque, è del 90 per cento il peso calcolato dall’Anci sugli enti locali, con tanto di rischio per il decantato federalismo. E tagliare proprio questo capitolo, significa, per Alemanno, andare a toccare una realtà già fortemente penalizzata, finendo per cumulare i tagli "con altri già operati". Roberta D'Angelo
2010-06-17 17 Giugno 2010 CRISI Ue: tassare le banche e nuovi tagli se necessario Tutti gli Stati dell'Unione Europea sono pronti, se necessario, a prendere misure aggiuntive per accelerare il risanamento di bilancio. È quanto si legge nel progetto di conclusioni del Consiglio Ue, discusso oggi dai capi di Stato e Governo dei 27. I Paesi dell'Unione, inoltre, dovrebbero introdurre un prelievo sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi. Essi dovranno disporre di regole di bilancio e quadri di bilancio a medio termine in linea con il Patto di stabilità. Attenzione alla sostenibilità del debito, una delle raccomandazioni. E il taglio dei bilanci, ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, non deve soffocare la crescita. Merkel, tassare chi ha messo a rischio mercato Nella bozza si legge ancora come nel mettere a punto nuove manovre "la priorità dovrebbe essere data a strategie di risanamento dei conti pubblici favorevoli alla crescita e imperniate soprattutto sul contenimento della spesa. Il miglioramento del potenziale di crescita dovrebbe essere considerato fondamentale per agevolare il risanamento dei conti pubblici nel lungo termine". Nell'ambito delle procedure di sorveglianza sui bilanci pubblici deve essere data "un'importanza di gran lunga maggiore ai livelli di indebitamento e alla sostenibilità" come previsto inizialmente dal Patto di stabilità e di crescita. Trova così conferma l'apertura alla richiesta italiana di tenere conto, nella valutazione della dinamica dei conti pubblici, non solo del debito pubblico, ma anche di quello privato e in ogni caso di un dato aggregato che tenga conto di entrambi i fattori. IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE UE BARROSO "Il taglio dei bilanci non deve soffocare la crescita": lo ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, sottolineando come "la crescita deve essere la nostra principale preoccupazione e la nostra priorità". Barroso - parlando al termine dell'incontro avuto col premier britannico, David Cameron prima dell'inizio del Consiglio Ue - ha quindi sottolineato gli sforzi compiuti dal Regno Unito per consolidare le proprie finanze pubbliche: "Credo che Londra - ha detto - stia prendendo la giusta medicina per l'attuale situazione". IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRATTINI "Sarebbe un buon segnale" quello di "introdurre una tassazione sulle transazioni finanziarie" perché sono state spesso "veicolo di speculazioni". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, nel corso di una replica durante un'audizione parlamentare in vista del Consiglio europeo che si terrà oggi a Bruxelles. Oltre al prelievo sulle banche, quindi, "sarebbe bene pensare a breve alle transazioni finanziarie", ha aggiunto Frattini. LA CANCELLIERA MERKEL "La Germania e anche la Francia sono molto favorevoli a tassare quelli che hanno provocato la crisi". Lo ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel giungendo al palazzo Justus Lipsius a Bruxelles dove si svolge il summit Ue. Secondo la leader tedesca, si dovranno mettere tasse "sulle banche e sulle transazioni finanziarie", perché, ha spiegato, "bisogna rendere i mercati finanziariamente più responsabili".
Home Page Avvenire > Economia > Bce: riforme strutturali cruciali per crescita e occupazione Economia stampa quest'articolo segnala ad un amico feed 17 Giugno 2010 POLITICA ECONOMICA EUROPEA Bce: riforme strutturali cruciali per crescita e occupazione La Bce invita ancora i governi a procedere nelle riforme strutturali per garantire una ripresa della crescita e dell'occupazione. La Banca centrale europea nel suo bollettino mensile avverte inoltre che "i Paesi che presentano problemi di competitività nonchè squilibri interni devono intervenire con urgenza". A tal fine, osserva l'Eurotower, le contrattazioni salariali dovrebbero consentire un opportuno aggiustamento dei salari alle condizioni di competitività e di disoccupazione. Altrettanto essenziali sono le misure tese a incrementare la flessibilità dei prezzi e la competitività non di prezzo. Tra le riforme strutturali invocate dalla Bce per la ripresa della crescita e dell'occupazione l'istituto di Francoforte reputa "importante l'adeguata ristrutturazione del settore bancario". Situazioni patrimoniali sane, un'efficace gestione del rischio, prosegue la Banca centrale, "e l'adozione di modelli imprenditoriali solidi e trasparenti sono indispensabili per potenziare la capacità di tenuta delle banche agli shock e assicurare un adeguato accesso ai finanziamenti, gettando le basi per la crescita sostenibile, la creazione di posti di lavoro e la stabilità finanziaria". La Bce afferma poi che "non si possono escludere ulteriori aggiustamenti" nei bilanci delle banche e che queste "devono dimostrarsi capaci di incrementare la disponibilità di credito al settore non finanziario quando aumenterà la domanda. Per raccogliere tale sfida - suggerisce la Bce - le banche dovrebbero rafforzare ulteriormente la propria componente patrimoniale e ove necessario dovrebbero sfruttare appieno le misure di sostegno pubblico a favore della ricapitalizzazione".
17 giugno 2010 MANOVRA Regioni, Berlusconi "doma" la protesta Silvio Berlusconi si fa carico della patata bollente delle Regioni in rivolta per i tagli. Sono le 10 e 30 quando squilla il cellulare di Roberto Formigoni. Dall’altro capo del telefono il presidente del Consiglio (al quale Formigoni aveva fatto arrivare l’altra sera un appunto riservato): governatori convocati per un vertice, nel pomeriggio, a Palazzo Grazioli. Era stato, d’altronde, proprio il governatore della Lombardia il più duro, sull’incostituzionalità della manovra, sul federalismo messo a rischio. E Umberto Bossi quest’attivismo deve averlo subìto come un’invasione di campo: "Formigoni non deve esagerare, il federalismo fiscale non viene toccato", lo stoppava il senatur, da Torino. Le parti sembrano invertite, sul federalismo. Il Pdl lancia l’allarme, mentre la Lega confida nello stellone dell’amico Giulio. "Fortunatamente – dice Bossi rivolto a Cota – lui conosce i giri romani e molto bene Tremonti, può benissimo andare a parlargli", lo incoraggia. Allo studio, da parte della Lega, ci sarebbe l’idea di un anticipo dell’introduzione dei costi standard previsti dal federalismo, a tutela delle regioni meno sprecone del Nord. I governatori del Pdl si rivolgono invece, e con ben altra determinazione, a Berlusconi. Il Cavaliere, nel pomeriggio, ascolta con attenzione le argomentazioni di Formigoni e poi anche della Polverini, prendendo appunti per tutto il tempo, voce per voce: "Così saltano i servizi essenziali, i trasporti, i fondi per le politiche familiari, gli incentivi alle imprese, l’agricoltura", dice Formigoni. "Non possiamo pagare noi per i buchi lasciati dai precedecessori della sinistra", si inserisce la presidente del Lazio. "Terremo conto delle vostre ragioni", assicura alla fine Berlusconi. "Certo – aggiunge – vi rendete conto anche voi che il saldo finale della manovra non può essere toccato, perché abbiamo preso degli impegni con l’Europa, e in caso contrario l’Italia rischia il declassamento. Ma, qui ci sono i responsabili del partito e i capigruppo – conclude il premier –, e dò la mia parola che si farà in modo che il peso che grava sulle Regioni sia proporzionato allo sforzo di tutti gli altri. Vi farò sapere già dalla prossima settimana", promette il premier, mentre con un gesto significativo piega e infila in tasca il foglietto sul quale ha preso buona nota di tutte le voci a rischio: 674 milioni per gli incentivi alle imprese, 130 milioni del fondo per le politiche per la famiglia, 249 per l’agricoltura, solo per citare alcuni punti. Conti senza l’oste, però, in assenza di Giulio Tremonti. Sarà anche per questo che il presidente della Lombardia, dopo la soddisfazione manifestata a Roma a conclusione di una due-giorni campale, al suo rientro a Milano avverte: "Attendiamo che il ministero dell’Economia riconvochi il Tavolo delle Regioni perché è lì che si devono verificare le correzioni alla ripartizione dei sacrifici, che così come sono rimangono del tutto squilibrati". "Serve un tavolo per chiarirci sui numeri", gli fa eco Renata Polverini. Ma intanto, trapela, già da stamattina al ministero dell’Economia sarà al lavoro un tavolo tecnico allargato ai tecnici delle Regioni per individuare soluzioni alternative. "Questa manovra fa del male e non cura gli sprechi in sanità", si inseriscono nella protesta i senatori del Pd Emanuela Baio e Daniele Bosone: "Si tagliano 600 milioni sul personale sanitario, 600 milioni per il settore farmaceutico e 4,5 miliardi per le Regioni, così si mettono a rischio i livelli essenziali di assistenza". "Non si capisce questo accanimento verso le Regioni", insiste Anna Finocchiaro. "Ma si fa strada una riconsiderazione delle nostre ragioni", diceva più fiducioso, a nome delle Regioni, Errani, dopo un incontro, in mattinata, con i gruppi del Senato dove la manovra da 25 miliardi è attesa dal primo, difficile, scoglio. Angelo Picariello
2010-06-16 16 Giugno 2010 ECONOMIA E LAVORO Intesa a Pomigliano Parola ai lavoratori Tutto secondo copione. La retromarcia della Fiom non c’è stata e su Pomigliano si è arrivati all’accordo separato. Al progetto presentato da Fiat per trasferire dalla Polonia allo stabilimento campano la produzione della Panda dal prossimo anno, hanno detto "sì" – come anticipato già da giorni – la Fim Cisl, la Uilm, la Fismic e l’Ugl, annunciando un referendum per il 22 giugno fra i lavoratori. L’ultima parola toccherà infatti ai veri protagonisti della vertenza. Decideranno loro se dare, come concordato fra sindacati e azienda, il via libera al piano di investimento messo in campo dall’Ad del Lingotto, Sergio Marchionne, per 700 milioni di euro. Un piano che assicurerà un futuro solido allo stabilimento e ai suoi lavoratori. Almeno questo credono i segretari generali di Fim, Uilm e Fismic, rispettivamente Giuseppe Farina, Rocco Palombella e Roberto Di Maulo e il vicesegretario nazionale dei metalmeccanici dell’Ugl, Antonio D’Anolfo, firmando l’accordo davanti al responsabile delle relazioni industriali di Fiat, Paolo Rebaudengo. "Abbiamo assicurato il lavoro a Pomigliano d’Arco e messo in sicurezza il progetto della Fiat per l’aumento della produzione di auto in Italia", ha detto il leader della Fim, Farina. Con il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che evidenzia soddisfatto: quello dell’azienda torinese sarà "il primo grande investimento in Italia in tempo di crisi". La Fiat ha accettato – così come richiesto dai sindacati nell’incontro di venerdì scorso – l’inserimento di un punto, il 16esimo, relativo alla istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni. Una concessione che non è bastata alla Fiom, arrivata all’incontro con le idee chiare – che non si discostano di un millimetro da quelle dei giorni scorsi nonostante il pressing interno della segreteria nazionale della Cgil: "Se la Fiat si decide a cambiare quei punti che noi riteniamo illegittimi (quelli relativi soprattutto all’assenteismo e al diritto di sciopero, ndr), questa trattativa possiamo farla riaprire e chiudere molto rapidamente. Se questo non avverrà, vedremo come si muoverà la Fiat e come le altre organizzazioni sindacali", ha affermato il responsabile del settore Auto di Fiom, Enzo Masini, prima di entrare in Viale dell’Astronomia. La Fiom si è detta contraria anche alla consultazione fra i lavoratori. Il segretario nazionale, Giorgio Cremaschi, ha ribadito: "Il referendum va adottato sui diritti disponibili, ma se chiede di rinunciare al diritto di sciopero, diciamo no. Quelle rinunce non sono a disposizione di un referendum di una singola fabbrica". Non la pensano così evidentemente le altre sigle, che dopo aver confermato il proprio "sì", hanno lanciato il referendum tra i lavoratori che si terrà il prossimo martedì. "La Fiat ci ha detto – ha affermato Palombella della Uilm – che sbloccherà gli investimenti quando la stragrande maggioranza dei lavoratori dirà sì all’intesa. I lavoratori devono capire che la posta in gioco è molto alta e che l’accordo di oggi non sblocca gli investimenti che sono legati al sì dei lavoratori". Le sensazioni dei delegati sindacali e di chi conosce lo stabilimento è che questo accordo gli operai lo vogliano. Eccome. Dopo due anni di Cassa integrazione a 730 euro al mese, i cinquemila lavoratori vogliono tornare alla "normalità". Così dal referendum potrebbe arrivare una risposta plebiscitaria che isolerebbe fortemente la Fiom. Ma darebbe il pieno e definito via libera all’investimento di rilancio di Fiat. Con buona pace di tutto il territorio campano. E non solo. Giuseppe Matarazzo
15 Giugno 2010 ECONOMIA Antitrust: ok a modifiche Costituzione per libertà d'impresa Parere positivo dell'Antitrust alla modifica dell'articolo 41 e dell'articolo 118 della Costituzione per favorire una maggiore liberta' economica. Nella relazione annuale al Parlamento il Garante della concorrenza ha espresso il ''favore'' dell'Autorita' ''per le recenti dichiarazioni del governo sulla volonta' di aprire una nuova stagione di liberalizzazioni. Ben vengano - ha detto - le riforme costituzionali utili a tal fine''. La strada per le riforme puo' essere intrapresa, secondo Antonio Catricala', partendo da una legge ordinaria, cosi' come indicato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: ''Condividiamo la necessita' di anticiparne gli effetti con legge ordinaria, che garantisca a chiunque il diritto di intraprendere senza oneri burocratici''. Per il Garante ''c'e' anche l'urgenza di consentire alle nuove imprese e a quelle gia' esistenti di crescere e produrre ricchezza. Va quindi riformato il contesto di mercato oggi ostile al pieno esercizio dell'iniziativa economica. Lo strumento c'e', - ha detto parlando della necessaria legge sulla concorrenza - le idee non mancano, occorre tradurle senza ulteriore indugio in norme e fatti concreti''.
URGENTE INIEZIONE CONCORRENZA, SUBITO LEGGE - L'Antitrust reclama ''l'iniezione di dosi massicce di concorrenza'' come antidoto alla crisi perche' il Paese non puo' piu' ''pagare il prezzo di politiche anticompetitive''. Per questo e' urgente l'approvazione ''in tempi certi, come accade per la manovra di bilancio e finanziaria'' della legge annuale sulla concorrenza passando dalle parole ''a fatti concreti'', ha affermato il Garante indicando come ''prioritari'' interventi nei settori della poste, dei trasporti, dell'energia e della finanza. ''Il termine di legge previsto per l'approvazione del progetto in Consiglio dei ministri - ha osservato - e' scaduto, ma il disegno governativo non e' stato ancora presentato''.Catricala' ha quindi evidenziato il conto dei ritardi italiani. Nel nostro Paese ''i costi degli input produttivi sono piu' alti della media europea: 28% in piu' per l'energia elettrica, 6% in piu' per i fidi, 100% per la responsabilita' civile automobilistica''. L'adeguamento dei costi a quelli dei nostri vicini ''dara' respiro alla grande industria e ai distretti; consentira' prezzi piu' bassi; rendera' probabile l'aumento dei consumi delle famiglie''. Ma perche' cio' accada ''e' necessario iniettare nel sistema dosi massicce di concorrenza'', ha ribadito passando in rassegna lo stato della concorrenza nei singoli mercati. ENERGIA: necessario il potenziamento delle interconnessioni di rete. ''Nonostante sia avanzato il grado di liberalizzazione dei mercati elettrici, - ha detto Catricala' - vi sono zone del Paese (come la Sicilia, ndr) sostanzialmente isolate nelle quali si formano artificiose posizioni dominanti''. Nel gas ''occorre aumentare la capacita' di stoccaggio'' e favorire l'attivazione di nuovi rigassificatori ''affinche' la materia prima abbia accesso alla rete nazionale senza l'intermediazione dell'incumbent''. Lo schema di decreto sugli stoccaggi ''si muove verso questo obiettivo, a condizione che si adottino cautele per limitare l'azione dell'impresa dominante nella gestione delle nuove quantita'''. TLC: va recuperato il ritardo nello sviluppo della rete di nuova generazione per la banda larga. L'Autorita' ''non e' pregiudizialmente contraria a ipotesi di cooperazione tra imprese rivali, purche' siano garantite l'assenza di pratiche nocive per la concorrenza e la neutralita' nella gestione della rete. Le regole di governance dovranno a tal fine essere valutate dall'Antitrust''. SERVIZI PUBBLICI LOCALI: secondo Catricala', ''rimangono saldamente in mano alle imprese ex municipalizzate e i meccanismi della competizione per il mercato stentano ad affermarsi''. La recente riforma ''ha due punti di forza: impone l'obbligo generalizzato della gara e definisce direttamente a livello legislativo una precisa cronologia. Il punto di debolezza si nasconde pero' dietro l'angolo ed e' la facilita' con cui possono insinuarsi proroghe''. CREDITO: di fronte alla crisi ''le banche italiane si sono dimostrate piu' solide di quelle di altri Paesi. Tuttavia, all'indubbia qualita' si associa una perdurante debolezza degli stimoli competitivi''. In particolare, ''l'intensita' degli intrecci azionari e personali tra imprese concorrenti frena le spinte concorrenziali''. RC AUTO: ''nonostante le recenti riforme, i premi continuano a salire secondo dinamiche non chiare''. Per questo l'Autorita' ha da poco aperto un'indagine conoscitiva. TRASPORTO FERROVIARIO: il settore ''e' chiuso agli stimoli competitivi''. E' necessario ''istituire un sistema di regolazione tecnicamente adeguato e indipendente, senza il quale i vantaggi della liberalizzazione stenteranno ad affermarsi''. AUTOSTRADE E AEROPORTI: ''concessioni a scadenza lontana, associate alla debolezza strutturale della vigilanza, pregiudicano la concorrenza''. Sorte analoga stanno subendo le gestioni aeroportuali, anch'esse monopoli naturali. Secondo il Garante, ''sarebbe stata buona regola individuare il soggetto gestore attraverso procedure selettive per periodi adeguati al livello degli investimenti, non piu' lunghi''. POSTE: il diritto comunitario, ha ricordato Catricala', impone, a partire da fine 2010, l'eliminazione della riserva come strumento di finanziamento del servizio universale. ''Occorre pertanto definire la cornice normativa all'interno della quale potrebbero svilupparsi innovative esperienze imprenditoriali''. SERVIZI PRIVATI: Il decreto attuativo della direttiva comunitaria sui servizi nel mercato interno ''rappresenta un miglioramento dello status quo ma appare nel complesso timido, espressione in fondo di una cultura burocratica sospettosa nei confronti dell'iniziativa economica privata. Le prestazioni professionali rappresentano una parte importante dei servizi forniti a consumatori e imprese e, in termini di costi, una voce particolarmente incisiva, da non aggravare con riforme anacronistiche''.
INCROCI AZIONARI-PERSONALI STOP CONCORRENZA BANCHE - ''L'intensita' degli intrecci azionari e personali tra imprese concorrenti costituisce una peculiarita' nazionale che frena le spinte concorrenziali, riduce la contendibilita' del controllo e attenua il rapporto tra capitale di rischio investito e responsabilita''' nel settore bancario. E' la denuncia del presidente dell'Antitrust, secondo il quale ''nel settore finanziario sono ancora troppo frequenti le ipotesi di controllo di fatto, dissimulato da partecipazioni di minoranza. E cio' - ha affermato nella relazione annuale al Parlamento - consente gestioni imprenditoriali per le quali risulta indebolita la disciplina del mercato'. ''La domanda, d'altro lato, e' caratterizzata da scarsa mobilita' della clientela e da intollerabili squilibri, accentuati dall'asimmetria informativa, nei rapporti contrattuali con i consumatori e con le piccole imprese'', ha proseguito Catricala' sottolineando che ''i nostri ripetuti appelli a una legislazione di principi sulla governance bancaria sono rimasti inascoltati''.
DA INIZIO 2009 EROGATE SANZIONI PER 90 MILIONI - Dall'inizio del 2009 al primo trimestre 2010 l'Antitrust ha erogato sanzioni per complessivi 90 milioni di euro: 50 milioni in materia di tutela della concorrenza e 40 milioni per la protezione dei consumatori. In materia di concorrenza, ''dall'inizio del 2009 - ha evidenziato il presidente Antonio Catricala' - l'Autorita' ha concluso 12 procedimenti istruttori per intese illecite. In 6 casi ha accertato l'esistenza di infrazioni, irrogando sanzioni per quasi 50 milioni di euro; in altri 5 ha accettato gli impegni presentati dalle parti; in un caso, infine, l'istruttoria ha dato esito favorevole alle imprese inquisite''. I procedimenti di tutela dei consumatori conclusi nel periodo di riferimento sono stati invece 355, ''di cui 315 con accertamento di violazioni. - ha precisato Catricala' - Le sanzioni sono superiori a 40 milioni di euro. Si sono conclusi a seguito di moral suasion altri 92 procedimenti''.
AD AUTORITA' TUTELA PMI CONTRO PA E GRANDI AZIENDE - Ampliare il raggio di intervento dell'Antitrust in favore delle piccole e medie imprese, ''esposte alle stesse scorrettezze che colpiscono i consumatori''. E' la richiesta avanzata dal Garante per la concorrenza, Antonio Catricala', nella relazione annuale in cui si sottolinea che le pmi sono spesso ''costrette a tollerare prassi illecite di grandi aziende e di pubbliche amministrazioni, come la mora nei pagamenti''. Secondo Catricala', infatti, ''i tempi della giustizia civile non consentono una tutela immediata contro i ritardi. Il problema non e' di stabilire scadenze certe, gia' previste dall'ordinamento, ma di farle rispettare con efficacia. L'Autorita' e' in grado di dare tutela tempestiva a questo settore caratterizzante la nostra economia''. La sede opportuna per legittimarla, ha proseguito, potrebbe essere ''lo statuto delle imprese, gia' in discussione in Parlamento e al quale il Governo ha promesso un forte sostegno, anche in considerazione della rilevanza del fenomeno qui denunciato''.
SANITA' NON SIA ALBERO CUCCAGNA FORNITORI PRIVATI - ''La sanita' non puo' essere considerata l'albero della cuccagna'' da parte delle imprese private fornitrici di beni e servizi, spesso erogati ''in contesti collusivi, causa di oneri impropri a carico della collettivita''', ha sottolineato Catricala', nella relazione annuale al Parlamento secondo il quale ''e' opportuna la generalizzazione degli acquisti centralizzati per uniformare e razionalizzare la spesa in prodotti sanitari''. ''D'altra parte - ha aggiunto - i ritardi delle amministrazioni nei pagamenti minacciano il buon funzionamento delle societa' fornitrici e rischiano di riflettersi in negativo sulla tutela della salute''.
2010-06-15 15 Giugno 2010 CONFERENZA DELLE REGIONI Errani: manovra irricevibile Formigoni: è incostituzionale Con la manovra varata dal governo "si riducono i margini della riforma del federalismo fiscale sia nel percorso istituzionale previsto sia nei fatti con tagli lineari senza nessun concetto di premialità per i comportamenti virtuosi". È la posizione delle Regioni, contenuta in un documento approvato all'unanimità dai presidenti delle Regioni, dopo la riunione di questa mattina sulla manovra. I tagli contenuti nella manovra correttiva "non cadono sulle Regioni come enti, ma sui cittadini e sulle imprese. Su 4,9 miliardi relativi a trasferimenti di competenza sul trasporto pubblico locale, sul fondo per le attività produttive, sull'ambiente e sui servizi, ne vengono tagliati 4,3 miliardi". Lo ha spiegato il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che ha ricordato che le Regioni "vogliono partecipare a pieno titolo e vogliono fare fino in fondo la propria parte con grande senso di responsabilità". Ma quella messa a punto dal governo "è una manovra irricevibile e insostenibile perchè pesa con oltre il 50% sulle Regioni". Errani ha anche spiegato che quella delle Regioni "non è una posizione corporativa o di schieramento partitico, ma è la sintesi unanime che i governatori hanno trovato. Le Regioni sono disposte a fare fino in fondo la loro parte, ma la manovra economica non è "equa e i tagli avranno ricadute pesanti su persone, famiglie e imprese". Sulla questione dei falsi invalidi, il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Vasco Errani, ha spiegato che "è vero che c'è stato un aumento delle invalidità ma le Regioni hanno dovuto affrontare un contenzioso gigantesco", contenzioso che nel 64,7% dei casi si è risolto a favore di chi aveva promosso il ricorso. Inoltre, Errani ha ricordato che questa competenza, delle Regioni dal 2003, è stata esercitata, fino al 2007, anche da una commissione del ministero dell'Economia che ha vagliato l'assegnazione delle invalidità e che questo compito è passato da allora all'Inps. FORMIGONI E IL RISCHIO INCOSTITUZIONALITA' "C'è un rischio incostituzionalità perchè la Corte Costituzionale ha detto che ci deve essere un collegamento tra le funzioni esercitate e le risorse". Lo ha affermato il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. I fondi per il trasporto pubblico locale, ha spiegato Formigoni, vengono ridotti "di circa 1/3. Noi abbiamo dei contratti con Trenitalia che, sapendo di questi tagli, probabilmente taglierà 1/3 dei treni e magari licenzierà 1/3 del personale". Il rischio è poi che faccia anche "causa alle Regioni e magari la vince perchè noi con Trenitalia abbiamo dei contratti di servizio". A questi tagli si aggiungono i fondi per la famiglia, ha sottolineato Formigoni, "che vengono spazzati via". "Ci vengono tolti i finanziamenti per esercitare le funzioni, ma non ci vengono tolte le competenze", ha concluso.
15 Giugno 2010 FIAT Pomigliano, accordo separato La Fiom conferma il no È stato firmato nel pomeriggio l'accordo tra la Fiat e Fim-Cisl, Uilm, Ugl e Fismic per lo stabilimento di Pomigliano. All'intesa non ha aderito la Fiom che, pur partecipando all'incontro, ha deciso di non firmare come già aveva annunciato. L'intesa, siglata presso la sede di Confindustra, prevede un testo modificato a 16 punti, uno in più rispetto a quello presentato in precedenza dall'azienda. Il 16esimo punto prevede infatti l'istituzione di una commissione paritetica per la verifica delle eventuali inosservanze dell'accordo stesso. I sindacati hanno poi deciso di convocare per martedì 22 giugno il referendum tra i lavoratori dello stabilimento che dovranno dare un parere sull'intesa siglata oggi. Intanto è prevista la cassa integrazione a luglio alle Presse e alle Carrozzerie dello stabilimento di Mirafiori. Secondo quanto riferiscono i sindacati l'azienda ha annunciato, oggi, la cassa integrazione alle Presse, nei giorni del 16,23,29 e 30 luglio. Il provvedimento interesserà 757 operai e 101 impiegati. Per quanto riguarda le Carrozzerie, la cig interesserà gli addetti della linea della Multipla dal 12 al 30 luglio a cui si aggiungeranno dal 22 al 30 luglio quelli delle linee Idea, Musa e Punto e i lavoratori della MiTo dal 29 e 30 luglio, con la fermata produttiva complessiva gli ultimi due giorni del mese. IL NO DELLA FIOM Il no ufficiale della Fiom è arrivato alle 18 e 30. Condito con un rilancio sullo sciopero del 25 giugno, che i metalmeccanici della Cgil faranno di 8 ore (4 in più di quelle previste), e una proposta alla Fiat di tornare ad applicare a Pomigliano d’Arco il contratto nazionale, che già consente di fare 18 turni settimanali e 40 ore di straordinari in più, garantendo una produzione annua superiore alle 270mila Panda indicate come obiettivo dall’azienda. Senza quelle aggiunte, chieste invece da Marchionne nel testo dell’intesa siglata venerdì scorso con le altre sigle, in presenza delle quali l’organizzazione delle "tute blu" cigielline ritiene che "non sia possibile firmare quel testo" che "contiene profili d’illegittimità giuridica", ha detto il segretario generale Maurizio Landini al termine del comitato centrale riunitosi ieri pomeriggio. A nulla è valsa la (molto) cauta apertura della "casa-madre" di Corso d’Italia che poco prima, riunendo la segreteria, aveva prodotto un comunicato in cui si dice "sì alla difesa dell’occupazione e alla necessità di rendere pienamente produttivo il futuro investimento", ma si ipotizza che alcune richieste della Fiat "possano violare leggi e Costituzione". Un’apertura testimoniata da quanto detto domenica alla festa della Cisl di Levico da Guglielmo Epifani, il segretario generale della Cgil (che ieri, prima delle rispettive riunioni, ha ricevuto Landini), e in qualche modo confermata dai toni concilianti usati ieri sera dal ministro del Lavoro: Maurizio Sacconi ha fatto "appello ai vertici confederali" della Cgil "affinché una valutazione più generale induca la stessa categoria ad accettare l’intesa, pur con le riserve manifestate". La posizione della Fiom appare granitica, però. Il testo finale è stato votato all’unanimità. E già a riunione ancora in corso Fausto Durante, il leader della "mozione Epifani" all’interno della Fiom, aveva anticipato che "non è oggi il giorno in cui la Fiom si spacca". Ora i riflettori si spostano sulla sede della Confindustria dove (a rimarcare la rinnovata vicinanza fra l’associazione e il gruppo torinese presieduto da John Elkann) per oggi alle 14 la Fiat ha convocato i sindacati firmatari dell’intesa dell’11: Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl. La convocazione, comunque, è stata inviata per conoscenza anche alla Fiom. Il tempo incalza: fra giovedì e venerdì si vorrebbe tenere il referendum fra i 5mila lavoratori dello stabilimento in cui l’azienda punta a investire 700 milioni per costruire, dal 2012, 270mila autovetture Panda, spostandone la produzione dalla Polonia. Il maggior punto d’attrito è sulle limitazioni al diritto di sciopero, che prevede in alcuni casi la punibilità per chi li dovesse attuare. La stessa Cgil annota al riguardo che questa clausola è "illegittima" perché "pretende di trasformare in illecito, passibile di licenziamento, l’esercizio individuale di sciopero". Lo scontro con gli altri sindacati è anche sul referendum: per la Fiom "è impossibile sottoporre a voto" accordi che violano i contratti e la Costituzione. Un rilievo cui ha prontamente risposto, per la Cisl, Luigi Sbarra: il diritto di sciopero "non è leso", quanti pensano il contrario "offendono il ruolo della contrattazione sindacale centrata sul principio di responsabilità per il lavoro e lo sviluppo". L’altro aspetto contestato dalla Fiom riguarda non tanto gli orari, con la turnazione prevista su 3 al giorno di 8 ore (punto su cui la Cgil sarebbe pronta a chiudere un occhio), quanto le misure anti-assenteismo. "Non comprendiamo – ha spiegato Landini – che Fiat, per fare investimenti, voglia far passare l’idea che bisogna cancellare i contratti e le leggi". Tanto più, si rimarca, che per centrare gli obiettivi indicati basterebbe applicare il contratto nazionale. Infine Fiom ricorda alla Fiat che "bisogna trovare una soluzione" anche per Termini Imerese. Eugenio Fatigante
15 giugno 2010 La sfida del "saper fare". Insieme Ma all'accordo non esiste alternativa Che cosa potrà fare la Fiom-Cgil se la Fiat decidesse davvero di non investire più a Pomigliano d’Arco: sventolerà il contratto nazionale di fronte agli operai in mobilità, paga d’aver salvato uno storico vessillo, a costo del sacrificio di 5mila posti di lavoro diretti e 10mila d’indotto? O è convinta di avere la ragione e la forza necessarie per poter vincere? E come pensa di poter difendere i lavoratori un’organizzazione che rifiuta sistematicamente qualsiasi innovazione, non firma gli accordi (compreso l’ultimo rinnovo di quel contratto nazionale che ora difende)? Le domande si affollano in attesa di capire quale sarà oggi l’atteggiamento della Fiat di fronte all’ennesimo "no" dei metalmeccanici Cgil, se esistono ancora margini di trattativa, se il gruppo automobilistico deciderà di far affidamento sulla responsabilità di Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl e dar corso comunque all’investimento da 700 milioni di euro. In realtà, in molte altre aziende, specie nei periodi di crisi, i sindacati hanno firmato accordi con piccole e grandi deroghe al contratto nazionale. Ma la portata di questo passaggio, per la sua valenza simbolica e le grandezze coinvolte segnerà di fatto un punto di non ritorno. La posizione di chi – come la Fiom – difende strenuamente funzioni e prerogative del contratto nazionale è legittima e comprensibile, perché i rischi di un indebolimento delle tutele dei lavoratori nell’immediato possono apparire reali. Ma non sembra fare i conti né con il mutare del quadro economico né con il diverso ruolo che il sindacato può – anzi deve – giocare in uno scenario così mutato. In un mondo globalizzato, nel quale le fabbriche sono "portatili" e le produzioni manifatturiere possono essere svolte quasi indifferentemente in Europa, in Sudamerica o in Asia, pensare di essere protetti dai codicilli di un contratto nazionale è illusorio. Se si guarda al rapporto di forza tra impresa e dipendenti in termini di conflitto tradizionale, non c’è (quasi) speranza. Ci sarà sempre un altro Paese nel quale sarà più conveniente produrre, ci saranno sempre persone – all’estero e addirittura nel nostro Paese – disposte a fare il nostro stesso lavoro per meno, anche molto meno. E così o si lotta opponendo una serie di no – col rischio concreto però di perdere a pezzo a pezzo aziende e occupazione – oppure si tenta la sfida, anche culturale, di cambiare completamente prospettiva, di coinvolgersi fino in fondo. L’impresa con una maggiore responsabilità sociale, il sindacato con un modello partecipativo. Il vantaggio competitivo che oggi può essere ancora sfruttato dai lavoratori italiani è il "saper fare", la qualità di alcune nostre lavorazioni . Ma più ancora il "farlo insieme". Non c’è contratto nazionale né legge ordinaria e neppure Statuto dei lavoratori che possa assicurare la garanzia del posto e un livello salariale dignitoso, con la stessa efficacia di un rapporto collaborativo azienda-lavoratori. Attraverso una contrattazione locale, flessibile e continua, tagliata "su misura". Una contrattazione aziendale capace di rispondere in tempo reale alle mutate esigenze dell’impresa, in grado di tutelare i lavoratori rendendoli protagonisti del processo produttivo e non passive comparse. È solo la corresponsabilità imprenditoriale dei lavoratori e dei loro rappresentanti che può garantire un futuro al nostro tessuto industriale e quindi agli stessi operai. Anche quest’ultima vertenza lo dimostra. Lo spazio per salvare e rilanciare Pomigliano sta tutto lì, nella capacità di affrontare insieme, in maniera condivisa attraverso commissioni paritetiche e altri strumenti partecipativi, i problemi (reali) posti dall’azienda. Senza rigidità eccessive e blocchi ideologici da ambo le parti. Lo abbiamo già scritto e lo ribadiamo: per il Sud e per il Paese non c’è alternativa accettabile all’accordo. Il resto è masochismo. Francesco Riccardi
2010-06-10 10 giugno 2010 CAMERA Sanità, governo sotto 2 volte Governo battuto, per due volte di seguito su altrettanti emendamenti del Pd, nell'aula della Camera, alla riforma della governance della sanità. L'assemblea di Montecitorio ha, infatti, approvato due emendamenti di cui è prima firmataria Livia Turco. E dai banchi dell'opposizione si sono levati forti applausi. Gli emendamenti sono riferiti al primo articolo del testo, e sono l'1.33 (passato con 247 sì e 242 no) e l' 1.34 (251 sì e 245 no). In base a questi testi i comuni saranno coinvolti, nell'ambito delle regioni, nelle funzioni programmatorie delle politiche socio-sanitarie. Il relatore ha chiesto una riunione del comitato dei Nove. La seduta è ora sospesa per mezz'ora. La riforma della governance della sanità torna in commissione: lo ha comunicato all'Assemblea di Montecitorio il vicepresidente Antonio Leone.
10 giugno 2010 L'attacco "È un inferno governare con questa Costituzione" Governare in Italia "è un inferno: è l’architettura costituzionale che rende difficilissimo trasformare progetti in leggi concrete". A nemmeno ventiquattr’ore dallo sfogo davanti alla platea di Federalberghi, Silvio Berlusconi si presenta a un’altra assemblea, quella di Confartigianato, e attacca una volta di più il sistema di pesi e di garanzie che è alla base della nostra Carta fondamentale. Il pretesto è fornito dall’iniziativa già annunciata, assieme a Tremonti, per rivedere l’articolo 41 in modo da favorire la libertà d’impresa, superando una Costituzione che è "molto datata" e influenzata dalla "cultura comunista che dagli anni ’70 è stata dominante e che guarda con sospetto gli imprenditori". Una citazione, questa, che scatena le critiche dell’opposizione e, in particolare, di Pier Luigi Bersani che risponde: "A Berlusconi dico: tu hai giurato sulla Costituzione, se non ti piace vai a casa". A sostegno del Cavaliere c’è invece Umberto Bossi: il leader leghista ricorda che la Costituzione "la stiamo cambiando proprio perché è datata". Sono sempre più dei veri show quelli fatti dal presidente del Consiglio in occasione delle assemblee delle varie realtà produttive. Stavolta la platea, quella degli artigiani cosiddetti "bianchi", non gli crea gli "attriti" avuti di recente all’assise di Confindustria. Appena arriva all’Auditorium della Musica il premier si abbraccia con Emma Marcegaglia, il presidente degli imprenditori, a rimuovere appunto quella "ruggine". E poi replica con il "numero uno" di Confartigianato, Giorgio Guerrini, lo sketch: "Se non avessi già avuto un no da Emma, farei anche a te la proposta di fare il ministro". Al di là delle battute, però, gli preme di esternare "qualcosa". E mira soprattutto al nodo centrale, quello di una Costituzione vecchia, in cui "si parla molto di lavoratori e quasi mai d’impresa e di mercato". Nello schema da essa delineato, poi, "fare le leggi è un inferno". Berlusconi si spiega meglio: "Non è che manchino le intenzioni o buoni progetti", ma "è l’architettura istituzionale" che non va. Torna a citare il suo "Piano casa": "Avevo pensato che fosse stata una genialata vera", ma a un anno di distanza "non mi risulta che ci sia un solo cantiere aperto". Ogni proposito viene frenato da questo o quel vincolo, insomma. Ecco perché, aggiunge, bisogna modificare l’articolo 41, per dare il via a una "stagione di liberalizzazione" in cui non servano più "permessi, autorizzazioni o licenze", tipici a suo dire di uno "Stato totalitario". Un "impegno a una semplificazione molto forte" che viene subito apprezzato dalla Marcegaglia. Il percorso indicato dal governo sarà comunque a lungo termine: una prima novità verrà già oggi, quando il Consiglio dei ministri approverà "i regolamenti per un nuovo sportello unico delle attività produttive"; "entro l’autunno", poi, sarà legge la proposta di statuto per le Pmi (che tra l’altro prevede un "limite alla tassazione complessiva"); infine, entro il 2013, si punta a un codice unico fiscale. Mentre Berlusconi parla, Bersani è in onda a Repubblica Tv. Da lì, allora, arriva subito la replica al premier che "quando non regge il tema sociale, come adesso sulla manovra, la spara grossa sul tema democratico" e che, comunque, deve "smetterla di attaccare la Costituzione". Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, evoca il fascismo: "Solo nei modelli fascisti si può fare a meno delle regole costituzionali e del Parlamento". Entra nel merito del lavoro svolto dal governo Enrico Letta, "numero due" del Pd, per ricordare al Cavaliere che "quando ha voluto per interessi suoi approvare delle leggi è riuscito a farlo fare al Parlamento in tempi rapidissimi". Le ragioni addotte da Berlusconi sono invece valide per il ministro degli Esteri, Franco Frattini: "Sono preoccupazioni fondate e serie, alcuni principi costituzionali risentono del peso degli anni". Eugenio Fatigante
10 giugno 2010 LA CARTA DELLE AUTONOMIE Salta di nuovo il taglio delle mini-province Salta il taglio delle mini-province inserito nella carta delle autonomie. Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e relatore del provvedimento, Donato Bruno, secondo quanto spiegano diversiesponenti dell'opposizione, ha presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 14 del provvedimento che prevedeva, appunto, la cancellazione delle province sotto i 200 mila abitanti.
10 giugno 2010 CDM Le statali in pensione a 65 anni dal 2012 Via libera del Consiglio dei ministri all'innalzamento dell'età pensionabile per le donne del pubblico impiego da 61 a 65 anni, come chiesto dall'Ue. "L'impatto di questa norma è molto modesto, si parla di una platea stimata in circa 25mila donne nell'arco temporale da qui al 2012". Così il ministro del Lavoro, Guglielmo Sacconi, sull'aumento dell'età pensionabile per le donne nel pubblico impiego. "L'impatto effettivo è molto molto contenuto", dice il problema con l'Ue "è l'equiparazione" con gli uomini, ha ricordato Sacconi, ma non era percorribile una strada diversa: "Immaginate come verrebbe accolta dai mercati finanziari una riduzione per l'età degli uomini", rileva. "L'emendamento non riguarda in alcun modo il settore privato. Non è neanche la premessa". Lo specifica il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, spiegando in conferenza stampa l'emendamento sull'innalzamento dell'età pensionabile delle donne della P.A. a 65 anni a partire dal 2012, appena approvato in Consiglio dei ministri."La sentenza della Corte europea - spiega Sacconi - contesta solo la discriminazione salariale tra uomini e donne nella pubblica amministrazione". I risparmi che si produrranno dall'innalzamento a 65 anni per la pensione di vecchiaia delle dipendenti pubbliche "saranno utilizzate per misure di ordine sociale". Lo ha affermato il ministro della P.a., Renato Brunetta. In particolare, il ministro ha indicato "asili nido, il settore della non autosufficienza, le politiche di conciliazione".
2010-06-05 5 Giugno 2010 POLITICA ECONOMICA Manovra, allarme oncologi: a rischio cura dei tumori La manovra finanziaria abbasserà la qualità di cura per i malati di tumore nel nostro Paese. Non solo: le strutture già pesantemente in sofferenza, soprattutto al Sud, correranno il rischio di chiudere e cresceranno i "viaggi della speranza". È l'allarme che l'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) lanciata dal Congresso Asco di Chicago, il più importante congresso mondiale di oncologia. "Il nostro ruolo è offrire soluzioni - ha detto il prof. Carmelo Iacono, presidente Aiom - e la risposta è creare un sistema di rete, in modo che un centro possa supplire alle eventuali carenze dell'altro. Il vero risparmio in oncologia si ottiene lavorando sull'organizzazione: riducendo la sola migrazione sanitaria, otterremo un risparmio minimo del 10%. Una quota che potrebbe essere reinvestita sul territorio". Gli oncologi individuano alcune grandi criticità nella manovra. La prima è il taglio trasversale del personale. "Dai dati del nostro libro bianco sappiamo - ha detto ancora Iacono- che oggi la media dei reparti è di circa sei medici oncologi strutturati e 13 infermieri professionali. Ma esistono situazioni ben peggiori, dove un'ulteriore riduzione si tradurrebbe inevitabilmente in un blocco delle attività. Questo mette a rischio anche l'importante investimento compiuto negli anni scorsi nel parco tecnologico nazionale: risonanza magnetica, tomografia e scintigrafia sono rispettivamente presenti nel 90%, 32% e 61% delle strutture di oncologia medica italiane. È illogico acquisire ulteriori nuovi macchinari in carenza di organici ma serve, quanto meno, far funzionare al massimo quelli che già abbiamo". LA REPLICA DEL MINISTRO FAZIO "La manovra non implica alcuna riduzione né nel numero né nella tipologia né nella qualità delle prestazioni in ambito oncologico e inoltre è allo studio un piano teso a consolidare anzi a potenziare il ruolo del nostro Paese per la diagnosi e la cura delle patologie oncologiche". Lo sottolinea in una nota il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, dopo le denunce fatte da alcuni esponenti dell'Aiom. "La lotta ai tumori - aggiunge il ministro - è una delle priorità del Governo come già anche ricordato dal presidente del Consiglio. L'Italia è leader in questo settore ed ha intenzione di mantenere il primato".
2010-06-04 3 giugno 2010 L'ULTIMATUM Ue: "Equiparare subito età pensionabile delle donne" Ultimatum della Commissione Ue all'Italia: se non equiparerà immediatamente l'età pensionabile tra uomini e donne nel settore pubblico sarà nuovamente deferita alla Corte di giustizia europea. L'avvertimento - secondo fonti vicine al dossier - è contenuto in una nuova lettera che Bruxelles ha inviato alle autorità italiane, chiedendo loro di adeguarsi al più presto alla sentenza della Corte europea di giustizia che già nel 2008 intimava all'Italia di innalzare l'età pensionabile delle dipendenti pubbliche, portandola a 65 anni anni, lo stesso livello previsto per i colleghi maschi.
Nella missiva - sempre secondo quanto si apprende - si chiedono spiegazioni sui ritardi e si sottolinea come la questione sia rimasta irrisolta dopo i tanti richiami succedutisi negli anni; e nonostante nel giugno 2009 Bruxelles abbia aperto una nuova procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese proprio per la mancata attuazione della sentenza della Corte.
2010-06-03 3 Giugno 2010 PROTESTA Manovra, i magistrati proclamano lo sciopero La Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati, assieme alle altre magistrature, ha deciso di proclamare uno sciopero "contro gli effetti della manovra economica varata dal Governo". I vertici dell'Anm, durante la riunione di oggi, hanno inoltre deliberato l'organizzazione di giornate di mobilitazione e di protesta "con sospensione delle attività di supplenza, con le modalità e i tempi" che verranno proposti al Comitato direttivo centrale convocato per sabato prossimo.
2010-06-02
2 giugno 2010 MANOVRA Manovra, nuovo allarme per la scuola paritaria Nuovo allarme per i fondi destinati alla scuola paritaria non statale. A lanciarlo un’interrogazione parlamentare urgente al governo presentata dal senatore Antonio Rusconi, capogruppo del Pd nella commissione Istruzione di Palazzo Madama, e sottoscritta dai suoi colleghi senatori Garavaglia, Ceruti, Galperti e Pertoldi. Ma anche le associazioni della scuola non statale cattolica da qualche settimana seguono con apprensione i passi della manovra economica elaborata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. È vero che scuola e sanità sono settori che non dovrebbero essere toccati dalla manovra, ma i protagonisti non vivono giorni tranquilli. Anche per il fatto che "non sono ancora stati stanziati i 130 milioni promessi con lo scudo fiscale", fanno sapere le associazioni della scuola paritaria. E proprio questo è il primo dei due elementi che destano maggiore preoccupazione. Nella Finanziaria 2010 era previsto il taglio di 134 milioni su uno stanziamento complessivo di 534 che da un decennio rappresenta la cifra stanziata dallo Stato per contribuire alla scuola non statale. Quattro milioni vennero reintegrati subito, mentre gli altri 130 milioni sarebbero stati recuperati appunto con i proventi dello scudo fiscale. L’uso del condizionale è d’obbligo, visto che, ribadisce Luigi Morgano segretario nazionale della Federazione scuole materne di ispirazione cristiana (Fism), "al momento non abbiamo avuto alcuna certezza sul loro stanziamento immediato e siamo ormai a metà anno solare". E dalle Direzioni scolastiche regionali i mandati di pagamento, al momento, tengono conto del taglio dei 130 milioni, erogando agli istituti paritari cifre decisamente inferiori rispetto al previsto. Preoccupato anche Vincenzo Silvano, presidente della Federazione opere educative (Foe), che esprime comunque "fiducia nel mantenimento degli impegni da parte del governo". Del resto i 130 milioni sarebbero già previsti dal decreto sull’assegnazione dei fondi ricavati dallo scudo fiscale, ma "il ministro Tremonti non ha ancora apposto la sua firma" sottolinea, però, Silvano. "È solo questione di tempo" rassicura Gabriele Toccafondi, deputato del Pdl e componente della commissione Bilancio di Montecitorio, che ha seguito l’iter per il recupero dei 130 milioni di euro: "Sono nel decreto e nessuno li ha toccati, neppure dopo l’accogliemento di alcuni rilievi della Corte dei conti sul capitolo relativo alla Protezione civile". Dunque "130 milioni al sicuro", ma ancora bloccati sul tavolo di Tremonti, e la manovra correttiva non dovrebbe toccarli, anche se, aggiunge il presidente della Foe (realtà educativa legata alla Compagnia delle Opere), "aspettiamo il governo alla prova dei fatti". Del resto, se ci fossero amare sorprese, come il rinvio di questi fondi, "il danno per le nostre scuole sarebbe grandissimo" avvertono all’unisono le associazioni degli istituti paritari. Verrebbero di fatto meno la certezza dei fondi e la possibilità di elaborare bilanci sicuri. Senza dimenticare che il peso di un minor gettito statale cadrebbe "sulle famiglie, che già pagano una retta" ricorda ancora Morgano. E in alcune realtà lo spettro della chiusura potrebbe diventare ancora più concreto. Il secondo motivo di preoccupazione riguarda la Finanziaria 2011, che, grazie al piano triennale varato dal ministro Tremonti nel 2008, vedrà calare i fondi per la scuola paritaria di ben 228 milioni. "Sarebbe una tragedia" si commenta dal fronte delle paritarie. Da tempo le associazioni di questo segmento del sistema scolastico nazionale chiedono al governo di intervenire per bloccare da subito i tagli previsti nel triennio, visto che negli ultimi due anni si è solo proceduto a reintegro dei tagli e non a una cancellazione di quelli comunque previsti dal piano triennale. Di certo con l’autunno si preannuncia una nuova battaglia parlamentare. Del resto il taglio si preannuncia pesantissimo: quasi il 43% dello stanziamento iniziale di 534. "Dovremo ricordare al ministro Tremonti – dicono le associazioni – che sarà un danno anche per lo Stato, che con la nostra presenza continua a risparmiare ben 6 miliardi di euro l’anno. E se chiudiamo noi invece di risparmiare 228 milioni, dovrà pagarne molti di più". Enrico Lenzi
2010-06-01 1 GIGNO 2010 LA CRISI Napolitano: "Serve un grande sforzo, fatto anche di sacrifici" "Serve un grande sforzo, fatto anche di sacrifici", per risollevare le sorti dell'economia e risolvere i problemi delle famiglie e dei giovani, "per crescere di più e meglio", ha detto Giorgio Napolitano nel messaggio di auguri agli italiani per la Festa del 2 Giugno, sollecitando un confronto costruttivo e non solo conflittuale fra le forze politiche. Il confronto tra le opposte parti politiche non deve "produrre solo conflitto, soltanto scontro fine a sè stesso", ma deve portare a decisioni segnate da "un forte senso delle responsabilità cui fare fronte. Si discutano in questo spirito le decisioni che sono all'ordine del giorno; si scelga in questo spirito, nel Parlamento, nelle istituzioni regionali e locali e nella società, tra le diverse proposte che si dovranno liberamente esprimere" ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio di auguri agli italiani per la Festa del 2 Giugno.
1 Giugno 2010 POLITICA ECONOMICA Draghi: "L'evasione è macelleria sociale" Dito puntato contro gli evasori fiscali: "Sono tra i responsabili della macelleria sociale in Italia, espressione rozza ma efficace". Mario Draghi abbandona per una volta la tradizionale austerità del linguaggio della Banca d’Italia e fa un’aggiunta a braccio per indicare senza remore il "male dei mali" per l’Italia. Un problema da affrontare una volta per tutte ora che si profila un’"ardua sfida collettiva", quella di "coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita". Sì, perché nelle sue "Considerazioni finali", pur rimandando a un secondo tempo il giudizio di merito sulle varie misure, il governatore di Via Nazionale condivide la filosofia dei tagli contenuta nella manovra del governo Berlusconi ("Era inevitabile agire"), ma si affianca a Confindustria nel sottolineare che servono anche "riforme strutturali" perché "la correzione dei conti va accompagnata con il rilancio della crescita". Tanto più che la manovra avrà un suo effetto recessivo già da quest’anno. Della quinta relazione da governatore di Draghi (la più breve di sempre, 15 pagine), si appropria subito Silvio Berlusconi: "Ho apprezzato – dice il premier – il riconoscimento che ha dato all’azione di governo" ed "è dall’inizio della legislatura che il governo ha fatto propria la sfida lanciata" da Draghi. A dire il vero, la sua analisi è più equidistante. Molto va addebitato alla crisi (la cui "radice", ricorda senza mezzi termini il "numero uno" di Bankitalia, sta negli Usa), ma in Italia ci abbiamo messo del nostro: la spesa primaria corrente - la cui crescita ora si vuol ridurre sotto l’1% annuo - è stata lasciata correre "in media del 4,6% l’anno negli ultimi 10 anni" e il rapporto debito pubblico/Pil, che era sceso "del 18% tra il 1994 e il 2007", in un biennio è salito del 12%. Sono tendenze che ora bisogna invertire. È qui che, dati alla mano, Draghi si scaglia contro l’evasione, che "è un freno alla crescita perché richiede tasse più alte per chi le paga", e contro la corruzione. Solo per l’Iva, "si può valutare che fra 2005 e 2008 sia stato evaso il 30%, oltre 30 miliardi l’anno": se fosse stata pagata, rimarca, il nostro debito pubblico "sarebbe tra i più bassi dell’Ue". Idem per la corruzione: nelle 3 regioni del Sud "in cui si concentra il 75% del crimine organizzato", il valore aggiunto pro capite del privato è meno della metà del Centro-Nord. Per dar corpo all’azione di contrasto il governatore lancia poi una proposta: "Il nesso fra riduzione dell’evasione e quella delle aliquote va reso visibile ai contribuenti". Ma la crisi europea è soprattutto - anche nel caso Grecia - una "crisi di competitività", che ha falcidiato le imprese (9.400 fallite nel 2009) risparmiando però quelle che hanno investito in ricerca e sviluppo (sopra i 50 addetti, è previsto un aumento del fatturato di più del 6%). Il governatore elenca allora una serie di paletti (vedi sotto) pure per le riforme del federalismo e per quelle che restano da fare nel mercato del lavoro. Draghi non dimentica però la sua visione internazionale. Così, agli impegni sul piano nazionale, affianca le sue ipotesi sul Patto europeo: in primo luogo, un suo "rafforzamento", introducendo per chi non lo rispetta "sanzioni anche politiche", fino alla privazione del diritto di voto in sede Ue; inoltre "impegni cogenti" e sanzioni vanno previsti per gli obiettivi "strutturali" del cosiddetto Patto di Lisbona. Il capitolo banche, infine. Draghi definisce "incoraggianti" i progressi fatti nel rafforzare il patrimonio, avvisando che "devono continuare". Avvisa che in futuro "fare banca sarà meno redditizio ma anche meno rischioso" e chiede più poteri per "rimuovere i responsabili di gestioni scorrette" prima di arrivare al commissariamento. Eugenio Fatigante
31 Maggio 2010 POLITICA ECONOMICA Manovra, Napolitano firma decreto Attesa pubblicazione in "Gazzetta" Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha emanato oggi il decreto legge recante "misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica". Lo annuncia una nota del Quirinale spiegando che si tratta del testo definitivo trasmesso ieri sera dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Ora è attesa la pubblicazione in Gazzetta ufficiale che determina l'effettiva entrata in vigore del decreto. Il testo andrà poi all'esame del Parlamento che ha 60 giorni per convertirlo in legge. Sarebbe stata stralciata la lista dei 232 enti, fondazioni e istituti culturali da tagliare. Nel provvedimento ci sarebbe comunque una riduzione delle spese per il settore affidata però alla valutazione del Ministro dei Beni culturali. Intanto il presidente dell'Anm, Luca Palamara, ha annunciato che i magistrati sono "pronti allo sciopero", dopo la conferma dei tagli inseriti nella manovra. UNA PRASSI INEDITA Con una inedita prassi, il premier Silvio Berlusconi ha atteso tutta la giornata di ieri che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano esaminasse il testo della manovra economica e avanzasse le sue osservazioni che sono poi sono state accettate integralmente dal governo. Dopo il colloquio di sabato scorso tra Berlusconi e Napolitano al Qurinale, è toccato al sottosegretario Gianni Letta svolgere il ruolo di "mediatore" tra Palazzo Chigi e la presidenza della Repubblica per l'intera giornata di ieri. Il testo della manovra sarà quindi pronto oggi per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Secondo le indiscrezioni, il capo dello Stato avrebbe sollevato il problema del taglio dei fondi agli enti culturali e ai comitati preposti a indire le celebrazioni dell'anno prossimo che ricorderanno i 150 anni dell'unità d'Italia. Il presidente Napolitano, pur ricordando che spetta solo all'esecutivo decidere contenuto e indirizzi della manovra, avrebbe anche sollevato questioni di carattere giuridico. Dopo il confronto tra Palazzo Chigi e Quirinale, la firma di Napolitano per l'emanazione del decreto non è solo un atto formale. Il presidente del Consiglio ha infatti ricercato la massima collaborazione con il presidente della Repubblica, anche se sono passati alcuni giorni dalle decisioni assunte nell'ultima riunione del Consiglio dei ministri che aveva licenziato il testo della manovra. Berlusconi, per evitare che tutto il peso della manovra gravi sulle proprie spalle e su quelle dell'esecutivo, vorrebbe che lo stesso dialogo avuto con Napolitano si ripetesse in Parlamento con l'allargamento dei confini della propria maggioranza almeno all'Udc. Il premier è infatti preoccupato per l'andamento dei sondaggi che vedrebbero calare il consenso nei confronti di governo e presidente del Consiglio. Bisognerà attendere il testo definitivo della manovra per capire su quali punti ha pesato l'opinione del capo dello Stato. Nel fine settimana si è vociferato sulla possibilità che il tema del taglio delle Province potesse essere collocato in un disegno di legge apposito e fosse rivisto il meccanismo di rateizzazione delle buonuscite dei lavoratori pubblici. È probabile che il presidente della Repubblica abbia posto anche la questione del taglio ai salari dei giudici, dopo aver ricevuto una lettera dall'Associazione nazionale magistrati nella quale si afferma di essere disposti a sacrifici "purchè nel quadro di una manovra che sia rispettosa dei principi di equità e proporzionalità". Sandro Bondi, ministro dei Beni culturali, si lamenta intanto per non essere stato coinvolto nella decisione dei criteri inerenti al taglio dei fondi per gli enti culturali (sarebbero 232 tra fondazioni e associazioni): "Il Centro sperimentale di cinematografia, la Triennale di Milano e il Vittoriale non possono in nessun modo essere considerati lussi". Il finiano Italo Bocchino sottolinea che qualcosa non funziona nei meccanismi di decisione nel Pdl: "Da un lato è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonchè ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialità nelle scelte politiche del Pdl". A difendere l'insieme della manovra ci pensa invece il ministro dell'Economia Giulio Tremonti che definisce "non congiunturali" le scelte operate dal governo. Resta critica la posizione del Pd. Il segretario Pierluigi Bersani dichiara: "È l'impianto della manovra che non va, che bombarda i redditi medio-bassi e gli investimenti ma non risolve il problema dei conti pubblici. Il Pd lavorerà in Parlamento, se non mettono la fiducia, per evitare i guai maggiori". Maurizio Zipponi, responsabile dei problemi del lavoro dell'Idv, annuncia: "Il 12 giugno parteciperemo con grande convinzione alla mobilitazione indetta dalla Cgil e saremo anche a quelle successive. L'Idv si augura che tutta l'opposizione, a partire dal Pd, sia a fianco dei lavoratori che si mobilitano". L'Udc attende di conoscere il contenuto ufficiale della manovra prima di esprimere un giudizio definitivo. Pier Ferdinando Casini, nei giorni scorsi, aveva dichiarato: "Se la manovra non contiene elementi innovativi, non possiamo avallarla in Parlamento".
2010-05-31 31 Maggio 2010 BANCA D'ITALIA Draghi: bene la manovra Ma il nodo è l'evasione fiscale La crisi della Grecia rischia di cambiare il quadro di una pur modesta ripresa in Italia ed è stato inevitabile per il governo anticipare la manovra di correzione del disavanzo da quasi 25 miliardi. Mario Draghi, governatore di Bankitalia, non può ancora dare una valutazione dettagliata della manovra varata martedì scorso dal governo e firmata oggi dal Capo dello Stato, ma nelle sue considerazioni finali all'assemblea annuale, mostra di apprezzarne il tempismo e almeno due capitoli fondamentali: quello delle misure di lotta agli evasori - ai quali attribuisce la vera responsabilità della "macelleria sociale" - che nel medio termine deve servire ad abbassare le aliquote fiscali e quello delle pensioni - con l'annunciato arrivo del regolamento di attuazione della legge che nel 2009 ha ancorato l'età minima della pensione alla speranza di vita. Ora, dice il governatore, "è necessario un attento scrutinio degli effetti della manovra per garantire il conseguimento degli obiettivi". L'Italia, rileva Draghi, "presenta molti punti di forza", ricordando la ricchezza delle famiglie e il basso debito privato. Ma dopo il calo di 18 punti del debito in rapporto al Pil tra il 1994 e il 2007, "in questo biennio di recessione è aumentato di 12 punti, al 115,8%. Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana". Draghi non manca di rilevare che finora la politica economica ha limitato i danni della crisi economica in Italia per due punti di Pil e di questi uno è merito della politica monetaria, mezzo degli stabilizzatori automatici e l'altro mezzo punto "alle misure di ricomposizione di entrate e spese decide dal governo". Rinnovato, e modulato sempre sulla necessità di recuperare competitività, l'annuale appello a fare le riforme struttuali: "La crisi le rende più urgenti", dice Draghi. "Il governo ha introdotto misure di contrasto all'evasione fiscale. L'obiettivo immediato è il contenimento del disavanzo, ma in una prospettiva di medio termine la riduzione dell'evasione deve essere una leva per lo sviluppo, deve consentire quella delle aliquote", ha detto Draghi. "L'evasione fiscale è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga; riduce le risorse per le politiche sociali, ostacola gli interventi a favore dei cittadini con redditi modesti". Qui, interrompendo la lettura delle sue Considerazioni finali davanti all'assemblea dei partecipanti, ha usato i toni più duri contro gli evasori: "Macelleria sociale è un'espressione rozza ma efficace. Ecco, io credo che siano gli evasori i primi responsabili di quella che viene definita macelleria sociale" ha detto il governatore. Draghi cita alcuni dati che mostrano la differente e più elevata pressione fiscale in Italia rispetto alla media europea: "Il cuneo fiscale sul lavoro è di circa 5 punti superiore alla media degli altri Paesi dell'area dell'euro; il prelievo sui redditi da lavoro più bassi e quello sulle imprese, includendo l'Irap, sono più elevati di 6 punti. Secondo stime dell'Istat, il valore aggiunto sommerso ammonta al 16% del Pil". "Confrontando i dati della contabilità nazionale con le dichiarazioni dei contribuenti, si può valutare che tra il 2005 e il 2008 il 30% della base imponibile dell'Iva sia stato evaso: in termini di gettito, sono oltre 30 miliardi l'anno, 2 punti di Pil", ha detto Draghi. Riforma pensioni. A proposito della riforma delle pensioni, il governatore di Bankitalia dice che "occorre prolungare la vita lavorativa anche per garantire un tenore di vita adeguato agli anziani di domani. I Paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con la maggiore occupazione giovanile". Qui Draghi dà atto al governo di andare nella direzione giusta: "Nel 2009 il governo ha compiuto un passo importante collegando in via automatica, dal 2015, l'età minima di pensionamento alla variazione della speranza di vita; il regolamento in via di definizione dà concreta attuazione al provvedimento". "Nella stessa direzione muovono gli interventi sulle cosiddette finestre e sulla normativa per le donne nel pubblico impiego", aggiunge il governatore che torna a chiedere riforme strutturali. Analogamente a quanto fatto lo scorso anno sul tema del Mezzogiorno, la Banca d'Italia prima della fine dell'anno organizzerà un convegno su tali riforme. Riforme strutturali. Tra le riforme che servono a recuperare efficienza e competitività Draghi cita gli interventi recenti del governo sul pubblico impiego: "La gestione del turnover nel pubblico impiego e i tagli alle spese discrezionali dei ministeri recentemente decisi dal Governo devono fornire l'occasione per ripensare il perimetro e l'articolazione delle amministrazioni". Anche il federalismo fiscale "deve aumentare l'efficienza nell'uso delle risorse" e per gli enti che non rispettano le regole, "è opportuno rafforzare il sisteme di vincoli e disincentivi", nella linea tracciata per le Regioni con disavanzi sanitari. Infine Draghi parla del mercato del lavoro, in particolare per l'occupazione giovanile: "I salari di ingresso in termini reali ristagnano da quindici anni. Una ripresa lenta accresce la probabilità di una disoccupazione persistente", osserva il governatore che esorta a completare la riforma del mercato del lavoro "superando le segmentazioni e stimolando la partecipazione".
2010-05-30 29 Maggio 2010 QUIRINALE Manovra, Berlusconi firma Napolitano esamina il decreto La manovra economica è stata firmata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e ora è all'attenzione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che la deve valutare. Lo rende noto un comunicato di Palazzo Chigi. "Il testo della manovra economica, già firmato dal presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato", si legge nella nota. "Lunedì mattina il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, riceverà una delegazione di Intermagistrature e dell'Associazione nazionale magistrati", conclude il comunicato. L'Anm si è riunita questa mattina per discutere eventuali reazioni delle toghe alle misure di contenimento della spesa pubblica nel settore della giustizia. Per ora niente sciopero dei magistrati, misura alla quale tuttavia l'Associazione nazionale magistrati non esclude di ricorrere, nel caso in cui il testo finale della manovra dovesse contenere "misure inique e irragionevoli". Berlusconi - rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se avesse già firmato il provvedimento - aveva detto che "la manovra è all'attenzione del capo dello Stato, viene firmata quando il Colle darà la sua valutazione". Venerdì pomeriggio, Napolitano ha ricevuto al Quirinale Berlusconi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Nei giorni scorsi, il governo aveva detto di attendere il ritorno in Italia dagli Usa del capo dello Stato per sottoporgli il decreto legge sulla manovra 2011-2012, approvato dal Consiglio dei ministri martedì scorso, ma che non è ancora stato emanato. Bersani. La manovra correttiva "è il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata": lo ha affermato il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. "È uno spettacolo inverecondo, non si sa bene cosa il Consiglio dei ministri abbia approvato" ed è una situazione "ai limiti estremi del quadro costituzionale".
28 maggio 2010 ASSEMBLEA CEI Bagnasco: "Intervenire a sostegno delle famiglie" "Sono disponibile ad ascoltare le vittime di abusi sessuali giorno e notte, e come me lo devono essere tutti i vescovi italiani". lo ha detto, al termine dei lavori della 61ª assemblea generale della CEI, il presidente card. Angelo Bagnasco rispondendo alle domande dei giornalisti. Quando una persona si rivolge al proprio vescovo per denunciare di aver subito degli abusi sessuali da parte di un prete, "la si riceve immediatamente, di giorno o di notte", ha detto. A chi ipotizzava difficoltà per una persona comune nel mettersi in contatto con il responsabile della diocesi, Bagnasco ha risposto: "Non credo che un vescovo sia inaccessibile. Io ricevo lettere personali e riservate, scritte anche a stampatello su una pagina di quaderno su varie questioni delicate. Molti prendono, scrivono e presentano un problema". Nel caso di denunce d'abuso sessuale, ha proseguito, si tratta di "situazioni così gravi che richiedono una risposta immediata". Dopo di che "la procedura sarà quella che sarà; ci vogliono i tempi necessari, i più brevi possibili". Federalismo. Il cardinale Bagnasco ha anche parlato di federalismo. "Il federalismo fiscale - ha detto - deve salvaguardare due beni fondamentali: il primo è l’unità del Paese come valore profondo e acquisito per tutti, sul quale non si può retrocedere per nessun motivo; il secondo valore è rappresentato dalla crescita solidale di tutte le parti del Paese, in un vincolo di solidarietà". "Un federalismo che non raggiungesse congiuntamente questi due obiettivi, l’unità e la crescita solidale di tutte le regioni, non avrebbe conseguito i traguardi voluti". Intercettazioni. Alla domanda sul dibattito in corso circa la legge sulle intercettazioni, il presidente della Cei ha risposto che "anche in questo caso vanno salvaguardati congiuntamente due valori: quello dell’informazione e quello della riservatezza personale. Si tratta di due valori compatibili che vanno rispettati". Circa la norma che prevede la segnalazione alla Santa Sede dell'apertura di un procedimento giudiziario nei confronti di un vescovo, il cardinale ha affermato che "si tratta di una forma di rispetto tra le Istituzioni e verso la Chiesa, che non va a inficiare le procedure previste dalla leggi". La manovra. "Una valutazione della manovra economica mi porta a chiedermi se essa contemperi adeguatamente due aspetti: il primo è quello della reale tutela della famiglia, il secondo il sostegno alle imprese artigiane e alle piccole e medie industrie". Circa il primo aspetto ha affermato che "girando nelle parrocchie si avvertono le difficoltà e i lamenti che vengono dalle famiglie. È un affanno reale e proprio in un momento in cui la situazione economica è così seria, è più necessario intervenire a sostegno delle famiglie. In questo senso – ha aggiunto – nella prolusione ho parlato di rischio di "suicidio demografico" del nostro Paese. Circa le piccole imprese – ha quindi proseguito – esse costituiscono una rete molto forte fatta di proprietari che mettono molto e, a volte, tutto quello che hanno per sostenerle e farle funzionare. Con la crisi a volte non ci riescono. Quindi sarebbe opportuno trovare forme di sostegno adeguate a questa realtà così importante per l’Italia".
29 Maggio 2010 MANOVRA Ecco l'elenco degli istituti "tagliati" La manovra finanziaria prevede il taglio dei fondi statali a 232 istituti ed enti culturali. Infatti l'art. 7 comma 22 del "Decreto legge recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", spiega che a decreto approvato "lo Stato cessa di concorrere al finanziamento degli enti, istituti, fondazioni e altri organismi", indicati nell'elenco allegato: si tratta di 232 organismi. L'articolo però contiene anche la realizzazione di un fondo destinato all'eventuale erogazione di contributi agli enti che ne facciano "documentata e motivata richiesta". Questo l'elenco completo, così come risulta all'agenzia Ansa: 1.Fondazione Alcide de Gasperi 2.CIME Consiglio Italiano per il Movimento Europeo 3.Centro Studi Americani 4.Associazione giovanile musicale AGIMUS 5.Ente Nazionale 5.Assistenza Magistrale - E.N.A.M. 6.Fondazione "Guido d'Arezzo" 7.Fondazione italiana per la musica antica 8.Centro italiano di ricerche aerospaziali - CIRA SpA 9. Istituto italiano di studi germanici 10. 10.Ente geopantologico di Pietraroia 11.Parco geominerario 12.Riserva naturale dello stato Isola di Vivara 13.Associazione italiana combattenti e reduci 14.Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna 15.Associazione nazionale veterani e reduci garibaldini 16.Federazione italiana volontari della libertà 17.Associazione dei Cavalieri italiani del sovrano militare Ordine di Malta 18.Associazione nazionale "Nastro Verde" 19.Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania 20.Comitato Nazionale per il centenario della nascita di Cesare Pavese 21.Comitato Nazionale un secolo di Fumetto Italiano 22.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Guglielmo Massaja 23.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bimillenario della nascita di Vespasiano 24.Comitato Nazionale per le celebrazioni del millenario della Basilica di Torcello 25.Comitato Nazionale "I Trattati di Roma" 26.Comitato Nazionale per le celebrazioni del quarto centenario della morte di Alberico Gentili 27.Comitato Nazionale per le celebrazioni del 550 anniversario della nascita di Bernardino di Betto detto il Pinturicchio 28.Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Mario Soldati 29.Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario di Casa Ricordi 30.Comitato Nazionale le "Autonomie Locali" 31.Allegorein 32.Accademia Medica di Roma 33.Accademia Angelica Costantiniana 34.Accademia Nazionale di Agricoltura 35.Accademia Filarmonica di Bologna 36.Associazione Naz. Funzionari Direttivi 37.Associazione per la Riforma dello Stato 38.Associazione Romana Amici della Musica - ARAM 39.Associazione Fondo Alberto Moravia 40.Associazione Liberi Scrittori Italiani 41.Associazione Don Giuseppe De Luca - Roma 42.Centro di Cultura Scientifica Alessandro Volta 43.Centro Italiano di Ricerche e Informazione, ecc. - CIRIEC 44.Centro per la Cultura d'Impresa 45.Centro di Iniziativa e Ricerca sul sistema - CIRSES 46.Fondazione Bettino Craxi 47.Fondazione Guido D'Arezzo - Arezzo 48.Fondazione Maria e Goffredo Bellonci - Roma 49.Fondazione Nazionale Carlo Collodi - Pescia 50.Fondazione Ugo Spirito - Roma 51.Istituto Accademico di Roma 52.Istituto di Studi Filosofici 53.Istituto Naz. Tostiano 54.Istituto di Storia e Arte del Lazio Meridionale - Bibl. GM Longhi 55.Istituto Domus Mazziniana - Pisa 56.Istituto Internazionale di Storia Economica Francesco Datini - Prato 57.Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e Contemporanea - Roma 58.Istituto Domus Galilaeana - Pisa 59.Società Tarquiniense di Arte e Storia 60.Società Storia Patria Puglie 61.Società Reggiana Studi Storici 62.Società Dalmata Storia Patria 63.Società nazionale di scienze e lettere ed arti - Napoli 64.Unione Giuristi Cattolici Italiani 65.Unione internazionale degli Istituti di archeologia, Storia e Storia dell'Arte in Roma 66. Accademia degli Incamminati - Modigliana 67. Accademia dei Concordi - Rovigo 69.Accademia dei Fisiocritici - Siena 70.Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna - Bologna 71.Accademia delle Scienze di Ferrara - Ferrara 72.Accademia delle Scienze di Torino - Torino 73.Accademia di Storia dell'Arte Sanitaria - Roma 74.Accademia di Studi Italo - Tedeschi - Merano 75.Accademia Etrusca di Cortona 76.Accademia delle Arti e del Disegno - Firenze. 77.Accademia Galilaeana di Scienze Lettere ed Arti in Padova - Padova 78.Accademia Italiana della Cucina - Milano 79.Accademia Italiana di Scienze Forestali - Firenze 80.Accademia Lancisiana - Roma 81.Accademia Ligure di Scienze e Lettere - Genova 82.Accademia Lucchese di Scienze lettere Arti - Lucca 83.Accademia Marchigiana di Scienze Lettere e Arti - Ancona 84.Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL - Roma 85.Accademia Nazionale di San Luca - Roma 86.Accademia Nazionale di Scienze lettere e Arti di Modena - Modena 87.Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Palermo - Palermo 88.Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti - Mantova 89.Accademia Olimpica - Vicenza 90.Accademia Properziana del Subasio - Assisi 91.Accademia Pugliese delle Scienze - Bari 92.Accademia Raffaello - Urbino 93.Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze - Arezzo 94.Accademia Toscana di Scienze e Lettere "La Colombaria" - Firenze 95.Associazione Centro Studi Feliciano Rossitto - Ragusa 96.Associazione "Roma nel Rinascimento" - Roma 97.Associazione Malacologica Internazionale - A.M.I. - Roma 98.Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno D'Italia - Roma 99.Associazione per l'Economia della Cultura - Roma 100.Ateneo di Brescia Accademia di Scienze Lettere ed Arti - ONLUS - Brescia 101.Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo - Bergamo 102.Ateneo Veneto - Venezia 103.Biblia - ONLUS - Settimello 104.Centro "Pio Rajana" Centro di Studi per la Ricerca Letteraria Linguistica e Filologica - Roma 105.Centro Camuno di Studi Preistorici - Capo di Ponte 106.Centro di Cultura di Storia Amalfitana - Amalfi 107.Centro di Iniziativa Giuridica "Piero Calamandrei" - Roma 108.Centro di Studi sulla Cultura e l'immagine di Roma - Roma 109.Centro Internazionale di Etnostoria - Palermo 110.Centro Italiano di Studi sul Basso Medioevo - Accademia Tudertina - Todi 111.Centro Studi sul Classicismo - San Gimignano 112.Centro Internazionale di Studi Rosminiani - Stresa 113.Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi - Napoli 114.Centro Nazionale di Studi Leopardiani - Recanati 115.Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per i Medio Oriente e l'Asia - Torino 116.Centro Studi Piero Gobetti - Torino 117.Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali ONLUS - Ravello 118.Ente Nazionale Giovanni Boccaccio - Firenze 119.Essmoi - Fondazione Giuseppe Emanuele e Vera Modigliani (Ente per la Storia del Socialismo e del Movimento Operaio Italiano) - Roma 120.Fondazione Domus Galilaeana - Pisa 121.Fondazione "Casa di Oriani" - Ravenna 122.Fondazione Casa Buonarroti - Firenze 123.Fondazione "Biblioteca Benedetto Croce" - Napoli 124.Fondazione Centro Internazionale di Studi di Architettura "Andrea Palladio" - Vicenza 125.Fondazione "Centro Studi Filosofici di Gallarate" - Padova 126.Fondazione "Remo Orseri per la Collaborazione Culturale fra i Popoli" - Roma 127.Fondazione Accademia Musicale Chigiana - Siena 128.Fondazione Adriano Olivetti - Roma 129.Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico - Roma 130.Fondazione Arena di Verona 131.Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori - Milano 132.Fondazione Artistica Poldi Pezzoli - ONLUS - Milano 133.Fondazione Biblioteca Archivio Luigi Micheletti - Brescia 134.Fondazione Carlo Donat - Cattin - Torino 135.Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea - C.D.E.C. - ONLUS - Milano 136.Fondazione Centro Nazionale di Studi Manzoniani - Milano 137.Fondazione "Centro Sperimentale di Cinematografia" (così modificata la denominazione della Fondazione Scuola nazionale di cinema con D.Lgs.22-1-2004, n.32) 138.Fondazione Centro Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo - San Miniato 139.Fondazione Civico Museo Biblioteca Attore Teatro Stabile di Genova - Genova 140.Fondazione Claudio Monteverdi - Cremona 141.Fondazione di Ricerca Istituto Carlo Cattaneo - Bologna 142.Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi - Firenze 143.Fondazione Ezio Franceschini - ONLUS - Firenze 144.Fondazione "Festival dei Due Mondi di Spoleto". 145.Fondazione Giacomo Brodolini - Roma 146.Fondazione Giangiacomo Feltrinelli - Milano 147.Fondazione Gioacchino Rossini - Pesaro 148.Fondazione Giorgio Cini - Venezia 149.Fondazione Giulio Pastore - Roma 150.Fondazione "Il Vittoriale degli Italiani" - Gardone Riviera 151.Fondazione Ing. Carlo Maurilio Lerici - Roma 152.Fondazione Istituto Gramsci - ONLUS - Roma 153.Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antico - Roma 154.Fondazione Istituto Nazionale Studi sul Rinascimento - Firenze 155.Fondazione Istituto Nazionale di Studi Verdiani - Parma 156.Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci - Torino 157.Fondazione Istituto Storico "Giuseppe Siotto" - Cagliari 158.Fondazione Istituto Italiano Storia della Musica - Roma 159.Fondazione "La Triennale di Milano" - Milano 160.Fondazione "La Quadriennale di Roma" - Roma 161.Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco - Roma 162.Fondazione "Liberal" - Roma 163.Fondazione Lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari (costituita con L.11-11-2003, n. 310) 164.Fondazione Luigi Einaudi - Torino 165.Fondazione Luigi Einaudi per Studi di Politica ed Economia - Roma 166.Fondazione Museo Stibbert - ONLUS - Firenze 167.Fondazione Napoli Novantanove - ONLUS - Napoli 168.Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII - Bologna 169.Fondazione Palazzo Coronini Cronberg - Gorizia 170.Fondazione Pietro Nenni - Roma 171.Fondazione Rosselli - Torino 172.Fondazione Scientifica Querini Stampalia - ONLUS - Venezia 173.Fondazione Spadolini Nuova Antologia - Firenze 174.Fondazione Stauros Italiana - San Gabriele -Isola Abruzzo del Gran Sasso 175.Fondazione Studi Storici Filippo Turati - ONLUS - Firenze 176.Fondazione Ugo da Como - Lonato 177.Fondazione Ugo e Olga Levi Centro di Cultura Musicale Superiore ONLUS - Venezia 178.Fondazione Università Internazionale dell'Arte - U.I.A. - Firenze 179.Fondazione Valentino Bucchi - Roma 180.Fondazione Verga - Catania 181.Gabinetto Scientifico Letterario "G.P. Vieusseux" - Firenze 182.Giunta Centrale per gli Studi Storici - Roma 183.Istituto Abbatia Sancte Marie de Morimundo 184.Istituto Alcide Cervi - Reggio Emilia 185.Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo - Roma 186.Istituto di Studi Storici Postali - Prato 187.Istituto e Museo di Storia della Scienza - Firenze 188.Istituto Internazionale di Studi Liguri - Bordighera 189.Istituto Internazionale Jacques Maritain - Roma 190.Istituto Italiano di Numismatica - Roma 191.Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria - Firenze 192.Istituto Italiano di Studi Storici - Napoli 193.Istituto Italiano per la Storia Antica - Roma 194.Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Milano 195.Istituto Luigi Sturzo - Roma 196.Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte - Roma 197.Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici - Firenze 198.Istituto Nazionale di Studi Romani - ONLUS - Roma 199.Istituto Nazionale di Urbanistica - Roma 200.Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia - Milano 201.Istituto per la Scienza dell'Amministrazione Pubblica - I.S.A.P. - Milano 202.Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano - Roma 203.Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda - ONLUS - Milano 204.Istituto per la Storia dell'Azione Cattolica e del Movimento Cattolico in Italia "Paolo VI" - Roma 205.Istituto per la Storia e l'Archeologia della Magna Grecia - Taranto 206.Istituto per le Ricerche di Storia Sociale e Religiosa - ONLUS - Vicenza 207.Istituto Storico Italiano per il Medioevo - Roma 208.Istituto Storico Lucchese - Lucca 209.Istituto Veneto Accademia di Scienze Lettere ed Arti - Venezia 210.Opera di Dante - Ravenna 211.Osservatorio Parlamentare - Roma 212.Pro Civitate Christiana - Assisi 213.Scuola Archeologica Italiana di Atene - Roma 214.Società chimica Italiana - Roma 215.Società Dantesca Italiana - Firenze 216.Società di Studi Valdesi - Torre Pellice 217.Società Entomologica Italiana - Genova 218.Società Europea di Cultura - S.E.C.I. - Venezia 219.Società Filologica Friulana - Udine 220.Società Geografica Italiana - Roma 221.Società Internazionale di Studi Francescani - Assisi 222.Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino (S.I.S.M.E.L.) - ONLUS - Impruneta 223.Società Italiana di Statistica - Roma 224.Società Italiana per il Progresso delle Scienze - Roma 225.Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente - Milano 226.Unione Accademica Nazionale - Roma 227.Opera nazionale "Montessori" - Roma 228.Unione Nazionale per la Lotta contro l'Analfabetismo 229.Casa Militare Umberto I 230.Fondazione museo internazionale delle ceramiche di Faenza - MIC 231.Fondazione Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "L. da Vinci" 232.Centro internazionale di radiocomunicazioni mediche (CIRM), istituito con decreto ministeriale 16 febbraio 1935, n. 16.
29 Maggio 2010 IL PALAZZO E IL PAESE Federalismo, alta tensione sui tagli agli enti locali "Proporrò a Tremonti di portare già entro giugno, oltre al decreto legislativo sull’autonomia impositiva degli enti locali, anche quello su costi e fabbisogni standard". Tocca a Roberto Calderoli, per ordine di Bossi, interrompere la corsa a chi è più federalista della Lega innescata dai tagli drastici agli enti locali della Manovra. Un segnale all’opposizione che ironizza, e agli stessi governatori del Pdl che, con Roberto Formigoni, avevano di nuovo parlato di federalismo a rischio. Ma, per non sapere né leggere né scrivere, diventava un messaggio anche per Silvio Berlusconi che, in mattinata, pur ribadendo che "i decreti attuativi saranno fatti nei tempi", poi aveva ribadito l’impegno "di varare una commissione all’interno del Pdl, che concluderà il suo esame entro l’estate". Si tratta, come si ricorderà, di una delle poche concessioni a Gianfranco Fini, durante lo scontro nella direzione del Pdl. Vuoi vedere, avranno pensato quelli della Lega, che Fini e Berlusconi si mettono d’accordo proprio sulla pelle nostra? Ed ecco Calderoli assumere quest’impegno "davanti a Comuni, Province e Regioni", un po’ promette, e un po’ minaccia. La Lega, insomma, gioca la sua partita. Assumendo il comando delle operazioni non appena entrano in azione sistemi di frenatura. Lo stesso Calderoli non esitò, d’altronde, a portare lui stesso la prima bozza di riforma al Quirinale, innescando l’escalation polemica di Fini, nel Pdl, e il disappunto dello stesso premier. "La Lega – si riprende la scena, Calderoli – non avrebbe mai votato una manovra che mettesse a rischio il federalismo . E infatti il decreto legge non solo non lo tocca, ma anzi ne crea i presupposti", assicura. Una risposta secca al coro che invitava la Lega a fare il suo mestiere. Il più esplicito era stato proprio Formigoni, chiedendo "gli amici ministri della Lega e tutto il governo di voler salvare il federalismo fiscale, modificando la manovra". In serata la contro-replica del governatore lombardo: "Calderoli condivide la convinzione che, così come è, la manovra mette a repentaglio il federalismo. Le sue intenzioni sono giuste – concede – ma per fare il federalismo occorrono i numeri e finora nella manovra mancano". Così i dubbi sui conti e quelli sui tempi s’intrecciano. Entro fine giugno, che è poi la scadenza cui fa riferimento Calderoli, la legge sul federalismo impone solo un passaggio in Parlamento per metterlo a conoscenza della relazione sui costi e sulle simulazioni attuative del federalismo, cui sta lavorando senza sosta (ma per concludere mancherebbero ancora una ventina di giorni) la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale presieduta da Luca Antonini. E, stando così le cose, i tempi stretti ipotizzati da Calderoli, vista anche la zeppa messa da Berlusconi con la costituenda commissione del Pdl, non sembrano perseguibili. L’opposizione invita il governo a uscire allo scoperto. Opposizione che mantiene, fra l’altro, il controllo di Anci (con il sindaco di Torino Sergio Chiamparino) e presidenza Regioni (col riconfermato Vasco Errani, a dispetto dei numeri che ora sarebbero a vantaggio del centrodestra). "Il federalismo è morto, Bossi lo sa ma tace", dice, per il Pd, l’ex sottosegretario Ettore Rosato. E, dopo l’uscita di Calderoli, Massimo D’Alema rincara la dose, parlando di "colpo durissimo al federalismo". Lo vede "a rischio", ora, anche Massimo Donadi, per l’Idv, reduce dall’idillio con la Lega sul federalismo demaniale. "Per crederci alla Lega resta solo il training autogeno", scherza Maurizio Ronconi, per l’Udc, che così rafforza la sua scelta di tenersene distante. "Le rassicurazioni della Lega? Solo propaganda", taglia corto Chiamparino. Angelo Picariello
29 Maggio 2010 L'INTERVISTA Ricolfi: il sogno della Lega è già svanito "Se il buongiorno si vede dal mattino, il federalismo di Calderoli è già stato colpito e affondato". La battuta del sociologo Luca Ricolfi esprime bene un’opinione diffusa, soprattutto in chi da tempo ha responsabilità di governo in Regioni e Comuni: con i sacrifici imposti dall’esecutivo (su richiesta dell’Europa) la grande riforma dello Stato dovrà attendere. "La verità è che questa è una manovra antifederalista" osserva Ricolfi. Perché? Perché allarga, in modo iniquo, le differenze territoriali già presenti nel nostro Paese. Il punto non è soltanto che mancano le risorse, ma che con questa manovra le risorse vengono chieste nella stessa misura ai soggetti virtuosi e a quelli meno virtuosi. Che fine hanno fatto i meccanismi premiali? Perché Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, che sono regioni efficienti, vengono trattate come Umbria, Lazio e Liguria che non lo sono? In tempi di sacrifici, come ha peraltro riconosciuto Berlusconi, non trova giusto che tutti partecipino allo stesso modo alla messa in sicurezza delle finanze pubbliche? No. Se i tagli vanno a tutti in modo indiscriminato, vuol dire che il principio di equità non vale per nessuno. Peccato, perché molti amministratori pubblici stanno bussando alla porta della Fondazione David Hume, di cui sono presidente, proprio per chiederci analisi dettagliate sugli sprechi e per costruire insieme a noi nuovi indici di virtuosità. Ma il risveglio che registriamo nei territori non è stato recepito nella manovra. Si riferisce al taglio delle Province, prima annunciato e poi ritirato? Non sono del tutto convinto che l’abolizione delle Province sia un provvedimento così necessario. Rispetto a Comuni e Regioni, sono enti che costano meno e che hanno compiti tutt’altro che irrilevanti, dalla manutenzione delle strade all’edilizia scolastica. Ridurre di poco le spese della politica a questo livello, alla fine, può rivelarsi controproducente se, per ridefinire le competenze che vengono tolte, la riorganizzazione presenta costi aggiuntivi. Cosa c’è di apprezzabile nel provvedimento del governo? Senza dubbio, c’è la presa d’atto che gli stipendi dei dipendenti pubblici sono cresciuti a ritmo quasi doppio rispetto a quelli dei dipendenti privati. È giusto che, nel caso della pubblica amministrazione, avvenga un congelamento delle retribuzioni. Per questo, trovo corporativa e ridicola la protesta dei magistrati e dei professori universitari. Era necessario intervenire anche sulle pensioni dei falsi invalidi, colpendo però quelle zone del Centro-Sud in cui il fenomeno è maggiormente diffuso. La manovra sta provocando malumori tra i governatori del centrodestra e solo la Lega sembra difenderla a spada tratta. Perché? I leghisti mi fanno tanta tenerezza. Chi tra di loro sta in periferia, alla guida dei Comuni, si rende conto che i soldi sono sempre di meno e che non c’è una redistribuzione virtuosa. Chi sta al governo, invece, è tutto proteso a garantire la tenuta dell’esecutivo e la realizzazione del federalismo. C’è una grossa spaccatura in atto. Mi sembra come quando il Pci diceva agli operai: adesso fate i sacrifici, poi faremo il comunismo. Ecco, i leghisti stanno diventando un po’ come i comunisti. Il loro sol dell’avvenire è il federalismo, un sogno che ormai è già svanito. Diego MOtta
2010-05-27 27 maggio 2010 FINANZIARIA Marcegaglia: "Sì alla manovra ma non è strutturale" "Gli interventi della finanziaria 2011-2012 si muovono correttamente per rallentare la spesa e arginare l'evasione", dice Emma Marcegaglia. Che chiede riforme strutturali e non dettate dall'emergenza. Sottolinea quindi che la maggiore disciplina "non è stata il frutto di una scelta politica maturata con lungimiranza e senso di responsabilità. Ma è stata imposta dall'andamento dei mercati". Serve ora un impegno bipartisan sul percorso parlamentare della manovra: "In Parlamento maggioranza e opposizione hanno ora la possibilità di voler far propria quella disciplina". Arginando "favoritismi e clientelismi" che porterebbero "sprechi e corruzione". Per la leader degli industriali, poi, "mettere in ordine i conti pubblici non basta e non è neppure duraturo senza profonde riforme strutturali. Riforme che modificano l'operare dello stato, il perimetro della sua azione, la stessa concezione della sua funzione". Le riforme sono oggi "più che mai urgenti". Al contrario, "il passo delle riforme è stato troppo lento e uno scontro politico e sociale sulla finanziaria potrebbe bloccarle del tutto. Sarebbe esiziale. Invece, bisogna accelerarle". Rimarcando come "l'ultimo anno e mezzo è stato durissimo", Marcegaglia sottolinea che ora "è in corso un rimbalzo che potrebbe anche risultare superiore alle attese. La produzione industriale sta aumentando del 7% annuo e accelera il passo". Ma, avverte il numero uno di Viale dell'Astronomia, "su questo recupero gravano le incognite della crisi europea in atto. Comunque - dice - non si tratterà di un duraturo innalzamento del nostro ritmo di sviluppo". Marcegaglia parla di "uno scenario davvero poco incoraggiante" e si sofferma anche sul confronto con gli altri Paesi europei, a partire dalla Germania. "Abbiamo ceduto ai tedeschi ben 32 punti di competitività. Non ci si deve stupire se l'Italia cresce poco", afferma ancora il presidente di Confindustria evidenziando il "cattivo andamento della produttività". Per l'Italia il bilancio della crisi "è pesantissimo, rispetto ai picchi del primo trimestre 2008, - ha detto - abbiamo perso quasi 7 punti di Pil e oltre 700.000 posti di lavoro. Il ricorso all Cig è aumentato di sei volte. La produzione industriale è crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: 100 trimestri bruciati"
27 maggio 2010 ECONOMIA E POLITICA Manovra, lodi e proteste Una manovra necessaria, "non il trazionale aggiustamento dei conti pubblici", originata dalla "crisi speculativa sull’euro". Imposta dall’Europa, anzi dalla linea che l’Unione si è data proprio sulla spinta, decisiva, dell’Italia. "Se non c’erano questi due signori qui quel drammatico fine settimana, la crisi sarebbe stata ben più grave", rivendica Silvio Berlusconi per sé e per il "signore" che gli è a fianco, Giulio Tremonti, ricordando il vertice dell’8 e 9 maggio, convocato sull’onda della crisi greca. Per correggere i conti di un continente "che vive al di sopra delle sue possibilità". Davanti ai giornalisti assiepati nella saletta di Palazzo Chigi, il premier si presenta con un insolito discorso scritto di sette cartelle per non lasciare neanche una parola al caso, e con al fianco il ministro dell’Economia. Smentisce che ci siano state divergenze fra loro. "Abbiamo lavorato gomito a gomito con Gianni Letta, e non c’è mai stato un momento in cui la dialettica sia salita", assicura. E quando sottolinea un passaggio di chiaro stampo tremontiano (su lord Beveridge e "lo Stato che accompagnava dalla culla fino alla tomba...") voltandosi alla sua destra verso il ministro dell’Economia, questi gli dà un cenno d’intesa con l’occhiolino. Perché lo Stato, ora, attacca Berlusconi, deve sopperire ai guasti dei "governi consociativi della prima Repubblica", e alla riforma "dissennata" attuata dal "governo della sinistra , che con soli quattro voti di scarto dieci anni fa, ha attribuito alle Regioni un potere di spesa sulla sanità sganciato da ogni responsabilità". Conferma l’entità della manovra in 24 miliardi sui due anni (24,9 per la precisione dirà poi Tremonti) ma rivendica: "Non abbiamo aumentato le tasse". Cita, al confronto, i 30 miliardi della Grecia, i 50 della Spagna già decisi, i 100 e i 60 in arrivo rispettivamente per Francia e Germania. E il taglio delle tasse? Berlusconi e Tremonti ricordano che nel programma di governo c’era la clausola di salvaguardia dei conti pubblici in caso di crisi. "E di crisi ce ne sono state due", ricordano, quella americana della bolla immobiliare, e ora quella dell’euro. "Ma speriamo di poterci arrivare. In tal caso – promette – inizieremo dalle famiglie numerose, col quoziente familiare, e dal taglio dell’Irap alle imprese". Il premier conferma i tagli agli sprechi, su cui poi si soffermerà Tremonti. Tagli "lineari" del 10 per cento ai ministeri, spiega che gli statali dovranno dare il buon esempio "stando fermi un giro", rinunciando ad aumenti per tre anni, e ricorda le ricette lacrime e e sangue degli altri, Spagna in primis. Promette una lotta senza quartiere all’evasione. Difende come una "giusta via di mezzo" la tracciabilità fissata alla fine a 5mila euro per i pagamenti in contanti. Cita poi i dati "inaccettabili" del sommerso di Calabria (85 per cento) Sicilia (63), Campania (55), per complessivi "mancati introiti di 120 miliardi". Sono gli "impegni presi con l’Europa, di cui siamo i fondatori e che è la nostra casa, e lo sarà sempre di più", sottolinea Berlusconi. Ringrazia il presidente Napolitano e dà la disponibilità all’opposizione ad accettare correttivi, con una mezza promessa sul mancato ricorso alla fiducia. Un testo ponderoso, i cui capitoli passano a 54 dai 22 annunciati, e par di capire che il testo definitivo sarà quello che nei prossimi giorni, al sua rientro dagli Usa, sarà consegnata al presidente della Repubblica. L’ultimo giallo l’abolizione delle Province, di cui Tremonti non parla per niente. Una manovra, spiega, che "modifica profondamente lo stato sociale, al fine di salvarlo". Sugli enti locali il ministro conferma che il taglio maggiore è per le Regioni, pur nel rispetto dovuto all’autonomia tutti gli organi di rilevanza costituzionale. Ma, assicura, "la sanità è l’unica cosa che non abbiamo toccato". Nel ponderoso volume che questa manovra è diventata anche molte misure per lo sviluppo, fra cui una fiscalità di vantaggio per il Sud sempre bocciata dall’Europa. Ma con la formula dell’abolizione dell’Irap per chi investe, stavolta – è convinto Tremonti – l’Ue dirà di sì. Angelo Picariello
27 maggio 2010 La stretta e il progetto Ciò che non sembra mai opportuno e invece è necessario Non vi sono dubbi sulla necessità di un intervento economico che metta in sicurezza i conti pubblici di fronte alle tentazioni speculative sull’Europa e sul debito pubblico italiano: il maggior costo in più per il collocamento dei titoli di Stato italiano rispetto a quelli tedeschi è l’imposta principale pagata con questa manovra. Il rischio di una nuova crisi finanziaria ci ricorda come gli standard globali per la finanza, su cui si è dibattuto nell’anno passato, rimangano ancora colpevolmente nel cassetto. L’esperienza degli ultimi vent’anni con un debito pubblico elevato è quella di un succedersi di manovre di emergenza, alle quali è sempre seguita una decelerazione della crescita economica, al punto che la bassa crescita è diventata uno dei dati costanti della nostra economia. L’emergenza, però, è spesso anche l’occasione per interventi strutturali, difficili in tempi normali ma che diventano possibili in momenti di crisi, quando l’incalzare degli eventi consente di abbattere il muro degli interessi particolari, altrimenti invalicabile. È questo il caso dell’evasione fiscale, un problema particolarmente acuto in Italia, che nei giorni passati sembrava essere al centro della manovra, ma che poi è parso evaporare nell’elenco dei provvedimenti. Ma vi è soprattutto una categoria di provvedimenti per i quali il momento economico non è mai giudicato opportuno – da almeno vent’anni – anche se rappresentano il cuore pulsante di una genuina ripresa economica e sociale: si tratta della questione della famiglia e dei figli, di cui non vi è traccia nella manovra. Il rischio associato a un elevato debito pubblico, per il quale è sempre invocata la nostra responsabilità rispetto al futuro dei nostri figli, potrebbe paradossalmente ridimensionarsi perché di nuovi nati ve ne sono sempre meno. L’economia italiana – con un analogo paradosso – sembra sfidare i pochi giovani in circolazione, i quali anziché essere più ricercati, perché pochi, faticano invece a trovar lavoro e a costituire una nuova famiglia, e potrebbero perciò essere seriamente tentati di andarsene in numero sempre maggiore all’estero. Magari in Francia dove famiglia e figli sono trattati molto meglio di quanto avvenga in Italia. O magari a Berlino dove possono affittare o acquistare una casa alla metà dei prezzi italiani. Abbiamo perciò bisogno, come in Francia e in Germania, non solo di una politica di risanamento della finanza pubblica, ma anche e contemporaneamente di un risanamento dei bilanci familiari, anche come premessa per una ripresa del mondo delle piccole e medie imprese che in gran parte si sostiene sulla domanda interna. Il declino demografico italiano è tanto più preoccupante perché neanche i flussi migratori, ormai necessari, sono sufficienti per rispondere ai problemi sociali ed economici di una società sempre più anziana, nella quale un numero crescente di donne sole ha bisogno di nipoti e non solo di pensioni. I figli sono la molla potente che spinge a guardare al futuro lontano, a lavorare e a impegnarsi per cercare di offrire loro un futuro migliore, così com’è avvenuto negli anni del miracolo economico. Così come avviene oggi nei Paesi che stanno uscendo più rapidamente e con maggior vitalità dalla crisi e che, non casualmente, sono nazioni "giovani" come gli Stati Uniti, la Cina, l’India o il Brasile, mentre Francia e Germania si preoccupano non solo del debito pubblico ma anche della ripresa. Se vogliamo davvero guardare al futuro è sufficiente preoccuparsi delle enormi difficoltà economiche dell’avere figli in Italia: è solo per loro che si possono chiedere sacrifici al Paese. Luigi Campiglio
2010-05-26 25 Maggio 2010 POLITICA ECONOMICA Il ministro Tremonti: ridurre il debito pubblico Primum vivere. È il motto con il quale Giulio Tremonti sta tentando di far bere l'amaro calice a enti locali e sindacati presentando loro la manovra da 24 miliardi per il 2011 e il 2012 che il governo varerà stasera. Ammonta infatti a oltre 13 miliardi il taglio previsto nel biennio sui fondi a Regioni, Province e Comuni. Sforbiciata in vista anche per pensioni e salari del pubblico impiego. Tanto che Cisl e Uil sospendono in giudizio in attesa del testo definitivo, mentre la Cgil - che ha preferito non prendere la parola durante la riunione - definisce la manovra "iniqua" e chiede modifiche in Parlamento. Per le Regioni si parla di un intervento di massima di 5 miliardi per anno anche se il governo non ha fornito cifre dettagliate durante l'incontro. Duro il commento del presidente uscente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, secondo il quale la manovra "è insostenibile per le ricadute che avrà e per i servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare. Serve chiarezza per fare una manovra che non sia recessiva". Il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, ha spiegato che i tagli per Comuni e Province ammonteranno a 1,1 miliardi nel 2011 (800 milioni a carico dei Comuni e 300 milioni per le Province) e a 2,1 miliardi nel 2012 (1,5 miliardi per i comuni e 600 milioni per le Province). Chiamparino ha confermato che la manovra contiene l'atteso concordato fiscale per l'emersione delle case "fantasma". In base allo schema emerso ieri, chi non ha comunicato l'aggiornamento catastale degli immobili potrà mettersi in regola con sanzioni ridotte a un terzo. In caso contrario si vedrà attribuire una rendita presuntiva sull'immobile. SINDACATI SOSPENDONO GIUDIZIO, PROTESTANO DIPENDENTI CHIGI Tempi duri anche per i dipendenti pubblici per i quali è previsto un blocco triennale degli stipendi. "Il cedolino degli stipendi pubblici resterà quello di prima. Non un euro di più", ha detto chiaramente Tremonti ai sindacati che lo stanno incontrando a Palazzo Chigi. Reazione tiepida da parte di Luigi Angeletti, leader della Uil: "Non siamo entusiasti, ma sappiamo che dobbiamo tagliare la spesa". Angeletti ha aggiunto che il mancato rinnovo dei contratti al pubblico impiego sarebbe "un sacrificio accettabile" se la manovra confermasse la riduzione delle retribuzioni per i dirigenti pubblici. Tremonti, aprendo la riunione alla quale non ha partecipato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha ricordato l'importanza dei vincoli europei spiegando che la manovra è finalizzata al calo del debito pubblico attraverso tagli di spesa e contrasto all'evasione fiscale. "L'obiettivo fondamentale è ridurre il debito pubblico. La riduzione della spesa pubblica è un percorso obbligato. Primum vivere deinde philosophari. In manovra c'è il maxi contrasto all'evasione fiscale", ha detto Tremonti secondo quanto riferito da una fonte presente all'incontro. Oltre ai 100 mila controlli l'anno che l'Inps dovrà fare per snidare i falsi invalidi, la manovra riduce a 5 mila euro dagli attuali 12.500 euro il tetto per l'uso dei contanti, misura che pone le basi per un rafforzamento degli accertamenti fiscali. Il ministro ha confermato che la manovra punta ad una correzione dei conti pubblici di 0,8 punti nel 2011 e 0,8 nel 2012. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha detto che se la manovra conterrà, oltre a tagli alla spesa anche rilancio della produttività, lotta all'evasione e tagli ai costi della politica, il giudizio degli imprenditori sarà positivo. Nella manovra, secondo Tremonti, sarà presente anche un sostegno al nuovo modello contrattuale decentrato. In sostanza il governo dovrebbe riproporre anche nel 2011 gli incentivi alla parte di salario legata alla produttività. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha confermato che non ci saranno interventi strutturali sulle pensioni "ma soltanto uno spostamento della erogazione della pensione". La manovra dovrebbe prevedere uno slittamento di sei mesi per il pensionamento dal 2011, fatti salvi i diritti acquisiti da chi ha 40 anni di contributi. Tremonti non ha fornito dettagli. Le misure lasciano scontenti anche i dipendenti di Palazzo Chigi. Alcune decine di persone hanno infatti accolto Tremonti all'uscita con fischi e 'booh'.
2010-05-25
24 Maggio 2010 POLITICA ECONOMICA Manovra, ecco il piano Si cerca intesa tra le parti Sprint finale per la manovra 2011-2012 che approderà domani pomeriggio in Consiglio dei ministri. Sono ore di consultazioni frenetiche per la messa a punto del menù delle misure che confluirà in un decreto legge. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, illustrerà la manovra stasera alla Consulta economica del Pdl e domani mattina vedrà, insieme con il premier Silvio Berlusconi, gli enti locali e le parti sociali prima del Cdm in programma alle 18. La bozza prende intanto forma: tra le modifiche dell'ultima ora scompare il condono edilizio, che avrebbe dovuto portare nelle casse dello Stato circa sei miliardi, ma resta la regolarizzazione degli oltre due milioni di immobili fantasma. "Non ci sarà nessun condono edilizio", ha assicurato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti confermando che l'entità della manovra sarà di 24 miliardi. "Bisogna mettere a catasto circa due milioni di unità immobiliari e questo sarà fatto", ha aggiunto Bonaiuti, che ha anche assicurato che "l'entità delle pensioni non si tocca, ma ci potrà essere un aggiustamento sulle finestre". Sembra esclusa, ma non è ancora certo, l'introduzione del ticket sanitario da 7,5 euro sulle visite specialistiche, ipotesi circolata nei giorni scorsi. Confermata la stretta sulle pensioni di invalidità anche se dovrebbe saltare il tetto di reddito per gli assegni di accompagnamento. Si rafforza il pacchetto anti-evasione con l'introduzione del nuovo redditometro, la stretta sulle compensazioni Iva e i limiti al pagamento in contanti. È previsto anche un giro di vite sui giochi clandestini. Sul capitolo pensioni la riduzione delle finestre di vecchiaia e anzianità a una unica potrebbe lasciare spazio a una diversa rimodulazione delle uscite. Sul fronte del pubblico impiego sembra confermato il blocco dei contratti per il triennio 2010-2012 (la misura colpirebbe anche il personale non contrattualizzato come magistrati, forze dell'ordine, militari e professori universitari) e quello del turnover. Più incerta la sforbiciata per gli stipendi dei dirigenti pubblici con un contributo di solidarietà del 10% sulle buste paga superiori agli 80-100mila euro. Si va verso una razionalizzazione degli enti di previdenza con la creazione di tre grandi poli. L'Inps, in cui dovrebbe confluire tutta la previdenza del settore privato, potrebbe assorbire l'Ipost (l'ente di assistenza dei lavoratori delle poste) e l'Enasarco (ente pensione di agenti di commercio e promotori finanziari). Più incerto il futuro dell'Enpals (lavoratori dello spettacolo). Nell'Inail, a cui farebbero capo assicurazioni e infortuni sul lavoro - potrebbero invece confluire l'Ipsema (l'ente di previdenza del settore marittimo) e l'Ispels (Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro). Per la previdenza del pubblico impiego resterebbe l'Inpdap.
24 Maggio 2010 CRISI Germania, drastico piano di austerity in vista La Germania sta preparando un drastico piano di austerity per i prossimi anni che prevede tagli per dieci miliardi di euro all'anno fino al 2016. Lo scrive il Financial Times che cita fonti vicine al governo tedesco, sottolineando che il piano di Berlino "è d'esempio all'Eurozona" e che le misure rappresentano uno shock per gli altri Paesi membri dell'area. Il programma di tagli dovrebbe basarsi su un aumento della pressione fiscale oltre che sulla riduzione della spesa, nonostante la precedente promessa fatta dalla coalizione di governo di ridurre le tasse.
2010-05-22 22 Maggio 2010 FINANZIARIA Mini rinvio per la manovra? Spunta il condono edilizio Sulla manovra biennale che marcia ormai verso i 27 miliardi si profila un mini-rinvio. Ma per chiuderla torna in campo l’idea di un mega-condono edilizio, che, da solo, varrebbe quasi un quarto del provvedimento, cioè circa 6 miliardi. Silvio Berlusconi vuole prendere tempo e per chiudere il cerchio in serata torna a confrontarsi col ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. La manovra lascerà in ogni caso il segno, ha spiegato il premier dopo l’incontro avuto a Roma con il presidente della Commissione Ue, Barroso, perché nei governi europei "c’è la piena consapevolezza di aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità". Restano ancora da fissare molti contenuti. Fra le novità di giornata entrano una cura da almeno 2,5 miliardi (nel biennio) sulla sanità, una stretta fiscale sui fondi immobiliari, il parziale ritorno della tracciabilità dei pagamenti sopra una certa cifra, un incremento della fascia di reddito (da 3.500 a 5mila euro) per le pensioni "d’oro" che saranno sottoposte all’extra-prelievo del 10%, mentre per il taglio agli stipendi la soglia potrebbe essere abbassata da 100 a 80mila euro (sulle somme superiori scatterebbe la decurtazione). Un terzo della manovra (circa 9,2 miliardi) potrebbe venire poi dal nuovo sforzo chiesto a Regioni (4 miliardi nel biennio), Comuni (altri 4) e Province (1,2). Si torna poi a parlare, nella previdenza, di accorpamenti di enti per aggregarli solo attorno a Inps, Inpdap e Inail mentre, accanto alla caccia agli enti inutili, nel mirino potrebbero finire anche Isae, Isfol e Ice che potrebbero essere assorbiti dai ministeri di riferimento. Avanza, poi, più di un dubbio sulla realizzabilità del taglio del 10% ai maxi-stipendi pubblici (sopra 80mila euro). La misura richiede una riflessione perché, si fa notare, intervenire sulle retribuzioni di personale contrattualizzato potrebbe offrire profili d’incostituzionalità. Meno problemi creerebbe il taglio per magistrati, diplomatici e prefetti, che hanno stipendi agganciati a ministri e parlamentari, per i quali una riduzione è confermata e potrebbe anzi salire al 15% per seguire l’esempio spagnolo. Sul tavolo c’è anche un possibile taglio del Fua, fondo destinato a pagare i premi di merito nel pubblico impiego: ipotesi che sembra sfumare perché il ministro Renato Brunetta si è impuntato, osservando che si minerebbe "l’unica riforma targata Pdl" varata finora, quella della Pubblica amministrazione, visto che le altre sono di matrice Lega. Il quadro è ancora ingarbugliato, dunque. E il tempo stringe. Anche Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, ha parlato di "ore frenetiche". È soprattutto Tremonti a volerli accelerare, per mettersi al riparo dalle pressioni dei mercati. Berlusconi è invece per qualche giorno in più, anche perché vorrebbe riunire prima la Consulta economica del Pdl per non lasciare la "regia" solo a Tremonti e cercare la maggior collegialità possibile. La mediazione passerebbe anche per lo spacchettamento della manovra in 2: alcune misure subito per decreto, le altre in un ddl. Il nuovo redditometro, a esempio, scatterebbe solo da gennaio 2011, così come richiederà tempi lunghi il concordato in 3 tappe per regolarizzare le "case-fantasma" che non risultano al Catasto (pare siano quasi 2 milioni, con possibili entrate per 1-1,5 miliardi). Eugenio Fatigante
22 maggio 2010 FINANZIARIA Berlusconi: "Dalla manovra nessuna macelleria sociale" "Di fronte allo tsunami che sta mettendo a dura prova tutti i Paesi europei il solito partito dei pessimisti è tornato a farsi sentire e a diffondere le solite menzogne e veleni, attribuendo al nostro governo il proposito di varare a breve provvedimenti punitivi che sono per l'ennesima volta totalmente inventati". Lo afferma i presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un messaggio registrato ai Promotori della Libertà. Chiedo il vostro impegno: dovete sapere far sapere che non uno di questi fantasiosi provvedimenti di macelleria sociale di cui si legge su certa stampa in questi giorni risponde al vero. Noi stiamo lavorando in stretto contatto con le parti sociali. È assolutamente falso che sia alle viste un aumento delle imposte". Lo afferma i presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un messaggio registrato ai Promotori della Libertà. "Non verranno toccate - precisa Berlusconi - nè la sanità nè le pensioni, nè la scuola nè l'Università. È sicuro invece che il governo continuerà a mantenere i conti pubblici in ordine con una politica prudente, coniugando il rigore con l'equità e il sostegno alo sviluppo. E ripeto: non aumenteremo le tasse. Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani".
Il Papa: governi deboli contro le speculazioni "L'interazione etica delle coscienze", necessaria per affrontare la crisi economica, appare "troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza". Lo ha detto Papa Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti a un convegno promosso dalla Fondazione Centesimus Annus-Pro Pontifice. "La crisi e le difficoltà di cui al presente soffrono le relazioni internazionali, gli Stati, la società e l'economia, infatti – ha aggiunto il pontefice – sono in larga misura dovute alla carenza di fiducia e di un'adeguata ispirazione solidaristica creativa e dinamica orientata al bene comune, che porti a rapporti autenticamente umani di amicizia, di solidarietà e di reciprocità anche dentro l'attività economica". Senza questo, l'economia si ridurrebbe alla produzione di beni materiali, alimentando "consumismo, spreco, povertà e squilibri". "Come rilevavo nell'enciclica Caritas in veritate, uno dei maggiori rischi nel mondo attuale – ha citato Papa Ratzinger – è quello che all'interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l'interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umanò. Una tale interazione, ad esempio, appare essere troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza. La politica – ha ammonito – deve avere il primato sulla finanza e l'etica deve orientare ogni attività
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2011-08-27
2011-08-26 Cicchitto: "Mantenere gli aspetti fondamentali del decreto. dialogo con tutti" Se la Manovra viene stravolta servirà una nuova valutazione dell'Ue Tremonti smonta le modifiche del Pdl. Maroni: "Sulla buona strada per abolire tagli agli enti locali" NOTIZIE CORRELATE Manovra, sui ritocchi pdl torna la tensione Tremonti-premier, di M. Galluzzo (26 agosto 2011) Tremonti e Berlusconi (Ansa) Tremonti e Berlusconi (Ansa) MILANO - Gli emendamenti alla manovra di Ferragosto non devono stravolgerne il contenuto, altrimenti il provvedimento dovrebbe essere nuovamente inviato a Bruxelles per una valutazione. Lo riporta l'agenzia Reuters che cita una fonte confidenziale del ministero del Tesoro. La fonte osserva che "la manovra, così come approvata all'unanimità dal Consiglio dei ministri, ha avuto il convinto sì di Bruxelles non solo sui saldi ma nella sua complessità" e aggiunge che "modificarla non significa stravolgerla, perché questo significherebbe rimandarla a Bruxelles per una nuova valutazione". CICCHITTO - Il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, è consapevole che deve essere evitata l'eventuale nuova valutazione da parte dell'Ue: "Stiamo lavorando con due obiettivi: mantenere gli aspetti fondamentali del decreto che ha consentito all'Italia di difendere i titoli di Stato dalla speculazione internazionale anche con il contributo della Bce; introdurre i cambiamenti richiesti dai gruppi parlamentari del Pdl in un confronto positivo e costruttivo con Lega, Popolo e territorio (ex Responsabili, ndr) e anche con l'opposizione". TENSIONI - Tra Berlusconi e Tremonti ci sono state nei giorni scorsi alcune telefonate in cui il ministro dell'Economia ha bocciato gli emendamenti elaborati dal Pdl e presentati dal premier. Tremonti avrebbe aggiunto inoltre che le proposte mostrano "una certa dose di impreparazione". Le ipotesi in discussione riguardano tra le altre l'aumento dell'Iva, il taglio alle pensioni, l'abolizione delle province, il quoziente famigliare. Potrebbe risultare decisivo il "vertice" che potrebbe tenersi lunedì sera ad Arcore tra Berlusconi e Bossi, al quale dovrebbero presenziare anche Tremonti e il segretario del Pdl Alfano. ENTI LOCALI - Intanto è iniziato venerdì alla sede del Pdl a Roma la riunione tra Alfano e i rappresentanti del partito negli enti locali per approfondire i temi legati alla manovra e alle possibile modifiche ai tagli che riguardano le amministrazioni locali. Secondo il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, "c'è spazio per ridurre o azzerare i tagli agli enti locali. Ho lavorato in questa direzione per ottenere questo risultato. Mi pare che siamo sulla buona strada", ha detto il ministro a margine del Meeting di Cl a Rimini. "Penso che ci sarà, come la Lega ha chiesto, una sostanziosa riduzione dei tagli agli enti locali e spero anche un azzeramento, soprattutto per quanto riguarda i Comuni". IVA - La Confcommercio ribadisce in una nota la sua "totale contrarietà all'ipotesi di un aumento dell'Iva" in quanto avrebbe "inevitabili effetti depressivi sui consumi" mettendo a rischio il previsto miliardo di gettito fiscale derivante dall'aumento dell'Iva e di conseguenza anche i saldi di finanza pubblica saranno inattesi. La stessa posizione è stata espressa anche da Federdistribuzione. Redazione online 26 agosto 2011 11:55
il decreto Manovra, sui ritocchi pdl torna la tensione Tremonti-premier "Impreparati". "È anche il tuo partito" Giulio Tremonti Giulio Tremonti ROMA - Su queste telefonate si è formata una sorta di leggenda: c'è chi dice che sono di fuoco, che di solito Tremonti alza la voce e che il Cavaliere abbozza, che il primo la butta sul tecnico e il secondo sul politico, con tanto di minacce incrociate, più o meno velate. All'elenco di questo tipo di telefonate se n'è aggiunta ieri mattina un'altra. Due sere fa il Pdl ha raggiunto l'acme della sua nuova fase di elaborazione politica, decine di idee e di ipotesi di correzione della manovra, ieri mattina il ministro dell'Economia le ha smontate una per una al telefono con il presidente del Consiglio, aggiungendo un giudizio poco lusinghiero: peccano di "una certa dose di impreparazione". A guardarla da fuori in verità la battaglia è anche sul metodo: per la prima volta il Pdl ha un segretario, fa delle proposte, per la prima volta Tremonti deve affrontare una dialettica interna cui non è abituato. Ma è anche vero che se la manovra alla fine non venisse emendata sarebbe difficile sostenere che è cambiato veramente qualcosa nel primo partito di maggioranza. Berlusconi ieri di questo era consapevole e sembra lo abbia detto anche a Tremonti: "Sono le proposte del mio e tuo partito". Dunque non si possono trattare con un atteggiamento di sufficienza, o peggio con una sorta di preconcetto, cose di cui Berlusconi accusa il suo ministro. Di certo la telefonata ha fatto ripiombare le trattative, e le aspirazioni di una fetta del Pdl, ad un livello più basso. Ieri Berlusconi ha telefonato in via dell'Umiltà anche per dire che il rapporto con la Lega "non può essere compromesso" e dunque se ne facciano una ragione coloro che in queste ore pensano di sfidare apertamente il partito di Bossi su alcuni punti della manovra. Si continua insomma a trattare su Iva, pensioni, Province e quant'altro, ma con la crescente consapevolezza che andrà raggiunto un compromesso, lunedì prossimo, nell'incontro fra Berlusconi e Bossi, e che probabilmente sarà un compromesso al ribasso, con buona pace di tutti gli emendamenti (sembra che arriveranno almeno a 30) che verranno presentati e che ieri mattina Tremonti ha avuto cura di bocciare uno per uno. "I tecnici le studiano le proposte, servono a questo i tecnici", diceva ieri il "tecnico" Tremonti nelle sue conversazioni, dopo aver demolito buona parte delle idee che in queste ore sono arrivate per bocca di Alfano o del resto del Pdl. A questo punto toccherà a Berlusconi decidere che tipo di sintesi fare: mezzo partito e mezzo governo sperano che trovi la forza di imporre alcune delle sue idee e di approfittare della congiuntura per irrobustire la manovra; ma sono le stesse persone che in queste ore temono che alla fine accada come in passato, con un Cavaliere che subisce la maggiore "preparazione" del suo ministro e non ha voglia di affrontare un vero scontro. Di certo tutto si risolverà in una trattativa finale e forse anche po' tardiva fra il Senatur e il Cavaliere, presenti ovviamente Alfano e Tremonti, lunedì prossimo. L'incontro si potrebbe tenere ad Arcore, dove il premier resterà, sembra, anche nel fine settimana. Arriveranno familiari e nipotini e di certo un gran numero di telefonate di segno opposto: il Pdl alla ricerca di un "garante" della propria esistenza, Lega e Tremonti sulla linea dell'intangibilità della manovra, Berlusconi in mezzo, consapevole di non poter rompere con il suo ministro e i suoi alleati ma anche di non poter ignorare i primi passi, e la voglia di autonomia, del Pdl targato Alfano: "Non posso certo fermare il mio partito", lo hanno ascoltato dire ieri. Marco Galluzzo 26 agosto 2011 07:43
WELFARE DA RIFORMARE I costi (veri) per assistenza e pensioni Reversibilità e accompagnamento: 40 miliardi di spesa. L'equità e gli sprechi ROMA - Indennità di accompagnamento e pensioni di reversibilità. Se proprio si deve tagliare la spesa previdenziale, dice adesso la Lega con Roberto Calderoli, allora si guardi a queste due voci, perché qui ci sono sprechi e abusi. Vediamo più da vicino come stanno le cose. Per gli assegni di accompagnamento e di reversibilità si spendono più di 40 miliardi di euro l'anno e dunque si tratta di una cifra importante, ma che va a coprire prestazioni delicate, che riguardano circa 5 milioni di persone (ipotizzando che una parte riceva entrambe le prestazioni), spesso in condizione di grave bisogno. Indennità di accompagnamento È un sussidio di assistenza dove effettivamente un cambiamento sembra ragionevole: legare il riconoscimento e la misura dell'assegno non solo alla condizione di non autosufficienza del beneficiario, ma anche ai suoi redditi familiari. Oggi l'indennità di accompagnamento, al contrario delle pensioni di invalidità civile, viene concessa in presenza di una inabilità del 100% e della impossibilità di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita, dice la legge. Ma non sono richiesti requisiti di reddito e quindi anche un milionario può prendere l'assegno. Il risultato è che mentre le pensioni di invalidità civile, la cui concessione è subordinata anche a requisiti di reddito, sono circa un milione, per una spesa nel 2010 di 3 miliardi e mezzo (un invalido civile prende appena 260 euro al mese), gli assegni di accompagnamento sono molti di più, 1,7 milioni, e la spesa è stata di ben 13 miliardi (l'indennità media è di 487 euro al mese, 805 per i ciechi). L'esplosione dei non autosufficienti Questi assegni sono costantemente cresciuti negli anni perché con l'invecchiamento della popolazione aumenta la quota di persone non autosufficienti e del resto in Italia, a differenza che in Germania, non c'è uno specifico fondo pubblico di sostegno per questi cittadini. L'indennità è diventata insomma un aiuto per pagare in parte la badante. È chiaro che riducendo o togliendo l'assegno alle famiglie che hanno un alto reddito, si potrebbe aumentarlo alle famiglie a basso reddito, che spesso non ce la fanno a far fronte alle tante spese richieste dalla cura di una persona non autosufficiente. Quindi, eventualmente, più che di tagliare le risorse (l'Italia spende in questo settore meno della media europea) si tratta di distribuirle meglio in base al reddito, se si vuole fare un'operazione di equità e non di cassa. Che poi nell'esplosione delle indennità di accompagnamento ci siano stati degli abusi, con la concessione del beneficio anche a falsi non autosufficienti, è sicuramente vero, soprattutto fino al 2009, quando il procedimento era di competenza delle Asl. Dal 2010, invece, se ne occupa, con maggiore severità, l'Inps. Non solo. Negli ultimi anni sono state fatte massicce campagne di controlli e altre ne sono in programma per ridurre gli sprechi. Tanto che nel 2010 l'Inps ha revocato il 23% delle prestazioni di invalidità controllate col richiamo a visita medica. Le cancellazioni sono state particolarmente numerose in certe aree del Mezzogiorno. Al Sud, in proporzione, ci sono infatti più indennità di accompagnamento: 3,7 ogni cento abitanti, contro le 3,5 del Centro e le 2,6 del Nord. Pensioni di reversibilità Se per le indennità di accompagnamento nel 2010 si sono spesi 13 miliardi, alle pensioni ai superstiti sono andati ben 27,6 miliardi di euro. Se poi si considera che questa cifra è quella che fa capo all'Inps e che quindi non ci sono le reversibilità pagate ai dipendenti pubblici e ai lavoratori delle casse professionali, si può tranquillamente supporre che la spesa annua sia superiore ai 30 miliardi. Beneficiari di queste pensioni nell'universo Inps sono 3,8 milioni di superstiti, cioè coniugi, figli o altri eredi che ricevono parte dell'assegno del pensionato o del lavoratore (possono bastare 5 anni di contributi) defunto. A differenza delle indennità di accompagnamento, le pensioni di reversibilità sono più frequenti al Nord: 6,7 ogni 100 abitanti, contro le 5,1 del Mezzogiorno e le 5,8 del Centro. L'importo medio della reversibilità è di 533 euro al mese. La pensione ai superstiti è pari al 60% di quella del titolare defunto nel caso del coniuge mentre può arrivare al 100% sommando al coniuge due figli. Questi importi però, dalla riforma Dini del 1995, vengono ridotti nel caso il reddito del beneficiario superi di tre volte il minimo, cioè 1.382 euro al mese. Il taglio parte dal 25% e può arrivare al 50% per redditi superiori a 2.304 euro al mese (5 volte il minimo). Le anomalie dell'Italia Rispetto ad altri Paesi come Francia e Germania, spiega l'esperto Giuliano Cazzola (Pdl), la particolarità italiana è che non c'è una soglia di età per accedere al diritto, per cui anche una vedova o un vedovo giovanissimi prendono la reversibilità per tutta la vita. Per evitare i casi di abuso (classico quello della badante che sposa il moribondo) la manovra di luglio ha stabilito che nel caso uno si sposi in un'età superiore a 70 anni e il coniuge sia di almeno 20 anni più giovane, se il matrimonio non dura più di dieci anni, la pensione di reversibilità subisce un taglio del 10% per ogni anno che manca ai dieci. Se per esempio il marito muore dopo 5 anni dal matrimonio, la moglie giovane prenderà un assegno pari al 30% (il 50% del 60%) della pensione del defunto (sempre che non subisca ulteriori tagli legati al reddito). Per questo, conclude Cazzola, sulla reversibilità "resta poco da fare". Al massimo, aggiunge, "si può modulare l'assegno con un calcolo attuariale sulla base dell'età del beneficiario (più è giovane e meno prenderà perché riceverà l'assegno per più tempo, ndr ) o introdurre una soglia d'età per accedere al diritto". In ogni caso, conclude il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, "è desolante che il dibattito sulle misure da prendere per completare la riforma delle pensioni si sia infilato in questioni delicate come queste: una maggioranza che nel 2008 voleva cambiare il Paese non può finire per prendersela con le casalinghe vedove e con gli invalidi civili, trascurando le vere priorità, che sono il superamento delle pensioni di anzianità e l'anticipo a 65 anni dell'età di vecchiaia delle donne". E l'estensione del metodo contributivo a tutti, aggiungiamo noi. Enrico Marro 26 agosto 2011 07:48
LA MAGGIORANZA E IL NODO PREVIDENZA Pensioni, la Lega apre uno spiraglio Calderoli: "Rivedere quelle di reversibilità, vanno a chi non ha mai lavorato". Idv: si scusi con disabili e vedove NOTIZIE CORRELATE Il Carroccio fa retromarcia, ora vuole premiare i delatori, di D. Di Vico (25 agosto 2011) Berlusconi sfida la Lega sulle Province, di M. Galluzzo (25 agosto 2011) Manovra, Alfano rassicura pensionati. "Ma serve un patto per i giovani" (24 agosto 2011) Roberto Calderoli (Imagoeconomica) Roberto Calderoli (Imagoeconomica) MILANO - Le pensioni non si toccano, quelle di reversibilità forse, e i tagli agli enti locali sono troppo onerosi. È l'opinione della Lega Nord sulla manovra, espressa dal ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, a margine del meeting di Cl a Rimini. Lunedì ci sarà un incontro tra Berlusconi e Bossi (gomito permettendo) per un'intesa sulla manovra, ha confermato il ministro dei Trasporti, Altero Matteoli. PENSIONI - "Bisogna interessarsi delle pensioni di chi non ha mai lavorato. Chi ha pensioni di reversibilità eccessivamente alte, percepisce accompagnamenti che attualmente vengono dati indistintamente a tutti senza limiti legati al reddito", ha detto Calderoli. La Lega proporrà inoltre una riduzione dei tagli previsti agli enti locali. "Proporremo una riduzione. Gli amministratori locali hanno lamentato che i tagli uccidono il federalismo". Quanto alla possibilità di intervenire sulle altre pensioni nell'ambito della manovra Calderoli puntualizza: "Il testo contenuto nella manovra è stato oggetto di una lunga trattativa, e nasce da un accordo tra Berlusconi e Bossi. Il decreto rappresenta il punto di approdo e riteniamo che debba rimanere tale". Sul contributo di solidarietà Calderoli sarebbe stato "anche più deciso" pur se è necessario introdurre il quoziente familiare. Intervistato da Ilsussidiario.net, il ministro leghista ha riferito che l'ipotesi di Iva maggiorata sui beni di lusso al 38% "non sta in piedi. La normativa comunitaria impedisce di avere più di due aliquote e noi siamo già tra i privilegiati che ne hanno tre". LA REPLICA DI ORLANDO - La presa di posizione di Calderoli non piace all'Idv che in una nota di Leoluca Orlando replica: "Calderoli chieda scusa ai disabili e alle vedove. Il ministro leghista, pur di non intaccare i privilegi della casta, vorrebbe tagliare le pensioni di reversibilità a chi è già in gravi difficoltà economiche o è portatore di handicap. Vogliamo ricordare a Calderoli che la pensione di reversibilità è una prestazione previdenziale riconosciuta ai superstiti dei lavoratori a determinate situazioni, già restrittive. Fra i beneficiari ci sono anche i figli inabili non in grado di lavorare e mantenersi da soli dopo la morte dei genitori". SIPARIETTO CALDEROLI-ALEMANNO - Nel cosrso del meetingi di Rimini c'è poi stato un botta e risposta tra Calderoli e il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. "Se continui con la demagogia contro Roma, fai demagogia contro l'Italia", dice Alemanno. Il ministro, che ha detto di sentirsi più bergamasco che lombardo, risponde in dialetto: "Ades bast!". Alemanno replica: "Abbiamo ereditato 13 miliardi di debito". "I miliardi sono 20 - ribatte Calderoli - e il Lazio è l'unica regione che ha accollato il suo debito al governo". Ma Alemanno non si tiene: "Se continui con la demagogia contro Roma, fai demagogia contro l'Italia. Il federalismo ha futuro solo se rispetta l'unità". Calderoli: "I 20 miliardi non li devono pagare gli italiani, ma con il federalismo ognuno si deve fare carico delle proprie responsabilità". I SINDACI - A Rimini erano presenti anche due sindaci: Gianni Alemanno e Piero Fassino. "La manovra è il banco di prova sia del governo che del Pdl e della nuova segreteria Alfano", ha ammonito il sindaco di Roma che, al contrario di Calderoli, è favorevole a un'Iva maggiorata sui beni di lusso. "La manovra così come è concepita adesso, uccide il federalismo fiscale e istituzionale", ha aggiunto Alemanno. "Da destra dico che è giusta la patrimoniale sulle grandi fortune, perché chi ha di più deve dare di più in questo momento di difficoltà per il Paese". Ha aggiunto il sindaco di Torino, Fassino: "Da dieci anni tutte le manovre correttive sono basate sulla riduzione delle risorse per i Comuni, ma questi sono pronti ad assumersi le proprie responsabilità". CONFINDUSTRIA - Il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, in audizione al Senato, avverte che "la manovra va migliorata" per rafforzarne la credibilità internazionale. Galli ha poi chiarito la posizione di Confindustria sulla Robin tax, la tassa sui proventi delle compagnie petrolifere: non solo "va eliminata" ma non deve essere estesa ad altri settori. RADICALI - I radicali hanno intanto presentato l'emendamento alla manovra relativo alle esenzioni Ici per le attività commerciali degli enti ecclesiastici. SINTESI - Per il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, "il richiamo al senso di responsabilità va reso concreto, perché con gli ultimatum non si arriva da nessuna parte. Tutto è migliorabile e nel corso del suo iter la manovra può essere integrata. L'importante è trovare un punto di sintesi nell'interesse del Paese". Redazione online 25 agosto 2011(ultima modifica: 26 agosto 2011 07:29)
L'INCHIESTA - LA SPESA PUBBLICA Quei super dirigenti statali pagati con un doppio stipendio Lo scandalo dei "fuori ruolo". Solo i magistrati sono trecento NOTIZIE CORRELATE I video sul sito di Report Il governatore Formigoni dice che i cittadini chiedono un segnale: vendere le Poste, la Rai, il patrimonio immobiliare. L'esperienza ha purtroppo insegnato che finora vendere significa svendere, o meglio, profitti privati e perdite pubbliche. Il ministro è sempre lo stesso, quello della cartolarizzazione più grande del mondo, ovvero la vendita degli immobili degli enti previdenziali, attraverso società di diritto lussemburghese, Scip 1, 2 e 3. Un fallimento pagato da noi e che qualcuno ha definito "romanzo criminale". Forse il cittadino avrebbe maggiore fiducia se a vendere fosse una nuova generazione politica. Certo è che il primo segnale che il cittadino, quello che deve continuare a tirarsi il collo, oggi chiede, è di farla finita almeno con privilegi che gridano vendetta e che si continua ad escludere dalla cura dimagrante.
Era l'inizio di dicembre 2010, era appena stata varata una manovra di correzione dei conti pubblici con i soliti tagli lineari, quando invitammo, senza essere degnati di cortese risposta, la presidenza del Consiglio e il ministro Tremonti a provvedere all'eliminazione di una norma che non ci risulta applicata in nessun altro paese civile: l'incasso di uno stipendio per un mestiere che non fai ( www.report.rai.it ). Quando un dipendente pubblico viene chiamato a svolgere un incarico presso un ministero, una commissione parlamentare, un'authority o un organismo internazionale, va in "fuori ruolo". Trattandosi di incarico temporaneo, conserva ovviamente il posto, l'anomalia è che conserva anche lo stipendio, a cui si aggiunge l'indennità per il nuovo incarico. In sostanza due stipendi per un periodo di tempo spesso illimitato. Nel 1994 il Csm lanciava l'allarme, segnalando "il numero crescente dei magistrati collocati fuori ruolo, la durata inaccettabile di alcune situazioni, alcune superano il ventennio, quando non il trentennio... la reiterazione degli incarichi... con la creazione di vere e proprie carriere parallele".
Domanda: è ammissibile che un soggetto che non lavora per un'amministrazione, ma lavora per un'altra, venga pagato anche dall'amministrazione per la quale non lavora? Sono bravi dirigenti dello Stato, sicuramente i migliori, visto che sono sempre gli stessi a passare cronicamente da un fuori ruolo ad un altro, lasciando sguarnito il posto d'origine perché non possono essere sostituiti, e i loro colleghi che restano in servizio si devono far carico anche del loro lavoro. E poi c'è il danno, il magistrato fuori ruolo percepisce anche l'indennità di malattia, mentre quelli in servizio la perdono. Per arrivare alla beffa, e cioè possono essere promossi, ovvero avanzare di carriera mentre sono fuori ruolo. Ad esempio Antonio Catricalà è fuori ruolo dal Consiglio di Stato da sempre, è stato capo gabinetto di vari ministri di schieramenti opposti, poi all'Agcom, fino al 2005 segretario della presidenza del Consiglio con Berlusconi, quindi nominato presidente dell'Antitrust. Non ricopre la carica in Consiglio di Stato, ma ciononostante nel 2006 da consigliere diventa presidente di sezione, e senza ricoprire quel ruolo incassa uno stipendio di 9.000 euro netti al mese che si aggiungono ai 528.492,67 annui dell'Antitrust.
A fare carriera senza ricoprire la carica è anche Salvatore Sechi, distaccato alla presidenza del Consiglio con un'indennità di 232.413,18, e Franco Frattini, nominato presidente di sezione del Consiglio di Stato il 7 ottobre del 2009 mentre è ministro della Repubblica (che però risulta in aspettativa per mandato parlamentare). Consigliere di Stato è anche Donato Marra: percepisce 189.926,38, più un'indennità di funzione di 352.513,23 perché è alla presidenza della Repubblica. Il dottor Paolo Maria Napolitano oltre allo stipendio di consigliere di Stato in fuori ruolo, prende 440.410,49 come giudice della Corte costituzionale. Anche Lamberto Cardia, magistrato della Corte dei conti fuori ruolo, è stato 13 anni alla Consob, ma il 16 ottobre del 2002 è stato nominato presidente di sezione, "durante il periodo in cui è stato collocato fuori ruolo", specifica l'ufficio stampa della Corte dei conti, "ha percepito il trattamento economico di magistrato, avendo l'emolumento di 430.000 euro corrisposto dalla Consob, natura di indennità".
Tra Consiglio di Stato, Tar, Corte dei conti, Avvocatura dello Stato e magistratura ordinaria, sono fuori ruolo circa 300 magistrati che mantengono il loro trattamento economico percependo un'indennità di funzione che a volte supera lo stipendio. Il commissario dell'Agcom Nicola D'Angelo ha sentito la necessità di rinunciare all'assegno e mettersi in aspettativa. Dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni riceve un'indennità di 440.410,49 annui, dall'agosto del 2010, dopo la manovra che tagliava gli insegnanti di sostegno nelle scuole per i disabili e gli stipendi dei dirigenti pubblici del 10%, ha rinunciato ai 7.000 euro al mese che prendeva da consigliere del Tar fuori ruolo. Una scelta personale, visto che non ci ha pensato Tremonti. D'Angelo dice di essere l'unico a porsi un problema etico, in effetti gli altri, ad esempio Alessandro Botto, consigliere di Stato fuori ruolo e componente dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, con doppio stipendio, ha dichiarato di non sapere che si potesse rinunciare al doppio assegno. La giustificazione è che lo stipendio da magistrato serve ad integrare quello per la carica da dirigente perché non abbastanza remunerata.
È proprio vero che all'ingordigia non c'è fine: il presidente della Consob spagnola prende 162.000 euro l'anno, quello delle telecomunicazioni 146.000, non un euro in più, e nessun magistrato prestato ad altre funzioni mantiene il posto e tantomeno lo stipendio. Le nostre associazioni dei magistrati hanno chiesto più volte di limitare l'uso dei magistrati fuori ruolo ai casi strettamente necessari, perché si può creare una pericolosa commistione tra ordine giudiziario e potere politico, oltre a quello di sottrarre centinaia di magistrati al lavoro di giudici per svolgere il quale sono stati selezionati e vengono pagati. Ma sicuramente alla politica che sceglie, dai capi gabinetto ai membri delle Authority, fa sempre comodo "valorizzare" i magistrati, sia penali che amministrativi, perché in atti dove si deve forzare un po' la mano, possono dare utili consigli. Allora, visto che in questi giorni ai cittadini verranno imposte lacrime e sangue, cominciamo ad eliminare elargizioni e benefici il cui accumulo rende impossibile perfino la quantificazione. Non sono questi i numeri che porteranno al pareggio di bilancio, ma certamente hanno contribuito a far sballare i conti e alla formazione di una cultura arraffona e irresponsabile. Una classe politica che non sa essere "giusta" incattivisce i suoi cittadini, e alla fine verrà condannata dalla storia. Milena Gabanelli e Bernardo Iovene 25 agosto 2011 16:21
L'ordinanza Penati e le tangenti, i pm: "Si è comportato da delinquente" "Passeggiata antimicrospie con Pasini" "I soldi di Binasco al Pd? Non è certo" NOTIZIE CORRELATE Penati: gravi indizi, ma no all'arresto. Prescritte le tangenti (25 agosto 2011) Penati esulta: si sgretolano le accuse (25 agosto 2011) Filippo Penati Filippo Penati MILANO - Una passeggiata di Filippo Penati. Recente, a metà maggio. Sotto la sede della Regione Lombardia. Con il costruttore Giuseppe Pasini, proprio uno dei due imprenditori che a quell'epoca lo stavano già accusando davanti ai magistrati: ecco cosa, in termini di "inquinamento probatorio", ha rischiato di costare al dirigente pd l'arresto, evitato invece solo per la differente qualificazione giuridica delle tangenti (non concussioni, ma corruzioni già prescrittesi) scelta dal giudice. Una passeggiata che per i pm monzesi sarebbe servita a dare un messaggio a Pasini perché edulcorasse il suo interrogatorio, al punto da spingerli a una osservazione di infrequente asprezza: "È desolante constatare come un uomo politico con importanti incarichi istituzionali passati e presenti (sindaco di Sesto San Giovanni, presidente della Provincia di Milano, portavoce del segretario del Partito democratico e vicepresidente del Consiglio tegionale) adotti le stesse cautele di un delinquente matricolato". Il 16 maggio Pasini racconta alla GdF di aver incontrato, a una cena sociale della Bcc di Sesto San Giovanni, "la ex moglie di Penati che mi ha detto che suo marito voleva parlarmi". D'accordo con gli inquirenti, Pasini fissa per il giorno dopo un appuntamento. Penati non si siede con lui al bar, ma gli parla camminando (il che impedirà ai militari di registrare la conversazione): "Caro Giuseppe - sostiene Pasini d'essersi sentito dire - so che ti hanno chiamato a Monza (i magistrati, ndr ) per conoscere qualche cosa della situazione e vorrei sapere che cosa hai detto e in particolare se ti hanno chiesto di me". Poi Penati avrebbe aggiunto: "Lei, Giuseppe, sa che io non ho preso una lira, sa che io di quattrini non ne ho. Di Caterina sparla di me, ma lei sa che non è vero niente, lui ha preso i soldi per sé". A questo punto, riferisce Pasini, "io ho ammiccato ed ho percepito che queste erano le indicazioni da tenere presente in caso di convocazione da parte dell'Autorità giudiziaria. L'incontro è durato poco, a lui interessava solo darmi il segnale su come comportarmi". Oldrini: "Penati dimostri la sua innocenza" Parla il sindaco di Sesto S. Giovanni Ancor più fresche, addirittura di giugno, sono poi le intercettazioni che per il gip Magelli hanno fatto "emergere la perdurante disponibilità di Penati, anche in epoca recente, ad intervenire nell'interesse di Piero Di Caterina (l'altro imprenditore che dice di aver dato per anni soldi a Penati, ndr) per soddisfarne le richieste di un suo diretto intervento sui sindaci dei Comuni" (come Cinisello Balsamo) con i quali l'azienda di trasporti di Di Caterina aveva "difficoltà nelle concessioni del trasporto pubblico". Queste intercettazioni per la gip hanno "rafforzato il già grave quadro indiziario emerso a carico di Penati, che evidentemente si sente costantemente in debito con Di Caterina e ne teme le rivelazioni". La gip Magelli, al pari di quelle di Pasini, non le prende per oro colato ma, pur tarandole del "possibile malanimo", le valorizza solo quando i riscontri d'indagine "dimostrano l'esistenza di numerosi e gravissimi fatti di corruzione posti in essere da Penati e Giordano Vimercati", suo ex capo di gabinetto. Su questi parametri il gip ritiene ad esempio "provato che per approvare il piano di riqualificazione dell'area ex Falck ne abbiano subordinato la concreta fattibilità al pagamento di un contributo alla politica e all'ingresso delle cooperative emiliane nell'affare", e "abbiano chiesto a Pasini il pagamento di una tangente di 20 miliardi di lire in tranche da 4", di cui la prima pagata. Solidi appaiono al gip anche gli indizi sulle somme (stimate da Di Caterina nell'equivalente di "1,5 milioni di euro dal 1994 al 1998, e poi 2,5 milioni sino al 2002/2003") che l'imprenditore "nel tempo ha prestato a Penati e a Vimercati" per cercarne la protezione nei suoi contenziosi milionari con l'Atm, e "delle quali ha chiesto la restituzione". Di Caterina, infatti, negli anni ha "sostanzialmente anticipato a Penati e a Vimercati le tangenti che successivamente Pasini avrebbe pagato loro", come i 2 milioni consegnati in Lussemburgo dieci anni fa da Pasini a Di Caterina; o che in seguito Penati avrebbe fatto ripagare a Di Caterina da altri imprenditori. È il caso dell'apparente caparra di 2 milioni di euro che nel 2008 l'imprenditore Bruno Binasco (top manager del gruppo Gavio) lascia incamerare a Di Caterina (non esercitando poi entro il 2010 l'opzione di acquisto di un suo immobile) sotto forma di assegno recapitato da un architetto (Renato Sarno) molto vicino a Penati. La gip Magelli concorda con i pm sulla "macroscopica anomalia" di questa vicenda, ma dissente rispetto alla qualificazione giuridica di finanziamento illecito di Binasco al Partito democratico di Penati. Essa, infatti, le appare "incentrata su un solo elemento obiettivo, il pagamento dei 2 milioni, che tuttavia non è certo sufficiente a far ritenere che questo denaro, pagato a Di Caterina in restituzione di precedenti finanziamenti erogati a Penati, riguardasse somme effettivamente confluite nella casse del Partito democratico", come per il gip "al più" Di Caterina ha solo saputo "supporre e ipotizzare". Costui, nei suoi nuovi verbali depositati, pieni anche di rettifiche e di accenni poco chiari (come a "soggiorni, ristoranti e locali notturni pagati in viaggi" nell'Est europeo e "in nottate in Svizzera") rievoca anche l'inizio del suo rapporto con Penati, che all'epoca della sua prima elezione a sindaco di Sesto San Giovanni gli avrebbe detto: "Dammi una mano che poi dopo li recuperi, dopo te li farò riguadagnare, te li darò indietro. (...) Io gli diedi dei soldi, poca roba. Il rapporto con Penati si è intensificato. (...) Mi ha fatto più volte richieste dell'ordine di 10/20 milioni di lire dicendomi che ne aveva bisogno per la sua carriera politica". Ho consegnato del denaro, sempre in contanti e in buste, anche a Vimercati". Così, "in 15 anni ho elargito in contanti a favore di Penati circa 1 milione di euro. Le modalità variavano, nel periodo elettorale queste richieste aumentavano sia per frequenza che per entità". "Alle volte Penati stesso si recava presso il mio ufficio dove gli consegnavo il denaro contante in busta", che la segretaria di Di Caterina ha confermato di preparare. "Le richieste di Penati erano frequentissime, ma nell'ordine di qualche decina di migliaia di euro a volta". Fino a non molto tempo fa, aggiunge Di Caterina. Con una parola che però i magistrati, da sola, evidentemente non hanno ritenuto di valorizzare: "Le ultime dazioni di denaro, per circa 50.000 mila euro, risalgono alla campagna elettorale per la candidatura alla Presidenza della Regione", persa nel 2009 da Penati contro Formigoni. Federico Berni, Luigi Ferrarella 26 agosto 2011 20:04
L'OPERAZIONE DELLA FINANZA Concia, maxi evasione per 106 milioni Ottocento lavoratori irregolari e 1,3 miliardi di patrimoni all'estero non dichiarati per i vicentini della Mastrotto Group. Il gruppo: cifre sproporzionate, il "nero" per gli straordinari è prassi diffusa Operazione della Guardia di Finanza di Vicenza (Galofaro) Operazione della Guardia di Finanza di Vicenza (Galofaro) NOTIZIE CORRELATE VIDEO VICENZA - Tonnellate di pellame vendute senza fattura, per oltre 10 milioni di euro, soldi che venivano fatti sparire dalla contabilità fiscale grazie a degli artifizi fiscali. Circa ottocento lavoratori pagati parzialmente in nero: operai e dirigenti a cui venivano corrisposti dei consistenti fuori busta, per un importo complessivo che è stato calcolati in 9 milioni di euro. Ed ancora oltre 106 milioni di euro di reddito "nascosto" al fisco italiano presso società di capitali oltre confine e patrimoni non dichiarati all'estero per oltre 1,3 miliardi di euro. Sono questi i principali numeri dell’indagine condotta dalla Guardia d Finanza di Vicenza che ha scoperto un'evasione di dimensioni colossali. Coinvolto uno dei principali gruppi imprenditoriali della concia della Valle del Chiampo, la Mastrotto Group, con sede ad Arzignano. Responsabili i fratelli Bruno e Santo Mastotto, che sono stati denunciati all’autorità giudiziaria per evasione fiscale. Fondatori dell’importante gruppo conciario, amministratori e proprietari di fatto di quella che i finanzieri definiscono una galassia societaria retrostante alla struttura imprenditoriale vicentina: un castello di società di capitali, quattro con sede in Lussemburgo, due delle quali holding gemelle, e due trust con sede nell'isola di Mann. Imprese sotto il controllo italiano e di fatto amministrate in Italia, quindi ricondotte a tassazione nazionale e di fatto considerate evasori totali. L’avvio delle verifiche finanziarie da parte del Nucleo di Polizia tributaria, coordinatore dal sostituto procuratore Marco Peraro, ha preso il via da un'indagine per corruzione che ha ipotizzato il pagamento da parte dell'azienda Mastrotto Group di una tangente da 300 mila euro nei confronti di professionisti e funzionari dell'Agenzia delle Entrate. Pagamento che sarebbe avvenuto nel 2008. Da quell’episodio la Finanza ha voluto approfondire meglio la situazione del gruppo con verifiche fiscali che hanno interessato gli anni dal 2005 ad oggi. Ed ecco come è emersa l'evasione di respiro internazionale. "Si è trattato di un’operazione molto complessa, che ci ha tenuti impegnati per oltre un anno - ha fatto sapere il col. Antonio Morelli, Comandante provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza – un ingente danno all’Erario ma non solo, anche alla libera concorrenza e al libero mercato. Cercheremo di contrastare in modo sempre più drastico tali fenomeni perché non è più tempo di giocare coi soldi italiani, soprattutto in questo particolare momento storico. Abbiamo le potenzialità per arrivare a ricostruire le situazioni patrimoniali a distanza di anni, come nel caso della Mastrotto. Abbiamo dimostrato di essere bravi quanto i migliori consulenti aziendali. Scoveremo e puniremo tutti coloro che costruiscono artifizi fiscali. Che ci provino pure, li staneremo". Il gruppo Mastrotto, precisa la società in una nota, "ha fornito ampia collaborazione alle Fiamme Gialle e sta regolarizzando le posizioni contestate sui dipendenti. Il gruppo non solo non si riconosce nelle cifre divulgate, sproporzionate rispetto a quanto riferibile al gruppo, ma resta colpita dalla rappresentazione della realtà che e' stata fornita dal comunicato stampa della Guardia di Finanza che, cumulando importi riferiti a più periodi d'imposta, rischia di provocare un notevole danno di immagine assolutamente ingiustificato". Le irregolarità ammesse riguardano la corresponsione fuori busta in passato di parte degli straordinari. "Prassi diffusa nel territorio - si aggiunge - cui il gruppo è stato costretto ad adeguarsi solo per mantenere e acquisire le risorse umane necessarie alla sua crescita Benedetta Centin 26 agosto 2011
2011-08-22 "bisogna trovare dei meccanismi nuovi per eleggere la classe dirigente" Romani: "Nel Pdl, c'è un problema di rappresentatività della leadership" Il ministro: "Nel partito carismatico non c'era il problema del leader, ma oggi si pone" Paolo Romani (Milestone media) Paolo Romani (Milestone media) MILANO - "Dopo 17 anni, nel Pdl può darsi che si ponga un problema di rappresentatività". Lo ha detto al Meeting di Cl il ministro per lo Sviluppo economico Paolo Romani fedelissimo della prima ora prima dell'imprenditore e poi del politico Silvio Berlusconi. "Nel partito carismatico in cui milito - ha spiegato Romani - non c'era il problema di scegliere il leader: il leader era Berlusconi ed in lui tutti, a partire da me, ci siamo riconosciuti e per seguirlo abbiamo lasciato il mondo del lavoro per impegnarci in politica. Ma oggi, dopo 17 anni, può darsi che si ponga un problema di rappresentatività". Romani punta il dito sui partiti attuali, "oggi fondamentalmente destrutturati e senza un meccanismo di elezione della classe dirigente, per cui bisogna trovare dei meccanismi nuovi". E Romani ha preso come esempio la "rivoluzione perfetta" della Tunisia "dove il popolo della Rete ha mandato a casa la precedente classe dirigente ma non la ha sostituita: ha dato vita ad un governo tecnico dopodichè con le elezioni la parola passerà alla gente". Da qui l'accenno ai "22 milioni di italiani che stanno su Facebook, che hanno una straordinaria capacità di generare consenso, di cui la politica non può dimenticarsi". Da qui la proposta: "dobbiamo rivoluzionare i partiti, mettere qualcosa di nuovo, esprimere qualcosa di diverso nella consapevolezza che la opinione pubblica oggi non è più fatta solo dai giornali o dalle televisioni ma dal popolo di internet". MANOVRA - Romani si è poi soffermato sulla manovra. In Italia serve una "manovra" che sia "meno recessiva" possibile spiega Romani, o si chiede il "contributo di solidarietà o si interviene sulle pensioni o sull'incremento dell'Iva. Dobbiamo decidere tutti insieme". La tassa per i redditi sopra i 90mila euro e sopra i 150mila euro è, per Romani "un contributo di solidarietà che è stato chiesto ad una platea di 600 mila italiani che sicuramente le tasse già le pagano. È un contributo supplementare sul quale c'è stata molta discussione". Del resto, ha precisato dal Meeting di Rimini "le proposte in campo sono diverse: da un lato c'è il problema delle risorse agli enti locali che sono state giudicate eccessive nel taglio, dall'altro ci sono risparmi sui ministeri e forse sugli investimenti che sono stati giudicati eccessivi, dall'altro c'è la necessità di mantenere i saldi invariati". "O si fa questo contributo di solidarietà - ha aggiunto - o si interviene sulle pensioni o sull'incremento dell'Iva. Si tratta di decidere, e dobbiamo decidere tutti insieme, quale possa essere la manovra o la modificazione della manovra che sia meno recessiva e meno contro la crescita di tutte". Redazione online 22 agosto 2011 14:00
Manovra, "Le pensioni non si toccano " La Lega ribadisce il no al ritocco della previdenza Calderoli: "Ridurre il taglio agli enti locali" NOTIZIE CORRELATE Manovra, il nodo pensioni A.Trocino Umberto Bossi con Roberto Cota (Cavicchi) Umberto Bossi con Roberto Cota (Cavicchi) MILANO- Le pensioni non si toccano e bisognerà ridurre il taglio agli enti locali. Questo è quanto stato deciso dalla segreteria della Lega riunita in via Bellerio. È il ministro alla Semplificazione, Roberto Calderoli, a spiegare l'esito dell'incontro che è durato circa due ore. I PUNTI- La nota si divide in tre punti che il Carroccio intende presentare come proposte alla manovra. "1) Le norme relative alla previdenza contenute nel decreto legge 138 sono idonee e non suscettibili di modifica vista l'intesa raggiunta a riguardo tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi. 2) L'assoluta necessità di un ridimensionamento dell'intervento sulle autonomie locali. 3) Una proposta incisiva ed equa per sconfiggere la grande evasione fiscale e conseguentemente reperire risorse per lo sviluppo del Paese". I PRESENTI- Alla riunione della segreteria politica, iniziata dopo le 12, hanno partecipato, oltre a Bossi, Calderoli e Maroni, anche i governatori di Piemonte e Veneto, Roberto Cota e Luca Zaia, il capogruppo al Senato, Federico Bricolo, i segretari di Lombardia, Veneto ed Emilia, Giancarlo Giorgetti, Gian Paolo Gobbo e Angelo Alessandri, la responsabile federale degli Enti Locali, Maria Piera Pstore e il capogruppo leghista al Parlamento europeo, Francesco Maria Speroni. Assenti il capogruppo alla Camera, Marco Reguzzoni, e la vicepresidente del Senato Rosi Mauro. Redazione online 22 agosto 2011 15:40
Il decreto Il premier "Misurato e costruttivo" Berlusconi apprezza il Colle Il premier vede nel discorso uno sprone per la riforma previdenziale Il premier scherza durante Milan-Juve (Liverani) Il premier scherza durante Milan-Juve (Liverani) ROMA — La tirata d’orecchie non ha sorpreso, può essere archiviata nel novero delle critiche dure, ma previste. Quasi scontate. Nessuno nel governo, tanto meno Berlusconi, si aspettava parole di encomio per come è stata gestita la politica economica negli ultimi anni, per come il nodo delle riforme è stato affrontato. Per questo motivo fra Arcore e i dirigenti del Pdl che si trovano a Rimini, a cominciare da Maurizio Lupi, cui Napolitano si è rivolto nel suo discorso, si registra un moderato ottimismo. In primo luogo per il rinnovato richiamo del capo dello Stato a tutte le istituzioni del Paese, dalle forze sociali all’opposizione, un ric h i a m o n e l s o l c o dell’ineluttabilità di alcune riforme. Napolitano non ha citato le pensioni, nodo che oggi divide Bossi e Berlusconi, ma ha citato i giovani e ha definito un peccato imperdonabile sacrificare ancora una volta il loro futuro ai calcoli di una politica che rimanda le decisioni. Per il presidente del Consiglio possono essere parole che aiutano, nel confronto interno alla maggioranza che si aprirà oggi. Ecco allora che il giudizio del Cavaliere è positivo: legge il discorso di Napolitano come un richiamo, una strigliata, ma anche come uno sprone. E non solo mentre punta l’indice contro il Pd, che sembra rilevare — sottolinea la prima carica dello Stato — tutti i problemi del mondo nel governo attuale; ma anche quando cita la situazione attuale degli Stati Uniti, democrazia che era un esempio di confronto costruttivo e bipartisan, e che invece negli ultimi mesi ha offerto al mondo uno spettacolo "italiano", contraendo i vizi di una politica che guarda i propri interessi prima di quelli del Paese. "Parole misurate e costruttive " dicono dunque nello staff del Cavaliere, sorvolando volutamente sulle critiche, esplicite quanto dure, nei confronti dell’attuale maggioranza, ma soddisfatti in primo luogo per quei richiami ad uno spirito di collaborazione fra nuove generazione di politici, da Enrico Letta a Maurizio Lupi: entrambi al meeting di Comunione e liberazione, entrambi fiduciosi che la necessità di adeguare le pensioni italiane ai tempi e alle modalità degli standard europei possa alla fine, magari al fotofinish di un’estate convulsa e drammatica per il nostro Paese, trovare un riscontro concreto, meglio se subito, in questa manovra economica. Il Pd, come la Lega, sul punto delle pensioni cercherà oggi una linea ufficiale, mentre nel Pdl sperano che proprio le parole di Napolitano possano costituire sul tema un aiuto, anche rispetto alle valutazioni che finora sono state fatte da Cisl e Uil. Di certo in questo momento Berlusconi sta lavorando ad un possibile modifica della manovra che introduca immediatamente una riforma del sistema previdenziale in linea con i regimi dei nostri partner europei, in grado di ottenere risparmi duraturi e cospicui, con cui evitare altri sacrifici altrimenti inevitabili, da quello dei tagli agli enti locali al contributo di solidarietà chiesto ai redditi più alti degli italiani. Da questo punto di vista il premier spera che le parole di Napolitano possano essere ascoltate anche da Bossi e da quei settori della Lega che sono ancora restii ad accettare modifiche al sistema previdenziale, convinto che anche la stabilità del governo passi oggi per un riforma che il Quirinale vedrebbe con favore. Marco Galluzzo 22 agosto 2011 08:13
LA MAGGIORANZAQ Manovra, il nodo pensioni Ipotesi "quota 97" nel 2012 Il Pd resta freddo e propone il ritorno del falso in bilancio ROMA - Esclusa inizialmente dalla manovra, la riforma sull'innalzamento dell'età pensionabile potrebbe rientrare in extremis. È la possibile novità nel decreto legge sulle misure economiche che approda domani alla Commissione Bilancio del Senato. Oggi cominciano anche incontri e vertici dei partiti, dal Pdl alla Lega al Pd, per valutare correzioni ed emendamenti, al netto del saldo finale. Il Pdl dovrà combattere su un doppio fronte, quello interno dei "frondisti" (martedì c'è un vertice con loro e mercoledì una riunione dei direttivi dei gruppi) e quello esterno, della Lega. Il nodo principale da sciogliere è quello delle pensioni. L'ingresso della riforma è fortemente voluta dal segretario del Pdl, Angelino Alfano, ma trova resistenze nella Lega, visto il mantra di Umberto Bossi: le pensioni non si toccano.
L'ipotesi più probabile è che si anticipi di un anno "quota 97", che finora entrava in vigore nel 2013. Per ora il sistema prevede che si possa andare in pensione fino a tutto il 2012 con la quota 96: vuol dire che si può lasciare il lavoro con 60 anni di età e 36 di contributi o con 61 e 35. Dal 2013, invece scatta quota 97: somma dell'età e dei contributi (62 più 35 o 61 più 36). L'applicazione di questa quota potrebbe essere anticipata di un anno. Tra le altre modifiche possibili c'è quella sul contributo di solidarietà: il relatore alla manovra in Senato, Antonio Azzollini (Pdl), ha annunciato che potrebbe essere introdotto il quoziente familiare.
Tornando alle pensioni, Alfano sa che non è il caso di rischiare una crisi di governo, ma è pronto a "un ultimo tentativo" per convincere il Carroccio. La rivolta dei sindaci sta provocando più di un problema al Senatùr e il segretario del Pdl lo sa bene. Per questo pone la questione così: "Gli amici della Lega spero colgano che la riduzione dei tagli agli enti locali può essere bilanciata da un intervento sulla riforma delle pensioni". Alle voci di un ammorbidimento del Carroccio, fanno muro le dichiarazioni ufficiali. Come quella del capogruppo alla Camera Giacomo Stucchi: "Le pensioni non si toccano. Ne sono certo perché ho fatto le due di notte con Bossi e Calderoli". Il nodo pensioni divide trasversalmente anche l'opposizione: al sì dell'Udc si contrappone il no di Pd e Idv. I democratici si riuniscono oggi per mettere a punto le proposte: molte sono state rese note, ma ce ne dovrebbe essere una aggiuntiva, ovvero la reintroduzione del reato di falso in bilancio, cancellato dal governo Berlusconi.
Quanto al tema delle pensioni, la linea del partito è per il no. Alla voce aperturista di Enrico Morando si aggiunge quella, cauta, di Rosy Bindi: "Siamo pronti a discutere di riforme del Welfare, anche di quella delle pensioni. Ma non accettiamo che si voglia far cassa a danno di lavoratori e pensionati". Pier Luigi Bersani parla di "sistema in equilibrio": "Se si vuole innalzare l'età pensionabile media si può anche discuterne, a patto che sia previsto un sistema flessibile e volontario". Quanto all'Idv, il no alle pensioni è bilanciato dalla proposta di dismissioni degli immobili pubblici: "Però - spiega Felice Belisario, capogruppo al Senato - non sia una liquidazione a vantaggio delle cricche amiche". Alessandro Trocino 22 agosto 2011 08:00
Approfondimenti Municipi d'Italia Tagli ai Comuni l'addizionale Irpef non basterà Il 60% dovrà aumentare tasse e tariffe MILANO - La coperta è corta. E non basterà aumentare l'Irpef, come pure hanno già fatto 179 città d'Italia. Anche portando l'aliquota al massimo consentito, il 60% dei Comuni non riuscirebbe comunque a compensare i tagli imposti dallo Stato con l'ultima manovra correttiva.
La coperta insomma continuerà a restare corta, come dimostra uno studio realizzato dall'Ifel, il centro studi dell'Anci, sull'impatto delle ultime manovre sui Comuni. Un'analisi che oltre a quantificare gli effetti del decreto del 12 agosto sulle amministrazioni comunali, si sofferma sullo sblocco dell'addizionale Irpef (fino a un massimo dello 0,8%) concesso con l'ultima manovra. Un antipasto del federalismo fiscale che però è tutt'altro che la panacea di tutti i mali. Solo per il 39,7% dei Comuni, secondo l'Anci, potrebbe essere una soluzione per compensare integralmente i tagli Stato-enti locali apportati di recente. E gli altri? "Avranno due alternative - spiega il segretario generale dell'Associazione dei Comuni italiani Angelo Rughetti - ridurre i servizi ai cittadini abbassando la spesa per gli investimenti, oppure alzare ancora la leva fiscale". Che tradotto in soldoni significa aumentare le tasse, alzare le tariffe, incrementare i prezzi dei trasporti pubblici e dei servizi a domanda individuale, come già in diverse città sta accadendo.
"Si chiederà un maggiore sforzo ai cittadini, ma non per migliorare i servizi, bensì per recuperare il saldo di bilancio". Del resto l'impatto del complesso delle manovre 2011-2014, comporterà sui Comuni un decremento del 46,4% delle risorse complessivamente trasferite nel 2010. Mentre il meccanismo distributivo introdotto dalla manovra di ferragosto, causerà, sempre secondo l'Anci, tagli per 7,4 miliardi di euro per il triennio che va dal 2011 al 2013. Almeno per i Comuni non virtuosi. "Ma i criteri di questa virtuosità sono alquanto discutibili - aggiunge Rughetti -. Per questo stiamo preparando una contromanovra. Da studiare e approvare nel direttivo dell'Anci di giovedì, per poi proporla al Governo. È giusto anticipare il pareggio di bilancio al 2013 ma bisogna arrivarci con un strada diversa, di crescita economica. Proporremo un fondo di infrastrutture di 5 miliardi l'anno per cinque anni. E poi spingeremo per la dismissioni di partecipazioni azionarie nazionali e locali. Basta tagli ai comuni, sostituiamoli con l'aumento graduale dell'Iva e la tassazione dei capitali scudati". Corinna De Cesare 22 agosto 2011 11:09
2011-08-21 Napolitano: "Maggioranza ha esitato a riconoscere la gravità della crisi" Critiche anche all'opposizione: "Possibile che sia sempre colpa del governo?" "Colpire gli evasori fiscali" Giorgio Napolitano al Meeting di Rimini (Italyphotopress) Giorgio Napolitano al Meeting di Rimini (Italyphotopress) MILANO - Ne ha per tutti Giorgio Napolitano: maggioranza (soprattutto), ma anche opposizione. E senza dimenticare gli evasori fiscali, sui quali finora, dice, c'è stata troppo accondiscendenza. Il tema? La crisi economica. "Dominata dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato, anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea", la maggioranza ha "esitato a riconoscere la criticità della nostra situazione e la gravità effettiva delle questioni". Ma l'opposizione non è esente dalla reprimenda del capo dello Stato: "È possibile che ogni criticità della condizione attuale del Paese sia ricondotta a omissione e colpe del governo, della sua guida e della coalizione su cui si regge?". "Lungo questa strada non si poteva andare e non si è andati molto lontano", conclude la sua analisi il presidente della Repubblica nel suo intervento all'apertura del Meeting di Comunione e liberazione (Cl) a Rimini. VERITÀ - Di fronte alle difficoltà "bisogna parlare il linguaggio della verità. Perché non provoca pessimismo", ma "sollecita a reagire con coraggio e lungimiranza", ha aggiunto Napolitano riferendosi alla crisi economica che stiamo attraversando. "In Italia in questi tre anni abbiamo parlato il linguaggio della verità? Lo abbiamo fatto tutti noi che abbiamo responsabilità nelle istituzioni, nella società, nelle famiglie, nei rapporti con le giovani generazioni? Dare fiducia non significa alimentare illusioni; non si dà fiducia e non si suscitano le reazioni necessarie, minimizzando o sdrammatizzando i nodi critici della realtà, ma guardandovi in faccia con intelligenza e con coraggio". Criticata anche la politica in generale: "Il peso che si paga nella sfera della politica di calcoli di parte e di logiche di scontro sta diventando insostenibile". SFIDE - "Le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto", annuncia il capo del Quirinale. "Da quando l'Italia e il suo debito pubblico sono stati investiti da una dura crisi di fiducia e da pesanti scosse e rischi sui mercati finanziari, siamo immersi in un angoscioso presente, nell'ansia del giorno dopo, in un'obbligata e concitata ricerca di risposte urgenti. A simili condizionamenti, e al dovere di decisioni immediate, non si può naturalmente sfuggire. Ma non troveremo vie d'uscita soddisfacenti e durevoli senza rivolgere la mente al passato e lo sguardo al futuro". IMPEGNO - Per Napolitano, serve "il coraggio della speranza, della volontà e dell'impegno. Un impegno che non può venire o essere promosso solo dallo Stato, ma che sia espresso dalle persone, dalle comunità locali, dai corpi intermedi, secondo quella concezione e logica di sussidiarietà che ha fatto di una straordinaria diffusione di attività imprenditoriali e sociali e di risposte ai bisogni comuni costruite dal basso un motore decisivo per la ricostruzione e il cambiamento del Paese". EVASORI FISCALI - Infine il presidente della Repubblica indica una via da perseguire in questo stato di crisi: "Basta con assuefazioni e debolezze nella lotta a quell'evasione fiscale di cui l'Italia ha ancora il triste primato. È una stortura divenuta intollerabile, da colpire senza esitare" ricorrendo "a tutti mezzi di accertamento e di intervento possibili". Redazione online 21 agosto 2011 18:56
IL DECRETO Berlusconi: decreto, nessuna rigidità Pressing su Bossi per le pensioni. "D'accordo a dimezzare i parlamentari" Silvio Berlusconi (Image) Silvio Berlusconi (Image) (l. fo.) La manovra più dolorosa degli ultimi anni affronterà dalla prossima settimana la prova di fuoco del Parlamento tra contestazioni delle opposizioni, critiche delle parti sociali, ultimatum della Lega e fronde interne alla maggioranza. Per il centralino di Villa San Martino ad Arcore (dove il premier ha passato la settimana di Ferragosto, dedicata alle cure di un fastidioso problema ad un braccio) sono passate le telefonate di ministri, esponenti della maggioranza, leader delle parti sociali che Berlusconi ha ascoltato per sondare la possibilità di modificare alcune misure che non lo convincevano ed aveva accettato sotto l'urgenza di dare una risposta immediata ai mercati e alla Bce.
Il premier a tutti ripete che le decisioni prese il 13 agosto hanno salvato il Paese da una situazione drammatica. I titoli di Stato italiani erano investiti da un'ondata di vendite, il rischio di una deriva "greca" era fortissimo. "Abbiamo varato una manovra di tale portata in 4 giorni - è il bilancio del presidente del Consiglio -. Era la condizione indispensabile perché la Banca centrale europea scendesse in campo a difenderci sui mercati. Noi abbiamo fatto il nostro dovere e la Bce è intervenuta ed ha bloccato la speculazione sul nostro Paese. Un risultato importante". Il premier si rende conto però che dopo i giorni dell'emergenza, sono partite contestazioni a raffica sui contenuti della manovra. In particolare sul contributo di solidarietà che colpisce quel ceto medio che le tasse le paga fino all'ultimo centesimo e in gran parte aveva votato per il centrodestra. I malumori nel suo stesso partito stanno crescendo. Il presidente del Consiglio ha spiegato a tutti i suoi interlocutori che in Parlamento si può aprire ora una fase diversa.
Le pensioni di anzianità, insieme al contributo di solidarietà, sono sicuramente il nodo più intricato della partita nella maggioranza. I parlamentari "frondisti" del Pdl chiedono a gran voce di intervenire, la Lega ancora ieri ha ripetuto il suo no. Ma dietro le rigidità ufficiali forse qualcosa si sta muovendo. C'è un pressing costante su Bossi e sugli altri leader leghisti per fare qualcosa anche su questo fronte. La linea del premier punta ad un provvedimento che porti a 100 la quota (somma dell'età più gli anni di contributi) per andare in pensione di anzianità, una misura che porterebbe praticamente alla scomparsa del ritiro anticipato dal lavoro. E qualcosa deve essere messo in cantiere per anticipare la data (ora il 2028) in cui le donne che lavorano nel settore privato andranno in pensione a 65 anni come gli uomini. Al Parlamento viene affidato il compito di verificare se questa strada è percorribile. "Sto ragionando con Bossi su questo punto", fa sapere il premier che confida sulla disponibilità che avrebbe dimostrato l'altro importante leader leghista, Roberto Maroni, che gode di un buon seguito tra gli eletti del Carroccio.
Se le pensioni di anzianità non sono più un tabù, allora potrebbe essere affrontata più tranquillamente la modifica di quel contributo di solidarietà che colpisce chi supera i 90.000 euro di reddito. Una tassa che il premier sta esaminando con numeri, grafici per verificare quale è il suo impatto reale. "Le cifre vere da pagare, introducendo anche il quoziente familiare, sono molto più basse di quelle riportate in questi giorni - dice Berlusconi -. Il contributo peserà davvero sui contribuenti che dichiarano dai 200.000 euro in su, circa 84.000 persone". Con misure alternative, si ragiona a Palazzo Chigi, sarebbe meglio toglierla di mezzo ("è solo una piccola parte della manovra") per sgombrare il campo da quella che questi italiani che le tasse le hanno sempre pagate vivono come un'ingiustizia. "È un punto che va lasciato al Parlamento - aggiunge il presidente del Consiglio -. Certo avremo la resistenza di quelle parti sociali che volevano che anche i ricchi piangessero un po'...". Così come va lasciata al confronto tra senatori e deputati la decisione di farla durare tre anni oppure due come era stato detto inizialmente prima della sorpresa annunciata dal ministro dell'Economia Tremonti.
Misure alternative? Ma quali? Il nuovo tentativo sulle pensioni d'anzianità innanzitutto. L'aumento di un punto dell'Iva, che vede in trincea i commercianti ma trova la disponibilità di un ampio fronte di forze sociali e parlamentari, e qualche ulteriore provvedimento sui costi della politica. Il premier è favorevole alla proposta di dimezzamento del numero dei parlamentari, lanciata da Sergio Romano in un editoriale sul Corriere della Sera : "È la mia idea da sempre. Per me la Camera deve avere 300 deputati e il Senato 150 eletti", afferma.
Berlusconi, nonostante la tempesta politica, non sembra temere per la tenuta della maggioranza e del suo partito. "All'interno del Pdl - dice - non c'è alcuna confusione. I cosiddetti frondisti sono molto legati a me, mi telefonano tutti i giorni. Sono certo che seguiranno le mie indicazioni". È sicuro anche che la sua maggioranza reggerà fino alla fine della legislatura: l'idea di dimettersi prima del 2013, come richiesto ripetutamente dalle opposizioni, non lo sfiora minimamente. Anche perché il premier spera ancora in un'intesa con l'Udc di Casini. Un partito che, nelle sue considerazioni, non potrà mai allearsi con Bersani, Vendola e Di Pietro, a meno che non voglia perdere una parte consistente dei suoi elettori.
A preoccuparlo sono invece di più i mercati. Le Borse continuano a franare, insensibili a ogni azione e a ogni pronunciamento dei leader mondiali. A Berlusconi non è piaciuta la proposta di tassare le transazioni finanziarie avanzata dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dal cancelliere tedesco Angela Merkel. L'idea - ricorda il premier - era già stata bocciata dal G20, averla rilanciata ha aggravato i timori dei mercati, già spaventati dal rischio di una nuova recessione dell'economia Usa. "Che senso ha proporre una tassa di questo genere quando gli operatori con un semplice clic possono spostarsi su un'altra piazza borsistica?", si domanda. La caduta di Piazza Affari, con gruppi come Enel, Eni, Unicredit e Intesa che hanno visto crollare il valore delle loro azioni, rende poi concreto un altro pericolo: grandi aziende italiane possono finire nelle mani di qualche gruppo straniero che può approfittare dei prezzi da saldi di fine stagione. 21 agosto 2011 14:20
I CONTENUTI Manovra e imposte indirette Una clausola può farle scattare Previsto nel decreto l'aumento di Iva e accise se i tagli non bastano ROMA - Nella manovra appena varata per anticipare il pareggio di bilancio, spunta una nuova clausola di salvaguardia. E tanto per cambiare, è una blindatura "fiscale": se per far quadrare i conti non basteranno la riforma dell'assistenza sociale e la riduzione delle detrazioni e di tutti gli sconti fiscali esistenti scatterà, infatti, l'aumento delle imposte indirette. Così, l'aumento dell'Iva sbattuto fuori dalla manovra per la porta principale, nel giro di un annetto rischia di rientrare dalla finestra. Insieme all'aumento delle imposte di registro, ipotecarie, catastali, che per giunta dovrebbero scendere con il federalismo fiscale, e delle accise su prodotti petroliferi e sul tabacco (già destinate ad aumentare di un bel po').
L'ipotesi è tutt'altro che peregrina, anche perché i soldi che servono sono tantissimi, 4 miliardi nel 2012, che dovranno salire a 16 nel 2013 e a 20 dal 2014 in poi, e il pozzo dove pescarli oggettivamente un po' stretto. Questi soldi dovevano arrivare dalla riforma dell'assistenza, quindi dalla revisione dei criteri per l'accesso alle prestazioni dell'Inps, dalla riforma delle pensioni di invalidità e di quelle di reversibilità, ma data la difficoltà dell'operazione il governo ha creduto bene di blindare il gettito atteso, prevedendo una prima clausola di salvaguardia. Se la riforma dell'assistenza non bastasse, si sarebbe dovuto ricorrere ad un taglio lineare di tutte le agevolazioni, detrazioni e deduzioni fiscali esistenti, che valgono 160 miliardi di euro l'anno. Ora si scopre che neanche quel "tesoretto" degli sconti fiscali potrebbe bastare o che, quanto meno, non sia possibile tagliare lì dentro troppo a cuor leggero.
Fatto sta che nel testo del decreto è spuntata una seconda clausola di salvaguardia. "Al fine di garantire gli effetti finanziari", si legge nel testo, "in alternativa, anche parziale, alla riduzione dei regimi di esenzione, esclusione o favore fiscale, può essere disposta, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministero dell'Economia e delle Finanze, la rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l'accisa". Quindi l'aumento delle imposte di registro, ipotecarie, catastali, di bollo, le imposte di successione, le tasse sulla pubblicità e le accise. E naturalmente l'Iva, l'imposta indiretta per eccellenza. "Tale alternativa - sottolinea la Ragioneria dello Stato nella relazione tecnica - agevola sicuramente l'obiettivo di realizzazione degli effetti finanziari" attesi dal decreto.
La prospettiva di un nuovo aumento delle tasse, che siano dirette o indirette, si fa più concreta. E anche per questo il governo e la maggioranza lavorano per scongiurare almeno l'incremento delle tasse locali, inevitabile se non dovessero essere ammorbiditi i nuovi tagli previsti dalla manovra-bis. L'alternativa alla sforbiciata su Regioni ed enti locali, secondo il Pdl, sarebbe l'abolizione, o la penalizzazione, delle pensioni di anzianità. Ma la Lega Nord, che pure lamenta i tagli alle autonomie locali, sulle pensioni continua a fare le barricate. La situazione, per ora, resta bloccata. Mentre perde appeal l'ipotesi di far cassa con la dismissione degli immobili pubblici. Si possono vendere o cartolarizzare caserme e uffici pubblici, ma le entrate sarebbero una tantum . E la Ue, nel valutare la manovra, non ne potrebbe tener conto. Mario Sensini msensini@corriere.it 21 agosto 2011 09:04
LA DEBOLEZZA DELLE LEADERSHIP Governanti del nulla N onostante gli sforzi di Merkel e Sarkozy per apparire due veri statisti, o l'impegno di Obama per apparire un presidente capace di tenere tutto sotto controllo, le opinioni pubbliche occidentali si rendono sempre più conto che in realtà, oggi, nessuno dei propri governanti tiene sotto controllo un bel nulla. E tanto meno riesce a immaginare una qualche via d'uscita da una crisi che ormai sembra avviarsi ad essere di sistema. Proprio nel momento peggiore della sua storia postbellica l'Occidente, insomma, scopre di essere nelle mani di leader privi di temperamento, di coraggio e soprattutto di visione. Non è un caso. Il deterioramento qualitativo delle classi politiche, infatti, è innanzi tutto un prodotto inevitabile di quella "democrazia della spesa" vigente da tempo nei nostri Paesi, in forza della quale governare significa in pratica solo spendere, e poi ancora spendere, per cercare di soddisfare quanti più elettori possibile (e quindi tassare e indebitarsi: con relative catastrofi finanziarie). Quando le cose stanno così, per governare basta disporre di risorse adeguate, non importa reperite come, o prometterne. L'esercizio del potere si spoglia di qualunque necessità di conoscere, di capire, di progettare, e soprattutto di scegliere e di decidere. Non solo, ma il denaro diviene a tal punto intrinseco alla politica che esso finisce per apparirne il vero e ultimo scopo: a chi l'elargisce come a chi lo chiede o lo riceve. Con la conseguenza, tra l'altro, che dove il denaro è tutto, inevitabilmente la corruzione s'infila dappertutto. La "democrazia della spesa", insomma, è un meccanismo che, oltre a svilire progressivamente la sostanza e l'immagine della politica, contribuisce a selezionare le classi politiche al contrario, non premiando mai i migliori (per esempio quelli che pensano all'interesse generale). Lo stesso effetto lo ha la personalizzazione mediatica, specie televisiva, ormai centrale per ogni carriera politica in tutta l'area euro-americana. Da che mondo è mondo, la personalità in politica ha sempre contato moltissimo. Giustamente. Ma quando la valutazione di essa è fatta in gran parte attraverso le apparizioni televisive (in Italia per giunta della durata media di 45-90 secondi), allora è ovvio che a contare siano specialmente l'aspetto, la "simpatia", lo scilinguagnolo, l'abilità nello scansare gli argomenti scomodi. Caratteristiche che però, come si capisce, non sono proprio quelle più significative se si vogliono selezionare dei leader capaci di guidare un Paese nei momenti difficili. Ad aggravare gli effetti di questa personalizzazione mediatica dei capi si aggiunge paradossalmente, quasi a fare da contrappeso apparente, la progressiva spersonalizzazione, invece, delle loro decisioni: specie di quelle davvero cruciali. Cioè la virtuale deresponsabilizzazione degli stessi capi. Dal momento, infatti, che i problemi hanno sempre di più un carattere mondiale o a dir poco regionale, che la globalizzazione impone le sue regole irrevocabili, l'ambito nazionale diventa secondario. Quelle che davvero contano in modo vincolante sono sempre di più le decisioni prese da qualche vertice o da qualche istituzione internazionale, più o meno lontani e indifferenti rispetto all'arena politica domestica. Decisioni che così finiscono per essere figlie di nessuno e un comodo alibi per tutti. Come possono formarsi in questo modo vere élites politiche? Veri, autorevoli, capi politici? Per i paesi di medio livello come l'Italia la cosa è clamorosamente evidente. Basti pensare che per ben due volte negli ultimi anni ci siamo trovati addirittura impegnati in operazioni militari di grande rilievo politico - contro la Jugoslavia prima, e adesso contro la Libia - di fatto solo perché altri avevano preso per noi la decisione relativa e noi non potevamo dispiacergli. Già, la guerra; e dunque la politica estera di cui la guerra un tempo rappresentava l'apice. Non è politicamente corretto ciò che sto per dire, lo so. Ma certo è difficile pensare che la virtuale scomparsa dall'esperienza europea di questi due ambiti decisivi di ciò che fino a qualche decennio fa è stata la politica - i due ambiti cruciali in cui fino a ieri i capi politici potevano essere chiamati a dare prova di sé, ad essere preparati a dare prova di sé - non abbia avuto la sua parte nel rendere sempre più scadente la qualità delle classi politiche del Vecchio continente. È solo un caso, mi chiedo, se i tre principali leader di paesi democratici nell'Europa della post-ricostruzione - De Gaulle, la signora Thatcher e Helmut Kohl - abbiano legato tutti e tre il proprio nome a grandi decisioni di politica estera e/o di tipo bellico (l'Algeria e l'armamento atomico, la guerra delle Falkland, l'unificazione tedesca)? Forse no, direi, non è proprio un caso. Ernesto Galli della Loggia 21 agosto 2011 09:53
segretario generale della Cgil a Skytg24 Manovra, la Camusso: "Sbagliata la riforma delle pensioni solo per fare cassa" Non si chiede niente a chi con la crisi si è arricchito". E intanto si pensa a un presidio davanti al Senato per il 24 Susanna Camusso (Ansa) Susanna Camusso (Ansa) MILANO - "È sbagliato affrontare il tema della riforma delle pensioni solo per fare cassa". Lo afferma Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, intervenendo a Skytg24 in merito al dibattito che si è aperto sulla ipotesi di riforma previdenziale. "Innanzitutto - sostiene la leader della Cgil - bisogna ricostruire una condizione: non si può cambiare ogni mese toccando diritti e certezze. Poi avrei grande attenzione per i giovani, non si può pensare a una prosecuzione infinita della vita lavorativa". INIQUO - Camusso non chiude a priori ad ogni ipotesi di riforma, ma chiede condizioni precise e propone la "flessibilità in uscita", che non penalizza chi ha bisogno di uscire e non blocca le opportunità di lavoro per chi deve entrare". Poi, parlando più in generale dell'impianto della manovra, definisce il provvedimento "profondamente iniquo, perché colpisce chi le tasse le paga già e gli enti locali". Nella manovra invece, conclude Camusso, "non si chiede niente a chi con la crisi si è arricchito e a chi può permetterselo": "Non c'è nessun ragionamento che riguarda l'occupazione e lo sviluppo - ha proseguito -. È una manovra fatta di tagli, in particolare alle condizioni delle persone più deboli. È chiaro che in una situazione così difficile tutti devono fare la propria parte, ma qui si chiede di fare la propria parte solo ai lavoratori dipendenti, al pubblico, ai pensionati, a chi paga regolarmente le tasse. Tutto il mondo parla della patrimoniale - ha concluso - nel nostro Paese invece si continua a far pagare le tasse a chi già le paga". REPLICA A CISL - "Quello che è irrituale è la situazione in cui siamo", replica la Camusso alla dirigenza Cisl che, in risposta all'appello della Cgil per una unità di iniziative sulla manovra, aveva definito "irrituale mettere in discussione la linea libera e autonoma espressa da altre organizzazioni sindacali che contano milioni di iscritti". "Il tema - ha detto il segretario generale della Cgil a Sky Tg24 - è che l'autonomia delle parti è stata messa in discussione dal governo e da questa manovra che interferisce sia sui contratti sia sulle leggi. La domanda che facciamo a Cisl e Uil è esattamente questa: recuperare la nostra autonomia e riportare al tavolo della contrattazione le materie che sono contrattuali". PRESIDI - "Le azioni che la Cgil metterà in campo in questi giorni" contro la manovra economica ed il pacchetto di norme sul lavoro "dopo la riunione dei segretari generali di categorie e territori di martedì 23 agosto, cominciano con un presidio il 24 agosto davanti al Senato dove, con tutta probabilità, il segretario generale terrà una conferenza stampa per ribadire i giudizi, presentare le proposte di modifica e annunciare le prossime tappe della mobilitazione della Cgil". Trapela da Corso Italia, dove il segretario generale Susanna Camusso è al lavoro su controproposte e reazioni del sindacato. La riunione di martedì 23 agosto servirà a fissare la data dello sciopero generale preannunciato dalla leader della Cgil. Redazione online 21 agosto 2011 16:12
La Fiat e il Paese Lettera aperta a Marchionne Marchionne (Emblema) Marchionne (Emblema) Gentile dottor Marchionne, l'Italia è messa male, la Fiat peggio. Ci rivolgiamo a lei, perché le sorti del Paese si sono sempre intrecciate, nel bene e nel male, con quelle del suo principale gruppo manifatturiero. Oggi la Fiat conta meno di ieri, ma conta sempre tanto. Dopo il tracollo del 2002, ha fatto molto sotto la sua guida. Ma ora questo Paese si attende un cambio di passo. Necessario per il futuro dell'azienda, sarebbe d'esempio anche per l'azione di governo. I titoli di Stato italiani, benché conservino un rating discreto, devono trovare un acquirente amico nella Banca centrale europea per reggere i colpi di maglio dei mercati. Le obbligazioni Fiat riscuotono un giudizio nettamente inferiore. Rimangono junk bond , titoli spazzatura. Pareva un dettaglio quando i corsi azionari impennavano, drogati dallo scorporo di Fiat Industrial dalla Fiat. Ma ora le quotazioni stanno tornando al punto di partenza. E non hanno una Bce alle spalle. Al di là della speculazione contro la moneta unica senza governo unico, l'Italia viene bocciata prima degli altri grandi dell'euro perché non sa fare luce sul suo futuro: se sarà capace di aumentare il Prodotto interno lordo tanto da ridurre il peso relativo del debito pubblico a livelli ragionevoli, o se invece, in un quadro di crescita fatalmente rallentata, riuscirà ad aggredire l'esposizione dello Stato. Lei ha criticato il governo Berlusconi. Non a torto. Ma la Fiat? Negli ultimi due o tre anni non le abbiamo risparmiato le nostre riserve sulla sua strategia, pur coraggiosa e affascinante per un analista finanziario. L'abbiamo esortata a chiarire il piano Fabbrica Italia, al quale ha connesso un cambiamento dei rapporti sindacali. Alcuni nostri argomenti sono stati usati dalla Fiom e dalla Cgil, ma questo non ci ha impedito di sostenere il sì al referendum di Mirafiori. Nell'ora critica ci sono ragioni più forti di altre. E la sopravvivenza della Fiat, che lei ha guidato fuori dall'emergenza nel 2005, viene prima di alcuni diritti sindacali. La sua gestione e il suo personaggio sono stati usati prima dai comunisti in servizio ed ex contro i berlusconiani e la cosiddetta destra confindustriale e poi dai berlusconiani e dagli ex socialisti per schiacciare il Pd sul sindacalismo radicale. E lei ha dato l'impressione di partecipare al gioco, talvolta di sponda e talaltra spingendo. Ma adesso? Come farà la Fiat a far crescere il suo Pil, e come gestirà il suo stato patrimoniale, così pieno di avviamenti e di debiti? Negli anni scorsi, la Fiat ha strizzato i conti, e ha guadagnato un po' grazie al buon momento dell'economia. È durata fino al 2008. Poi il declino, accentuato dalla mancanza di nuovi modelli. Lei ha spiegato la cosa come un'astuzia: avrebbe scoperto le carte a ripresa consolidata. Molti - anche alcuni ministri - le hanno creduto. A noi sembrava e sembra una tattica, come dire?, singolare. Tutte le altre case fanno diversamente. E adesso che Usa ed Europa rischiano di ricadere nella recessione, la Fiat rinvierà ancora? L'operazione Chrysler è stata il grande paravento. Ma a noi pare che gli investimenti netti di Chrysler siano bassi, e troppo alti i debiti finanziari e pensionistici. Con un patrimonio netto tangibile negativo. Sappiamo che negli Usa considerano quest'ultima un'ubbìa da ragionieri. Ma l'Ufficio studi di Mediobanca no. La quadratura del cerchio sarebbe venuta con un proficuo collocamento di Chrysler in Borsa tramite anche un aumento di capitale. Ma ora, con Wall Street in ginocchio e la domanda mondiale di auto in calo, la quotazione è rinviata sine die. A differenza di tanti politici, lei è un uomo che sa decidere e rischiare. Non potendo far investire i suoi azionisti sull'auto, si è inventato una strategia che ha incantato le banche d'affari. Magari ha incantato meno chi guarda al Paese e non crede alla debt economy , ma oggi non conta. La Fiat, che deve correggere la rotta, ha di nuovo bisogno dell'Italia e dell'Europa. Ma dovrebbe anche sentire il bisogno di dire la verità per intero, di confrontarsi con l'opinione pubblica, più esigente di tanti ministri e sindacalisti. Un confronto conti alla mano, e senza rete, che potrebbe essere introdotto dalla promessa di restare al Lingotto fino a quando il consiglio di amministrazione lo riterrà necessario e dall'annuncio che, pur avendo il diritto di mantenerla a Zug, il leader della Fiat sente il dovere di spostare la residenza fiscale a Torino. Massimo Mucchetti mmucchetti@corriere.it 21 agosto 2011 09:24
APPROFONDIMENTI - PREVIDENZA SOCIALE Quei 500 mila baby pensionati Via dal lavoro prima dei 50 anni. Costano 9 miliardi e mezzo l'anno ROMA - In Italia ci fu un tempo, nemmeno tanto lontano, in cui si regalavano le pensioni. Era prima della grande crisi petrolifera. Erano gli anni del centrosinistra, quando ancora ci si cullava nell'illusione di una crescita senza fine e una classe politica miope arrivò al punto, nel 1973 (governo Rumor, con Dc, Psi, Psdi e Pri), di concedere alle impiegate pubbliche con figli di andare in pensione dopo 14 anni, sei mesi e un giorno, mentre era già possibile per gli statali lasciare il servizio dopo 19 anni e mezzo e per i lavoratori degli enti locali dopo 25 anni. Come definire la pensione ai trentenni, se non un regalo? E se vi pare impossibile, basta riprendere gli articoli di Elisabetta Rosaspina e Gian Antonio Stella che sul Corriere della Sera , nel 1994 e nel 1997, raccontarono i casi delle signore Ermanna Cossio e Francesca Zarcone, che erano riuscite ad andare in pensione, rispettivamente, a 29 e a 32 anni, dopo aver lavorato come bidelle, con assegni quasi pari alla retribuzione. Insomma, mentre oggi non sono pochi quelli che a 30-35 anni non hanno ancora trovato un lavoro, fino al 1992 (riforma Amato), c'erano giovani che a questa stessa età andavano in pensione! Se poi vogliamo avere un'idea della disastrosa eredità che quelle leggi ci hanno lasciato, basta elaborare i dati del Casellario centrale dei pensionati, aggiornati al primo gennaio 2001. Si scopre che ci trasciniamo ancora più di mezzo milione di pensioni baby, liquidate a lavoratori con meno di 50 anni d'età: 535.752 per la precisione, che costano allo Stato circa 9,5 miliardi di euro l'anno. Ancora oggi l'Inpdap, l'ente di previdenza del pubblico impiego, paga 428.802 pensioni concesse sotto i 50 anni: di queste più di 239 mila vanno a donne e quasi 185 mila a uomini, per una spesa nel 2010 di 7,4 miliardi. A queste pensioni si sommano 106.905 pensioni liquidate a persone con meno di 50 anni nel sistema Inps (regimi speciali e prepensionamenti) per un costo di altri 2 miliardi.
Proprio un baby pensionato, Franco Tomassini, ha fatto tornare d'attualità il tema scrivendo al Corriere una lettera pubblicata mercoledì, nella quale l'ex "dirigente di una grande azienda Iri", dopo aver raccontato di aver lasciato il lavoro a 50 anni, conclude: "Sento un po' di rimorso per aver contribuito a defraudare le generazioni seguenti. Per questo, non avrei alcuna difficoltà a versare il 10% dei miei duemila euro mensili a un Fondo Giovani. La mia vita non cambierebbe, e mi sentirei più vicino alle nuove generazioni". Venerdì, nella pagina dei commenti, il Corriere ha rilanciato l'idea di Tomassini, chiedendosi se non sia il caso di studiare un contributo, qui davvero di solidarietà, per chi è andato in pensione con meno di 20 o 25 anni di contributi e prima dei 50 anni e che abbia un reddito familiare superiore a 25 mila euro, magari modulandolo per fasce di reddito (5% tra 25 e 50 mila euro, 10% sopra). La proposta ha ricevuto il sostegno di moltissimi lettori che hanno chiesto di tornare sull'argomento.
Sempre secondo i dati del Casellario centrale, l'età media di questo mezzo milione di pensionati baby sta tra 63,2 anni (per chi ha lasciato il lavoro nella fascia d'età 35-39 anni) e 67 (per chi ha lasciato a 45-49 anni). Questo significa che stanno prendendo l'assegno come minimo da 18-24 anni e che, considerando la speranza di vita, continueranno a prenderlo per un'altra quindicina d'anni. I baby pensionati ricevono in media una pensione |