S. Messa
Quotidiana Registrata a Cristo Re Martina F. Mese di Luglio 2011 Pubblicata anche su YOUTUBE http://www.youtube.com/user/dalessandrogiacomo Vedi e Ascolta cliccando sul giorno Ve01. Sa02. Do03. Lu04. Ma05. Me06. Gi07. Ve08. Sa09. Do10. Lu11. Ma12. Me13. Gi14. Ve15. Sa16. Do17. Lu18. Ma19. Me20. Gi21. Ve22. Sa23. Do24. Lu25. Ma26. Me27. Gi28. Ve29. Sa30. Do31. Giugno 2011 Me01. Gi02. Ve03. Sa04. Do05. Lu06. Ma07. Me08. Gv09. Ve10. Sa11. Do12. Lu13. Ma14. Me15. Gv16. Ve17. Sa18. Do19. Lu20. Ma21. Me22. Gv23. Ve24. Sa25. Do26. Lu27. Ma28. Me29. Gv30. Maggio 2011 Do01. Lu02. Ma03. Me04. Gv05. Ve06. Sa07. Do08. Lu09. Ma10. Me11. Gv12. Ve13. Sa14. Do15. Lu16. Ma17. Me18. Gv19. Ve20. Sa21. Do22. Lu23. Ma24. Me25. Gv26. Ve27. Sa28. Do29. Lu30. Ma31. Aprile 2011 Ve01. Sa02. Do03. Lu04. Ma05. Me06. Gi07. Ve08. Sa09. Do10. Lu11. Ma12. Me13. Gi14. Ve15. Sa16. Do17. Lu18. Ma19. Me20. Gi21. Ve22. Sa23. Do24. Lu25. Ma26. Do27. Lu28. Ma29. Me30. Marzo 2011 Ma01. Me02. Gv03. Ve04. Sa05. Do06. Lu07. Ma08. Me09. Gv10. Ve11. Sa12. Do13. Lu14. Ma15. Me16. Gv17. Ve18. Sa19. Do20. Lu21. Ma22. Me23. Gv24. Ve25. Sa26. Do27. Lu28. Ma29. Me30. Gi31. Febbraio 2011 .Ma01. .Me02. .Gi03. .Ve04. .Sa05. .Do06. .Lu07. .Ma08. .Me09. .Gi10. .Ve11. .Sa12. .Do13. .Lu14. .Ma15. .Me16. .Gi17. .Ve18. .Sa19. .DO20. .Lu21. .Ma22. .Me23. .Gi24. .Ve25. .Sa26. .Do27. .Lu28. Gennaio 2011 Sa01. Do02. Lu03. Ma04. Me05. Gv06. Ve07. Sa08. Do09. Lu10. Ma11. Me12. Gv13. Ve14. Sa15. Do16. Lu17. Ma18. Me19. Gi20. Ve21. Sa22. Do23. Lu24. Ma25. Me26. Gi27. Ve28. Sa29. Do30. Lu31. Dicembre 2010 Me 01. Gv02. Ve03. Sa04. Do05. Lu06. Ma07. Me08. Gv09. Ve10. Sa11. Do12. Lu13. Ma14. Me15. Gv16. Ve17. Sa18. Do19. Lu20. Ma21. Me22. Gv23. Ve24. Sa25. Do26. Lu27. Ma28. Me29. Gv30. Ve31. Novembre 2010 Lu 01. Ma02. Me03. Gv04. Ve05. Sa06. Do07. Lu08. Ma09. Me10. Gv11. Ve12. Sa13. Do14. Lu15. Ma16. Me17. Gv18. Ve19. Sa20. Do21. Lu22. Ma23. Me24. Gv25. Ve26. Sa27. Do28. Lu29. Ma30. Ottobre 2010 Ve01. Sa02. Do03. Lu04. Ma05. Me06. Gv07. Ve08. Sa09. Do10. Lu11. Ma12. Me13. Gv14. Ve15. Sa16. DO17. Lu18. Ma19. Me20. Gi21. Ve22. Sa23. Do24. Lu25. Ma26. Me27. Gv28. Ve29. Sa30. Do31. Settembre 2010 Me 01. Gi02. Ve03. Sa04. Do05. Lu06. Ma07. Me08. Gv09. Ve10. Sa11. Il Sito Ufficiale della Parrocchia Cristo Re Martina F. è http://www.parrocchie.it/martinafranca/cristore.it Il Canale YOUTUBE di CRISTO RE è http://www.youtube.com/results?search_query=cristoremartina&aq=f Vedi La PASSIONE http://www.youtube.com/watch?v=sjt8rPDLYlY 17 Marzo Festa Nazionale 150° UNITA' d'ITALIA. 2764 Anni dalla FONDAZIONE di ROMA AUGURI ITALIANI - L'INNO di MAMELI APPELLO PER LA RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI VEDI IL VIDEO dell'APPELLO Video Viaggio in Terra Santa clicca qui sopra: Sulle Strade del VANGELO
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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi- dal 2010-06-22 ad oggi 2011-07-25 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)SINDACATO, FIAT, LAVORO, CRISI, GOVERNO COMMENTO A FIAT REFERENDUM: IO STO CON FIOM, SCIOPERO GENERALE Appello su YouTube : 1 a Parte http://www.youtube.com/watch?v=CGaXc8bzXgA2 a Parte http://www.youtube.com/watch?v=_VUg-8Rwyr4 o su questo Sito CRISTO-REAppello su YouTube : FIAT SINDACATO FIOM LAVORO http://www.youtube.com/watch?v=rP4yiOPhCOE2011-01-15 Altissima affluenza: 94,9% Referendum Fiat, vittoria dei "sì" Decisivo il ruolo dei Impiegati Nei primi reparti scrutinati prevalenza dei "no". Poi il sorpasso: alla fine "sì" al 54%. Momenti di tensione MILANO - Via libera all'intesa sul futuro dello stabilimento Fiat di Mirafiori: dopo uno scrutinio durato circa 9 ore, i voti favorevoli hanno prevalso, sia pure di strettissima misura. Queste le cifre ufficiali: al voto, iniziato col turno delle 22.00 di giovedì, hanno partecipato 5.119 lavoratori, oltre il 94,2% degli aventi diritto. E il sì ha vinto con 2.735 voti, pari al 54,05%. |
ST
DG Studio TecnicoDalessandro Giacomo 41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE |
A votare no sono stati invece in 2.325 (45,95%), mentre le schede nulle e bianche sono state complessivamente 59. Nei primi seggi scrutinati, nei quattro del montaggio e in uno della lastratura, dove la Fiom, che si oppone all'accordo, è tradizionalmente forte, hanno prevalso i "no". Poi, nelle prime ore del mattino, la situazione si è rovesciata, grazie soprattutto al voto degli impiegati: a decidere, a mettere a segno l'allungo decisivo per il sì, è stato infatti il seggio 5, quello dei 449 impiegati. Lo spoglio è iniziato poco dopo le 21 di venerdì. E' apparso subito che il verdetto finale non avrebbe portato a nessuna delle due opzioni una larga vittoria: si è profilato un testa a testa fin dall'inizio. 2011-01-09 Cgil e Fiom non rompono su Fiat Camusso: "Sostegno allo sciopero" Una riunione fiume sull'accordo separato per Mirafiori. Landini: "Continueremo a discutere". La Camusso garantisce l'impegno Cgil per la riuscita dello sciopero generale indetto dai metalmeccanici. Landini faccia a faccia con Bombassei in tv. "Firma tecnica non esiste". Bonanni: "Se vince il no, ritiro la firma" Contro Marchionne una stella a cinque punte Una scritta con la vernice rossa contro l'amministratore delegato della Fiat. E il lugubre simbolo delle Brigate rosse, una stella a cinque punte. La minaccia è apparsa su un grande manifesto pubblicitario nel centro di Torino, sul cavalcavia di corso Sommellier. Per gli investigatori è solo una "simbologia forte" 2011-01-05 FIAT Referendum sull'accordo Mirafiori si vota il 13 e il 14 gennaio Già venerdì sera si conoscerà il verdetto degli operai sul piano di rilancio per lo stabilimento e sull'accordo firmato da Cisl e Uil con il no della Fiom. I primi ad esprimersi saranno i lavoratori del turno di notte di giovedì. La Fiom ribadisce: "E' il referendum della paura e del ricatto: o voti sì o perdi il lavoro". Le sigle firmatarie chiedono a Chiamparino di fare da garante sul voto Fiat, la Borsa premia lo spin-off Marchionne: "Avanti senza la Fiom" Nel giorno dello sdoppiamento del titolo, la Spa chiude a 7,02 euro e l'Industrial a 9. L'ad: "Fuori da Confindustria? Possibile ma non probabile. Ridicolo chiedere i dettagli del piano Italia". Poi l'ultimatum: "Se vincono i no salta Mirafiori". Landini: "Un ricatto, vuole un modello che non c'era neanche nel 1800" 2011-01-04 Sacconi: "L'accordo del 1993 è morto ma i diritti non sono stati svenduti" Il ministro; "Per tutelare i lavoratori c'è la legge, basta ideologie. L'intesa realizzata da Marchionne non è né di destra né di sinistra ma rientra nei doveri di un buon manager". "I nuovi patti sanciscono la fine di un controllo sociale rigido sull'organizzazione del lavoro" di ROBERTO MANIA 2010-12-29 VEDI il CONFRONTO delle PAUSE ORARI AZIENDE AUTOMOBIL. EU Fiat, ore decisive per Pomigliano Su Mirafiori sinistra divisaDopo l'intesa raggiunta su Mirafiori, l'azienda e i sindacati (esclusa la Fiom) si sono ritrovate per discutere del nuovo contratto di lavoro. Di Pietro: "A Mirafiori violata la Costituzione". Vendola: "Bavaglio per chi non si allinea". E il Pd? Fassino: "Fossi un operaio voterei sì" 2010-12-27 MIRAFIORI Più straordinari, pause corte e meno giorni pagati di malattia L'operaio che sciopererà contro il contratto, da lui stesso sottoscritto, sarà licenziato. Possibili turni di 10 ore più una di straordinario. I critici: "Rischi per la salute" di PAOLO GRISERI 2010-12-24 FIAT Berlusconi con Marchionne "Accordo storico e positivo" Il presidente del Consiglio esalta l'intesa su Mirafiori che definisce "innovativa" e che "crea un investimento importante per il Paese". Di Pietro: "Il governo ha fatto da Zerbino al Lingotto. Dal premier un panettone avvelenato agli operai" 2010-12-24 ACCORDO MIRAFIORI Regole zero e massima flessibilità "Si torna agli anni Cinquanta" Una rivoluzione per sindacati e Confindustria. Cade la possibilità per chi non firma i contratti di presentare una lista. "Treu: "Il sistema è in pezzi" di ROBERTO MANIA 2010-12-23 LA TRATTATIVA Mirafiori, c'è l'accordo, la Fiom non firma Marchionne: "Investimenti in tempi brevi" Intesa separata, siglata da Fim, Fismic e Uilm. Cambiano le regole su turni e pause, la nuova azienda investirà un miliardo. A gennaio il referendum. Airaudo (Cgil): "Vergogna" di ROSARIA AMATO e PAOLO GRISERI 2010-12-22 L'AD AI DIRIGENTI Marchionne: con il 51% di sì Fiat farà l'investimento a Mirafiori Saluto di fine anno ai vertici dell'azienda. "Invito la Fiom a firmare". Fim e Uilm: cogliamo l'occasione. "Non si può rinviare all'infinito la decisione, subito il vertice con i sindacati" di SALVATORE TROPEA 2010-12-03 AUTO Fiat, rotte le trattative su Mirafiori L'azienda: "Non ci sono margini d'intesa" La rottura dopo che il Lingotto ha respinto le richieste dei sindacati (Fiom, Fim e Uilm) ed escluso qualsiasi "aggancio" tra i nuovi contratti e quello nazionale dei metalmeccanici. Fiom: "Subito la parola alle assemblee dei lavoratori" 2010-10-26 FIAT Epifani di nuovo all'attacco di Marchionne "In Germania l'avrebbero cacciato" Il segretario della Cgil sull'ad del Lingotto: "I problemi si affrontano ai tavoli non in tv". Marcegaglia: "Il suo è stato un appello a risolvere questioni reali, non sia motivo di divisione politica" Epifani di nuovo all'attacco di Marchionne "In Germania l'avrebbero cacciato" 2010-10-24 FIAT Marchionne: "Senza l'Italia il Lingotto farebbe meglio" L'ad intervistato a "Che tempo che fa": "Nemmeno un euro dei 2 miliardi dell'utile operativo arriva dal nostro paese". Poi smentisce l'impegno in politica: "Io faccio il metalmeccanico, produco auto, camion e trattori". Mano tesa sugli stipendi: "Pronti ad adeguarli a quelli dei paesi vicini" 2010-10-17 LAVORO A settembre oltre 640 in cassa integrazione taglio del reddito di più di 3,5 miliardi I dati dell'Osservatorio Cig della Cgil rivelano un aumento del 34,8% rispetto ad agosto, una crescita minore rispetto agli anni passati perché negli ultimi tre "si è stabilizzato uno zoccolo negativo sempre più alto". Allarme per il sempre crescente ricorso a quella in deroga 2010-10-09 LA MANIFESTAZIONE "In piazza siamo oltre centomila" Cisl e Uil per un fisco più giusto I due sindacati protestano per ottenere riduzioni fiscali per i lavoratori dipendenti e i pensionati. Bonanni: "E' l'Italia della responsabilità" 2010-10-02 Marchionne: "Il clima di violenza? Qualcuno ha aperto i cancelli dello zoo..." Commentando l'intervista a Pietro Ichino pubblicata oggi da Repubblica, l'ad Fiat dice "L'accordo di Pomigliano non viola la Costituzione, si sta solo cercando un punto di convergenza tra noi e alcune persone che non vogliono capire come sta andando il mondo". E ancora: "Noi investiamo 20 miliardi di euro e prendiamo anche gli schiaffi" 2010-09-29 METALMECCANICI Melfi, no al ricorso per gli operai riammessi Accordo su deroghe contratto senza Fiom Il sindacato aveva contestato la decisione dell'azienda di reintegrare i tre licenziati permettendo loro di svolgere attività sindacale, ma non di tornare al lavoro sulle linee produttive. Intesa tra Federmeccanica, Film e Uilm. Epifani: "E' la fine del contratto nazionale" 2010-09-29 METALMECCANICI Melfi, no al ricorso per gli operai riammessi Accordo su deroghe contratto senza Fiom Il sindacato aveva contestato la decisione dell'azienda di reintegrare i tre licenziati permettendo loro di svolgere attività sindacale, ma non di tornare al lavoro sulle linee produttive. Intesa tra Federmeccanica, Film e Uilm. Epifani: "E' la fine del contratto nazionale" 2010-09-27 Salari: Cgil, potere d'acquisto sceso di quasi 5.500 Euro in 10 anniIl dato emerge dal V rapporto Ires-Cgil 2000-2010. Il segretario generale Epifani: "Serve un intervento immediato per diminuire la pressione fiscale sul reddito da lavoro dipendente" 2010-09-24 Marcegaglia smentisce Berlusconi "Noi non stiamo meglio degli altri" La presidente degli industriali ricorda che anche adesso "abbiamo una capacità di crescita inferiore alla media europea". "La politica si concentri sull'occupazione, non sul numero dei deputati". Il monito di Napolitano: "Per superare la crisi investire in istruzione, ricerca e innovazione" 2010-09-20 LAVORO Fincantieri, proteste da Genova a Palermo Sacconi: "Convoco parti, basta agitatori" Scioperi e mobilitazioni in tutta Italia, i sindacati chiedono l'intervento del governo. A Castellammare gli operai sono saliti su una gru. A Riva Trigoso occupata per alcune ore la direzione aziendale. Domani assemblea a Roma con sindacati e rappresentanti degli enti locali 2010-09-19 Fincantieri, l'appello di Bagnasco "Non chiudete i cantieri" "Genova non deve perdere nessuno dei suoi luoghi di lavoro e di impresa". L'arcivescovo di Genova e presidente Cei ha però "fiducia che il peggio presto sarà scongiurato". La riorganizzazione ipotizza 2.450 esuberi. "La Chiesa genovese è sempre vicina alle vicende del mondo del lavoro". Sindacati e istituzioni sul piede di guerra di NADIA CAMPINI 2010-09-17 CORPORATION Fiat vara la scissione in due società Elkann: "Un'assemblea storica" A Torino è stato delibera il nuovo assetto con la divisione fra l'auto e le attività industriali. La prima volta del nuovo presidente. L'ad: "Inizia un nuovo capitolo, per i lavoratori un porto più sicuro" TORINO - L'assemblea degli azionisti di Fiat ha approvato a larga maggioranza la scissione tra Fiat Auto e Fiat Industrial. "L'Auto da oggi avrà finalmente la possibilità di scegliere il suo destino, senza preoccuparsi dell'impatto sull'Iveco e su CNH". - ha sottolineato l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne. "I tempi sono cambiati - ha aggiunto - e l'Auto deve avere totale libertà di scegliere. E' un grandissimo giorno per l'Auto libera di scegliere". 2010-09-10 ha parlato a Gubbio: Sacconi: "Assalto a Bonanni? La ragazza andava arrestata" Il ministro del Lavoro: "Vedo espliciti segnali di tipo violento per condizionare percorso democratico" GUBBIO (PERUGIA) - Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi si dice "sorpreso" per il mancato provvedimento restrittivo nei confronti della ragazza identificata come autrice dell'aggressione al leader della Cisl Raffaele Bonanni nel corso della festa del Pd a Torino. "C'è un dolo comunque eventuale se non specifico", sottolinea il ministro parlando a margine della Scuola del Pdl di Gubbio. "Mi preoccupa che ci possa essere una sorta di violenza autorizzata quando è politica. Non posso non pensare alla sentenza perdonista nei confronti dell'aggressore di Berlusconi. I reati contro la persona - prosegue Sacconi - non possono avere inferiore dignità rispetto ai reati contro il patrimonio. In ogni caso occorre attenzione in un Paese nel quale abbiamo vissuto una stagione di terrorismo ideologico che ha praticato anche l'omicidio". 2010-07-10 Elkann: vogliamo fare la nostra parte. Sacconi: decisione significativa per tutti C’è l’accordo, la Panda va a Pomigliano Vertice Fiat con Cisl e Uil, poi l’annuncio: il nostro piano andrà avanti Telecom, programmati 3.700 tagli entro i prossimi 11 mesi. In tutto si arriverà a 6.822 unità da lunedì via al piano esuberi Sacconi: "Difficile il dialogo sociale" A breve le lettere con i licenziamenti. I sindacati: "Comportamento vergognoso". Preoccupato il ministro 2010-06-23 FIAT Pomigliano, il plebiscito non c'è stato Fiat: "Lavoreremo con i sindacati firmatari" I favorevoli sono la maggioranza (63%), ma i numeri non sono quelli auspicati. "Impossibile trovare un'intesa con chi ci ostacola con argomentazioni pretestuose". Bonanni minaccia: niente scherzi e reagiremo con forza. Fiom pronta a trattare. Marcegaglia: "C'è un sindacato che non capisce" 2010-06-18 sullo stallo in corso sull'accordo per L'IMPIANTO NEL NAPOLETANOFiat, l'allarme di Marchionne: "Senza accordo non esisterà più industria" "A Termini Imerese hanno scioperato per la nazionale". La denuncia Fiom: "Fiaccolata sabato sera a Pomigliano. L'azienda vuole replicare la marcia dei 40mila" 2010-06-15 NAPOLI - Accordo separato sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco e referendum martedì 22. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato il nuovo documento, integrato, presentato dal Lingotto. La Fiom ha confermato il suo no.La Fiat ha sottoposto ai sindacati dei metalmeccanici un nuovo documento in cui viene aggiunto il sedicesimo punto relativo alla istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni, come era stato richiesto dalle organizzazioni che venerdì scorso avevano già dato un primo ok. |
Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..
Il Mio Pensiero
(Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):Martina f. 2011-01-17
Io sto con FIOM - SCIOPERO per la DEMOCRAZIA, RAPPRESENTANZA SINDACALE in FABBRICA al 45,42% del NO, ALLEANZA con STUDENTI, GIOVANI PRECARI, x L'INNOVAZIONE, con la GIUSTIZIA, contro la IMMORALITA', X l'UNITA e la COSTITUZIONE
Premessa:
L'altro giorno ho ascoltato il colloquio telefonico fra il Finto Vendola e l'Amministratore Delegato Marchionna, ed ho notato nella tonalità di voce del A.D. una tonalità di grande rispetto e giusto timore per i risultati del Referendum Fiat e per le prospettive che avrebbe potuto aprire.
Al Dott. Marchionne va tutto il mio rispetto per la Sua Posizione, ma mi trovo in grande dissenso per la Linea che porta avanti.
Questa e la tabella dei risultati, suddivisi per reparto/impiegati-operai, relativi al Referendum svoltosi il 14 nello Stabilimento Fiat Mirafiori.
REFERENDUM FIAT MIRAFIORI 2011-01-14 VOTI ESPRESSI |
|||||||||
Seggio |
NO |
% NO |
SI |
% SI |
Bianche Nulle |
% Nulle B |
ALTRI |
Totale |
|
Montaggio Carrozzerie |
9 |
362 |
54,11 |
300 |
44,84 |
7 |
669 |
||
Reparto Montaggio |
8 |
407 |
52,52 |
361 |
46,58 |
7 |
775 |
||
Reparto Montaggio |
7 |
374 |
51,73 |
349 |
48,27 |
723 |
|||
Reparto Montaggio |
6 |
433 |
53,79 |
372 |
46,21 |
805 |
|||
Reparto Impiegati |
5 |
20 |
4,54 |
421 |
95,46 |
441 |
|||
Reparto Vernic+Magazz |
4 |
103 |
47,69 |
113 |
52,31 |
216 |
|||
Reparto Verniciatura |
3 |
93 |
39,91 |
140 |
60,09 |
233 |
|||
Reparto Turno Notte |
3 |
111 |
29,76 |
262 |
70,24 |
373 |
|||
Reparto Lastratura |
2 |
218 |
51,90 |
202 |
48,10 |
420 |
|||
Reparto |
1 |
204 |
48,69 |
215 |
51,31 |
419 |
|||
Totale Operai |
2305 |
49,90 |
2314 |
50,10 |
4619 |
||||
Totale Impiegati |
20 |
4,54 |
421 |
95,46 |
441 |
||||
TOTALE |
2325 |
45,42 |
2735 |
53,43 |
59 |
1,15 |
5119 |
||
Votanti |
45,95 |
54,05 |
5060 |
||||||
Elettori |
5431 |
Il SI all'accordo ha vinto con il 53,43% , il NO ha avuto il 45,2% , gli atenuti e le schede nulle sono state del 1,15% .
Se si estrapola la posizione degli impiegati, che hanno votato al 95,46% per il SI , ed al 4,54% per il NO ,
si ottiene che gli Operai che hanno votato SI sono il 50,1% , per il NO il 49,9%, ovvero una differenza di solo 9 Voti.
Se si tiene conto che una buon numero di Operai ha dichiarato di votare SI per paura di perdere il posto di lavoro, si comprende che il Voto non è stato libero.
Alla luce del fatto che il 45,52 % dei Votanti si è schierato per il NO si può immaginare che, al di la di accettare o rifiutare l'accordo, non è Democraticamente pensabile che questa parte di operai non possa avere Rappresentanti Sindacali Aziendali, è del tutto Incostituzionale.
In tutte le elezioni democratiche, Politiche o amministrative di qualsiasi parte del mondo, i rappresentanti vengono eletti in proporzione al numero di voti ottenuti, e vanno a costituire schieramenti di maggioranza ed opposizione.
Pure incostituzionale è Costituire una Nuova Società, senza liquidare la Vecchia, con tutti i risvolti economici e legali relativi preesistenti accordi, né è pensabile che nel trasferimento dei Lavoratori dalla vecchia alla nuova società si possano azzerare i diritti acquisiti senza l'Accordo del 99% dei Lavoratori e dei relativi Rappresentanti Sindacali dell'Azienda precedentemente in essere.
Quindi quella che è dichiarata essere una Vittoria, nei fatti è una "Vittoria di Pirro" ovvero vittoria di una Battaglia, ma non della Guerra che rischia di esplodere, perché non è pensabile governare la trasformazione dei rapporti economici sindacali dei Lavoratori senza il parere dei Dissenzienti, ovvero quelli del del NO all'accordo.
E quando esploderà la Guerra, con lo Scipero Generale proclamato dalla FIOM per il 28 Gennaio, i Lavoratori scenderanno in Campo in tutta Italia, senza il Ricatto della FIAT, ma con l'appoggio oltre che del Mondo del Lavoro, anche dei Pensionati, e soprattutto dei Giovani, Studenti e Lavoratori Precari, quelli condannati ad essere Eternamente a Assunti a Tempo Determinato dalla legislazione adottata dall'attuale Governo.
Oltre questa che è la logica risposta ad un modo unilaterale di risolvere i reali problemi, ci sono una grande serie di altri problemi che si contrappongono alla scelta contrattuale adottata dalla FIAT e da coloro che hanno preferito accettare l'accordo :
Ipotesi Turnazione Pause da Ottimizzare con Lavoratori (Rev. 1) |
|||||||||||||
Prime della MENSA |
Mensa |
Dopo la MENSA |
|||||||||||
Pause |
Lavoro |
Pausa |
Lavoro |
Pausa |
Lavoro |
Lavoro |
Pausa |
Lavoro |
m/giorno |
h /giorno |
Pause |
Mensa |
|
1° Turno |
90 |
10 |
80 |
10 |
80 |
30 |
90 |
10 |
80 |
480 |
8,00 |
50 |
10 |
2° Turno |
95 |
10 |
80 |
10 |
80 |
30 |
90 |
10 |
75 |
480 |
8,00 |
50 |
10 |
3° Turno |
100 |
10 |
80 |
10 |
80 |
30 |
90 |
10 |
70 |
480 |
8,00 |
50 |
10 |
4° Turno |
105 |
10 |
80 |
10 |
80 |
30 |
90 |
10 |
65 |
480 |
8,00 |
50 |
10 |
Prima della MENSA |
Dopo la MENSA |
||||||||||||
m |
h |
m |
h |
||||||||||
1° Turno |
270 |
4,5 |
180 |
3,0 |
|||||||||
2° Turno |
275 |
4,6 |
175 |
2,9 |
|||||||||
3° Turno |
280 |
4,7 |
170 |
2,8 |
|||||||||
4° Turno |
285 |
4,8 |
165 |
2,8 |
Io sto con la FIOM e chiedo :
Gli Studenti, alleandosi ai Lavoratori, potranno rivendicare una reale riduzione dei tempi di ingresso nel Mondo del Lavoro, in virtù dell'adozione del
Tempo Pieno, al quale dovrà collaborare il mondo del lavoro al top professionale, garantendo Moduli Didattici realmente Formanti in
tempo reale con la dinamica di sviluppo tecnologico delle Imprese, consentendo di conseguenza ai Giovani l'inserimento già professionalmente valido a
19 anni per i diplomati, senza ulteriore formazione, a 22 anni per i Laureati del 1° Livello, a 24 del 2° Livello ( in quest'ultimo caso eliminando
anche ripetizione di cicli di insegnamento oggi doppioni del 1° ciclo, sostituendoli con cicli integrativi specialistici ).
Con questa innovazione che porta al completamento formativo Teorico attuale, si potrà conseguire crediti formativi sia per l'accesso all'università che al
2° Livello Universitario, in Base a quanto risultante da una Formazione Continua Altamente e Realmente Formativa .
L'intero Sistema Paese si avvantaggerà in maniera esponenziale dei Benefici reali dovuti all'Ingresso nel mondo del Lavoro dei Giovani, sia delle Loro
Immense Energie Giovanili e conseguenti aumenti produttivi, sia con la riduzione dei costi e delle spese di una Formazione Attuale inesistente e
costosa, sia con la riduzione di costi sociali negativi ( disoccupazione, droga, delinquenza, ecc.)
Programmando i tempi di assunzione a tempo determinato solo per 1 max 2 anni non ripetibili
Di offrire la Loro Esperienza Ultratrentennale, insieme a quella di personale in Cassa Integrazione, per trasferire il loro Know-How ai giovani, evitando che il Paese si depauperi della loro esperienza, ma che si arricchisca potenziata dall'energia dei Giovani
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
2011-01-10
Buon Giorno,
L'argomento di oggi è connesso in maniera molto stretta fra
CRISI, LAVORO, FIAT, SINDACATO,Innanzi tutto è mio dovere dire no alle Brigate Rosse, nessuno può permettersi di esprospriare la Voce della Democrazia al Movivento dei Lavoratori, in virtù di iniziative terroristiche settarie del tutto antidemocratiche !
L'Uomo Amministratore Delegato MARCHIONNE ha tutta la Stima ed Appoggio Morale del Movimento dei Lavoratori e dell'Intero Paese Italia, Giovani, Lavoratori, Pensionati, Imprenditori, Forze Politiche Democratiche, Istituzioni, …
CRISI E PROSPETTIVE
Da quando è iniziata in maniera Planetaria la Crisi Economica si sta attuando una generale politica di Scaricare i Costi, all'insegna della Globalizzazione, sulle spalle del Mondo del Lavoro, Lavoratori ed Imprese Serie, sulle spalle di coloro che non hanno creato la Crisi, bensì ne hanno subito le conseguenze.
Fra l'altro questra Crisi è Figlia unicamente della Speculazione Finanziaria, che ha lucrato massicciamente sui risparmiatori onesti, con il supporto di moltissime Banche che non hanno difeso i propri risparmiatori ed investitori, malconsigliandoli sui Bond Argentini, Derivati, e spazzatura simile.
In questa bolgia è stata coinvolta anche la Parmalat, che fino agli inizi degli anni '90 era ancora una grandissima Azienda Italiana Leader Mondiale, a tal punto, che anche dopo il Crack economico subito, la Parmalat è ancora oggi una Signora società Italiana, che sta ancora lavorando, Leader nel Mondo.
Di questo bisogna dare atto a Callisto Tanzi che è stato un grandissimo Imprenditore, che purtoppo ha invece fatto grandi sbagli a livello finanziario, è stato coinvolto da cattivi consiglieri in speculazioni sbalgiate sperando di salvare la Parmalat, non aiutato da una politica che è stata completamente assente, che invece avrebbe dovuto aiutare la Parmalat a risuscitare ed aiutare i propri risparmiatori.
Questo è il punto importante, la Politica che Governa il Paese deve capire che non può stare alla finestra a guardare, ma deve operare per difendere le Grandi Aziende, oltre le piccole, percè le grandi sono importantissime per indirizzare verso uno sviluppo corretto il Sistema Economico del Paese, per poi distribuire alle piccole aziende subappalti e lavori che altrimenti resterebbero al di fuori dell'Economia Italiana.
Purtroppo oggi sta avvenendo che la Politica di Governo non attua scelte a favore delle Imprese, e neanche del lavoro, ma è sbilanciata verso il sestema Bancario e Finanziario.
Ci sono stati momenti in cui il Governo poteva emettere BOT a costi ridottissim, intorno a 1%i, che se seguiti da una politica di re-investimenti immediati avrebbero prodotto molti più frutti riducendo il disavanzo Deficit-PIL.
Invece da quando è iniziata la Crisi, che è stata sottovalutata per mesi, non c'è stato alcun programma di Sviluppo Economico per rilanciare l'economia, ma solo una corsa ad ostacoli di difesa teorica della Parità di Bilancio che, pur giusta, andava sviluppata in contemporanea con una Politica di Rilancio, mentre da sola si è viceversa dimostrata disastrosa, in quanto in assenza di sviluppo e di conseguenti entrate, il Deficit DEBITO PIL è enormemente salito passando da 1.598.975 Mld ( 103,50%) del 2007 a 1867,4 Mld ( > 118,4 % stima FMI ) dell'ottobre 2010
Dal sito Internet di WIKIPEDIA 2011-01-10
Andamento del debito negli ultimi anni confrontato con il PIL (in milioni di €)
Anno |
Debito |
PIL |
% sul PIL |
2005 |
1.512.779 |
1.429.479 |
105,83% |
2006 |
1.582.009 |
1.485.377 |
106,51% |
2007 |
1.598.975 |
1.544.903 |
103,50% |
2008 |
1.663.353 |
1.571.870 |
105,82% |
2009 |
1.761.191 |
1.528.546 |
115,80% |
2010 |
1.838.000 |
Il dato 2010 è superato in 1867,4 Mld ( > 118,4 % stima FMI ) nell'ottobre 2010
In questo modo non è possibile andare avanti, o il Governo inverte radilcamente la rotta di 180° , il problema non è Berlusconi, bensì la sua Politica miope e del suo stratega Tremonti, che aveva paventato il rigetto dei BOT da parte degli investitori, mentre vioceversa come si è dimostrato erano l'unico investimento sicuro, oppure si faccia un nuovo Governo di Salvezza Nazionale con una Politica di Sviluppo, o si vada a nuove elezioni subito.
La politica fatta dall'inizio della Crisi è stata :
FIAT, ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
Orbene, nessuno dice che il Capitale FIAT non debba fare le sue scelte produttive, è sacrosanto !
Anzi fossi io rivendicherei il diritto a far funzionare gli impianti 24 ore al giorno per 7 gg la settimana, sempre nel rispetto però delle 40 ore settimanali, per ottimizzarne l'utilizzo ed ammortizzare meglio i costi, compatibilmente con le esigenze manutentive.
Lo stesso io sistema io lo propongo nella Sanità pubblica, per ridurre del 80% il tempo di attesa per le visite specialistiche, rese con macchine altamente costose, fra l'altro così facendo ridurrei i costi del 70 %.
Lo stesso dicasi sulla monetizzazione della mezza ora per il pranzo, non può essere un costo da addebitare alla FIAT ( nessun contratto Nazionale di Lavoro in Italia lo prevede, la pausa mensa è a carico dei lavoratori, invecè e sacrosanto il diritto alla Mensa ) e va scorporato dai costi, salvo con non si recuperi il tempo con un sabato al mese per 11 mesi, ed un 2° sabato per 4,6 mesi , per per ciascun turno.
PROPOSTA RECUPERO LAVORATIVO PAUSA MENSA |
||||||||
Giorni |
||||||||
gg |
||||||||
Giorni Anno |
365 |
|||||||
Domeniche |
52 |
|||||||
Sabati |
52 |
Giornate |
||||||
Ferie |
20 |
Mensa |
da |
Recupero |
||||
Festività |
7 |
30'/g |
m/Anno |
h/A |
h/g |
Recuperare |
1°Sabato |
2°Sabato |
Giorni Lavorativi |
234 |
30 |
7020 |
117 |
7,5 |
15,6 |
12 |
3,6 |
Turni di Lavoro |
3 |
3 |
||||||
Lavor. 3 Turni |
702 |
46,8 |
Il recupero delle 117 ore medie annue è dare alla FIAT una giusta risposta alle eventuali esigenze FIAT sugli straordinari richiesti da esigenze produttive.
Oppure si può rinunciare al recupero, però la FIAT ha il diritto di far funzionare gli impianti, in presenza di programmazione generale o esigenze di straordinario, con altri lavoratori assunti a tempo parziale per 3 gg. La settimana. In pratica ( 7,5 x 3 ) 22,5 ore di lavoro.
In questo modo si fa comunque salvo il concetto delle 40 ore lavorative, il rispetto della mensa.
Però la FIAT non può esimersi dal rispettare i vecchi contratti, né pensare di cambiare società come si cambia un trucco del viso, non può rifare ex-novo le assunzioni, dimenticarsi di quanto hanno fatto i lavoratori Fiat per un secolo intero, per cui la con-Proprietà Morale, ma soprattutto del Know-How Professionale della Fabbrica è anche del Mondo del Lavoro FIAT, oltre che degli ITALIANI che spessissimo hanno contribuito a risanare l'Azienda con incentivi economici notevolissimi sugli investimenti ( tali da far balenare l'idea della salvaguardia della destinazione d'uso degli investimenti per 30 anni per la produzione in ITALIA ), e le agevolazioni economiche sulle immatricolazioni, oltre che consentendo anche di assorbire altre realtà del Settore, famose come l'Alfa Romeo, Lancia a costi irrisori..
Queste sono risposte che io darei alla FIAT, in alternativa alle sue richieste, se non accondiscende a concordare le modalità degòli investimenti con l'organizzazione del lavoro, perchè bisogna fare concertazione, come si iniziò a fare nel 1973, con la rivoluzione contrattuale con la quale si contrattarono gli inquadramenti professionali.
In questa lotta i Metalmeccanici della FIOM non vanno isolati, ma insieme il movimento sindacale, i giovanio, i lavoratori, i pensionati, devono rispondere a questa svolta unilaterale voluta dalla FIAT, ed in questo chiediamo alla Famiglia Agnelli come è schierata.
Se poi la FIAT insiste, allora è bene chiarire alcuni aspetti fondamentali di Democrazia, di Lavoro, Esperienza, ecc.
La FIAT è una Signora Società dal 11 Luglio del 1899, è un grandissimo Leader Mondiale, ha avuto grandissimi proprietari, azionisti, dirigenti, ed è stata artefice di sviluppo economico dell'Italia e di molti altri paesi nel mondo, nessuno lo nega.
Però l'Esperienza non è solo della FIAT intesa come Capitale, ma anche dei suoi Dirigenti, Quadri, Operai, con un Back-Ground tramandato ultracentenario:
Se la FIAT dimentica di essere ITALIANA, gli ITALIANI possono Rinunciare al nome al FIAT, possono Cambiare il Nome, conservando intatto il Mondo del LAVORO ex FIAT, riconvertirlo in FABBRICA ITALIA… e fare senza quel nome Glorioso.
Forse ciò non è fattibile con questa parvenza di effimero Governo, ma senz'altro di un GOVERNO che il PAESE si MERITA' , uno diverso, assolutamente non federalista, ma di UNITA' NAZIONALE !
Viva l'ITALIA che ha 2764 anni di STORIA ( 753 + 2011), di Italiani che sono stato Faro di CIVILTA'
Viva il Nostro Mondo del Lavoro, le Imprese ed Imprenditori, gli Artigiani, le Istituzioni,
Si vada avanti con il Faro della Giustizia Sociale, della Pace, dello Sviluppo, della Democrazia, di questa nostra Gloriosa Costituzione.
Si utilizzi pienamente tutta la Ricchezza dell'Esperienza ultratrenntennale del Mondo del lavoro, non la si lasci perdere,
ma la si trasferisca ai Giovani e li si faccia crescere molto più velocemente, come è nelle loro possibilità capacità, volontà,
perché possano liberare tutte le loro immense energie
per far fare un'enorme balzo in avanti alla
ITALIA del FUTURO, già da OGGI, . senza aspettare DOMANI .
Martina Franca 2011-01-10
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
PAESE |
PIL 2009 |
PIL 2010 |
Usa |
-2,80% |
0,00% |
Canada |
-2,50% |
1,20% |
Mondo |
-1,30% |
1,90% |
Eurolandia |
-4,20% |
-0,40% |
- Grecia |
-0,20% |
-0,60% |
- Slovenia |
-2,70% |
1,40 |
- Austria |
-3,00% |
0,20% |
- Francia |
-3,00% |
0,40% |
- Spagna |
-3,00% |
-0,70% |
- Belgio |
-3,80% |
0,30% |
Regno Unito |
-4,10% |
-0,40% |
- Portogallo |
-4,10% |
-0,50% |
- Italia |
-4,40% |
-0,40% |
- Lussemburgo |
-4,80% |
-0,20% |
- Olanda |
-4,80% |
-0,70% |
- Germania |
-5,60% |
-0,10% |
- Finlandia |
-5,20% |
-1,20% |
- Irlanda |
-8,00% |
-3,00% |
Fonte: Fmi, World Economic Outlook, aprile 2009 |
2010-09-17
Possibile che in Italia non si capisce ancora che per avere un maggior respiro bisogna tornare ad avere grandi gruppi industriali come la Germania, Francia, Inghilterra?
Non basta la piccola industria a risolvere i problemi della crisi e soprattutto ad indirizzare l'Economia e lo Sviluppo del Paese.
Ora anche chi era grande, la FIAT, si ridimensiona, scindendosi in due, come se così facendo si risolvono i problemi:
Avere una grande società è importante per essere leader a livello mondiale, oltre che italiano, diversamente si rischia di perdere.
In tutto questo non si può ignorare il ruolo basilare dei lavoratori, operai, impiegati, tecnici, quadri, manager, ricercatori, che tanto più arricchiscono la FIAT quanto più restano uniti e non si disperde il Know-How di chi ha costruito la FIAT in oltre 1 secolo, ed in particolare negli ultimi 40-50 anni, ma trasferiscono le loro capacità alle leve giovanili, perché la professionalità non si inventa, ma si costruisce, maturando.
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
ORA BASTA !
L a FIAT non è Marchionna, la FIAT è la Storia dell'ITALIA, i LAVORATORI, i SINDACATI, l'INTERO PAESE ITALIA, la FIAT è stata anche ALFA ROMEO, AUTOBIANCHI, LANCIA (comprate dallo stato a costo nullo), la FIAT è stata grandissimi finanziamenti gratuiti dello Stato a sostegno degli investimenti, incentivi per la produzione, sovvenzioni a favore della rottamazione, commesse per pilotate anche in settori diversi dell'automobile, nell'energia, nelle infrastrutture, energia, ecc..
Se Marchionne ed altri non l'hanno capito, allora sarà l'ITALIA a rispondere con grnde UNITA:
Sia chiaro a tutti, compresi ai politici Corrotti e coloro che non corrispondono con comportamenti reali alle aspettative dei loro elettori!
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
REPUBBLICA
per l'articolo completo vai al sito Internet
http://www.repubblica.it/2011-01-14
Diretta
Referendum Mirafiori, lo scrutinio
E' in corso lo spoglio delle schede del referendum a Mirafiori. Altissima la partecipazione: ha votato il 94,6% degli aventi diritto. I no prevalgono alla catena di montaggio, ma la scelta degli impiegati ribalta il risultato
(Aggiornato alle 06:11 del 15 gennaio 2011)
06:11
Seggio 1, spoglio sospeso per un malore 35 –
Alle ultime battute dello spoglio del referendum, nel seggio 1, quando la vittoria del sì è diventata matematica, lo scrutinio è stato sospeso per l'esultanza dei sostenitori del sì. Nei momenti di tensione seguiti, un sindacalista della Fiom si è sentito male ed è stato necessario chiamare un'ambulanza.
06:09
La vittoria del sì è matematica 34 –
Il sì al referendum sull'accordo per lo stabilimento di Mirafiori della Fiat ha vinto. Con l'inizio dello spoglio dell'ultimo seggio il vantaggio del sì è diventato irrecuperabile. Nel complesso hanno votato, secondo gli ultimi conteggi, 5.139 persone, il 94,6% degli aventi diritto.
05:58
Manca un seggio, ma il sì ha già vinto 33 –
Quando manca un solo seggio alla conclusione dello spoglio e 442 schede da scrutinare il sì all'accordo è avanti con il 54,3% (2.525 voti) sul no che ha 2.120 (45,7%). A questo punto la vittoria del sì è certa.
05:52
Lastratura, al seggio 2 vincono i no 32 –
Scrutinato il seggio numero 2: tra gli operai della lastratura prevale il no all'accordo con 218 voti (51,9%) contro i 202 voti del sì (48,1%).
05:25
Otto seggi su 10: il sì sale al 55% 31 –
Otto seggi scrutinati su 10 e il bilancio è il seguente: i voti favorevoli all'accordo sono il 55% (2.322) mentre i contrari sono il 45% a quota 1.902. Mancano ancora i seggi 1 e 2 della lastratura e circa 800 voti, ma si profila una vittoria del sì.
05:21
Anche al seggio 3 vincono i sì 30 –
Si è concluso anche lo scrutinio del seggio 3, del reparto verniciatura: i sì sono 140 (60,1%), i no 93 (39,9%). Cinque le schede bianche o nulle.
04:55
Sette seggi: sì 54,7%, no 45,3% 29 –
Con sette seggi scrutinati e circa l'80% dei voti espressi, i sì all'accordo di Mirafiori raggiungono quota 2.182 (54,7%) mentre i no sono 1.810 (il 45,3%).
04:53
Alla verniciatura prevale il sì 28 –
Nel seggio numero 4 (verniciatura e magazzinaggio) hanno votato sì all'accordo sul rilancio dell'impianto 113 lavoratori (52,3%), mentre hanno detto no all'intesa 103 lavoratori (47,7%). Lo rilevano fonti sindacali.
04:51
La Fim denuncia: ci bruciano le bandiere 27 –
La Fim, uno dei sindacati firmatari dell'accordo, ha denunciato che davanti alla porta 2 dello stabilimento persone non identificate hanno dato fuoco alle bandiere Fim-Cisl
04:29
Dopo sei seggi, il sì sale al 54,8% 26 –
Con i risultati dello scrutinio del turno di notte e dopo 6 seggi scrutinati il consenso all'accordo sul piano Marchionne per Mirafiori sale al 54,8% (2.069 voti) contro il 45,2% del no (1.707 voti).
04:24
Seggio 2, i sì oltre il 70% 25 –
Nel sesto seggio scrutinato, quello in cui hanno gli operai del turno di notte, il sì ha avuto 262 voti (70,2%) contro i 111 del no (29,8%).
04:21
I sì superano il 54% 24 –
A scrutinio in corso dei voti del seggio del turno di notte si rafforza il vantaggio dei sì che superano quota 2mila voti arrivando al 54,8%.
03:54
La commissione ricalcolerà il numero dei votanti 23 –
La commissione elettorale del referendum, al termine delle operazioni di scrutinio, ricalcolerà il numero dei votanti. La verifica si rende necessaria per il giallo del seggio numero 8 e del numero di schede vidimate in eccesso rispetto al numero effettivo dei votanti, già scesi a 765 rispetto agli 836 iniziali. La revisione provvisoria ha già fatto abbassare il dato dell'affluenza a 94,89%.
03:52
Il sì al 53% dopo cinque scrutini 22 –
Nei primi cinque seggi scrutinati, i sì all'accordo del 23 dicembre risultano in vantaggio con il 53,1% dei voti. Lo riferiscono fonti sindacali spiegando che i voti favorevoli, dopo lo scrutinio del seggio degli impiegati, sono 1.807 mentre i no sono 1.596 (al 46,9%.).
03:32
Al seggio 5 il trionfo del sì 21 –
Il voto definitivo del seggio numero 5 ha visto prevalere nettamente i favorevoli all'accordo. Tra gli impiegati i sì sono stati 421, i no 20.
03:00
Gli impiegati ribaltano il risultato: sì al 51,4% 20 –
Poco dopo la metà dello scrutinio del seggio numero 5, quello degli impiegati di Mirafiori, il sì passa in vantaggio sul no, con il 51,4% del totale delle schede esaminate (1.686 contro 1.591). Al momento lo spoglio del seggio conta 300 sì e 15 no, su un totale di 449 voti espressi.
02:50
Metà voti scrutinati: il sì fermo al 46,8% 19 –
Dopo lo scrutinio dei 4 seggi principali e di oltre la metà dei voti, al referendum sull'accordo dello stabilimento Fiat di Mirafiori i no sono il 53,2% (1.576) e i sì sono il 46,8% (1.386).
02:48
Seggio numero 6, prevalgono i no 18 –
Anche nel seggio numero 6 di Mirafiori (sempre nel reparto montaggio in cui sono molto forti Fiom e Cobas, contrari all'accordo) ha prevalso il no. Hanno votato sì all'accordo 372 lavoratori mentre 433 hanno detto no.
02:28
Errore sulle schede, cambia il dato sull' affluenza 17 –
L'errore di conteggio che aveva dato origine al giallo delle 58 schede scomparse ha portato la commissione elettorale a rifare i conti dell'affluenza: hanno votato 5.154 lavoratori e non 5.213 come inizialmente comunicato. Di conseguenza, il dato sull'affluenza cambia ed è del 94,89% e non del 96,07% calcolato in precedenza.
01:44
No avanti anche al seggio numero 6 16 –
A metà spoglio del seggio numero 6, al referendum sull'accordo per lo stabilimenti Fiat di Mirafiori, i no sono 273 a fronte di 215 sì. Il seggio (montaggio) con 819 votanti è l'ultimo di quelli 'grandi' da scrutinare. Lo riferiscono fonti sindacali.
01:40
Seggio n. 8, risolto il giallo delle schede 15 –
Risolto il giallo delle 58 schede che mancavano all'appello durante lo scrutinio del secondo seggio (il numero 8 al montaggio): la Commissione elettorale ha accertato che erano state vidimate più schede rispetto al numero dei votanti del seggio. In realtà il totale dei voti non era 836 ma 775. Il risultato finale, dunque, viene convalidato con 361 sì e 407 no, mentre le 7 schede effettivamente mancanti sarebbero finite nel seggio numero 6.
01:18
Dopo i primi tre scrutini, il no è al 52,43% 14 –
Dopo lo scrutinio dei primi tre seggi allo stabilimento di Mirafiori e 2.180 schede esaminate il no all'accordo è in vantaggio con il 52,43% e 1.143 voti contro il 47,57% dei sì (1.011 voti). Le schede bianche o nulle sono 26 (1,19%).
01:08
Il no vince anche nel terzo seggio 13 –
Concluso lo scrutinio del terzo seggio, il numero 7 del reparto montaggio; i no sono stati 374, i sì 349. I voti erano in totale 732.
01:02
Possibile che siano decisivi gli impiegati 12 –
Il referendum potrebbe essere deciso dal voto degli impiegati. Secondo le previsioni di alcuni operai, i no vincerebbero in tutti i seggi del montaggio (9, 8, 7 e 6), mentre alla verniciatura (seggi 3 e 4) sarebbero in maggioranza i sì e alla lastratura (seggi 1 e 2) i voti sono più o meno equivalenti. A questo punto potrebbe risultare determinante il voto del seggio 5 e dei 441 impiegati che le fonti di fabbrica ritengono essere in grandissima maggioranza a favore del sì.
00:56
Le schede sparite sono in altre urne? 11 –
Secondo fonti sindascali, la possibile spiegazione del giallo delle 58 schede "scomparse" nel seggio 8 potrebbe consistere nel fatto che 4 grandi seggi (il numero 8 'congelato', il 7, il 6 e il 5) sono allestiti in un'unica grande sala e quindi i votanti potrebbero aver inserito la propria scheda non nel seggio di appartenenza, ma in un altro
00:17
Riparte lo spoglio, ma rischio invalidazione 10 –
La Commissione elettorale si divide: una parte procede al riesame delle schede del seggio numero 8 e all'esame degli elenchi elettorali per risolvere il giallo delle 58 schede mancanti. Il resto va avanti con lo scrutinio del seggio 7 (sempre nel reparto montaggio). Se non si dovesse chiarire il mistero delle schede mancanti, il voto complessivo sull'accordo di Mirafiori rischia di essere invalidato.
00:06
Seggio 8: scrutinio "congelato" 9 –
La commissione che sta scrutinando i voti del referendum ha momentaneamente "congelato" il risultato dello scrutinio al seggio 8 (montaggio). Secondo fonti interne alla commissione, mancherebbero all'appello 58 schede che sarebbero finite in un'altra urna. Lo scrutinio va avanti con gli altri seggi. L'ottavo seggio ha 836 votanti.
23:56
La Uilm: mancano schede all'appello 8 –
Giallo sullo scrutinio del secondo seggio: secondo fonti Uilm, i no sarebbero 406, i sì 361, 11 le schede bianche o nulle, ma mancherebbero all'appello 58 schede. E' probabile che si vada al "congelamento" dello scrutinio del seggio
23:44
Secondo seggio, finale: vince il no 7 –
Il no all'accordo separato del 23 dicembre ha vinto anche nel secondo seggio (reparto montaggio). Secondo fonti sindacali i no sono stati 447 e i sì 362.
23:25
Secondo seggio, sì e no si equivalgono 6 –
A metà dello scrutinio delle schede del secondo seggio (il numero 8, montaggio) c'è un sostanziale testa a testa tra i sì e i no all'accordo. Secondo foni sindacali, su circa 400 schede scrutinate (su 836) sì e no si equivalgono.
23:10
No in vantaggio anche nel secondo seggio 5 –
Anche nel secondo seggio, che si trova sempre nel reparto montaggio, sono in vantaggio i no all'accordo. Tra le prime 265 schede scrutinate su 836, i no sono 135 e i sì 130. Secondo fonti sindacali anche in questo settore la maggioranza degli operai è iscritta a Fiom e Cobas.
22:35
Escono gli operai: "Il clima è disteso" 4 –
Escono gli operai del turno pomeridiano, pochi si fermano davanti ai microfoni, i più si dirigono verso gli autobus che li riporteranno a casa. "Il clima in fabbrica è tranquillo e disteso - dice uno degli operai più anziani - e il voto si è svolto con lunghe code, ma in tranquillità".
22:24
Primo seggio: prevale il no con il 54% 3 –
Sono 362 i "no" e 300 i "sì" i risultati definitivi del primo seggio scrutinato, al montaggio delle carrozzerie: 54,6% no, 45,4% sì. I voti in totale erano 669. Sette schede non erano valide
22:17
Al montaggio in testa i no 2 –
Su più di 500 schede scrutinate al reparto montaggio delle carrozzerie di Mirafiori, circa il 10% del totale dei votanti, il no è avanti con 270 voti contro i 234 raccolti dal sì. Un risultato comunque atteso in un reparto in cui sono tradizionalmente forti la Fiom e i Cobas
22:07
Primi risultati: testa a testa 1 –
Su 209 schede, che fanno parte del primo seggio che ne conta in tutto 669, si contano al momento 107 "no" e 102 "sì". Sono questi i primi risultati che emergono dallo scrutinio delle schede del referendum su Mirafiori, secondo quanto riferiscono fonti sindacali
(14 gennaio 2011)
Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-06-22 ad oggi 2011-07-25 |
AVVENIRE per l'articolo completo vai al sito internet http://www.avvenire.it2011-07-22 22 lugio 2011 Treni, bus e metro fermi: un venerdì nero Sarà un venerdì nero per i trasporti, con inevitabili disagi in tutte le città, a causa dello sciopero di treni, autobus, metropolitane e tram, indetto dai sindacati "a sostegno della vertenza per il nuovo contratto della mobilità, che interessa oltre 200 mila addetti", da tre anni in attesa di rinnovo. "In 112 giorni dallo scorso sciopero - sottolineano i sindacati - nulla è cambiato negli atteggiamenti e nei comportamenti dei datori di lavoro". Da ieri sera alle 21 e' iniziato lo stop di 24 ore delle ferrovie, e oggi scatta anche lo sciopero del trasporto pubblico locale, a partire dalle prime ore del mattino. Per quanto riguarda i pendolari, Fs informa che durante lo sciopero circolerà circa il 67% dei 540 treni a lunga percorrenza previsti e, nell'ambito del trasporto regionale, saranno effettuati i servizi essenziali nelle fasce a maggiore mobilità pendolare (dalle 6 alle 9 e dalle 18 alle 21 del 22 luglio). Saranno assicurati poi tutti i treni a media e lunga percorrenza elencati nella tabella A dei convogli previsti in caso di sciopero, consultabile sull'orario ufficiale: limitazioni e cancellazioni saranno possibili però anche dopo la fine dello sciopero, durante il quale sarà comunque assicurato il collegamento tra Roma e l'aeroporto di Fiumicino, con il Leonardo Express o con pullman sostitutivi. E' attivo il numero verde 800 892021 per fornire assistenza. Ecco invece le modalità di sciopero del trasporto pubblico locale delle principali città: Roma dalle 8,30 alle 17,30 e dalle 20 a fine servizio; Milano dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 al termine del servizio; Napoli dalle 8,30 alle 17 e dalle 20 a fine servizio; Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine servizio; Venezia-Mestre dalle 9 alle 16,30 e dalle 19,30 a fine servizio; Genova dalle 9,30 alle 17 e dalle 21 a fine servizio; Bari 8,30-12,30 e dalle 15,30 a fine servizio; Palermo dalle 8,30 alle 17,30; Cagliari dalle 9,30 alle 12,45, dalle 14,45 alle 18,30 e dalle 20 alla fine del servizio.
2011-07-04 Stangata su banche e titoli Interni stampa quest'articolo segnala ad un amico feed 4 luglio 2011 LE MISURE DEL GOVERNO Manovra, stretta sulle pensioni Stangata su banche e titoli Il testo definitivo del decreto Manovra è stato trasmesso al Quirinale intorno alle 12.30. Il provvedimento è composto da 39 articoli e due allegati: il primo articolo riguarda gli stipendi dei politici e l'ultimo il riordino dei giudici tributari. Confermate tutte le misure anticipate nei giorni scorsi, nonostante le polemiche nella maggioranza. Nel testo torna il taglio del 30% di "tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni" presenti in bolletta relativi alle energie rinnovabili. "Allo scopo di ridurre il costo finale dell'energia per i consumatori e le imprese - dice l'articolo 35 - a decorrere dal primo gennaio 2012 tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni, comunque gravanti sulle componenti tariffarie relative alle forniture di energia elettrica e gas naturale, previste da norme di legge o da regolamenti sono ridotti del 30 per cento rispetto a quelli applicabili alla data del 31 dicembre 2010". L'entità degli incentivi, dei benefici e delle agevolazioni sarà rideterminata dal ministero dello Sviluppo su proposta dell'Autorità per l'energia entro 90 giorni. La manovra toglie risorse alla politica: previsto un ulteriore taglio del 10% al finanziamento dei partiti "cumulando così una riduzione complessiva del 30%". Ridimensionati anche gli "aerei blu", previsti solo per le prime cinque cariche dello Stato. Confermato per il biennio 2012-2013 il blocco della rivalutazione delle pensioni "dei trattamenti pensionistici superiore a cinque volte il trattamento minimo di pensione Inps. Per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il predetto trattamento minimo Inps l'indice di rivalutazione automatica delle pensioni è applicato nella misura del 45%". Confermato al 2014 l'avvio della misura che aggancia l'età pensionabile alla speranza di vita. La norma precedente faceva cominciare questo processo dal 2015. A partire dal 2011 torna il superbollo: "per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose è dovuta una addizionale erariale della tassa automobilistica, pari ad euro 10 per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 225 chilowatt, da versare alle entrate del bilancio dello Stato". Stangata Irap per banche e assicurazioni. Per gli istituti di credito e per le altre società finanziarie l'Irap sale al 4,65% mentre per le assicurazioni passa al 5,90%. Salasso anche per i depositi di titoli: il bollo che si applica alle comunicazioni relative al deposito di titoli può salire infatti fino a 380 euro se ha un ammontare complessivo a cinquantamila euro ed è gestito da una banca. L'importo varierà infatti in base al valore del "conto": dai 120 euro annuali per le comunicazioni di intermediari finanziari ai 150 per i conti inferiori ai 50 mila euro relativi a comunicazioni di depositi titoli presso banche, fino ai 380 euro annuali se si supera questa soglia. Fa discutere l'inserimento di una norma che potrebbe sospendere l'esecutività del mega risarcimento di 750 milioni di euro a carico della Fininvest e a favore della Cir di Carlo De Benedetti, se fosse confermato in appello dai giudici di Milano il verdetto di primo grado sul Lodo Mondadori. Si tratta di una modifica a due articoli del codice di procedura civile che obbliga il giudice, a differenza di quanto accadeva sinora, a sospendere l'esecutività della condanna nel caso di risarcimenti superiori ai 20 milioni di euro (10 in primo grado) dietro il pagamento di "idonea cauzione", in attesa che si pronunci in via definitiva la Cassazione. LA PUNTUALIZZAZIONE DEL COLLE In mattinata la stessa presidenza della Repubblica aveva precisato di non aver ancora ricevuto il testo, prendendo le distanze dai mezzi di informazione che l'hanno descritta come già al vaglio del capo dello Stato. "Poiché molti organi di informazione continuano a ripetere che la manovra finanziaria approvata dal governo nella seduta di giovedì scorso sarebbe al vaglio della presidenza della Repubblica già da venerdì, si precisa che a tutt'oggi la Presidenza del Consiglio non ha ancora trasmesso al Quirinale il testo del decreto legge". La puntualizzazione, per quanto affidata ad un comunicato asettico, è apparsa irrituale e ha dato lo spunto alle opposizioni per un nuovo attacco all'esecutivo. Secondo il Pd, per bocca del senatore Francesco Ferrante, "la nota del Quirinale conferma il fatto che sulla manovra il governo alle prese con un work in progress".
2011-07-02 2 luglio 2011 CONTI PUBBLICI Pensioni, stop alle rivalutazioni Insorgono opposizione e sindacati Una "norma socialmente ingiusta", una "patrimoniale sui poveri". Sindacati e opposizioni dicono no alle taglio delle rivalutazioni delle pensioni, provvedimento che colpisce cinque milioni di cittadini, compresi quelli che percepiscono le rendite più basse e i molti casi unica fonte di reddito regolare nelle famiglie. Alla stretta sulle pensioni, denuncia il Pd, si aggiungerà il peso di una serie di misure che ricadranno sugli anziani. Secondo Stefano Fassina, responsabile per il Pd di Economia e lavoro, "si colpiscono le pensioni da 1.400 euro cioè 1.000 euro netti" ma questa "è sola una delle norme. Poi c'è il ticket che pesa soprattutto sui pensionati visto che più di altri ricorrono al servizio sanitario nazionale. E ancora, l'aumento da 34 a 120 euro del bollo sui titoli a partire dai 1.000 euro investiti; anche qui parliamo di piccoli risparmiatori spesso anziani". Da ultimo "c'è il colpo pesantissimo e insostenibile a Comuni, Province e Regioni, con 10 miliardi di tagli che vanno ad aggiungersi ai 13 miliardi dello scorso anno. Tutti gli amministratori, anche quelli leghisti, hanno già annunciato che dovranno tagliare i servizi sociali e assistenziali". "La manovra Berlusconi-Tremonti candida chi dirige le amministrazioni territoriali, presidenti di regione, di province e sindaci a diventare esclusivamente dei curatori fallimentari" ha affermato il presidente di Sinistra Ecologia Libertà Nichi Vendola. "La manovra era partita con gli effetti speciali degli annunci, che riguardano sempre il futuro, mai il presente, degli tagli alla casta e alla politica. E poi quando uno osserva il contenuto vero capisce - guardando ad esempio l'incredibile vicenda del blocco delle pensioni - che si tratta della patrimoniale sui ceti medio bassi del nostro Paese. È la patrimoniale sui poveri. Nient'altro". "Lo stop alle rivalutazioni delle pensioni è una patrimoniale ai danni di 13 milioni di pensionati -commenta Felice Belisario, dell'Idv -. È un vero e proprio insulto colpire da un lato 13 milioni di pensionati, molti dei quali già stentano ad arrivare a fine mese e, dall'altro, pesare con il misurino del farmacista, dilatandoli nel tempo, i tagli dei costi della politica". Anche Italia Futura, la fondazione di Luca Cordero di Montezemolo, ha bocciato la manovra e ha sollecitato l'opposizione a una sfida sulle riforme. "La manovra è quella che è", si legge in un post sul sito della fondazione firmato da Carlo Calenda, "il minimo sindacale, con alcune ridicole prese in giro sui costi della politica (dove si annunciano misure puramente simboliche) e una buona quantità di assegni post-datati: provvedimenti che avranno effetto solo dalla prossima legislatura e che rappresenteranno un alibi formidabile per chiunque governerà il paese dopo il 2013. Abbiamo forti dubbi che, nel medio periodo, questo risulterà sufficiente". "Ma per il momento e considerando la situazione della maggioranza, non era realistico aspettarsi qualcosa di più o di meglio". Il governo ed il Parlamento "devono correggere il provvedimento che blocca la rivalutazione delle pensioni". È questa richiesta del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni sul tema delle pensioni. Bonanni, che a caldo si era riservato un esame più approfondito delle misure della manovra, spiega: "La norma della manovra economica che riduce la rivalutazione delle pensioni per la fascia da tre a cinque volte il trattamento minimo, tenendo conto dell'inflazione, rende ancora più vulnerabili quei pensionati che negli ultimi quindici anni hanno già visto ridursi il potere di acquisto delle loro pensioni. Non solo ci aspettiamo subito un chiarimento dal Governo, ma il Parlamento, nel percorso di approvazione della manovra stessa, potrà correggere questa palese iniquità, individuando nella riduzione dei livelli amministrativi, negli sprechi e nei costi impropri della politica, la copertura necessaria per dare soluzione ad un provvedimento ingiusto e socialmente non sostenibile". "Una misura inaccettabile, inserita in una manovra che ancora una volta colpisce i soliti noti, che non affronta i temi della crescita e che picchia duro sui lavoratori e sui pensionati". Così il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica, commenta la norma contenuta nella manovra che blocca la rivalutazione delle pensioni, annunciando che il sindacato "si opporrà con forza anche con la mobilitazione". LA PRECISAZIONE DELL'INPS Non c'è uno stop alla rivalutazione delle pensioni ma una revisione per fasce, per cui tutte le pensioni sono oggetto di rivalutazione, anche se in misura progressivamente inversa rispetto all'entità della pensione. È quanto puntualizza l'Inps, ricordando anche che la rivalutazione automatica delle pensioni è stata variamente modulata negli anni. Nel 1995 addirittura il governo Dini realizzò il blocco generalizzato per tutte le pensioni, anche per le più basse. Il Governo Prodi bloccò interamente la rivalutazione delle pensioni oltre cinque volte il minimo.
2 luglio 2011 EMERGENZA A NAPOLI Rifiuti, primo ok dalle Regioni: 20 mila tonnellate in Liguria Primo via libera per il trasferimento dei rifiuti campani. A dare l'ok è stata la regione Liguria. Ora "si attende il nulla osta da altre 7 Regioni". Lo ha annunciato il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, riferendo che "un primo nulla osta per il trasferimento di circa 20 mila tonnellate di rifiuti campani al di fuori della regione è giunto stamattina dalla Liguria". "Da altre 7 regioni - sottolinea Prestigiacomo - si attende un analogo nulla osta per avviare i trasferimenti in altri 16 impianti fuori dalla Campania, in base alle intese che sono state già raggiunte a livello di enti locali preposti allo smaltimento dei rifiuti". "Cominciano quindi ad arrivare - osserva Prestigiacomo - le prime risposte positive del lavoro avviato dalla Campania e dal ministero dell'Ambiente subito dopo l'emanazione del decreto governativo, che non rappresenta, da solo, come si è sempre detto, la soluzione per il problema, ma consente di superare la criticità attuale". Il nodo da sciogliere, secondo la responsabile dell'Ambiente, resta l'attivazione di un corretto ciclo dei rifiuti "per il quale esistono risorse adeguate e sono stati conferiti poteri commissariali appropriati per velocizzare le procedure e per la individuazione delle discariche da attivare nella more dell'avvio degli impianti".
1 luglio 2011 EMERGENZA RIFIUTI Sepe: Napoli umiliata Napolitano al governo: il decreto non basta Il decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri per risolvere l'emergenza rifiuti napoletana non ha soddisfatto il presidente della Repubblica. Napolitano ha emanato il provvedimento, ma ha chiesto al governo di fare di più. "Nel rilevare i limiti del provvedimento - si legge in una nota del Quirinale - che nel testo approvato ieri dal Consiglio dei ministri non appare rispondente alle attese e tantomeno risolutivo, il Capo dello Stato auspica che il Governo adotti ogni ulteriore intervento necessario per assicurare l'effettivo superamento di una emergenza di rilevanza nazionale attraverso una piena responsabilizzazione di tutte le istituzioni insieme con le autorità locali della Campania" Intanto sono stati avviati i primi contatti con le altre Regioni per portare i rifiuti fuori dalla Campania. Il giorno dopo l'approvazione del decreto rifiuti da parte del Consiglio dei ministri, che prevede accordi diretti tra Campania e singole Regioni per il trasferimento in altri territori, l'Assessorato all'Ambiente della Regione ha sentito Comuni, Province e chi gestisce gli impianti e avviato i primi contatti con le altre Regioni. Tra le prime Puglia, Emilia Romagna, Marche, Calabria, Toscana e Friuli Venezia Giulia mentre si continua a lavorare così da allargare il fronte delle Regioni disposte ad accogliere i rifiuti campani.
SEPE: GRANDE AMAREZZA I rifiuti nelle strade a Napoli "sono la tragica eloquenza di una situazione intollerabile non solo da oggi, ma dal momento stesso in cui si è originata" afferma l'arcivescovo della città, cardinale Crescenzio Sepe secondo il quale, però, ora "la vera emergenza è un'altra, è quella di salvare non solo il buon nome della città, ma la città stessa: la salute, il decoro, la dignità della sua gente e, primi fra tutti, dei più deboli che, come sempre, sono i più esposti davanti a ogni ricorrente difficoltà". Insomma, "si faccia presto". In una riflessione di oggi, Sepe spiega: "Quella che da troppo tempo viene definita emergenza è, in realtà, il segno di una sconfitta senza fine che riguarda tutti, ma che oggi rischia di abbattersi come un colpo mortale su una Napoli già duramente provata su altri versanti". In ogni caso, dice il cardinale, "anche nei momenti più gravi e nelle situazioni più difficili, come quella che stiamo vivendo, esistono tempi diversi rispetto alle varie fasi dell'impegno richiesto a ciascuno. Come Pastore della Chiesa di Napoli, avverto il dovere di sottolineare che questo è il momento della responsabilità comune, del serrare le fila e mettere da parte ogni forma di polemiche, tra le tante che - anche legittimamente - la dolorosa e assurda vicenda rifiuti può originare". Non si tratta, quindi, "di spargere veli pietosi sul passato, nè di chiudere gli occhi di fronte alle responsabilità maturate, sia a livello politico che amministrativo, senza neppure escludere alcune manifestazioni di scarsa cura per il bene comune messe in atto a livello individuale; per non parlare, infine, della micidiale morsa con la quale la criminalità organizzata tenta di stringere ai suoi criminali interessi anche questa ennesima crisi della città. Ma verrà il momento delle analisi e della ricerca delle colpe certe". "Se la Chiesa di Napoli avverte ora la necessità di riprendere ancora una volta la parola, lo fa unicamente per segnalare una tale urgenza: si faccia presto".
2 luglio 2011 I CONTI DEL PAESE Fisco, il "fattore famiglia" non c’è La manovra e la delega sulla riforma fiscale appena varate dal governo riservano una sgradita sorpresa ai contribuenti italiani e alle loro famiglie: dopo tante promesse, il testo della delega - per quanto generico - non conterrebbe alcun riferimento a un futuro trattamento di favore ai nuclei più numerosi, né a nuovi bonus per i figli, dei quali pure si era parlato. C’è solo un impegno, altrettanto generico, a concentrare "sulla natalità" i regimi fiscali più favorevoli che ci saranno dopo la revisione del sistema. La manovra ripropone anche il tema del conflitto generazionale: se da una parte infatti gli imprenditori, quelli giovani sotto i 35 anni, 'incassano' il forfettone fiscale (appena il 5% per 5 anni) per avviare nuove attività, i pensionati - e non solo quelli con assegni 'd’oro' (si parte infatti da quota 18.300 euro) - si vedranno stoppata la rivalutazione. Unica attenuazione al conflitto arriva dal fatto che il forfettone varrà anche per i 'quasi anziani' che hanno perso il lavoro o sono in cassa integrazione. Sono le luci e le ombre della ma- novra da 47 miliardi (ma la cifra potrebbe essere destinata a cambiare) che, oltre a trovare nuove risorse per avvicinarci al pareggio di bilancio a fine 2014, è ricca anche di norme 'ordinamentali' che potrebbero però cadere durante il cammino parlamentare: l’opposizione già sottolinea che non hanno alcun carattere d’urgenza, come imporrebbe il decreto. Spulciando il giorno dopo il testo (peraltro ancora non ufficiale, in attesa della firma del Quirinale), si trovano novità e conferme. Fra le prime, c’è la rivalutazione limitata al 45% per gli assegni di pensione che superano il trattamento minimo di tre volte. Quindi, spiega lo stesso governo nella manovra, con una pensione di circa 2.300 euro lordi al mese (30.500 l’anno per 13 mensilità) non si avrà più la rivalutazione; ma anche con una pensione di 1.400 euro (pari a 18.300 l’anno) la rivalutazione si dimezza. Sulla riforma fiscale, intanto, riparte il lavoro dei tavoli tecnici. Il primo a riunirsi, la prossima settimana, tra i 4 istituiti dal ministro Tremonti, sarà quello sulla giungla degli sconti, guidato da Vieri Ceriani. Dovrà infatti arrivare proprio dallo sfoltimento delle agevolazioni, visto che di fatto l’aumento del-l’Iva è stato accantonato nell’immediato, il grosso delle risorse con cui finanziare la riduzione a 3 delle aliquote Irpef. Assieme sempre ai risultati della lotta all’evasione. Con tre sole aliquote arriveranno "grossi vantaggi economici solo per il 4% circa dei contribuenti", calcola il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi. Anche se nel disegno di legge delega non sono ancora indicati i nuovi scaglioni di reddito, la simulazione realizzata dalla Cgia si basa sulle ipotesi circolate nei giorni scorsi. Vale a dire: il 20% da 0 a 15mila euro; da 15.001 a 55mila, il 30%; oltre 55mila, aliquota al 40%. Ivan Malavasi, neo-presidente di Rete Imprese Italia, chiede che la riforma "sia realizzata in modo tale da non penalizzare i consumi". Le notizie riguardanti un possibile aumento, sia pure graduale e futuro, dell’Iva lo preoccupano "perché vanno nella direzione opposta". Sulle rendite al 20% arriva invece il plauso di Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa SanPaolo: "È un allineamento a quello che succede in tutta Europa". Eugenio Fatigante
2011-06-24 24 giugno 2011 RELAZIONI INDUSTRIALI Contratti, verso l'intesa: martedì la firma "Abbiamo fatto una buona discussione, utile, che ha permesso di ragionare sulla possibilità di un accordo, sulla misurazione della rappresentanza e l'efficacia della contrattazione". Lo ha detto il leader della Cgil, Susanna Camusso, al termine del tavolo con Confindustria, Cisl e Uil. Sindacati e Confindustria puntano a chiudere un accordo unitario sui contratti nel prossimo incontro previsto per martedì pomeriggio. Lo ha indicato la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, spiegando che "c'é la volontà di tutti" per farlo. Si firmerà martedì? "Si firmerà martedì se sarà possibile", dice la leader degli industriali. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, esprime un "giudizio positivo su come procede la discussione" con Confindustria, Cgil e Uil, al tavolo sulla rappresentanza e la contrattazione. "Non ci sono pregiudiziali. Con queste premesse si potrà arrivare e molto rapidamente ad un accordo tra di noi. È positivo ritrovare tra Cgil, Cisl e Uil la sintonia, insieme a Confindustria. È davvero un buon auspicio. Sono convinto che si arrivi ad un accordo", dice Bonanni al termine dell'incontro. È stato "un confronto molto utile. La discussione sta procedendo sui binari giusti": così il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, parla del tavolo tra le parti sociali sulla rappresentanza e la contrattazione. La firma di un accordo interconfederale unitario, che potrebbe arrivare martedì quando è convocata una nuova riunione, sarebbe, dice Angeletti, "un segnale inequivocabile".
2011-06-16 16 giugno 2011 SOCIETA' E PALAZZO Brunetta liquida i precari. È bufera Nuova bufera sulle parole del ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta. Stavolta la scintilla non scocca per i "fannulloni" o i "poliziotti panzoni", ma per un "siete l’Italia peggiore" rivolto a dei precari al termine di un convegno martedì a Roma. A polemica divampata ieri – e alimentata dalla diffusione di un video che riprende la scena – il ministro, messo alle strette, precisa di non aver voluto prendersela con tutti i precari, ma solo con quelli che lo avrebbero aggredito verbalmente. Da quanto si vede nel filmato, però, la contestazione non parte prima delle dure parole di Brunetta, bensì dopo. L’economista evidentemente annusa l’aria e gioca d’anticipo. Dapprima – pur pressato da un impegno al Quirinale – accetta la richiesta di una domanda da parte di una donna e la fa accomodare sul palco. Ma appena questa si qualifica come appartenente alla "rete dei precari" della Pubblica amministrazione, perde l’aplomb e si smarca senza quasi farle aprire bocca. Smozzica un "arrivederci, buongiorno" di circostanza. Poi, prima di infilare il corridoio si lascia andare alla pesante considerazione. A questo punto, lungo il tragitto verso l’esterno, viene apostrofato con l’insulto di "buffone" e gli viene rinfacciato un "è questa la vostra innovazione?". Gli viene pure sventolato davanti uno striscione con su scritto "Si scrive innovazione, si legge precarietà", che di certo non spunta dal nulla. Battibecchi anche fuori, prima che l’esponente del governo si infili in macchina e parta, con un uomo che più volte gli chiede "perché non vuole ascoltare?" e si para davanti al veicolo fino a che non viene tirato via. Vista la mala parata, il ministro interviene con un videomessaggio. Parla di "azione premeditata con cura a fini mediatici". E sostiene che il "duro giudizio" – confermato – "non era certo sui precari tout court" bensì solo rivolto a chi lo contestava, dopo il diniego a vedere sollevato un tema che avrebbe richiesto una lunga discussione. Infine, un attacco a chi irrompe ai convegni per suscitare clamore e poi farlo girare in rete, mandando i filmati ai media amici e usando internet come un "manganello". E in effetti – oltre alla levata di scudi di politici come Pier Luigi Bersani e Leoluca Orlando (citati da Brunetta come coloro i quali "si nascondono compiacenti" dietro i contestatori) – è la rete che fa da megafono alla vicenda. Sulla pagina Facebook del ministro, a commento della precisazione, a una settantina di "mi piace" in poco tempo si contrappongono migliaia di contestazioni, con la richiesta di dimettersi, ma anche abbondanti insulti. Persone in carne e ossa del comitato "Il nostro tempo è adesso" faranno sentire, invece, le loro ragioni oggi alle 18 davanti al ministero della Funzione Pubblica. Mentre la tv democrat Youdem userà il video per un spot sulla conferenza sul lavoro di Genova di domani e sabato. Dal governo si fa sentire solo il ministro della Gioventù Giorgia Meloni che si dice soddisfatta per la precisazione. Perché, sottolinea, "i precari non sono affatto l’Italia peggiore". Ma quella "che paga di più la crisi economica". Opposizioni, come detto, scatenate. Tra i primi a insorgere, il segretario del Pd, che parla di "espressioni estreme" dovute a "profonda incomprensione" dei cambiamenti sociali. La presidente del partito Rosy Bindi, imputa il tutto alla "sberla" elettorale non smaltita. Pier Ferdinando Casini (Udc) ricorda la distinzione di Attilio Piccioni tra politici "energumeni e calmi, più adatti a governare" e si domanda a quale categoria appartenga Brunetta. Duri i toni del sindacato. Non solo la Cgil-Funzione Pubblica che parla di "atto volgare che offende tutti i lavoratori". Anche l’Ugl, sigla vicina al centrodestra, ricorda come l’Italia sia peggiorata proprio per l’estensione della precarietà. Infine, il sindacato dei giornalisti Fnsi chiede che venga approvata in Parlamento una proposta sull’equo compenso del lavoro giornalistico. Gianni Santamaria
16 giugno 2011 SOCIETA' E PALAZZO Brunetta liquida i precari. È bufera Nuova bufera sulle parole del ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta. Stavolta la scintilla non scocca per i "fannulloni" o i "poliziotti panzoni", ma per un "siete l’Italia peggiore" rivolto a dei precari al termine di un convegno martedì a Roma. A polemica divampata ieri – e alimentata dalla diffusione di un video che riprende la scena – il ministro, messo alle strette, precisa di non aver voluto prendersela con tutti i precari, ma solo con quelli che lo avrebbero aggredito verbalmente. Da quanto si vede nel filmato, però, la contestazione non parte prima delle dure parole di Brunetta, bensì dopo. L’economista evidentemente annusa l’aria e gioca d’anticipo. Dapprima – pur pressato da un impegno al Quirinale – accetta la richiesta di una domanda da parte di una donna e la fa accomodare sul palco. Ma appena questa si qualifica come appartenente alla "rete dei precari" della Pubblica amministrazione, perde l’aplomb e si smarca senza quasi farle aprire bocca. Smozzica un "arrivederci, buongiorno" di circostanza. Poi, prima di infilare il corridoio si lascia andare alla pesante considerazione. A questo punto, lungo il tragitto verso l’esterno, viene apostrofato con l’insulto di "buffone" e gli viene rinfacciato un "è questa la vostra innovazione?". Gli viene pure sventolato davanti uno striscione con su scritto "Si scrive innovazione, si legge precarietà", che di certo non spunta dal nulla. Battibecchi anche fuori, prima che l’esponente del governo si infili in macchina e parta, con un uomo che più volte gli chiede "perché non vuole ascoltare?" e si para davanti al veicolo fino a che non viene tirato via. Vista la mala parata, il ministro interviene con un videomessaggio. Parla di "azione premeditata con cura a fini mediatici". E sostiene che il "duro giudizio" – confermato – "non era certo sui precari tout court" bensì solo rivolto a chi lo contestava, dopo il diniego a vedere sollevato un tema che avrebbe richiesto una lunga discussione. Infine, un attacco a chi irrompe ai convegni per suscitare clamore e poi farlo girare in rete, mandando i filmati ai media amici e usando internet come un "manganello". E in effetti – oltre alla levata di scudi di politici come Pier Luigi Bersani e Leoluca Orlando (citati da Brunetta come coloro i quali "si nascondono compiacenti" dietro i contestatori) – è la rete che fa da megafono alla vicenda. Sulla pagina Facebook del ministro, a commento della precisazione, a una settantina di "mi piace" in poco tempo si contrappongono migliaia di contestazioni, con la richiesta di dimettersi, ma anche abbondanti insulti. Persone in carne e ossa del comitato "Il nostro tempo è adesso" faranno sentire, invece, le loro ragioni oggi alle 18 davanti al ministero della Funzione Pubblica. Mentre la tv democrat Youdem userà il video per un spot sulla conferenza sul lavoro di Genova di domani e sabato. Dal governo si fa sentire solo il ministro della Gioventù Giorgia Meloni che si dice soddisfatta per la precisazione. Perché, sottolinea, "i precari non sono affatto l’Italia peggiore". Ma quella "che paga di più la crisi economica". Opposizioni, come detto, scatenate. Tra i primi a insorgere, il segretario del Pd, che parla di "espressioni estreme" dovute a "profonda incomprensione" dei cambiamenti sociali. La presidente del partito Rosy Bindi, imputa il tutto alla "sberla" elettorale non smaltita. Pier Ferdinando Casini (Udc) ricorda la distinzione di Attilio Piccioni tra politici "energumeni e calmi, più adatti a governare" e si domanda a quale categoria appartenga Brunetta. Duri i toni del sindacato. Non solo la Cgil-Funzione Pubblica che parla di "atto volgare che offende tutti i lavoratori". Anche l’Ugl, sigla vicina al centrodestra, ricorda come l’Italia sia peggiorata proprio per l’estensione della precarietà. Infine, il sindacato dei giornalisti Fnsi chiede che venga approvata in Parlamento una proposta sull’equo compenso del lavoro giornalistico. Gianni Santamaria
2011-05-06 6 maggio 2011 PROTESTA Oggi sciopero della Cgil Disagi nei servizi Basta con le bugie del governo su economia e crescita, appello a Cisl e Uil per ritrovare l'unità sindacale partendo dal fisco, e a Confindustria perché cambi pagina su lavoro e diritti. Sono i messaggi principali lanciati dal palco di Piazza Dante a Napoli da Susanna Camusso, leader della Cgil, in occasione dello sciopero generale di quattro ore indetto oggi, in solitudine, dall'organizzazione sindacale contro "politiche depressive del governo e l'attacco ai diritti". Il blocco di scuole e trasporti in tutta Italia ha registrato finora, secondo le stime fornite dalla Cgil, una adesione intorno al 58% su un campione pesato statisticamente di 870 aziende. Anche la partecipazione alle manifestazioni, 100 in tutta Italia è "molto alta". Secondo il ministero della Funzione pubblica l'adesione dei lavoratori pubblici è stata di poco superiore al 13%. Il ministro Renato Brunetta parla di "fallimento di un'iniziativa di cui non si capiscono gli obiettivi e della quale i cittadini non sentivano certo l'esigenza. Quella di oggi è stata solo la fiacca celebrazione dell'ennesimo sciopero "allunga week-end"". Per la Fiom, che scioperava per otto ore, l'adesione è stata buona con percentuali superiori al 70% in molti stabilimenti. Opposta la rilevazione di Federmeccanica secondo la quale la partecipazione dei meccanici è stata pari appena al 16%. PAESE DEVE OCCUPARSI DEL PIANO INDUSTRIALE DELLA FIAT "Continuiamo a lanciare il messaggio che non può esserci un Paese che non si occupa del piano industriale del più grande gruppo e di quali conseguenze ne derivano". Lo ha affermato Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, a Napoli per il corteo organizzato dal sindacato. "Né tantomeno può esserci un governo - ha sottolineato - che tiene le aziende in amministrazione controllata e che non è in grado di garantire a se stesso la coerenza con gli accordi che sono stati fatti". In relazione al referendum nello stabilimento ex Bertone di Grugliasco, in provincia di Torino, la Camusso ha ricordato che "la Cgil continua a sostenere la posizione delle rsu". "La loro scelta - ha spiegato - è di responsabilità, e a questa deve corrispondere una scelta della Fiat di aprire una discussione sulle condizioni di lavoro in quello stabilimento". NAPOLITANO HA RAGIONE,UNITÀ È NECESSARIA "Napolitano ha ragione, l'unità è necessaria", ha continuato la segretaria generale della Cgil. "Così - ha sostenuto, in relazione all'appello del capo dello Stato all'unità dei sindacati - i lavoratori sono più forti, ma l'unità deve esserci sulle cose che si chiedono". SENZA GIOVANI IL PAESE NON HA FUTURO "Senza ridare ai giovani una età adulta questo Paese non ha davanti alcuna prospettiva per il futuro", ha ribadito Susanna Camusso. "Ci sono cose che possono essere fatte e che al ministro dell'Economia interesserebbero perché non hanno costi - ha puntualizzato - come per esempio ridurre le tipologie di lavoro e dare certezza a quelle che restano". "Si può cambiare la modalità con cui viene erogata l'indennità di disoccupazione - ha aggiunto - così da garantire una continuità nel reddito dei lavoratori". "E ancora si può immaginare che ci sia una relazione tra l'investimento in preparazione che fanno i giovani - ha concluso - e il lavoro che possono trovare". SPOSTARE PESO SU RENDITE E GRANDI PATRIMONI "Subito una riforma fiscale che sposti il peso su rendite e grandi patrimoni". È una delle richieste al governo che arrivano dalla segretaria generale della Cgil. Le risorse così recuperate "vanno investite per creare lavoro e condizioni di crescita". Nel suo primo sciopero da segretario generale, la Camusso afferma che vive questa giornata "con la stessa responsabilità di tutti i dirigenti della Cgil. È una grande giornata di lotta - ha sottolineato - continuiamo a farlo per ottenere dei risultati". "Sono due anni che la Cgil ha una idea diversa di quale deve essere il progetto per questo Paese - ha concluso - Ma sappiamo bene che per come è messa la politica oggi non c'é alcuno sguardo né attenzione per il Paese". APPELLO A CONFINDUSTRIA, VOLTARE PAGINA Il segretario generale della Cgil, dal palco allestito in piazza Dante al termine del corteo che ha attraversato la città di Napoli ha rivolto un appello a Confindustria. "Chiediamo che dall'assise di Bergamo che si terrà domani - ha detto - decidano di voltare pagina e ripartire da più diritti nel lavoro". "Da due anni - ha affermato - la Confindustria fa una politica sbagliata, dividendo il sindacato, facendo accordi separati e deroghe ai diritti dei lavoratori". "Questa politica - ha concluso - non ha dato alcun risultato". TORINO, MOMENTI TENSIONE STUDENTI-POLIZIA Durante il corteo degli studenti a Torino ci sono stati momenti di forte tensione con la polizia che per due volte ha dovuto caricare i manifestanti che stavano cercando di forzare l'ingresso della sede di Equitalia, la società per la riscossione dei tributi. Al momento non risultano esserci feriti o fermati. Un gruppetto di giovani ha cercato di forzare il portone, che ha resistito e sul quale sono state fatte due scritte, una in rosso "Ladri" e una in nero "Usurai". Intanto uno studente si è arrampicato sulla grata di una finestra nel tentativo di romperne il vetro, ma è stato bloccato dalla forze dell'ordine. Gli studenti hanno poi cominciato a lanciare uova colorate contro la polizia che, in due occasioni, ha dovuto caricarli per tenerli lontani. Nel frattempo il corteo si è portato in via XX Settembre, davanti alla sede della Fondazione Crt blindata da cordoni di poliziotti. Il tutto si è svolto in un centro città super blindato da polizia e carabinieri anche a causa dell' Adunata degli Alpini che si svolgerà domani e dopodomani e che ha già riversato nel centro migliaia di penne nere e di sostenitori. STUDENTI OCCUPANO BINARI STAZIONE TERMINI Gli studenti medi e universitari hanno bloccato alcuni binari della Stazione Termini al grido di "Se ci bloccano il futuro, noi blocchiamo la città". Sono alcune centinaia e hanno acceso fumogeni all'interno della stazione. Gli studenti "passeggiano" da un binario all'altro impedendo così di fatto gli arrivi e le partenze dei treni. Gli studenti hanno deviato il tragitto del corteo e alla spicciolata, percorrendo alcune stradine, all'altezza di via Castro Pretorio, hanno raggiunto la stazione. STUDENTI HANNO TENTATO DI ENTRARE IN BANCA Al grido di "picchetto precario" gli studenti del corteo a Roma hanno tentato di entrare in una banca in via Piave. Davanti alla filiale c'é un cordone delle forze dell'ordine che ne impedisce l'accesso. "Oggi blocchiamo questa attività", hanno urlato i manifestanti lanciando in aria volantini e decisi, hanno detto, a bloccare molte attività della città nel giorno dello sciopero generale. TAFFERUGLI A GENOVA: FERITI QUATTRO MANIFESTANTI E UN POLIZIOTTO È di quattro feriti tra i manifestanti e uno tra le forze di polizia il bilancio dei disordini avvenuti stamani davanti alla stazione Principe di Genova dove si trovava un gruppo di circa 300 persone dei centri sociali e anarchici. I feriti, tutti lievi, sono stati trasferiti negli ospedali Villa Scassi, Galliera e San Martino. Secondo quanto appreso, sei persone contuse sono state medicate sul posto dal personale medico del 118.
5 maggio 2011 GOVERNO Approvato il dl sviluppo Tremonti: "Il primo della serie" Il Consiglio dei Ministri ha varato il dl sviluppo che contiene una serie di misure di stimolo all'economia, come il credito d'imposta per la ricerca e per chi assume donne al Sud e la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile. Un provvedimento che era atteso e che, ha assicurato il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti in conferenza stampa, "è il primo di una serie di decreti legge che presenteremo in logica europea del semestre. Il prossimo decreto - ha aggiunto - conterrà norme di deflazione del processo civile". Il Consiglio dei Ministri ha dato il via anche al dl sulle rinnovabili. In particolare per lo sviluppo, il decreto prevede un credito d'imposta per chi investe in ricerca, ma anche per chi assume donne nel Mezzogiorno in settori che presentano un forte gap uomo-donna (superiore al 25%). Prevista inoltre una defiscalizzazione del 50% dei costi salariali per assumere lavoratori svantaggiati nei 12 mesi successivi all'emanazione del decreto e nei 24 mesi se particolarmente svantaggiati. E tale agevolazione sarà estesa anche le aziende che assumono quote rosa. Novità anche per le spiagge: fermo restando il diritto di "passaggio" e "utilizzo", il provvedimento stabilisce che tutto ciò che è terreno su cui insistono insediamenti turistici (chioschi, stabilimenti balneari) sarà oggetto di diritto di superficie, che durerà novant'anni e dovrà essere richiesto dagli imprenditori che vorranno proseguire la loro attività. Il diritto sarà ovviamente a pagamento. Non solo, ma come ha annunciato il premier Silvio Berlusconi, il decreto prevede anche "assunzioni a tempo indeterminato" per "decine di migliaia di precari della scuola, pari al numero dei posti vacanti". In pratica, ha spiegato Tremonti, "il decreto prevede di stabilizzare in modo organico parte del personale della scuola senza oneri aggiuntivi da parte dello stato". La situazione attuale, ha sottolineato il Presidente del Consiglio, riflette il fatto che "stiamo uscendo meglio di altri fuori dalla crisi". Berlusconi rivendica sottolineando all'attivo del Paese "fattori positivi come un deficit meno alto dopo quello della Germania in Europa, intorno al 4,5/4,6 e la produzione industriale intorno all'1,5", mentre il livello del debito pubblico va in carico alll'essere stato "messo insieme dai governi del consociativismo".
2011-04-16 16 aprile 2011 TORINO La Fiom presenterà ricorso contro la Fiat "La prossima settimana, molto probabilmente già lunedì, la Fiom nazionale depositerà a Torino un'azione legale nei confronti della Fiat". Lo ha annunciato il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, nel corso di una conferenza stampa, in occasione dell'assemblea nazionale dei delegati della Cgil. Due sono le principali ragioni, la costituzione delle newco da parte del Lingotto violerebbe norme italiane ed europee e avrebbe carattere antisindacale "volta a estromettere la Fiom". "L'obiettivo del ricorso è di rendere nulli gli accordi di Pomigliano", spiega la Fiom. Le newco previste, infatti, violerebbero - precisa il sindacato - le regole in materia di trasferibilità di impresa che implicano la trascinabilità dei diritti dei lavoratori. EX BERTONE: LANDINI, INCONTRO MARCHIONNE ELEMENTO NOVITÀ La Fiom andrà all'incontro sulla vertenza per lo stabilimento Fiat di Grugliasco (ex Bertone) tra l'amministratore delegato Sergio Marchionne e i sindacati se la riunione "sarà confermata, come è stato annunciato". È quanto ha fatto sapere il segretario generale dei metalmeccanici della Cgil, Maurizio Landini, nel corso di una conferenza stampa in occasione dell'Assemblea nazionale dei delegati della Cgil, aggiungendo che l'incontro rappresenta "un elemento di novità", e ha aggiunto "andremo a questo tavolo e ascolteremo". Anche, ha sottolineato Landini, il sindacato è in attesa di conoscere orario e luogo ufficiale dell'incontro.
16 aprile 2011 LA TRAGEDIA DI TORINO Strage Thyssen, fu omicidio Tutti colpevoli. Per la strage del 6 dicembre 2007 alla ThyssenKrupp di Torino che costò la vita a 7 operai, la corte d’Assise di Torino non ha fatto sconti e condannato tutti gli imputati – i vertici tedeschi e italiani del colosso dell’acciaio – a pene molto pesanti. La più dura per l’amministratore delegato Harald Espenhahn: 16 anni e mezzo. I giudici lo hanno riconosciuto colpevole – ed è la prima volta nella storia delle vittime del lavoro in Italia – di omicidio volontario con dolo eventuale. In altre parole per i magistrati, Giuseppe De Masi, Angelo Laurino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Bruno Santino, Antonio Schiavone, Roberto Scola morirono perché nonostante l’ad del colosso di Essen, fosse al corrente del rischio che correvano coloro che lavoravano su quella pericolosa linea di produzione, scelse di non metterla in sicurezza perché destinata a essere smantellata. Gli altri cinque dirigenti della Thyssenkrupp sono stati condannati per cooperazione in omicidio colposo. Tredici anni e mezzo sono stati inflitti a Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri; a dieci anni e dieci mesi di reclusione è stato condannato Daniele Moroni. I parenti delle vittime hanno accolto la sentenza con un applauso e grida di approvazione. Soddisfatto il commento del Pm, Raffaele Guariniello: "È una svolta epocale. Una condanna non è mai una vittoria o una festa. Però questa condanna può significare molto per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro". La tragedia avvenne quasi tre anni e mezzo fa nella notte del 6 dicembre 2007, quando si verificò l’incendio alla linea 5 dello stabilimento di corso Regina Margherita. Una vampata di fuoco che investì gli operai, uccidendo immediatamente Antonio Schiavone e nei giorni successivi gli altri sei. Il processo si era aperto il 15 gennaio 2009 per snodarsi per 94 difficili, tese e commoventi udienze nel corso delle quali il fatto è stato analizzato dai tre pubblici ministeri, Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso. L’accusa aveva chiesto le pesanti condanne proprio in considerazione della particolare gravità dei fatti. "Se non si ravvisa il dolo eventuale in un caso del genere – hanno sostenuto i pm – allora questo tipo di reato non esiste". Per i colleghi degli operai che si salvarono lo choc fu devastante: allucinazioni, attacchi di panico, insonnia, crisi provocate da semplici odori di cucina in grado di ricordare le carni bruciate. Si tratta, come ha spiegato una consulenza medica, di disturbi post-traumatici da stress. Per la difesa, invece, si è sempre trattato di "un processo politico". In particolare, l’avvocato Franco Coppi ha sempre cercato di smontare l’accusa di omicidio volontario nei confronti di Espenhahn. "Difendiamo – aveva esordito – una causa impopolare. Ma è impensabile credere che l’amministratore delegato abbia accettato volontariamente, solo per risparmiare sugli investimenti, un evento con delle morti, come se fosse un bandito in fuga che spara sulla folla". Ieri, in un suo comunicato, la ThyssenKrupp definiva la sentenza "incomprensibile e inspiegabile". Di segno radicalmente opposto altri commenti, a partire da quello di Antonio Boccuzzi, unico sopravvissuto alla strage e oggi parlamentare del Pd: "Chi ha sbagliato ha pagato – ha detto – Dedico questa sentenza a tutti i morti di quella notte". Per il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, "la sentenza ha accolto il solido impianto accusatorio e costituisce un rilevante precedente". Secondo il sindaco di Torino Sergio Chiamparino la decisione dei giudici "è commisurata alla gravità del fatto". Di altro avviso Leopoldo Di Girolamo, sindaco di Terni, città nella quale c’è la principale sede italiana della ThyssenKrupp: "Credo che la sentenza sia punitiva nei confronti dell’azienda e dei lavoratori che ora si troveranno in difficoltà". Davide Petrisselli
2011-04-15 15 aprile 2011 ROMA Bankitalia, l'occupazione non riparte ancora L'occupazione non è ancora tornata a crescere. È quanto si legge nel Bollettino statistico della Banca d'Italia. Nella seconda metà dello scorso anno si è interrotta la caduta dell'occupazione avviatasi nel 2008, tuttavia, spiega via Nazionale, i livelli produttivi sono ancora distanti da quelli precedenti l'avvio della recessione e l'elevata incidenza dei lavoratori in cassa integrazione guadagni ne ostacolano il ritorno alla crescita. Per la prima volta dall'inizio della crisi, nel quarto trimestre del 2010 il numero degli occupati è aumentato rispetto al periodo precedente (0,2% al netto dei fattori stagionali, 36mila persone). Sulla base dei dati mensili provvisori, la ripresa non è proseguita nei primi mesi di quest'anno: nella media di gennaio e febbraio l'occupazione è scesa dello 0,3% rispetto al quarto trimestre del 2010, attestandosi in febbraio, ultimo dato disponibile, sui livelli minimi dell'estate scorsa (circa 650mila persone in meno rispetto al primo trimestre del 2008). Il tasso di disoccupazione, salito nel quarto trimestre all'8,5% (8,4%), è rimasto stabile su tali livelli nel primo bimestre del 2011. L'intensità ancora incerta del recupero produttivo, si legge nel documento di Bankitalia, ha favorito il ricorso da parte delle imprese a forme di lavoro flessibile: i dati di fonte Inail elaborati da Ebitemp mostrano che le ore di lavoro interinale sono progressivamente aumentate nel 2010; nella media dell'anno sono cresciute del 24%. I dati Istat relativi al quarto trimestre, che segnalano un'ulteriore flessione delle posizioni di lavoro dipendente permanenti a tempo pieno (-1,7% rispetto a un anno prima; -223mila persone) e un aumento di quelle a tempo determinato e a tempo parziale (5,4%; 231mila persone). Il numero delle persone in cerca di occupazione da oltre dodici mesi è aumentato del 7,4% (73mia persone), giungendo a rappresentare circa la metà di coloro che cercano lavoro.
2011-04-12 12 aprile 2011 AUTO Fiat sale al 30% di Chrysler La Fiat è salita dal 25 al 30% di Chrysler. Lo annuncia il Lingotto, in una nota nella quale precisa che è stato raggiunto il secondo degli step previsti dall'accordo con la casa di Detroit. Il capitale della Chrysler è ora controllato al 59,2% dai sindacati Usa Uaw e Veba, il 30% dalla Fiat, l'8,6% dal Tesoro Usa, il 2,2% dal governo canadese. Il secondo "Performance Event" previsto dall'accordo con Fiat del 10 giugno 2009 - ricorda, in un comunicato, la Chrysler - consiste nel raggiungimento da parte del gruppo di Detroit di ricavi cumulativi superiori a 1,5 miliardi di dollari riferibili a vendite effettuate, successivamente all'intesa, al di fuori del Canada, Messico e Stati Uniti (Paesi Nafta). Questo secondo step prevede anche la sottoscrizione di tre accordi da parte della Fiat o di sue collegate: un'intesa che coinvolga almeno il 90% dei concessionari Fiat in Brasile nella distribuzione di uno o più veicoli Chrysler (inclusi quelli venduti con uno dei marchi di Fiat Group Automobiles); un accordo che coinvolga almeno il 90% dei concessionari Fiat nell'Unione Europea nella distribuzione di uno o più veicoli Chrysler (inclusi, anche in questo caso, quelli venduti con uno dei marchi di Fiat Group Automobiles) e che preveda, ai fini dei rilievi relativi alle emissioni di CO2, l'aggregazione delle flotte di veicoli Chrysler Group e Fiat nell'Unione Europea; un accordo che preveda la remunerazione di Chrysler Group per l'utilizzo da parte di Fiat o sue collegate delle sue tecnologie al di fuori dei Paesi Nafta. Il primo step, che ha portato a gennaio la partecipazione della Fiat dal 20 al 25%, è stato raggiunto con la produzione negli Stati Uniti (a Dundee in Michigan) del motore Fire. Il Lingotto potrà aumentare ancora la quota al 35% quando sarà raggiunto il terzo Performance Event che prevede la produzione negli Stati Uniti di una vettura basata su una piattaforma Fiat con prestazioni di almeno 40 miglia per gallone.
12 aprile 2011 A LEZIONE DI MESTIERI Scuole professionali, in 6 mesi si trova lavoro L’allarme lo aveva lanciato don Bosco un secolo e mezzo fa, quando per primo si fece carico dei ragazzi esclusi dalla scuola. Anche oggi i dati sulla dispersione scolastica confermano la gravità della situazione e la sussistenza di una vera e propria emergenza educativa: il 30% degli iscritti alla prima superiore non arriva al diploma e più di 117mila giovani tra i 14 e i 17 anni sono fuori da qualsiasi percorso formativo. Il difficile lavoro di recupero (umano, sociale e lavorativo) di queste persone ricade in molti casi sull’istruzione professionale, che intercetta il 20% circa degli studenti italiani. A questo variegato sistema di istruzione, composto dagli Istituti professionali di Stato (che "pesano" per circa il 16% dell’intero sistema scolastico, con poco più di 382mila iscritti) e dai Centri di formazione professionale (che si attestano intorno al 5% del totale, con circa 100mila studenti), è dedicato il Rapporto sulla sussidiarietà 2010, che sarà presentato oggi al Senato. Transizione scuola-lavoro. Realizzato attraverso interviste a un campione di 400 studenti "diplomati" nel 2008 negli Istituti professionali di Stato e di altrettanti ragazzi "qualificati", lo stesso anno, nei Centri di formazione professionale di quattro regioni (Lazio, Lombardia, Piemonte, Sicilia), il Rapporto 2010 si sofferma, tra l’altro, sulla capacità di questi sistemi formativi di favorire la transizione al lavoro. Ottimi i risultati: mediamente quasi sette ragazzi su dieci trovano un’occupazione entro sei mesi dal diploma. In particolare, per i qualificati nei Cfp, il 51% ha trovato lavoro entro un semestre, con picchi del 60,2% in Lombardia. Per i diplomati agli Ips, il 62% ha trovato un posto in sei mesi, con il Piemonte al 70,3%. La ricerca si sofferma pure sulla tipologia del contratto. Mentre il 17% dei qualificati ai Cfp ha avuto un contratto a tempo indeterminato e il 19% a tempo determinato, il 25% ha lavorato sulla base di un accordo informale senza contributi; una tipologia che assomiglia molto al cosiddetto "lavoro nero". Situazione simile per i diplomati agli Ips: il 20% ha avuto un contratto a tempo indeterminato, il 24% a tempo determinato e il 17,2% un accordo informale senza contributi. Studenti soddisfatti. Pur con alcune differenze, sia nei Cfp che negli Ips è molto alta la soddisfazione degli studenti circa l’aiuto ricevuto dai docenti su problemi di studio e apprendimento e problemi individuali: l’88% si dichiara "abbastanza" o "molto" soddisfatto. Buono anche il giudizio complessivo sull’insegnamento ricevuto, con appena l’8% dei diplomati e il 4,5% dei qualificati che si dichiarano "insoddisfatti" del percorso scolastico seguito. Eccellenze del sistema. Proprio per recuperare anche gli insoddisfatti, il Rapporto analizza quattordici soggetti erogatori di formazione professionale, presentati come "buone prassi", eccellenze del sistema a cui guardare. Come è sottolineato nelle conclusioni, "il primo e più importante aspetto generativo di queste eccellenze sta nell’importanza data a un’educazione intesa in modo non ridotto, che considera la personalità del ragazzo in tutti i suoi fattori, rispetto a impostazioni che riducono l’educazione all’apprendimento o peggio all’addestramento". Un altro particolare evidenziato nelle realtà analizzate è il "passaggio dal concetto di successo scolastico a quello di successo formativo: l’obiettivo è stimolare in ogni allievo l’espressione delle proprie potenzialità, realizzando una "pedagogia del successo", che non porta alla selezione dei migliori, ma al raggiungimento degli obiettivi prefissati da parte del maggior numero di allievi". Lavorare in rete. Infine, tra le caratteristiche delle eccellenze analizzate, c’è la "capacità di lavorare in rete, con una reale apertura al mondo, inteso sia come contesto territoriale, sia come concezione generale". Il che significa anche intessere una serie di rapporti, "fare con" per il bene comune. "Il farsi compagno di un pezzo di strada – si legge nelle conclusioni – è il metodo che connota le relazioni di questi soggetti, da quelle del tutor con il ragazzo, a quelle dell’artigiano che si rende disponibile a insegnare un mestiere, fino al rapporto con l’autorità locale, che ha la responsabilità di favorire un reale processo di sussidiarietà, sorreggendo iniziative in grado di fornire risposte concrete e nuove a bisogni emergenti".
2011-04-01 1 aprile 2011 ISTAT Disoccupazione giovanile, il tasso scende al 28,1% a febbraio Il tasso di disoccupazione a febbraio scende all'8,4%, con una diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto a gennaio e di 0,1 punti su base annua. Lo comunica l'Istat in base a dati destagionalizzati e a stime provvisorie. L'Istituto spiega che il calo avviene in un contesto di ripresa dell'inattività. Il tasso di disoccupazione giovanile a febbraio 2011 scende al 28,1%, con una diminuzione congiunturale di 1,3 punti percentuali. Lo comunica l'Istat in base a dati destagionalizzati, aggiungendo che si tratta di un dato comunque "estremamente alto" e se confrontato con i grandi Paesi europei solo la Spagna, sottolinea, fa peggio. Nella media del 2010 il tasso di disoccupazione è balzato all'8,4% dal 7,8% del 2009. Lo rileva l'Istat, sottolineando che è il dato medio annuo più alto dall'inizio delle serie storiche omogenee, ovvero dal 2004. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) nel IV trimestre del 2010 è pari al 29,8% (era al 27,9% nello stesso periodo del 2009). Lo comunica l'Istat, in base a dati non destagionalizzati, aggiungendo che si tratta del tasso più alto dall'inizio delle serie storiche omogenee, ovvero dal 2004. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumentano dello 0,1% (21 mila unità) rispetto al mese precedente. Il tasso di inattività, dopo la crescita dei tre mesi precedenti, resta stabile al 38%. Scende, sempre a febbraio, dal 10% al 9,9% il tasso di disoccupazione anche nell'Eurozona: il dato, che conferma la stima "flash" già diffusa, è in lieve calo anche per quanto riguarda l'Ue a 27 Paesi (9,5% contro 9,6% in gennaio). Al Sud quasi una donna su due, ossia il 42,4% della popolazione femminile, è disoccupata. Ancora più rilevante il divario tra maschi e femmine per quanto riguarda il tasso di inattività: sempre nel Mezzogiorno è pari al 48,8% ma da parte delle donne il livello di mancata partecipazione al mercato del lavoro raggiunge il livello del 62,8%. Anche al Nord e al Centro la percentuale di donne senza lavoro è molto più alta rispetto a quella degli uomini: al Nord è del 27,3% e al Centro del 31,3%. Complessivamente, il tasso di disoccupazione femminile è del 32,9%, contro il 27,7% di quella maschile.
1 aprile 2011 MERCATO DELL'AUTO Fiat, vendite in altalena: crollo in Italia, boom negli Usa Niente da fare. Il mercato dell'auto in Italia non ne vuole sapere di riprendere quota: a marzo le nuove immatricolazioni di vetture hanno infatti sfiorato una flessione record del 30%, segnando un calo del 27,57%, pari ad appena 187.687 unità vendute, contro le 259.115 del marzo 2010 (a febbraio il calo era stato del 20,49%). In questo contesto marzo si è chiuso per il gruppo Fiat con un calo del 31,92% e con una quota di mercato del gruppo che si posiziona così al 29,35%, 1,9 punti percentuali in meno nel confronto con marzo dell'anno scorso. Il risultato, spiegano comunque a Mirafiori, è in miglioramento rispetto allo scorso mese di febbraio quando si era ottenuta una quota del 28,4%. Chrysler, partecipata Fiat , ha invece, realizzato un aumento delle vendite Usa del 31% a marzo, mese in cui è iniziata la vendita della Fiat 500. Lo comunica la società, ricordando che la 500 è il primo modello Fiat commercializzato negli Stati Uniti dal marzo 1984. Nel primo trimestre le vendite hanno segnato +51%.Nello stesso periodo sono stati registrati 426.972 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di -1,31% rispetto a marzo 2010, durante il quale furono registrati 432.647 trasferimenti di proprietà. Il volume globale delle vendite (614.659 autovetture) ha interessato per il 30,54 % auto nuove e per il 69,46% auto usate. "Da ora in poi – commenta Loris Casadei, presidente dell’Unrae, l’Associazione che rappresenta le Case estere operanti in Italia – il confronto avverrà senza quelle distorsioni che hanno di fatto reso complesse le valutazioni di prospettiva. Quel che però appare certo è che il trend del primo trimestre del 2011 sta esprimendo anche meno delle 1.850.000 immatricolazioni da noi indicate nel dicembre dello scorso anno". Il quadro generale del mercato dell’auto dei prossimi mesi (con la probabile esclusione del solo aprile) sarà segnato sicuramente da due fatti diversi fra loro, ma ambedue attinenti il settore dell’automotive. Intanto, la tragedia che ha scosso profondamente il Giappone sta avendo riflessi sulle future forniture soprattutto a livello di componentistica che non riguardano solo le Case giapponesi. Non di secondario aspetto, ma molto più legato al nostro Paese, l’aumento del prezzo dei carburanti, al quale ora si aggiunge anche l’incremento delle accise, varato con sorprendente rapidità per fare fronte alle pur comprensibili esigenze dello spettacolo e della cultura. "Così si è concluso il primo trimestre del 2011 - spiega Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l'associazione dei concessionari ufficiali di tutti i marchi - e ora disponiamo ora di un importante indicatore. Poiché i primi due mesi dell'anno si erano chiusi con un -20,5% circa, con marzo a -27,6% il dato trimestrale passa a -23,1%. Proiettando questi dati sull'anno otterremmo un mercato 2011 di circa 1.500.000 immatricolazioni. A parziale correzione di questa ipotesi gli analisti più accreditati prevedono che il 2011 procederà a due velocità, e quindi l'anno dovrebbe chiudersi attorno a 1.850.000 immatricolazioni".
1 aprile 2011 VERTENZA Venerdì nero dei trasporti Fermi bus, treni, metro Si registrano disagi a Roma e a Milano a causa dello sciopero del trasporto pubblico locale. Un venerdì nero per chi si muove con i mezzi pubblici o con il treno, nel quale incrociano le braccia i lavoratori di sette sigle sindacali in segno di protesta contro i tagli e il mancato rinnovo del contratto della mobilità. Fermi per 24 ore i mezzi pubblici urbani nelle grandi città. Giovedì, secondo il sindacato Filt Cgil, è stato uno stop "quasi totale" quello dei bus per i collegamenti extraurbani in tutte le regioni, mentre dalle 21 è partito lo sciopero nelle Ferrovie. Per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, lo sciopero riguarda in giornata il personale dei servizi urbani di bus, metro e tram, dei trasporti dei laghi e lagunari e delle ferrovie secondarie, dura per l'intera giornata, ma con modalità diverse da città a città (lo sciopero non riguarda Firenze per via di una protesta nei trasporti già proclamata per il 4 aprile). Garantiti comunque i servizi minimi indispensabili per sei ore di servizio completo in due fasce orarie (dalle ore 6 alle 9 e dalle 18 alle 21). Per quanto riguarda i treni, gli addetti al trasporto ferroviario e ai servizi e attività accessorie sono fermi dalle 21 di giovedì fino alle stessa ora di venerdì. Garantiti i treni a lunga percorrenza inseriti nell'orario Trenitalia, nell'arco dell'intera durata dello sciopero. Ferrovie dello Stato ha informato che sono possibili cancellazioni e limitazioni di corse, ma che circolerà comunque il 73% degli oltre 520 treni a lunga percorrenza previsti e tutti i treni regionali nella fascia oraria di garanzia. Il programma completo dei treni nazionali in circolazione, messo a punto da Ferrovie dello Stato, è consultabile sul sito www.ferroviedellostato.it nonché al numero verde gratuito 800892021, attivo fino alle 9 del 2 aprile. Durante lo sciopero, dal quale è escluso il personale di Trenitalia della Sardegna, sarà assicurato il collegamento tra Roma città e l'aeroporto internazionale di Fiumicino con il servizio Leonardo Express o con pullman sostitutivi. Informazioni potranno essere assunte anche presso le biglietterie e gli uffici di assistenza delle stazioni ferroviarie, nelle agenzie di viaggi convenzionate con Trenitalia, consultando il notiziario web, Fs News e ascoltando la web radio del Gruppo Fs: Fs News Radio. Le ragioni della protesta, indetta da Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl, Orsa, Faisa-Cisal e Fast sono da una parte il contratto della mobilità (è scaduto a dicembre 2007 e non si è ancora definito il contratto unico della mobilità, che servirebbe a regolamentare il mercato), dall'altro i tagli al settore (823,3 milioni di euro su uno stanziamento pubblico di 7 miliardi, che potrebbe ulteriormente assottigliarsi se le Regioni, dal Lazio in giù in particolare, ne dovessero dirottare parte ad altri settori deficitari, come la sanità). La mobilitazione dei sindacati è considerata "fuori misura" dall'Asstra, l'associazione che rappresenta il 95% del trasporto pubblico locale e il 75% di quello extraurbano e regionale, che accusa i sindacati di "non comprendere la reale situazione del settore". I segretari generali di Fit-Cisl, Filt-Cgil e Uiltrasporti hanno quindi scritto al presidente della Conferenza Stato Regioni Vasco Errani chiedendo un incontro urgente e lamentando che le aziende negano il rinnovo del contratto perché incolpano le Regioni di non aver versato i fondi provenienti dalle accise e costringendo decine di migliaia di lavoratori a scioperare e milioni di italiani a subire disagi. Queste le modalità delle principali città: Roma dalle 8,30 alle 17.30 e dalle 20 a fine servizio; Milanodalle 8.45 alle 15 e dalle 18 al termine del servizio; Napoli dalle 8.30 alle 17 e dalle 20 a fine servizio; Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine servizio; Venezia-Mestre dalle 9 alle 16.30 e dalle 19.30 a fine servizio; Genova dalle 9,30 alle 17 e dalle 21 a termine servizio; Bologna (giovedì 31 marzo) dalle 8.30 alle 16.30 e dalle 19.30 a fine servizio; Bari 8.30 - 12.30 e dalle 15.30 a fine servizio; Palermo dalle 8,30 alle 17,30; Cagliari dalle 9.30 alle 12.45, dalle 14.45 alle 18.30 e dalle 20 alla fine del servizio. Lo sciopero non riguarda Firenze per via di una protesta nei trasporti già proclamata per il 4 aprile. Gli addetti al trasporto ferroviario e ai servizi e attività accessorie si fermeranno dalle 21 del 31 marzo alla stessa ora del 1 aprile. Durante l'astensione saranno garantiti i servizi minimi indispensabili pari a 6 ore di servizio completo in due fasce (6-9 ; 18-21) oltre ai treni a lunga percorrenza inseriti nell'orario Trenitalia, nell'arco dell'intera durata dello sciopero. Manifestazioni e presidi sono previsti nelle principali città.
2011-03-15 15 marzo 2011 SICILIA Termini Imerese, operai bloccano l'autostrada L'autostrada A19 Palermo-Catania è bloccata stamattina da circa 200 operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese e dell'indotto. Hanno invaso la corsia in direzione Palermo e si stanno muovendo verso Termini Imerese. La manifestazione avviene nel giorno in cui Fim, Fiom e Uilm hanno indetto otto ore di sciopero per chiedere l'immediata apertura di un tavolo tecnico tra sindacati e ministero dello Sviluppo economico sull'accordo di programma quadro per la riconversione del polo industriale di Termini Imerese, siglato a Roma il 16 febbraio scorso. "Non conosciamo ancora i dettagli dei piani industriali e d'investimento - dice il segretario provinciale della Fiom, Roberto Mastrosimone - e non ci sono garanzie occupazionali per i 2.200 lavoratori della Fiat e dell' indotto. Chiediamo un incontro immediato con il ministero perché per ora l'unica certezza che abbiamo è che la Fiat andrà via il 31 dicembre di quest'anno".
2011-03-10 10 marzo 2011 CRISI Confindustria: prezzo petrolio rallenta la ripresa In Italia "si osservano segnali più decisi di accelerazione" della ripresa economica, "anche se rimane ampio il divario di crescita con le altre nazioni". Ma, indica Confindustria, in questo scenario "si sono inseriti nuovi fattori di rischio". Come "lo shock rappresentato dal rincaro delle materie prime e in particolare del petrolio" che "rischia di rallentare sensibilmente la ripresa nei Paesi avanzati". Un prezzo a 115 dollari al barile "può comportare un minor livello del Pil italiano di circa lo 0,7% in due anni a parità di altre condizioni". Lo ha spiegato il direttore generale di Viale dell'Astronomia, Giampaolo Galli, in una audizione alla Commissione Bilancio della Camera sul piano nazionale di riforma che, comunicato lo scorso novembre dal Governo all'Unione europea, verrà presentato ad aprile con il testo definitivo. Il rincaro delle materie prime può avere effetti recessivi che, avverte Confindustria, "possono essere aggravati dai rialzi dei tassi di interesse annunciati dalle autorità monetarie e dal conseguente apprezzamento del cambio dell'euro". Mentre il piano presentato dal governo all'Europa, nel contesto degli obiettivi 2020 e del percorso di uscita dalla crisi, "nella sua versione provvisoria" appare "scarsamente ambizioso, specie alla luce del ritardo accumulato nell'ultimo decennio dall'Italia". In Italia serve, in un contesto europeo, "una riflessione seria e condivisa sulle strozzature che ostacolano la crescita del nostro Paese e sulle politiche che possono e devono essere messe in campo per tornare a essere competitivi in Europa e nel mondo", sottolinea il dg di Confindustria. Lo scenario della crisi illustrato ai parlamentari da Giampaolo Galli indica una ripresa globale che a inizio 2011 "ha dato nuovi e ancor più convincenti segni di rafforzamento e diffusione, con il coinvolgimento delle principali economie avanzate, a cominciare da Stati Uniti e Germania". In questo contesto "anche in Italia si osservano segnali più decisi di accelerazione, soprattutto dell'industria manifatturiera, con una significativa riduzione della cassa integrazione, anche se rimane ampio il divario di crescita con le altre nazioni, divario esistente prima della crisi e che si è confermato da quando a metà 2009 la ripresa globale è cominciata". È uno scenario oggi "favorevole" nel quale "si sono inseriti nuovi fattori di rischio che si sono aggiunti a quelli più volte indicati" da Confindustria: tra i quali, ricorda Galli, l'alta disoccupazione soprattutto giovanile, le difficoltà di accesso al credito, la crisi dei debiti sovrani e l'aumento dei debiti pubblici, difficoltà nel settore immobiliare, gli squilibri commerciali a livello globale. Oggi si aggiunge "lo shock" dell'aumento delle materie prime. E in particolare del petrolio che, "dovuto in parte a ragioni geopolitiche", rischia di frenare la ripresa.
2011-02-17 17 febbraio 2011 OCSE Crescita, Italia ultima tra i Paesi del G7 La crescita economica dei Paesi Ocse nel quarto trimestre del 2010 ha segnato un rialzo del 2,7% rispetto allo stesso periodo del 2009. Lo comunica l'organizzazione parigina, precisando che tra le principali sette economie al mondo, l'Italia è quella che è cresciuta meno (+1,3%) rispetto al quarto trimestre del 2009, mentre la Germania ha segnato la crescita più forte (+4%).
2011-02-15 15 febbraio 2011 ROMA Fiat, Marchionne alla Camera: "Pronti ad aumentare i salari" "Il fatto di essere qui in Parlamento è la dimostrazione del rispetto per questo Paese e le istituzioni e la fiducia che abbiamo nel futuro dell'azienda e dell'Italia". Lo afferma l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, in audizione alla Camera, dove è arrivato in giacca e cravatta, che su Fiat ha detto che si "è aperto un ampio e lungo dibattito; si è sentita molta politica, molta ideologia, ma poca aderenza alla realtà e conoscenza dei fatti". "Abbiamo progetti ambiziosi che partono proprio dall'Italia e si ispirano su uno sforzo globale". L'amministratore delegato della Fiat aggiunge: "Vorrei che fosse assolutamente chiara una cosa: nessuno può accusare la Fiat, guardandola negli occhi, di comportamenti scorretti, di vivere alle spalle dello Stato o di voler abbandonare il Paese". "Se il cuore è e resterà in Italia, la nostra sede sarà in più posti; sedi operative diverse in diversi posti. Non c'é assolutamente nulla di strano in questo: non si tratta di rinnegare le nostre radici, ma anzi di proteggerle, di garantire al passato il futuro - sottolinea Marchionne -. La scelta della sede legale non è stata ancora presa, non è vero che la Fiat ha salvato Chrysler, è vero anche il contrario". "Se riusciamo a portare l'utilizzo degli impianti dall'attuale 40% all'80%, siamo pronti ad aumentare i salari portandoli ai livelli della Germania". E anche "al passo successivo, che è la partecipazione dei lavoratori agli utili d'azienda".
15 febbraio 2011 LA FIRMA Intesa per Termini Imerese Sette aziende e 3.300 posti Via libera al piano di rilancio di Termini Imerese. L’accordo di programma per la riconversione del sito industriale in via di dismissione da parte della Fiat è stato siglato ieri sera al ministero dello Sviluppo economico. Prevede investimenti complessivi per un miliardo di euro, quasi la metà fondi pubblici, per l’avvio di sette progetti imprenditoriali scelti fra i 31 presentati in questi mesi. Investimenti che dovranno garantire il mantenimento dell’attuale occupazione della Fiat e dell’indotto, circa 2200 persone. L’obiettivo però è più ambizioso e punta ad arrivare a regime a 3300 occupati nell’area. "Da una situazione di crisi ne abbiamo ricavato una straordinaria case history italiana di ristrutturazione aziendale, industriale, che dà anche alla Sicilia la possibilità di raddoppiare l’occupazione", ha commentato il ministro dello Sviluppo Paolo Romani. Dopo la sigla dell’accordo tra i soggetti coinvolti (Regione Sicilia, provincia di Palermo, il Comune di Termini, l’ente di sviluppo Asi e Fiat) il documento è stato illustrato ai sindacati. Le organizzazioni erano presenti però con i segretari confederali e non con i leader, circostanza che ha provocato l’irritazione del ministro. Domani pomeriggio ci sarà la firma finale. Per incentivare gli investimenti privati, sul piatto arrivano 450 milioni di euro pubblici (350 dalla Regione e 100 dal ministero). La Fiat lascerà lo stabilimento (già inattivo) entro fine anno e si è impegnata a cedere gratuitamente i terreni e i fabbricati all’Asi una volta appurato che a Termini non sbarcherà un gruppo concorrente. Il Lingotto si farà carico anche di eventuali bonifiche. Le aree saranno poi suddivise tra le aziende coinvolte. Per beneficiare dei terreni e dei fondi pubblici le imprese dovranno impegnarsi ad avviare l’attività entro 20 mesi e a mantenere i livelli occupazionali per dieci anni. "Abbiamo costruito le condizioni per un futuro di lavoro", ha commentato il segretario confederale della Cisl, Luigi Sbarra, aggiungendo che "poi approfondiremo nel merito" le singole proposte. Positivo anche il giudizio di massima di Paolo Pirani (Uil) che ha chiesto un incontro con tutti gli imprenditori. La Cgil, con Vincenzo Scudiere, sospende il giudizio "in attesa di conoscere i piani industriali" delle aziende coinvolte. I progetti inseriti nella short list per Termini Imerese da Invitalia, l’advisor del ministero dello Sviluppo, sono sette, di cui due del comparto auto. Si tratta della De Tomaso di Gian Mario Rossignolo (auto di lusso) e di Cape Reva di Simone Cimino (auto elettrica). Gli altri cinque progetti spaziano in diversi settori: energie rinnovabili (Bio Gen Termini, pannelli solari), serre fotovoltaiche (Ciccolella), grande distribuzione (Newcoop), protesi mediche (Lima) e fiction cinematografica (Med Studios). C’è poi un’ottava proposta che resta in "panchina": si tratta della Dr Motor Company di Isernia (settore auto) che si è presentata fuori tempo. Nicola Pini
2011-02-10 10 febbraio 2011 ISTAT La produzione industriale torna a salire: +5,5% La produzione industriale nella media dell'intero 2010 è cresciuta del 5,5% (dato grezzo) su base annua, tornando a salire dopo due anni in calo, con il 2009 che aveva registrato un vero e proprio tonfo (-18,4%). Lo rileva l'Istat, evidenziando che l'indice corretto per gli effetti di calendario ha segnato un rialzo del 5,3%. Tuttavia, aggiunge l'Istituto, rimane un ampio divario rispetto ai livelli pre-crisi. La produzione industriale a dicembre 2010 ha registrato un lieve aumento rispetto a novembre, pari al +0,3% (dato destagionalizzato), mentre è cresciuta del 8,7% (dato grezzo) rispetto a dicembre 2009, in accelerazione a confronto con il mese precedente. Lo rileva l'Istat, aggiungendo che a livello tendenziale l'indice corretto per gli effetti di calendario ha segnato un aumento del 5,4% (i giorni lavorativi sono stati 22 contro i 21 del dicembre 2009). La produzione di autoveicoli in media nel 2010 ha registrato un aumento annuo del 2,5%, in base all'indice grezzo (stesso dato del corretto per gli effetti di calendario). Lo comunica l'Istat, aggiungendo che, invece, a dicembre 2010 ha segnato un calo del 4,3%, (dato a grezzo) rispetto allo stesso mese del 2009 (-7,5% l'indice corretto per gli effetti di calendario).
2011-02-05 5 febbraio 2011 AUTO Marchionne: "Fiat-Chrysler: possibile fusione tra 2-3 anni" Una fusione fra Fiat e Chrysler "potremmo guardarla nei prossimi due o tre anni", forse anche con il quartier generale negli Stati Uniti. "Prima dobbiamo integrarle dal punto di vista operativo e poi ci occuperemo della governance. Ora però la priorità è farle lavorare insieme". Lo afferma l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, dicendosi non soddisfatto della joint venture fra Fiat e Tata Motors: "Dobbiamo dare una nuova dimensione all'accordo. Abbiamo dato loro il diritto di distribuire e in alcune aree non sta funzionando. È tutto sul tavolo". Tata Motors controlla il 50% di Fiat India Automobiles. Il Wall Street Journal ritiene che Fiat e Chrysler potrebbero fondersi e installare il quartier generale negli Stati Uniti sotto la guida di Marchionne. L'approccio per "una società" - aggiunge il Wall Street Journal - potrebbe essere completato una volta che Chrysler avrà restituito i prestiti ricevuti dal governo, obiettivo che potrebbe essere raggiunto nel 2011. "Fondere la casa automobilistica italiana e quella americana spingerebbe la partnership più di in là di quanto delineato da Marchionne dopo che Fiat ha preso il controllo di Chrysler nel 2009". Fiat e Chrysler, "una delle dimostrazione di come l'industria automobilistica sia cambiata con la crisi", stanno portando avanti un processo "di integrazione culturale basato sul rispetto reciproco e sull'umiltà, dove non c'é spazio per il nazionalismo o l'arroganza di quelli che ritengono di saperne di più": "Ho fiducia nel futuro di Fiat e Chrysler", osserva Marchionne, spiegando che le due case automobilistiche hanno ottime squadre al vertice e sono "perfettamente complementari in termini di prodotto, architetture e presenza geografica". E afferma: "Fino a quando sarò io amministratore delegato, terrò Alfa Romeo". "Di recente alcune pubblicazioni hanno sollevato il nodo della successione di Chrysler e Fiat, con una che si è chiesta cosa sarebbe accaduto se io avessi lasciato. Questo è un esempio della tendenza a mitizzare gli amministratori delegati e il mito è basato sull'idea sbagliata che una persona può risolvere tutta da sola i problemi di un'azienda. Ritengo che il vero valore di un amministratore delegato dovrebbe essere misurato in termini di impatto umano sull'organizzazione e di capacità di scegliere i giusti leader e metterli al posto giusto", aggiunge Marchionne, precisando che i giusti leader "sono coloro che hanno il coraggio di sfidare le cose ovvie, che navigano su acque inesplorate, di rompere le convenzioni e le vecchie modalità di fare le cose". Chrysler "ha un profondo debito di gratitudine nei confronti dei contribuenti americani e canadesi. Non c'é dubbio che la determinazione e il coraggio mostrato dai governi americani e canadesi è stato unico. Riconosciamo di avere una responsabilità morale e intendiamo mostrare la nostra gratitudine adempiendo ai nostri impegni e restituendo ogni centesimo che ci è stato dato". "Fiat e Chrysler condividono la sfida di unire le rispettive forze e capacità per superare gli effetti della crisi e creare un futuro insieme come leader globale nel settore automobilistico", mette in evidenza Marchionne. Fra i risultati tangibili dell'alleanza è l'introduzione della Fiat 500, con il quale il Lingotto torna in nord America dopo 27 anni.
2011-01-04 4 febbraio 2011 ACCORDO SEPARATO Sindacato, strappo sul pubblico impiego Firmano Cisl e UIl, la Cigil lascia il tavolo Accordo separato nel pubblico impiego sugli aumenti salariali legati alla produttività. Il testo presentato oggi dal governo è stato firmato da Cisl e Uil ma non dalla Cgil che ha lasciato il tavolo. Per il leader della Cgil, Susanna Camusso "il governo si è inventato un testo che non affronta i problemi urgenti che abbiamo". Bocciando il documento firmato da Cisl e Uil con cui si legano gli aumenti salariali dei dipendenti pubblici alla produttività, Camusso ha sottolineato le emergenze come quella "della cancellazione del 50% dei precari nel pubblico impiego, previsto dalla legge finanziaria", e quella che vede "da mesi il blocco del rinnovo delle Rsu in tutti i comparti"."Non si fa una riforma con il blocco della contrattazione nazionale e di secondo livello", ha accusato ancora. "Mi dispiace della caduta di stile di Susanna Camusso, mi dispiace davvero, perchè noi siamo i rappresentanti di milioni di lavoratori e non prendo in giro nessuno". Così il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, risponde alle critiche ravanzate dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. "Non mi sono mai permesso di dire una cosa del genere. Eppure ho molti ma molti dubbi sulla caratura essenzialmente sindacali di comportamenti come quelli che ci tocca sopprotare. Non lancio ingiurie ma continueremo a fare il nostro lavoro sindacale e lo faremo sempre di più", prosegue. "Noi vogliamo sottrarci in tutti i modi alla morsa che c'è in questo Paese di uno scontro politico senza precedenti che vuol coinvolgere tutte le componenti della società italiana. In questa storia - ha concluso - non ci vogliamo entrare ed i giudizi che diamo alle cose appartengono esclusivamente agli interessi del lavoratori e tutto ciò che muoviamo lo facciamo esclusivamente nell'interesse sindacale".
2011-01-29 27 gennaio 2011 SUPER-COORDINAMENTO Nasce l'alleanza tra le cooperative italiane: 43 mila imprese, 1 milione di occupati Al via l'alleanza delle cooperative italiane. I tre presidenti di Confcooperative, Legacoop e Agci - rispettivamente Luigi Marino, Giuliano Poletti, Rosario Altieri - hanno firmato stamattina l'intesa che dà vita al super coordinamento delle cooperative italiane. La nuova alleanza mette insieme 43 mila imprese associate, un milione 100 mila occupati e un fatturato di 127 miliardi di euro.
La storia e l'azione del movimento cooperativo hanno profondamente influenzato la crescita economica e civile del paese promuovendo una organizzazione dei sistemi produttivi coerenti con i principi della dignità sociale del lavoro, della centralità della persona e della compartecipazione attiva e responsabile alla vita dell'impresa". È uno dei passaggi del saluto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ai rappresentanti delle associazioni cooperative che hanno firmato oggi un'alleanza, "un comune progetto operativo - scrive Napolitano in un messaggio fatto pervenire a Confcooperative, Lega coop e Agc, dalla segreteria generale della Presidenza della Repubblica - in grado di innovare, adeguare e rafforzare il ruolo della cooperazione nel nostro sistema economico e produttivo".
2011-01-21 21 gennaio 2011 ROMA Marcegaglia: "Ora riformare Confindustria" "A questo punto è venuta l'ora di riformare la Confindustria, e non penso solo di tagliare i costi ma di decidere che mestiere vogliamo fare in futuro, quale rappresentanza diamo alle imprese". La presidente Emma Marcegaglia entra nel dibattito sul dopo Mirafiori e annuncia i suoi propositi: più forza ai territori, meno convegni e apertura ai contratti aziendali. Riformare la Confindustria, spiega Marcegaglia in un'intervista a un quotidiano, "vuol dire rafforzare il ruolo delle unioni territoriali per essere più vicini alle imprese. Nel linguaggio mediatico quando si parla di Confindustria in molti pensano solo a Roma e ai nostri convegni, ma sul territorio ci sono esperienze e realtà magnifiche. Già siamo federalisti - sottolinea - e vogliamo diventare iperfederalisti". "Considero la vicenda Fiat uno stimolo al cambiamento - ammette Marcegaglia - ma le idee ce le avevamo già. Noi dobbiamo uscire da un vecchio schema fordista di fare rappresentanza, un format unico per tutti. In campo sindacale vuol dire aprire ai contratti aziendali, si fa rappresentanza quasi su misura ma non è affatto vero che scomparirà il contratto nazionale". Per la presidente di Confindustria, "l'83% delle Pmi lo vorrà ma in parallelo, noi abbiamo l'esigenza di cucire una contrattazione che calzi perfettamente all'organizzazione del lavoro, ai regimi di orario e alle specificità di mercato di ciascuna grande azienda. Si potrà obiettare che si tratta di un indirizzo ambizioso ma - assicura - non è certo indirizzato a radere al suolo il sindacato". Marcegaglia sottoscrive le dichiarazioni di Marchionne: "Dobbiamo abbattere la spirale bassi salari-bassa produttività. Quanto alla partecipazione agli utili, sono più che favorevole a soluzioni aziendali, non credo invece a una legge ad hoc sulla partecipazione". La numero uno della Confederazione apre agli imprenditori cinesi che operano in Italia. "Ai miei di Prato ho chiesto di associarne almeno dieci, perché se entrano da noi vuol dire che escono dal sommerso. So che spesso i cinesi sono in diretta e sleale concorrenza con le nostre piccole imprese, ma so anche che copiare un'azienda è facile, copiare una filiera è impossibile".
2011-01-19 19 gennaio 2011 LAVORO E RIFORME Utili agli operai, Fiat apre La Cisl: doveroso "Fatemi migliorare il costo di utilizzo degli impianti e alzerò i salari. Possiamo arrivare al livello della Germania e della Francia, io sono pronto". Subito prima di ripartire per gli Stati Uniti alla volta della Chrysler dopo il referendum di Mirafiori, Sergio Marchionne ha lanciato un’impegnativa promessa ai lavoratori italiani della Fiat: stipendi meno magri, anche attraverso la partecipazione degli operai agli utili aziendali. Ma – avverte l’amministratore delegato Fiat – "prima di parteciparli gli utili dobbiamo farli". Le dichiarazioni sono state rilasciate nel corso di una lunga intervista a Repubblica nella quale Marchionne annuncia che anche le fabbriche di Melfi e Cassino dovranno seguire la strada di Mirafiori e Pomigliano, con l’estensione dei contratti validati dai referendum. Il top manager chiede alle fabbriche italiane di lavorare di più per guadagnare di più in un futuro che, secondo Marchionne, sarà positivo per una Fiat destinata a rafforzarsi nel quadro dell’alleanza con Chrysler. La strada della maggiore produttività resta però affidata ai nuovi investimenti e a una ripresa del mercato. Per ora c’è il nuovo annuncio dalla Fiat di cassa integrazione che coinvolgerà nella seconda metà di febbraio anche un migliaio di colletti bianchi degli enti centrali, oltre ai lavoratori delle presse di Mirafiori e della lastratura di Grugliasco. L’apertura di Marchionne sulla compartecipazione dei lavoratori agli utili piace a Raffaele Bonanni. "Sono soddisfatto che Marchionne lo dica per la prima volta con così forte chiarezza – commenta il segretario generale della Cisl – La partecipazione dei lavoratori è d’obbligo, non si può avanzare con l’antagonismo, serve un’altra energia". Bonanni dice di non immaginare "una fabbrica senza la Fiom né solo con la Fiom", ma spiega che la questione partecipativa "l’abbiamo posta fin dal primo giorno – ha affermato Bonanni – perché oggi servono delle aziende dove si mira alla qualità e alla quantità, un maggior salario e a far star bene i lavoratori. E la partecipazione consapevole e responsabile è fatta attraverso la divisione degli utili". La Fiom invece non crede alle parole di Marchionne e va all’attacco: sono dichiarazioni "offensive", afferma il segretario Maurizio Landini, dopo che nel 2010 "ha tagliato i 1.200 euro di premio di risultato ai lavoratori mentre ha aumentato lo stipendio a lui e ai dirigenti con le stock options e altri strumenti". Il segretario Cgil Susanna Camusso sottolinea poi che il top manager Fiat "continua a non raccontare qual è il piano di Fabbrica Italia". Un nuovo appello al dialogo e alla responsabilità arriva intanto dall’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, che invita l’azienda e i sindacati a ritrovare "un clima di maggiore concordia" in una vicenda dove "non ci sono vinti né vincitori". Nell’intervista Marchionne fa un mea culpa per aver "sottovalutato l’impatto mediatico" della vertenza Mirafiori. "Ho sottovalutato un sindacato che aveva obiettivi politici e non di rappresentanza", afferma riferendosi alla Fiom, organizzazione che "ha costruito un capolavoro mediatico mistificando la realtà, ma non c’è riuscita". Il risultato risicato dei sì a Mirafiori, specie tra gli operai, non porterà comunque a una riapertura della trattativa. "Il sì ha avuto la maggioranza e il discorso è chiuso, anche se dentro quella maggioranza molti cercano il pelo nell’uovo". Comunque Marchionne vuole convincere "chi ha votato no su informazioni sbagliate e chi ha votato sì per paura". "Sono convinto che le nostre ragioni siano ottime, ma non sono riuscito a farle diventare le ragioni di tutti. Passaggio obbligato sarà ora quello di estendere agli altri stabilimenti italiani, da Melfi a Cassino, il modello contrattuale avviato a Pomigliano e Mirafiori: "Non c’è alternativa, non possiamo vivere in due mondi diversi – avverte il capo della Fiat – e io spero che nemmeno gli operai, visto l’accordo alla prova, vorranno vivere nel secondo mondo". Il manager ribadisce di non voler "togliere nulla di ciò che fa parte dei diritti dei lavoratori" e respinge l’accusa di non credere al futuro di Torino. "Non ho mai fatto un investimento di così pessima qualità per l’azienda come quelli di Mirafiori e Pomigliano e questo vuol dire crederci". Nicola Pini
19 gennaio 2011 OCCUPAZIONE E RIFORME Bono, Fincantieri: "Lavorare di più o perderemo la sfida" Non vuol sentir parlare di "esuberi", né utilizzare la parola "ristrutturazione". Ma annuncia che il 2010 si chiuderà con una perdita superiore ai 64 milioni del 2009 e che le prospettive per il 2011 non sono migliori. "Se allora vogliamo mantenere una cantieristica forte, dobbiamo assolutamente recuperare produttività, aumentare il lavoro, riorganizzare gli impianti e difendere con i denti la nostra presenza nei flussi della competizione internazionale". Per questo occorre "cambiare atteggiamento" e ritrovarsi a un "tavolo della condivisione" coi sindacati, il governo e le istituzioni locali, spiega Giuseppe Bono, amministratore delegato della Fincantieri, "gioiello" dell’industria pubblica italiana, capace di conquistare cantieri negli Usa, commesse in mezzo mondo e costruire le più grandi navi da crociera, ma oggi in oggettiva difficoltà per la forte contrazione della domanda degli armatori e la competizione sempre più agguerrita di tedeschi, francesi, giapponesi, coreani e in futuro anche cinesi che potrebbero insidiare il mercato delle crociere, oggi appannaggio dei cantieri europei. Dottor Bono, siamo all’annuncio di quei 2.500 esuberi ventilati nei mesi scorsi o c’è dell’altro? Non abbiamo deciso alcuna riduzione di personale e non abbiamo mai parlato di esuberi. Piuttosto vorremmo discutere con i sindacati una riorganizzazione complessiva del gruppo. I punti focali del nostro impegno devono essere: avere una cantieristica forte e ridurre al minimo i costi sociali che si dovranno pagare per arrivare a questo risultato. Dobbiamo fare i conti con la realtà: la nostra capacità produttiva è sovradimensionata rispetto alla domanda attuale. Indico solo un paio di cifre per comprendere: nel biennio 2008-2009 abbiamo svolto una media di 13 milioni di ore di lavoro, nel 2010 sono scese a 11, per quest’anno la previsione è di soli 7 milioni, poco più della metà. La richiesta di traghetti si è azzerata, le commesse della Marina militare dall’Italia sono ridotte e per quanto riguarda le grandi navi da crociera, riusciremo a conquistare le commesse solo per 2 navi, forse 3, a prezzi che saranno ovviamente stracciati, visto che a contendersele sono un numero maggiore di concorrenti. Significa che avete in animo di chiudere qualcuno dei vostri 8 cantieri sparsi per l’Italia? Finora abbiamo mantenuto aperti tutti i siti produttivi. E ci siamo riusciti da un lato gestendo la dislocazione della produzione, dall’altro saturando gli impianti in quanto la congiuntura offriva molte più commesse all’anno sia per navi da crociera che di traghetti, con un comparto militare che è passato in 8 anni dal 20 al 50% del nostro fatturato. Ora, però, anche questo segmento ha volumi che si stanno riducendo ed emergono quindi, con maggiore negatività, le carenze di alcuni cantieri che ne accentuano, nel mutato scenario di mercato, la scarsa competitività. Provo ad azzardare qualche ipotesi: state pensando di chiudere Castellammare di Stabia che è privo di bacino e quindi lì non si possono realizzare navi di grandi dimensione? Sa cosa ha detto una volta il presidente di Confitarma, che è l’associazione degli armatori? "Costruire navi a Castellammare è un miracolo". Io però potrei rispondere che farle a Sestri Ponente – dove il cantiere è diviso in due dalla ferrovia e bisogna spostare da un lato all’altro i blocchi d’acciaio – è un miracolo doppio. Oppure che farlo a Riva Trigoso dove manca la banchina e alla fine della zona di montaggio c’è una spiaggia, è un altro miracolo ancora. Possiamo mantenere tutto come 100 anni fa, difendere l’esistente per non spostarsi di 50 chilometri? Insomma, tira aria di ristrutturazione e all’orizzonte si profila il conflitto... Parliamo di "riorganizzazione", che vorremmo fare assieme a tutti quelli che hanno volontà di ragionare a partire dai dati di realtà economica che ricordavo prima. È assolutamente necessario che il sindacato cambi atteggiamento culturale, smetta di considerare l’azienda una controparte – quando non esplicitamente un "nemico" – e cominci a preoccuparsi con noi di come difendere e far tornare a crescere questo settore, così come più in generale l’industria manifatturiera in Italia. Siete appena usciti da Confindustria di Genova e Gorizia, state preparando anche voi un contratto alternativo a quello dei metalmeccanici? Avremo in Fincantieri un nuovo confronto-scontro come avvenuto in Fiat? No, siamo usciti da Confindustria per la semplice ragione che non ci sentivamo supportati nelle nostre relazioni sindacali, mi sono sentito solo in molte battaglie. Non ho però alcuna intenzione né di fare un nuovo contratto né assolutamente di comprimere alcun diritto dei lavoratori o della rappresentanza sindacale. Già sarebbe un risultato importante se i sindacati tenessero fede agli impegni assunti con il contratto integrativo del 2009, firmato prima solo da Fim e Uilm, poi anche dalla Fiom. Vi erano contenuti degli obiettivi di produttività che non sono stati raggiunti. La produttività senza commesse non è decisiva, quali sono i problemi che lamentate? Noi le commesse cerchiamo di conquistarle sul mercato, ma se non siamo altamente produttivi i nostri prezzi non saranno competitivi e allora addio lavoro. Perché questo è il tema: dobbiamo davvero mettere al centro della riflessione e dei cambiamenti il lavoro. Per assicurare un futuro al nostro gruppo, così come al Paese intero e ai giovani in particolare. Dobbiamo lavorare di più e meglio. È concepibile che si lavori 190 giorni in un anno e 170 no? Forse un tempo, quando i mercati erano chiusi, si poteva fare. Ora però ci misuriamo non dico con i cinesi, ma con gli americani che lavorano 1.800 ore contro le 1.300-1.400 nostre. Così non reggiamo la competizione, non c’è futuro per la nostra manifattura. Sta dicendo che cambieranno gli orari alla Fincantieri? No, mi accontenterei di risolvere il problema dell’assenteismo che da noi è alla percentuale record del 14% in media. Certo ci sono le malattie e gli infortuni veri, se però la media è del 14 significa che ci sono lavoratori che si ammalano in maniera fisiologica con un tasso del 3-5% e persone che sono assenti al 25-30%. E questo non solo è economicamente insostenibile, ma soprattutto è moralmente inaccettabile. Ed è inaccettabile anche che una parte del sindacato difenda i fannulloni in maniera acritica. Qui abbiamo avuto vertenze in difesa di persone trovate a pescare anziché lavorare o a dormire mentre dovevano fare prevenzione anti-incendi. Da dove si riparte, allora? Dalla vera questione morale: il lavoro, la sua valorizzazione, la sua centralità. Come farlo crescere è la vera priorità. E la sola speranza di non essere schiacciati nella competizione globale che ci attende. Francesco Riccardi
2011-01-18 18 gennaio 2011 TORINO Marchionne: salari tedeschi e azioni agli operai Fatemi migliorare il costo di utilizzo degli impianti e alzero' i salari. Possiamo arrivare al livello della Germania e della Francia. Io sono pronto''. Parola di Sergio Marchionne, che scommette sulla partecipazione degli operai agli utili, anche se ''prima di parteciparli, gli utili dobbiamo farli''. In una lunga intervista a Repubblica, l'amministratore delegato della Fiat fa un mea culpa per aver ''sottovalutato l'impatto mediatico di questa partita. Ho sottovalutato un sindacato che aveva obiettivi politici e non di rappresentanza di un interesse specifico''. La Fiom, afferma, ''ha costruito un capolavoro mediatico mistificando la realta', ma non c'e' riuscita''. Marchionne difende la sua tesi. ''Sono convinto che le nostre ragioni siano ottime, ma non sono riuscito a farle diventare le ragioni di tutti. Mi sembrava chiaro: io lavoratore posso fare di piu' se mi impegno di piu', guadagnando di piu'. E invece - dice - ha preso spazio la tesi opposta, il diritto semplicemente ad avere''. Il manager ribadisce di non voler ''togliere nulla di cio' che fa parte dei diritti dei lavoratori. Ma qui - sostiene - si parla d'altro: la Fiom e' scesa in guerra non per i diritti, ma per il suo ruolo di minoranza bloccante, perche' qui salta l'accordo interconfederale secondo cui chi non ha firmato beneficia delle protezioni del contratto senza mai impegnarsi a rispettarlo''. L'intesa Mirafiori non si tocca. Nel referendum ''le urne hanno detto che il si' ha avuto la maggioranza. Il discorso e' chiuso, anche se dentro quella maggioranza molti cercano il pelo nell'uovo''. Adesso, dichiara Marchionne, ''comincia il mio compito. Ci sono due voti che mi preoccupano: quello di chi ha votato no su informazioni sbagliate e quello di chi ha votato si' per paura. Voglio convincerli, spiegare chi sono''. Nell'intervista il numero uno della Fiat rispedisce al mittente l'accusa di non credere a Torino. ''Non ho mai fatto un investimento di cosi' pessima qualita' per l'azienda come quelli di Mirafiori e Pomigliano. Questo vuol dire crederci''. Il nuovo contratto, prosegue, investira' anche Melfi e Cassino, perche' ''non c'e' alternativa, non possiamo vivere in due mondi''. Dopo Pomigliano e Mirafiori il nuovo contratto investirà anche Melfi e Cassino, ha affermato Marchionne nell'intervista a Repubblica che, rispondendo ad una specifica domanda, sostiene che "non c'é alternativa". "Non possiamo vivere in due mondi - afferma Marchionne - Io spero che, visto l'accordo alla prova, non vorranno vivere nel secondo mondo nemmeno gli operai". Ad una domanda relativa alla possibilità di vendere l'Alfa Romeo, l'ad ha risposto: "Fossi matto, è roba nostra". "Grazie a Chrysler - afferma nell'intervista - l'Alfa arriverà in America, con una rete di 2 mila concessionari, e farà il botto". Marchionne, inoltre, afferma di non voler vendere anche la parte relativa ai veicoli industriali. "Manco di notte - risponde alla specifica domanda - E l'arroganza tedesca, gliela raccomando. Quando volevo comprare Opel non me l'hanno data perché ero italiano...". "Bisognerà abituarsi al fatto che avremo più teste, a Torino, a Detroit, in Brasile, in Turchia, spero in Cina. Ma un cuore solo. Così rimarranno vive quelle quattro lettere del marchio Fiat. Vediamole. Fabbrica: produciamo ancora, vogliamo produrre di più. Italiana: siamo qui e non vendiamo nulla. Automobili: resta il cuore del business. Torino: se ha dei dubbi, apra la mia finestra e guardi fuori". L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne nell'intervista del direttore Ezio Mauro risponde ad una domanda sulla localizzazione della "testa" decisionale del gruppo automobilistico. Sulle nuove auto prodotte a Mirafiori, poi, aggiunge: "il Centro Stile rimane qui, il design, ma anche i progetti, le piattaforme di origine: la piattaforma della Giulietta è nata qui, è stata riadattata negli Usa, adesso torna qui per fare da base ai Suv Jeep e Alfa".
2011-01-17 17 gennaio 2011 IL FUTURO DELL'AUTO Fiat, plauso dal Financial Times Cgil: possibile ricorso a magistratura Sergio Marchionne è "lodato a Motown (Detroit, ndr) ma è sotto esame a Torino". È quanto sostiene il Financial Times in una analisi a seguito del referendum sull'accordo per Mirafiori. Secondo il quotidiano economico-finanziario britannico, il manager italo-canadese che guida sia Fiat sia Chrysler, viene "apostrofato come un capitalista rapace dai dirigenti sindacali italiani per la riforma del lavoro che vuole introdurre in Fiat, mentre gli americani lo indicano come un eroe che ha portato nuova vita in Chrysler". Il foglio rosa salmone d'Oltremanica aggiunge che "Fiat ha trasformato lo stabilimento di Jefferson North, l'ultimo rimasto a Detroit, da un ambiente sporco e semibuio a uno spazio pulito e invitante, installando il suo sistema 'World class manufacturing' e spingendo i lavoratori a migliorare in tutto, dalla sicurezza alla produttività". Lo stabilimento, secondo quanto riporta il quotidiano, "dopo aver prodotto a stento 60.000 vetture nel 2009 prevede di produrne 265.000 quest'anno, perchè i lavoratori in due turni costruiscono una nuova Jeep Grand Cherokee e un grande Suv Dodge Durango". "Marchionne - prosegue il quotidiano - ha avanzato l'ipotesi che Jefferson North possa produrre un Suv per la Maserati, marchio di eccellenza del gruppo Fiat". CGIL DOPO IL VOTO "Valuteremo se ricorrere alla magistratura" dopo il referendum di Mirafiori. Lo ha affermato ieri il leader della Cgil, Susanna Camusso, intervenendo al programma in mezz'ora in onda su Rai3. Il segretario ha aggiunto subito dopo che tuttavia "non si può affidare la rappresentanza sindacale al ricorso della magistratura". "Sicuramente - ha sottolineato Camusso - ci sono dei diritti che non sono a disposizione di nessun accordo sindacale che vanno salvaguardati". In particolare, ha spiegato il segretario, "una clausola che impedisce a un lavoratore di partecipare a uno sciopero è sicuramente un tema che arriva fino alla Corte Costituzionale. Siamo di fronte a diritti che non sono disponibili nè a un'impresa né a un sindacato".
16 gennaio 2011 La grande sfida entra nel vivo Lavorare insieme Vincitori e vinti, dignità contro paura, gli operai versus gli impiegati. La nebbia non si è ancora alzata ai cancelli di Mirafiori, che già la lettura del risultato del referendum ripropone la divisione dei lavoratori e non permette di compiere quei passi avanti che invece sono necessari. Le diverse analisi appaiono legittime, ma rischiano di far nuovamente avvitare il dibattito. È vero, i "no" sono stati numericamente superiori alle attese e alla rappresentanza delle tute blu Cgil e Cobas. Considerando il solo voto operaio, i "sì" hanno prevalso per appena 9 schede. Così che la Fiom oggi parla di una sorta di "vittoria morale", di allargamento della sua area di consenso, rivendicando la riapertura della trattativa. Sull’altro fronte si obietta che da 15 anni a Mirafiori nessun referendum aveva mai visto la vittoria dei "sì", che molti "no" sono stati dettati solo da insoddisfazione e rabbia, contando sul fatto che comunque i "sì" avrebbero vinto assicurando il futuro. Soprattutto, si fa notare, la maggioranza dei lavoratori ha detto chiaro che vuole lavorare. Anche se in frabbrica non ci dovesse "essere" la Fiom, che ha collezionato l’ennesima sconfitta dopo tre contratti nazionali dei metalmeccanici non firmati e applicati ugualmente, una riforma della contrattazione portata a termine senza il suo contributo e due referendum che hanno confermato le intese separate a Pomigliano e, appunto, a Mirafiori. Ora il primo passo da compiere – in particolare per la Fiom – sarebbe quello di sciogliere le ambiguità, riconoscendo il referendum e il suo esito. I lavoratori si sono espressi e, a maggioranza, il nuovo contratto firmato da Fim, Uilm, Fismic e Ugl è stato approvato. Dunque è valido ed è grazie a questo che da oggi si può sollecitare la Fiat a tenere fede all’impegno di investire 1 miliardo a Torino, si può chiedere conto a Marchionne dei ritardi sui nuovi modelli e delle strategie del gruppo, potendo contare con maggiore realismo sulla tenuta dell’occupazione e la crescita dei salari. Il diritto al dissenso esiste sempre, ma una volta che si sono espressi i lavoratori sarebbe antidemocratico – oltre che controproducente – cercare di far saltare l’accordo, di sovvertire la volontà della maggioranza degli stessi lavoratori. Libera la Fiom di scioperare il 28 gennaio, di manifestare con forza la propria contrarietà (a riprova che nessuna limitazione è stata posta al diritto dei lavoratori di protestare). Ciò che andrebbe scongiurato, però, è il boicottaggio, lo scatenare una "guerriglia" stabilimento per stabilimento, per conseguire con altri mezzi ciò che non si è riusciti a conquistare con il voto dei lavoratori. Un importante passo in avanti, invece. è stato compiuto. Cisl, Uil e la maggioranza dei dipendenti si sono assunti una responsabilità precisa: accettare la sfida del cambiamento per far crescere la produttività del lavoro e non far declinare il Paese. Per farlo hanno rinunciato alle tentazioni antagonistiche, hanno valutato che la propria tutela non sta in un contratto nazionale rigidamente osservato, ma in una nuova alleanza tra lavoratori e azienda, un’azienda chiamata a sua volta a una responsabilità ancora maggiore. Da domani occorre impostare il passo successivo e insieme far avanzare le relazioni industriali, nel gruppo Fiat come dappertutto, verso una maggiore partecipazione. Ci sono i tempi e gli spazi perché anche la Cgil – come d’altronde è già avvenuto in molte altre categorie di lavoratori – sia della partita. È auspicabile, ed è la sfida più importante che attende Susanna Camusso. Qualcuno ha notato nei giorni scorsi come questa vertenza rappresenti il paradigma di un cambiamento (negativo) negli equilibri tra capitale e lavoro. In realtà, il cambio nei rapporti di forza è milioni di volte più ampio del piccolo caso Fiat e muove dalla (inarrestabile) globalizzazione. In Italia possiamo scegliere se tentare di nuotare contro corrente, affidandoci ai vecchi strumenti conflittuali del Novecento, o cercare di attrezzarci per cavalcare l’onda. Senza limitarsi a subirla, progettando una nuova democrazia economica. Francesco Riccardi
16 gennaio 2011 IL CASO MIRAFIORI "Operai e falsi miti. Il futuro? Partecipare" Il sociologo, ex sindacalista Cisl, sul referendum nello stabilimento Fiat "La svolta epocale è nel mondo, e le relazioni industriali si devono adattare I lavoratori schiavi? Un’invenzione". "Il cambiamento epocale è nel mondo. Sono le relazioni industriali che si devono adattare al mondo, non viceversa". Qualcosa però sembra muoversi. Anche nella nuova Fiat. "Io spero ardentemente che si possa realizzare un salto verso la partecipazione, perché non si può chiedere responsabilità senza far partecipare i lavoratori. I limiti del conflitto li abbiamo visti tutti. Ora bisogna rivendicare la formula partecipativa". Modello Ig-Metall? "Beh, quel modello il sindacato tedesco se l’è trovato bell’e fatto, l’hanno imposto gli americani nel dopoguerra a Konrad Adenauer perché dovendo ricostruire l’industria tedesca si temeva che i grandi cartelli potessero approfittarsene e occorreva bilanciarne il potere. Poi c’è l’azionariato collettivo, come in America. Da noi Ichino e Castro hanno teorizzato la possibilità della partecipazione, ma non l’obbligo". Nell’accordo Fiat c’è qualche apertura partecipativa di tipo tecnico. "Sì, su come si gestisce un isola, per esempio. E c’è chi ritiene opportuno che il team leader venga eletto direttamente dai lavoratori: se vuoi fare la qualità non devi avere dei robot o degli schiavi. Diversa invece è la partecipazione strategica, che presupporrebbe nel cda rappresentanti eletti da tutti i dipendenti, non solo sindacalisti, che giudicano il cda e dicono la loro sulle grandi scelte. Questa secondo me è la strada virtuosa. Ed è un’occasione unica". Come giudica Marchionne: un marziano, un rivoluzionario? "Macché, è un manager con una grandissima esperienza sui temi finanziari, che ha mostrato di avere anche capacità strategiche. Non a caso fu Umberto Agnelli a scoprirlo. Certamente non è un uomo di fabbrica che si intende di relazioni sindacali. Anzi, ne è vagamente infastidito. E poi ci sono due Marchionne: quello che ha operato bene e silenziosamente per anni e quello che ormai ogni giorno parla e straparla". Cesare Romiti avrebbe fatto meglio? "Non credo. Con Romiti ne abbiamo visti di tutti i colori, ma soprattutto la dispersione di una parte notevole del capitale industriale in altre direzioni. Marchionne invece deve salvare la baracca. E questa è tutta un’altra situazione". Insomma, non mitizziamo questo accordo e nemmeno i referendum Pomigliano-Mirafiori. Giusto? "Posso dire una cosa?" Siamo qui per questo. "Io sono rimasto veramente disgustato da un certo giornalismo, che su Mirafiori come faziosità e disinformazione ha rivaleggiato con i peggiori fogli della destra". In che modo? "Hanno dipinto un mondo di operai-schiavi, scegliendo accuratamente solo certe particolari testimonianze". A vantaggio di chi? "Per una certa intellettualità di sinistra non c’è nulla di più eccitante di una bella sconfitta operaia. Bandiere che sventolano, lacrime, rimpianti...". La famosa "sinistra divina", quella degli "intellos", come la chiamava il suo collega Jean Baudrillard... "Agli intellettuali piace perdere e soprattutto <+corsivo>far<+tondo> perdere: a loro non interessa niente della sorte degli operai, la loro sconfitta gli serve per far trionfare una certa critica del capitalismo". A Mirafiori fortunatamente se ne son visti molto pochi. Giorgio Ferrari
15 gennaio 2011 IL FUTURO DELL'AUTO Fiat-Mirafiori, vince il "sì" Marchionne: "Svolta storica" Vince il "sì" a Mirafiori, ma il fronte del "no" si attesta al 46%. L'accordo separato per il rilancio dello stabilimento torinese ottiene il disco verde, ma restano aperti i problemi legati alla gestione delle relazioni sindacali e al peso che la Fiom potrà far valere, forte di un risultato che va ben oltre la sua rappresentanza. L'Ad di Fiat, Sergio Marchionne, che aveva indicato l'obiettivo minimo del 51%, festeggia una vittoria che non esita a definire "una svolta storica". Stessa soddisfazione arriva dal presidente John Elkann che chiede di archiviare le polemiche e conferma il pieno impegno della famiglia Agnelli nel futuro del Lingotto. I lavoratori di Mirafiori, afferma l'amministratore delegato in una lunga nota, "hanno scelto di prendere in mano il loro destino, di assumersi la responsabilità di compiere una svolta storica e di diventare gli artefici di qualcosa di nuovo e di importante". In un Paese come l'Italia, che "è sempre stato legato al passato e restio al cambiamento, e il referendum di ieri in parte lo ha dimostrato", osserva Marchionnne, "la scelta di chi ha votato sì è stata lungimirante". Rappresenta "la voglia di fare che si oppone alla rassegnazione del declino". Rappresenta "il coraggio di compiere un passo avanti contro l'immobilismo di chi parla soltanto o aspetta che le cose succedano". Il pensiero di Marchionne è rivolto alle scelte della Fiom e, soprattutto, a quei lavoratori che, nonostante lo spettro della perdita del posto di lavoro, hanno comunque espresso il loro dissenso. "Mi auguro che le persone che hanno votato no, messe da parte le ideologie e i preconcetti prendano coscienza dell'importanza dell'accordo che salvaguarda le prospettive di tutti i lavoratori". LE REAZIONI POLITICHE Una vittoria del Sì attesa e salutata come positiva da parte della grande maggioranza delle forze politiche. Solo la sinistra radicale e Antonio Di Pietro, elogiando la prova di dignità della Fiom, mostrano di considerare quella dell'ad Sergio Marchionne a Mirafiori una sorta di vittoria dimezzata. Dagli altri esponenti e leader politici che avevano favorito l'intesa siglata con Cisl e Uil, si leva un invito rivolto al Lingotto: ora rispetti gli impegni sul piano degli investimenti. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi vede nell'esito referendario l'apertura di "un'evoluzione nelle relazioni industriali soprattutto nelle grandi fabbriche che dovrebbe consentire un migliore uso degli impianti e una effettiva crescita dei salari". Ma nello stesso tempo, per Sacconi, adesso "tocca a Fiat realizzare gli investimenti promessi e continuare il confronto sugli altri siti produttivi". "La vittoria del sì - afferma il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani - è uno snodo fondamentale per la costruzione del futuro di Mirafiori. Adesso Fiat ha tutte le carte in regola per tornare a essere una grande azienda multinazionale italiana". Anche Romani ritiene "ora necessario attuare subito l'accordo, partendo con gli investimenti e con le nuove strategie di produzione". Il coordinatore del Pdl Sandro Bondi elogia "il senso di responsabilità" dei lavoratori, accusa il Pd di averli lasciati soli ma richiama maggioranza e governo all'azione per spingere la Fiat "a onorare gli impegni presi per quanto riguarda il piano industriale che riguarda gli investimenti in Italia". Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, sottolinea che il "risultato va rispettato e va rispettato anche quel tanto di disagio che rappresenta". Parlando nel corso di una manifestazione ad Ancona, Bersani incalza l'azienda: "Ora la Fiat mantenga gli impegni e si rivolga a tutti i lavoratori". LE PROSPETTIVE Per ogni dipendente dell'auto si calcola ce ne siano tre nell'indotto, cinque nell'intera filiera: i 5.431 di Mirafiori diventano così 27 mila. Nel solo torinese lavorano in un migliaio di aziende sparse sul territorio provinciale. Con la vittoria dei sì nel referendum "si è evitato un suicidio collettivo - osserva Gianfranco Carbonato, presidente dell'Unione Industriale di Torino - Non si è salvaguardato solo l'investimento e Mirafiori, ma tutta l'industria nazionale dell'auto". La newco che nascerà dalla joint venture tra la Fiat e la Chrysler, con un investimento di oltre un miliardo di euro, comincerà a produrre i suoi frutti nel secondo-terzo trimestre del 2012, berline e suv dei marchi Jeep e Alfa Romeo. Vetture di gamma alta che ora mancano e che dovrebbero far lievitare i volumi produttivi dalle 124 mila auto del 2010 (erano 178 mila nel 2009) alle 250-280 mila (a pieno regime). Oltre mille veicoli al giorno, destinati per il 50% a essere commercializzati fuori dall'Unione Europea, specialmente in America, dovrebbero uscire dallo stabilimento torinese. MONS. NOSIGLIA Dopo i veleni dei giorni scorsi, è ora anche il momento della riconciliazione in città. È l'auspicio dell'arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, che si dice disponibile a celebrare una messa proprio di riconciliazione a Mirafiori, se gli sarà richieto. Per lui la vicenda di Mirafiori ha avuto il merito di riportare il tema del lavoro in tutte le sue sfaccettature al centro della discussione. "La consultazione - ha aggiunto - ha posto in risalto che investire sulle persone e sul futuro del nostro territorio offre a tutti gli imprenditori nuove e concrete opportunità".
2011-01-15 15 gennaio 2011 IL FUTURO DELL'AUTO Fiat, passa il sì: ma si ferma al 54% L'accordo sul rilancio dello stabilimento di Mirafiori e' stato approvato con il 54% dei si'. Lo riferiscono fonti sindacali. L'accordo era stato firmato da Fim, Uilm, Fismic e Ugl mentre non hanno firmato l'intesa la Fiom e i Cobas. Hanno votato, secondo gli ultimi conteggi 5.139 persone (il 94,6%). Sostenitori del 'no' hanno bruciato bandiere del fronte del 'sì' davanti lo stabilimento. Alle ultime battute dello spoglio del referendum della Fiat di Mirafiori, quando la vittoria del si' era ormai matematica, lo scrutinio e' stato momentaneamente sospeso per l'esultanza dei sostenitori del si' che e' stata contesta con proteste dal fronte del no. Dopo la vittoria del si' al referendum di Mirafiori, lo spoglio delle ultime schede è ancora sospeso dopo un momento di lite e confusione nella commissione elettorale. Un rappresentate della Fiom ha avuto un malore e, per questo, e' stata chiamata una ambulanza. La lite - secondo quanto affermano alcuni presenti - sarebbe scoppiata quando uno dei rappresentanti della Fismic, componente della commissione, ha esultato per la vittoria del sì.
Il risultato del referendum sull'accordo sullo stabilimento di Mirafiori lo hanno deciso in sostanza gli impiegati perché gli operai hanno detto di no in modo rilevante. Lo ha detto il segretario nazionale della Fiom responsabile dell'auto, Giorgio Airaudo. ''Bisogna apprezzare il grande coraggio e l'onesta di una grandissima parte dei lavoratori di Mirafiori che hanno detto di no all'accordo''. ''Gli operai delle linee di montaggio - ha aggiunto - hanno detto di no. Di fatto sono stati decisivi gli impiegati che a Mirafiori sono in gran parte capi e struttura gerarchica''. ''Come per tutti i veri cambiamenti la decisione è stata sofferta. Alla fine hanno vinto le ragioni del lavoro''. Lo ha detto il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. ''Il si' all'accordo - ha detto - ci fa vedere con piu' ottimismo il futuro di Mirafiori e dell'industria automobilistica nel nostro Paese. Con la vittoria matematica del sì al referendum, a Mirafiori ''nasce lo stabilimento del futuro''. E' il primo commento del segretario nazionale della Fim Cisl, Bruno Vitali, che sottolinea: ''Ora festeggia Torino, sbaglia chi pensa che Marchionne va a festeggiare a Detroit''. '' E' il primo referendum che vinciamo a Mirafiori da 15 anni ma - dice ancora il sindacalista della Fim, responsabile del settore auto - e' il piu' importante''. ''Mirafiori vivrà, grazie ai lavoratori'': è la prima dichiarazione dopo la vittoria del si' al referendum sull'accordo per il rilancio dello stabilimento di Mirafiori del segretario generale della Uilm, Roco Palombella. La battaglia all'ultimo voto nel referendum sull'accordo sullo stabilimento Fiat di Mirafiori era ''scontata'' ma adesso che ha vinto il si' ''bisogna lavorare con pazienza e ricostruire le ragioni di largo consenso che necessita un investimento cosi' importante''. Lo afferma il segretario generale del Fismic, Roberto Di Maulo sottolineando che sulla vertenza ''c'e stata troppa demagogia e confusione'' che ha impedito di spiegare ai lavoratori che non si ledeva nessun diritto''. ''Oggi hanno vinto prima di tutto i lavoratori di Mirafiori e li ringraziamo per aver creduto nelle nostre ragioni''. Lo ha detto il segretario generale dell'Ugl Giovanni Centrella commentando a caldo il risultato del referendum sull'accordo per il rilancio dello stabilimento di Mirafiori. ''La loro maturita' e i loro senso di responsabilita' - ha detto - hanno salvato decine di migliaia di posti di lavoro e faranno partire finalmente Fabbrica Italia''. "L'esito del referendum apre un'evoluzione nelle relazioni industriali soprattutto nelle grandi fabbriche che dovrebbe consentire un migliore uso degli impianti e effettiva crescita dei salari". Così, dai microfoni del Gr2 Rai, il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi commenta il risultato del referendum della Fiat di Mirafiori.
2011-01-14 14 gennaio 2011 INCHIESTA Arance, mafia e costi Raccolta ad alto rischio L’arancia di Sicilia? Resta sull’albero. L’isola si conferma come il maggiore produttore italiano di questo frutto, tra i più amati della nostra tavola, eppure c’è un paradosso che si consuma annualmente all’ombra dell’Etna così come nel cuore verde di questo territorio. Il problema è la raccolta, specie quando la produzione supera ogni aspettativa e abbatte i prezzi già estremamente bassi. È successo ad esempio nel 2010, quando sono stati prodotti circa 18 milioni di quintali di agrumi, secondo i dati Istat. Una crisi che stritola da anni i 25mila produttori siciliani, che coltivano i circa 93mila ettari ad arance, limoni e mandarini, dando lavoro a 98mila persone tra diretti e indotto, escluso il settore del commercio. Piccoli proprietari terrieri, con appezzamenti di pochi ettari, che non riescono a far tornare i conti. Il calcolo è presto fatto. Per produrre un chilo di arance sono necessari 30 centesimi, mentre i commercianti li comprano tra i 15 e i 25 centesimi al chilo, per l’alta qualità destinata alla tavola. Per il prodotto da destinare all’industria, appena il 10 per cento, il prezzo è di 8-9 centesimi al chilo per le arance bionde e 10 centesimi per le arance rosse. Mentre il costo della manodopera ammonta a 80 euro al giorno. Motivo per cui risulta crescente la presenza di manodopera extracomunitaria, spesso pagata meno e a nero, con rischi enormi e una sponda in più all’infiltrazione della criminalità organizzata, che in tutta Italia si stima crei un danno all’agricoltura pari a sette miliardi e mezzo di euro, fra estorsioni, furti, forme di caporalato e abigeato. "La situazione siciliana è paradossale – afferma il presidente della Coldiretti dell’isola, Alessandro Chiarelli – perché, nonostante nell’attuale campagna agrumicola si registri una riduzione della produzione del 10 per cento, il costo del prodotto non è aumentato". Pesanti anche le critiche alla grande distribuzione, "che impone ai supermercati l’acquisto degli agrumi non siciliani. Questo è un atteggiamento francamente incomprensibile". L’invasione di prodotto da altri Paesi, come il Perù, il Sudafrica e la Tunisia, dove la produzione cresce e il costo del lavoro è inferiore, è una delle minacce più gravi all’agrumicoltura siciliana. Sembra evidente, allora, che occorre correre ai ripari. Finora l’unica ciambella di salvataggio è stata rappresentata dai contributi che l’Unione europea eroga ai coltivatori, circa 1.100 euro ad ettaro. L’ipotesi avanzata in Calabria di aumentare la percentuale di succo nelle bibite è guardata come una possibilità. "Non si supererebbe così la crisi – osserva il direttore della Coldiretti, Giuseppe Campione – ma di certo si andrebbe verso un consumo di prodotto più razionale e adeguato all’alimentazione". Ma gli addetti ai lavori puntano a incentivare il consumo domestico, "il saggio uso delle spremute potrebbe contribuire a risollevare il comparto ed educare a una corretta alimentazione i nostri ragazzi in tutta la Penisola – suggerisce Salvatore Rapisarda, presidente del consorzio Euroagrumi, che riunisce tremila ettari di agrumeti nella Sicilia orientale –. Con una politica sbagliata abbiamo perso l’Italia e ci siamo illusi di guadagnare mercati lontani, dove il prodotto arriva stanco. Per creare una vera concorrenza dobbiamo valorizzare l’alta qualità del nostro prodotto". Alessandra Turrisi
14 gennaio 2011 TORINO Fiat, il giorno della verità Ha votato il 97,7% dei lavoratori Dopo il voto dei lavoratori del turno di notte si sono aperti alle 7.30 tutti e nove i seggi per il referendum interno alle carrozzerie di Mirafiori sull'accordo del 23 dicembre scorso, cruciale per il destino della fabbrica. I seggi rimarranno aperti fino alle 13, quando verranno chiusi brevemente. Riapriranno alle 14.30 per il turno del pomeriggio che completerà il voto dei 5.431 aventi diritto, dei quali 453 impiegati. I seggi si chiuderanno alle 19.30, quando cominceranno a venire compilati i verbali in ogni seggio. Dopodiché comincerà il conteggio delle schede. Per le scorse elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie lo spoglio ha richiesto alcune ore. In questo caso si dovrebbe trattare di un'operazione più semplice avendo da conteggiare solo i sì e i no e non le preferenze per i delegati. BERLUSCONI: "VINCERANNO I SI'" "Penso che vinceranno i sì con una percentuale piuttosto elevata e che quindi vincerà il buonsenso". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi in collegamento con Mattino Cinque, a proposito del referendum di Mirafiori. VOTA 97,7% LAVORATORI TURNO NOTTE Nel turno di notte allo stabilimento di Mirafiori della Fiat hanno votato per il referendum per l'accordo sul rilancio dell'impianto il 97,7% dei lavoratori presenti. Secondo quanto si apprende sono andati alle urne 384 lavoratori su 393 presenti. Nel turno di notte hanno lavorato più persone rispetto alle stime iniziali, in quanto la produzione leggermente aumentata ha richiesto un numero maggiore di addetti. Di fronte ai cancelli di Mirafiori con le prime luci del mattino il clima è del tutto tranquillo ed è ancora scarsa la presenza di delegati e attivisti sindacali a sostegno delle diverse posizioni nel referendum. Tra molte bandiere colorate dei diversi sindacati e striscioni tutti contrari all'accordo lavorano solo le truppe televisive per le dirette delle diverse reti. A metà giornata è previsto il cambio turno dei lavoratori del mattino che stanno votando nei nove seggi allestiti per loro. COMINCIATA SUSPENSE VOTO Il momento della verità è arrivato. Ventun giorni dopo l'accordo per il futuro di Mirafiori (firmato da Fismic, Fim, Uilm, Ugl e Associazione Quadri, ma non dalla Fiom), è scoccata l'ora X che chiama i 5.431 addetti delle Carrozzerie a esprimere il loro parere nel referendum in fabbrica. Sono in gioco investimenti per un miliardo di euro, la creazione della nuova società, la newco tra Fiat e Chrsyler che prevede la produzione di Suv di lusso che, a regime, dovrebbe raggiungere i 250-280 mila veicoli all'anno. In un clima di forti tensioni e di estrema attenzione da parte di tutto il Paese, nelle Carrozzerie di Mirafiori le urne sono state aperte alle 22 di ieri sera, all'inizio dell'ultimo turno nel quale sono impegnati 180 lavoratori. La Commissione elettorale ha deciso di aprire una sola delle 9 urne allestite nello stabilimento. Oggi saranno aperte tutte e toccherà a tutti gli altri operai (in tutto 5.431); alle 17 si chiuderanno i seggi, nella tarda serata arriveranno i risultati. L'allestimento dei seggi è stato seguito con cura meticolosa, un centinaio di persone vigileranno affinché tutto si svolga regolarmente fino allo spoglio di questa sera e alla proclamazione dei risultati. Il quesito referendario è molto semplice: "Approvi l'ipotesi di accordo del 23 dicembre?". In realtà, dietro quella semplice frase si nascondono tutti i punti dell'intesa, dai 18 turni di lavoro alle pause, dagli straordinari alla rappresentanza sindacale, dalla mensa ai provvedimenti in caso di assenza dal lavoro che in questi giorni sono stati oggetto di accesissime discussioni. Che per alcuni sono "il nuovo sistema di relazioni industriali" in linea con i tempi; per altri "il peggioramento delle condizioni di lavoro".
13 gennaio 2011 Mirafiori, la posta, le imposture Senza alibi, senza sconti Abbiamo troppo rispetto di chi lavora a Mirafiori, come nelle altre fabbriche, per dirgli come dovrebbe votare al referendum che comincia questa sera. "Cosa faremmo noi" al loro posto è irrilevante. E la politica sbaglia a schierarsi, anziché offrire analisi. Soprattutto dovrebbe evitare le uscite estemporanee come quelle di Berlusconi e di Vendola, che rischiano di ideologizzare ancor più la questione, invelenire il clima e spaccare, persino più drammaticamente, i lavoratori. È importante invece che i dipendenti Fiat abbiano strumenti di valutazione possibilmente obiettivi, perché possano esercitare meglio la loro responsabilità. Il punto focale, infatti, sta proprio qui: con il voto i lavoratori sono chiamati ad assumersi una responsabilità. Anzitutto rispetto al proprio destino personale, valutando se – in questa fase economica – l’investimento aziendale e un incremento salariale valgano il sacrificio di una turnazione più impegnativa, 10 minuti di pausa in meno e lo spostamento della mensa a fine turno. E ancora, considerare se l’aumento della produzione, un futuro più probabile per la Fiat a Torino e in Italia valgano la sfida di un altro assetto contrattuale che introduce sostanzialmente due novità. Il mancato pagamento dei primi giorni di malattia per gli assenteisti; la sanzione per quei sindacati – attenzione: non per i lavoratori – che dovessero proclamare lo sciopero nei turni straordinari. Ancora una volta si tratta dell’assunzione di una responsabilità. A fronte di un investimento – che potrebbe essere fatto in molte altri parti del mondo – la Fiat ha chiesto la corresponsabilità dei lavoratori e dei sindacati con un impegno scritto: il nuovo contratto. Per scongiurare il rischio che, in futuro, un lunedì non si presenti il 10% dei dipendenti o per il 18esimo turno straordinario magari scioperi un quarto degli operai, bloccando anche tutti gli altri, vanificando così il piano produttivo. Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic e Ugl si sono assunte questa responsabilità e hanno gettato le basi di un nuovo rapporto di maggiore partecipazione dei lavoratori ai destini dell’impresa. La Fiom – che contesta alcuni punti di merito dell’intesa, ritenendoli troppo onerosi – intende invece soprattutto conservare immutato e inderogabile il contratto nazionale come regolatore dei rapporti di lavoro. Uguali da Palermo a Bolzano, dalle piccole alle grandi imprese, disconoscendo la necessità di maggiori adattamenti azienda per azienda (che pure sono normali in mezza Europa, ad esempio alla Siemens, dove si è passati da 35 a 40 ore a parità di salario per evitare una delocalizzazione). Di qui la decisione di non firmare il patto e l’esclusione – meglio, l’autoesclusione – dalla rappresentanza in fabbrica. Ora ai lavoratori la scelta: sì, ci sto; no, non voglio. Il resto sono falsità e forzature ideologiche pericolose. E una cosa è comunque chiara: nessun diritto costituzionale viene conculcato. Rimane la libertà di scioperare, resta libera l’associazione sindacale. I delegati Fiom – se questa sigla non sottoscriverà l’accordo neppure dopo l’eventuale approvazione da parte dei lavoratori – non saranno riconosciuti da Fiat, non avranno diritto alle ore di permesso, ma potranno raccogliere iscritti, fare attività sindacale fuori dai cancelli e pure proclamare scioperi, se lo vorranno. Nulla di illegittimo o anti-democratico, a meno di non voler considerare illegale lo Statuto dei lavoratori, che verrà applicato a Mirafiori, come avveniva in tutt’Italia fino all’accordo interconfederale del 1993. In uno degli appelli lanciati dall’intellighenzia salottiera nostrana si legge che l’accordo Fiat è "l’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente". Ma le uniche sedi sindacali "messe nel mirino" sono state quelle di Cisl e Uil; a essere insultati e minacciati sono delegati e segretari sindacali che hanno firmato gli accordi. Le sole squadracce che si sono viste in azione venivano dai centri sociali. E questo la dice lunga su certa idea di democrazia. I lavoratori Fiat, votando oggi e domani, si assumono la loro responsabilità. Poi toccherà a Marchionne esercitare fino in fondo la propria, con investimenti, modelli di auto, uno scambio forte tra coinvolgimento e democrazia economica. Andrà preteso: senza alibi, senza sconti. Francesco Riccardi
14 gennaio 2011 LE SFIDE DEL LAVORO L'attesa degli operai "Ci giochiamo tutto" Cancelli di Mirafiori, la storia del movimento sindacale passa ancora una volta da corso Tazzoli. D’accordo, quarant’anni fa qui incontravi Berlinguer e oggi Nichi Vendola. Allora, Pci e sindacato erano una cosa sola, mentre oggi il peggior nemico del Pd è la Fiom, al punto che il sindaco Chiamparino invoca da Bersani "parole più nette e certe a sostegno del sì" e Piero Fassino – candidato a succedergli – teorizza che una cosa sono i diritti e un’altra "le condizioni per garantire quei diritti". Insomma, anche oggi la storia operaia passa da corso Tazzoli ma va subito a casa, a testa bassa, e davanti alle telecamere prende addirittura la rincorsa, come si faceva nell’autunno caldo per sfondare i cordoni della polizia: era questo il clima tra gli operai ieri, fuori dalla porta 2, al termine delle assemblee organizzate dalla Fiom per sostenere le ragioni del "no all’accordo di Marchionne". Un analogo appuntamento in una parrocchia della zona, promosso da Fim, Uilm, Ugl e Fismic che sostengono l’accordo, è andato deserto. Il segretario fiommino Maurizio Landini non ha rinunciato allo sfottò – "le assemblee per spiegare l’accordo le facciamo noi che non lo vogliamo" – ma la Fismic parla di un "clima di intolleranza" e addita la presenza degli "sconfitti di Pomigliano in cerca di un’improbabile rinvincita". Pronostici impossibili. Il sociologo torinese Bruno Manghi scommette sul sì ma avverte che Mirafiori "può sorprendere" perché "l’età media degli operai è alta e sono abituati a pensare che la fabbrica non chiuderà mai, che li soccorrerà sempre la politica". Il voto è iniziato con il turno delle 22 e terminerà stasera, verdetto finale a notte fonda. Voteranno in 5.500, quel che resta della "grande" Mirafiori. Quale che sia l’esito, Landini ha confermato che la Fiom non firmerà l’accordo (neppure la firma tecnica) e "la vertenza andrà avanti". Il segretario torinese dei metalmeccanici della Cgil, Giorgio Airaudo gigioneggia: "Sappiamo che i capi reparto della Fiat cercano di convincere a votare sì, ma le nostre assemblee sono affollatissime e quando ho dato del vile a Berlusconi c’è stato un boato di applausi". Promette che dopo il referendum, "la Cgil resterà in fabbrica. Poiché l’accordo impedisce ogni azione sindacale a partire dal diritto di sciopero, saremo ogni giorno davanti ai cancelli". Aspettiamoci qualcosa di simile ai gazebo già installati dalla sinistra antagonista e dai Cobas: ascoltarne i comizi improvvisati, ieri, significava fare un salto indietro di decenni. Al 1968, ad esempio, di Alfonso Natella, il quale raccontava a tutti di quando bloccò la linea di montaggio di Mirafiori e lo volevano arrestare, "ma i compagni lo impedirono: per fortuna c’era ancora l’Unione sovietica". Oppure agli anni Settanta del trotzkista Marco Ferrando, espulso da Rifondazione per il caso Nassirya: oggi portavoce del partito comunista dei lavoratori fa sapere che "se la Fiat decidesse di andarsene dall’Italia scatterebbe l’occupazione delle sue fabbriche". Tanta pressione si traduce in indecisione. Egidio, quarant’anni, ci spiega che voterà "sì, ma è un ricatto bello e buono". Sì anche per Loredana, ma solo perché ha due figli e "che peso decidere per tutti i lavoratori, ma sarà poi vero che con questo contratto cambia il modo di lavorare in tutta Italia?". Pietro invece non ha dubbi, "no" stentoreo con nostalgia: "Mio nonno lavorava in Fiat, mio padre lavorava in Fiat, mia madre lavorava in Fiat. Hanno lottato per quei diritti". Quel che fa più paura alle tute blu sono i vincoli sull’orario, sui turni, sulle pause, sulle malattie, il "clima da azienda cinese" insomma. Anche se Damiano, 23 anni di Mirafiori, un po’ cinese si sente già adesso: per otto ore al giorno avvita cinture di sicurezza, "un minuto e mezzo l’una, 220 cinture al giorno, 620 bulloni". Sergio applica lo stesso numero di canaline; per ognuna deve sparare undici viti nello stesso minuto e mezzo. La matematica della catena di montaggio spiega meglio di qualsiasi analisi finanziaria perché i bisogni fisiologici di un operaio possano decidere il futuro dell’auto made in Italy. Paolo Viana
2011-01-13 13 gennaio 2011 LA SFIDA DEL LAVORO Il futuro di Mirafiori Voto ad alta tensione Alta tensione alla vigilia del referendum di Mirafiori. Da stasera i lavoratori inizieranno a votare sull’intesa firmata tra i sindacati, Fiom-Cgil esclusa, e la Fiat, mentre i toni e il clima del confronto si scaldano dentro e fuori la fabbrica, nella città di Torino e nel Paese. Ieri è scoppiata una nuova polemica tra le tute blu della Cgil e l’azienda, con il sindacato che ha accusato la Fiat di fare pressione diretta sui lavoratori per spingerli al sì e il Lingotto che ha replicato che le attività svolte "rientrano nelle prerogative aziendali". Un messaggio distensivo è arrivato in serata da Sergio Marchionne che, parlando da Detroit, ha affermato: "Ai lavoratori di Mirafiori dico di avere fiducia nel futuro e in loro stessi. Niente altro". "Mi piacerebbe tanto avere con Landini (il leader Fiom, ndr) lo stesso rapporto che ho con Bob King", ha aggiunto quindi l’amministratore delegato della Fiat, abbracciando calorosamente all’uscita di un hotel il presidente dello Uaw, il sindacato americano che è anche azionista Chrysler. "Mi piacerebbe, perché bisogna condividere il futuro con le parti sociali e noi ci abbiamo provato", ha sottolineato Marchionne. Un invito sdrammatizzante a fronte di un clima che davanti ai cancelli delle Carrozzerie, dove si fronteggiano le diverse pattuglie sindacali, è invece pesante. Mentre rimbalza a Torino anche la dura polemica che coinvolge i vertici politici e sindacali. Momenti di tensione si sono avuti in tarda mattinata a Mirafiori quando il leader di Sinistra e Libertà Nichi Vendola è arrivato per un comizio davanti alla fabbrica parlando di "referendum porcata" ed è stato contestato da alcuni attivisti della Fismic, una delle sigle firmatarie dell’accordo. Tra contestatori e sostenitori del presidente pugliese si è sfiorato lo scontro. Il capo della Fim torinese Claudio Chiarle ha annunciato che la sua organizzazione ha bloccato i volantinaggi ai cancelli "perché non c’è più l’agibilità democratica". Ieri pomeriggio, ha raccontato, alcune tute blu della Cisl "sono state aggredite verbalmente da un gruppo di persone che sono estranee a Mirafiori". Per la stessa ragione il fronte sindacale del sì all’intesa ha deciso di organizzare oggi assemblee informative fuori dall’orario di lavoro e fuori dalla fabbrica, invitando i lavoratori nei locali della vicina parrocchia del Redentore. Assemblee interne agli stabilimenti saranno tenuto invece oggi dalla Fiom. Nella serata di ieri la stessa federazione Cgil, che contesta tanto l’accordo quanto la validità de voto dei lavoratori giudicandolo non libero, ha organizzato una fiaccolata nel centro di Torino. Ma fin dal mattino le tute blu Fiom avevano aperto le ostilità accusando il Lingotto di "sostituirsi ai sindacati" perché durante i turni di lavoro rappresentanti dell’azienda avrebbero fermato la produzione e riunito i lavoratori per spiegare i termini del nuovo contratto. "La Fiat sta facendo le sue assemblee nel silenzio degli altri sindacati e ha assunto la guida del fronte del sì", ha accusato Giorgio Airaudo, responsabile del settore auto della Fiom. Per il Lingotto però gli incontri tenuti in fabbrica sono pienamente legittimi mentre i sindacati del fronte del sì hanno sottolineato che non si tratta di una novità nel mondo Fiat. "La Fiom si tranquillizzi, la Fiat ha sempre fatto questi incontri e in genere ottiene l’effetto contrario – ha osservato con una punta di polemica il segretario nazionale della Fim Cisl Bruno Vitali – : anche a Pomigliano la Fiat ha presentato l’accordo e infatti abbiamo perso voti". Il referendum inizia questa sera dalle 22 con i lavoratori del turno notturno e prosegue nella giornata di domani. Le operazioni di voto dovrebbero terminare alle 18 e 30 e l’esito sarà noto entro la serata. La vertenza Fiat però non sembra destinata a finire lì. Nicola Pini
13 gennaio 2011 Mirafiori, la posta, le imposture Senza alibi, senza sconti Abbiamo troppo rispetto di chi lavora a Mirafiori, come nelle altre fabbriche, per dirgli come dovrebbe votare al referendum che comincia questa sera. "Cosa faremmo noi" al loro posto è irrilevante. E la politica sbaglia a schierarsi, anziché offrire analisi. Soprattutto dovrebbe evitare le uscite estemporanee come quelle di Berlusconi e di Vendola, che rischiano di ideologizzare ancor più la questione, invelenire il clima e spaccare, persino più drammaticamente, i lavoratori. È importante invece che i dipendenti Fiat abbiano strumenti di valutazione possibilmente obiettivi, perché possano esercitare meglio la loro responsabilità. Il punto focale, infatti, sta proprio qui: con il voto i lavoratori sono chiamati ad assumersi una responsabilità. Anzitutto rispetto al proprio destino personale, valutando se – in questa fase economica – l’investimento aziendale e un incremento salariale valgano il sacrificio di una turnazione più impegnativa, 10 minuti di pausa in meno e lo spostamento della mensa a fine turno. E ancora, considerare se l’aumento della produzione, un futuro più probabile per la Fiat a Torino e in Italia valgano la sfida di un altro assetto contrattuale che introduce sostanzialmente due novità. Il mancato pagamento dei primi giorni di malattia per gli assenteisti; la sanzione per quei sindacati – attenzione: non per i lavoratori – che dovessero proclamare lo sciopero nei turni straordinari. Ancora una volta si tratta dell’assunzione di una responsabilità. A fronte di un investimento – che potrebbe essere fatto in molte altri parti del mondo – la Fiat ha chiesto la corresponsabilità dei lavoratori e dei sindacati con un impegno scritto: il nuovo contratto. Per scongiurare il rischio che, in futuro, un lunedì non si presenti il 10% dei dipendenti o per il 18esimo turno straordinario magari scioperi un quarto degli operai, bloccando anche tutti gli altri, vanificando così il piano produttivo. Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic e Ugl si sono assunte questa responsabilità e hanno gettato le basi di un nuovo rapporto di maggiore partecipazione dei lavoratori ai destini dell’impresa. La Fiom – che contesta alcuni punti di merito dell’intesa, ritenendoli troppo onerosi – intende invece soprattutto conservare immutato e inderogabile il contratto nazionale come regolatore dei rapporti di lavoro. Uguali da Palermo a Bolzano, dalle piccole alle grandi imprese, disconoscendo la necessità di maggiori adattamenti azienda per azienda (che pure sono normali in mezza Europa, ad esempio alla Siemens, dove si è passati da 35 a 40 ore a parità di salario per evitare una delocalizzazione). Di qui la decisione di non firmare il patto e l’esclusione – meglio, l’autoesclusione – dalla rappresentanza in fabbrica. Ora ai lavoratori la scelta: sì, ci sto; no, non voglio. Il resto sono falsità e forzature ideologiche pericolose. E una cosa è comunque chiara: nessun diritto costituzionale viene conculcato. Rimane la libertà di scioperare, resta libera l’associazione sindacale. I delegati Fiom – se questa sigla non sottoscriverà l’accordo neppure dopo l’eventuale approvazione da parte dei lavoratori – non saranno riconosciuti da Fiat, non avranno diritto alle ore di permesso, ma potranno raccogliere iscritti, fare attività sindacale fuori dai cancelli e pure proclamare scioperi, se lo vorranno. Nulla di illegittimo o anti-democratico, a meno di non voler considerare illegale lo Statuto dei lavoratori, che verrà applicato a Mirafiori, come avveniva in tutt’Italia fino all’accordo interconfederale del 1993. In uno degli appelli lanciati dall’intellighenzia salottiera nostrana si legge che l’accordo Fiat è "l’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente". Ma le uniche sedi sindacali "messe nel mirino" sono state quelle di Cisl e Uil; a essere insultati e minacciati sono delegati e segretari sindacali che hanno firmato gli accordi. Le sole squadracce che si sono viste in azione venivano dai centri sociali. E questo la dice lunga su certa idea di democrazia. I lavoratori Fiat, votando oggi e domani, si assumono la loro responsabilità. Poi toccherà a Marchionne esercitare fino in fondo la propria, con investimenti, modelli di auto, uno scambio forte tra coinvolgimento e democrazia economica. Andrà preteso: senza alibi, senza sconti. Francesco Riccardi
13 gennaio 2011 LA SFIDA DEL LAVORO Berlusconi: "Se vince il no è giusto che Fiat lasci l'Italia" Non sono pentito. Ho detto solo quello che pensavo, solo quello di cui sono convinto". Silvio Berlusconi, quando è già notte, ripete in maniera più netta quella linea spiegata in conferenza stampa a Berlino. "Se i lavoratori dovessero bocciare con il referendum l’accordo raggiunto tra la Fiat e i sindacati Marchionne avrebbe buoni motivi per spostarsi in altri Paesi". A una manciata di ore dal momento della verità il presidente del Consiglio rompe il silenzio e si schiera con l’amministratore delegato di Fiat. Lo fa ufficialmente davanti a telecamere e taccuini. Lo fa sapendo di provocare reazioni. Ha letto tutto, il premier. L’atto d’accusa di Bersani, i toni aspri della Camusso... Ha letto, ha pensato e ha scelto di chiudersi la bocca e di confidare le sue sensazioni solo ai collaboratori più ascoltati: "Bersani? Oramai pensa solo a se stesso. E per garantirsi la sopravvivenza è pronto a trascinare il Pd sul fondo e a schierarlo a fianco della Fiom". C’è amarezza nel tono della voce. "Il mondo corre, la globalizzazione è un dato di fatto e non farci i conti è imperdonabile. Marchionne? Ha messo in moto una rivoluzione che non posso non comprendere". Chiuso nel suo ufficio di Palazzo Chigi Berlusconi si interroga su due verdetti. Quello della Consulta sul legittimo impedimento. E quello di Mirafiori. "C’è in gioco il destino di troppi lavoratori... Speriamo in un esito positivo della vicenda", ripete sottovoce il premier. È stato a Berlino con Emma Marcegaglia. Ha parlato con lei. Anche di Fiat. Come in altre occasioni. E ora il presidente di Confindustria si schiera con assoluta netteza: "Siamo dalla parte della Fiat e auspichiamo che il referendum possa passare". Rispetto al Cavaliere c’è solo un di più di prudenza. Ma il senso è identico. La linea è la stessa. "Non c’è nessuna lesione di diritti. Fiat vuole investire...". Non serve mettere in fila le perplessità sull’atteggiamento di un pezzo di sindacato. La Marcegaglia capisce il senso della sfida del premier. La condivide. "Effettivamente in Italia c’è una difficoltà ad attrarre investimenti. Così come c’è anche una scarsa produttività. Le cose che Fiat chiede, in Germania esistono già da molti anni". È un dibattito senza fine. Che trova un governo compatto. Che unisce Pdl e Lega. "Io sono a favore di questo accordo e spero tanto che vincano i sì", dice il presidente del Piemonte, Roberto Cota. Poi chiosa: "Noi, come territorio, non possiamo permetterci di perdere questo investimento e questi posti di lavoro". È anche un dibattito che fa risaltare le distanze tra questo Pd e l’Udc di Casini che dopo una premessa che fa titolo ("Marchionne non è un santo") ripete la linea: i lavoratori approvino il piano di rilancio degli stabilimenti Fiat. Insomma c’è solo una strada perchè – spiega Casini – "in un mondo in grande trasformazione, in un mercato che offre sempre nuove opportunità, il rischio è che la competività delle nostre imprese si indebolisca ancora di più per l’esodo dei capitali stranieri". Berlusconi potrebbe sottoscrivere. Casini, però, arriva alla fine e la sintonia diventa sempre più evidente: "In Europa siamo il Paese che attira meno investimenti esteri, se ci aggiungiamo che gli investimenti possono essere dirottati altrove a causa dell’ostilità di una parte del sindacato, questo sarebbe estremamente negativo. Marchionne non è un santo. Sta facendo forzature evidenti, che sono sotto gli occhi di tutti, ma io mi auguro ugualmente che i lavoratori approvino il referendum sul piano di rilancio. Il rischio di perdere gli investimenti e il rischio che si dirigano verso altri paesi europei sarebbe drammatico, per le imprese e per i lavoratori". Arturo Celletti
2011-01-12 12 gennaio 2011 TORINO Fiat, tensione prima del referendum Il premier con Marchionne Ultime battute per Mirafiori, oggi è la vigilia del referendum sull'intesa sottoscritta da Fiat con Fim, Fismic, Ugl, Uilm, ma non con la Fiom. Urne aperte domani fino alle 22. Forte tensione, urla, liti e slogan all'arrivo del leader di Sinistra Ecologia e Libertà, Nichi Vendola ai cancelli di Mirafiori a causa di una contestazione organizzata dai sindacalisti della Fismic. Dapprima alcuni aderenti a questo sindacato hanno urlato davanti a fotografi e telecamere, intimando a Vendola di andarsene, "perché il comunismo è finito". Poi hanno mostrato fotocopie di un articolo de Il Giornale critico nei confronti del leader di Sel. Questa decina di attivisti è stata fronteggiata da altrettanti sostenitori di Vendola e tra i due schieramenti sono volati insulti, minacce e qualche sputo. VENDOLA: "REFERENDUM È UNA PORCATA" "Un referendum come questo è una porcata per usare la celebre espressione di Calderoli". Lo afferma il leader di Sinistra Ecologia e Libertà, Nichi Vendola ai cancelli di Mirafiori a proposito della prossima consultazione sull'accordo alle Carrozzerie. "Bisogna avere rispetto di tutti i lavoratori - ha aggiunto Vendola - comunque voteranno e io non voglio parlare di un orientamento al referendum perché decidono i lavoratori". "Il governo non è assente, il governo che avrebbe dovuto svolgere il ruolo dell'arbitro tra le due squadre è invece sceso in campo a gamba tesa dalla parte di Marchionne", ha aggiunto il leader di Sinistra Ecologia e Libertà, in merito al prossimo referendum sull'accordo Fiat. "Questo è davvero un fatto gravissimo, inaudito - ha aggiunto Vendola - perché snatura anche le relazioni industriali nel momento in cui il Governo scende in campo contro i lavoratori". BERLUSCONI SI SCHIERA CON MARCHIONNE Nel caso in cui il referendum bocciasse l'intesa raggiunta "le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri Paesi". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, commentando l'accordo raggiunto tra Fiat e sindacati. Il premier, nel corso della conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco, Angela Merkel, si è comunque augurato "che la vicenda possa avere esito positivo". CAMUSSO: "PAROLE BERLUSCONI-MARCHIONNE DANNO PAESE" "Il presidente del Consiglio sta facendo una gara con l'amministratore delegato della Fiat tra chi fa più danno al nostro Paese". Lo afferma il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, commentando le parole del premier, Silvio Berlusconi, secondo cui se passa il no al referendum di Mirafiori ci sono buoni motivi per lasciare l'Italia. BERSANI, BERLUSCONI SI VERGOGNI PENSI ALL'ITALIA "Berlusconi non se ne accorge perché è un miliardario ma noi paghiamo a lui uno stipendio che gli sembrerà misero per occuparsi dell'Italia e fare gli interessi del Paese e non per fare andare via le aziende". Così il segretario del Pd Pier Luigi Bersani giudica "vergognose" le parole del premier Silvio Berlusconi per il quale è comprensibile che la Fiat lascia l'Italia se al referendum non passa l'accordo. FIOM ACCUSA AZIENDA: "ASSEMBLEE PER CHIEDERE DI VOTARE SI'" "I dirigenti della Fiat stanno incontrando gruppi di lavoratori per spiegare l'accordo, ma di fatto per chiedere di votare sì". A dirlo è il responsabile del settore auto della Fiom Giorgio Airaudo, che accusa la Fiat di fare sindacato svolgendo le proprie assemblee. La Fiat ha risposto che "è nelle sue prerogative" spiegare un accordo che l'azienda ha firmato. "Da questa mattina, alle Carrozzerie di Mirafiori - afferma Airaudo - si sta verificando un fenomeno singolarissimo. La produzione viene fermata dall'azienda e gruppi di lavoratori vengono riuniti dalla gerarchia aziendale che spiega loro, a modo suo, i contenuti dell'accordo separato del 23 dicembre. In pratica, la Fiat sta facendo le sue assemblee".
12 gennaio 2011 IL VERTICE Merkel: "Aiutare Paesi a rischio" Berlusconi: "No al pessimismo" MERKEL: AIUTARE PAESI IN EMERGENZA "Credo che, passo dopo passo, il nostro compito sia quello di aiutare i Paesi in emergenza. Ci devono essere bilanciamento, solidarietà e controllo della crescita in Europa" che sono "la faccia della stessa medaglia. Possiamo farcela perchè vogliamo farcela, nessun collega europeo pensa che con questa determinazione non possiamo farcela". Lo ha detto il cancelliere tedesco Angela Merkel nella conferenza stampa congiunta con il premier italiano, in occasione del vertice italo-tedesco, rispondendo a una domanda sulla crisi che ha colpito il Portogallo. Berlusconi è arrivato a Berlino accompagnato da cinque ministri: Frattini, Matteoli, Prestigiacomo, Tremonti e Romani. Alla colazione di lavoro parteciperanno poi esponenti del settore industriali dei due Paesi. Per l'Italia sono presenti il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, l'ad di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti e l'ad di Eni, Paolo Scaroni. CRISI, NON SOTTOVALUTARE IL FATTORE PSICOLOGICO "In una crisi dei consumi e degli investimenti è molto importante il fattore psicologico" ha detto sempre Berlusconi durante la cponferenza stampa. "Non bisogna diffondere pessimismo tra i cittadini e gli operatori ma è una responsabilità dei singoli governi cercare di dare una prospettiva positiva dell'economia, sostenere i consumi e cercare di infondere fiducia e ottimismo". "In una indagine fatta in Italia si vede che su persone che non hanno nulla da temere dalla crisi, cioè tra impiegati e pensionati pubblici si verifica un'astensione da certi acquisti, con la motivazione che siamo in crisi". "È un dovere di tutti noi che abbiamo responsabilità di governo - ha concluso Berlusconi - infondere fiducia e non fare il contrario cedendo alla diffusione del pessimismo". DRAGHI ALLA BCE "Ovvio che saremmo onorati se scelta europea cadesse su governatore nostra banca d'Italia". Così il premier ha risposto a una domanda sulla candidatura di Mario Draghi alla Bce.
LEGITTIMO IMPEDIMENTO "Io la legge sul legittimo impedimento non l'ho mai richiesta", ha aggiunto Berlusconi, "è un'iniziativa portata avanti dai gruppi parlamentari e io sono totalmente indifferente al fatto che possa esserci o meno un fermo di processi che considero ridicoli e inesistenti, come ho giurato sui miei figli e sui miei nipoti". NO A GRANDE COALIZIONE "Non credo che in Italia ci siano spazi per una grande coalizione" ha detto il presidente delConsiglio. Che ha aggiunto di non vedere nemmeno spazi per un confronto con l'opposizione che "è divisa, senza leader, senza progetti, senza idee. Non vediamo dentro questa coalizione - ha concluso - nessuna persona che possa essere presa sul serio e con cui sia possibile parlare in modo serio".
2011-01-11 11 gennaio 2011 FIAT Marchionne: "Lavoro per l'Italia" Camusso: "Insulta il Paese" "La Fiat sbaglia tempo e sbaglia risposte e riduce i diritti dei lavoratori e la loro fiducia sulle prospettive", ha detto oggi Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, sottolineando "la debolezza industriale dell'azienda" e "il mistero che continua a circondare il piano Fabbrica Italia". "Se Fiat può tenere nascosto il piano è anche perché c'è un governo che non fa il suo lavoro ma è tifoso e promotore della riduzione dei diritti. È così tifoso che non ha il coraggio di vedere che quando l'amministratore delegato insulta ogni giorno il Paese non offende solo i cittadini e il Paese ma in realtà dice della qualità di governare e delle risposte che vengono date", risposte "sbagliate". "La signora Camusso può dire quello che vuole, ma vada a guardare il piano industriale della Volkswagen, che arriva fino al 2018, e mi spieghi quanti dettagli ci sono". Così ha replicato l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, dal salone dell'auto di Detroit. "Non c'è una pagina con una riga sugli investimenti. Il piano della Volkswagen l'ho letto anch'io. Noi perlomeno lo abbiamo quantificato e abbiamo dato anche uno spazio temporale". "Se introdurre un nuovo modello di lavorare in Italia - ha detto sempre Marchionne - significa insulto mi assumo le mie responsabilità, ma non lo è. L'ho già detto e lo continuo a ripetere: è un messaggio totalmente coerente con la strategia industriale di questo gruppo". "Siamo assolutamente convinti - ha aggiunto - che il modo di operare industrialmente in Italia, anche sulla base della nostra esperienza a livello internazionale, debba essere rinnovato. Stiamo cercando di cambiare una serie di relazioni che storicamente hanno guidato il sistema italiano. In questo sono assolutamente colpevole, stiamo cercando di cambiarlo, di aggiornarlo e di renderlo competitivo. Non si può confondere con un insulto all'Italia. Anzi vogliamo più bene noi all'Italia in questo senso cercando di cambiarla. Il vero affetto è cercare di fare crescere le persone e farle crescere bene, stiamo cercando di farlo a livello industriale. Il fatto che sia un modo nuovo non lo metto in dubbio e nemmeno che sia dirompente perché cambia il sistema delle relazioni storiche, ma che in questo si veda una mancanza di affetto verso l'Italia è ingiustificato. È uno sforzo sovraumano, non lo farebbe nessun altro". "Non ce l'ho né con la Cgil, né con Camusso, né con la Fiom e nemmeno con Landini - ha continuato il top manager Fiat - hanno punti di vista completamente diversi dal nostro che non riflettono quello che vediamo noi a livello internazionale". "Nessuno sta dicendo loro di cambiare punto di vista - ha aggiunto - ma questo non permette loro di accusare gli altri di non volere bene all'Italia. Non si risolve niente così".
2011-01-10 10 gennaio 2011 TORINO Fiat sale al 25% di Chrysler Sindacati divisi su Mirafiori La Fiat è salita dal 20 al 25% della Chrysler. La notizia è stata data dall'amministratore delegato Sergio Marchionne in un incontro con i giornalisti italiani a Detroit. Marchionne ha spiegato che è stata adempiuta la prima condizione per l'aumento della quota, quella relativa alla certificazione del primo motore con tecnologia Fiat per l'uso in America. "La possibilità di salire entro quest'anno al 51% c'è", ha aggiunto Marchionne. E sulle nuove scritte insultanti, apparse dopo la stella a cinque punte di ieri, l'ad di Fiat ha detto che "sono di sicuro fuori posto e riflettono una mancanza di civiltà che credo non sia opportuna per l'Italia. Siamo fiduciosi - ha aggiunto - che l'aspetto razionale prevalga. Lasciamo fuori l'ideologia politica e facciamo qualcosa di buono per l'azienda e per i lavoratori come vogliamo fare a Mirafioni". LA STELLA A CINQUE PUNTE Una scritta contro Marchionne con la stella a cinque punte è stata tracciata, con vernice rossa a Torino su un grande manifesto pubblicitario nel centro cittadino, sul cavalcavia di corso Sommellier. Altre scritte sono state tracciate, sempre con vernice rossa e sempre con la stella a cinque punte, su due manifesti pubblicitari vicini al primo. Sul posto sono intervenuti gli investigatori della Digos che hanno avviato indagini. Secondo gli investigatori della Digos della Questura di Torino la stella a cinque punte non può essere tradotta immediatamente con collegamenti, più o meno diretti, con presunte o sedicenti Brigate rosse. A parere degli investigatori, si tratta di "una simbologia forte", non così "inedita" neppure negli ultimi tempi, usata comunque per "alzare il tono" e per attirare la massima attenzione. D'altronde - rilevano gli stessi investigatori - il dibattito sulla questione Fiat-Marchionne è a tinte forti anche a livello istituzionale, politico e televisivo, da non far meravigliare se alcune persone, magari anche tra i più giovani e comunque tra i cosiddetti antagonisti, cerchi di "calcare la mano". Il livello di attenzione da parte della Digos e delle forze dell'ordine nel loro complesso - hanno riferito fonti investigative - è comunque alto, soprattutto in considerazione del fatto che siamo a pochi giorni dal referendum di giovedì e venerdì prossimi sull'accordo su Mirafiori. La condanna per le scritte è stata subito unanime, a partire dalla Fiom e dalla Cgil ("Netta condanna di ogni forma di violenza e di ogni forma di critica e di battaglia politica antidemocratica", in "un momento troppo delicato per dare spazio a provocazioni di qualsiasi natura e da qualsiasi parte provengano", con l'invito "a non cadere in trappole mediatiche o peggio folcloristiche"). Il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota invita a "non abbassare la guardia"; per il Pd non ci deve essere alcun "pretesto per la violenza, neanche simbolica", mentre per il vicepresidente dei deputati del Pdl, Osvaldo Napoli "lo sdegno della sinistra è ipocrita". VERSO IL REFERENDUM Intanto riparte la produzione a Mirafiori, dopo tre settimane di cassa integrazione, a pochi giorni dal referendum sul futuro dello stabilimento, fissato per giovedì e venerdì prossimi. Da mercoledì saranno nello stabilimento tutti i 5.500 operai. I primi a rientrare, stamani, sono stati gli operai dell'Alfa Mito (300 con il primo turno, alle 6; altri 500 negli altri due turni della giornata). Ai cancelli hanno trovato tre diversi volantini: quello del fronte del sì all'accordo del 23 dicembre di Fim, Uilm, Fismic e Ugl ("Mirafiori c'è, ora dipende da te"), quello della Fiom, presente con il camper metalmeccanico alla porta 2, che ha distribuito l'intero testo dell'accordo (70 pagine) con un commento, e quello dei Cobas ("Siamo tutti Mirafiori, nessuna resa"). "La Fiom ha deciso di distribuire l'intero accordo - ha spiegato Federico Bellono, segretario generale delle tute blu torinesi della Cgil - perchè noi, a differenza degli altri sindacati, abbiamo deciso di fare le assemblee (in programma domani e mercoledì, ndr) e quindi abbiamo deciso di privilegiare l'aspetto informativo". "I lavoratori - ha sottolineato Vincenzo Aragona, segretario della Fismic Piemonte - sono consapevoli di come votare il 13 e il 14: sceglieranno il sì per tutelare l'investimento, l'occupazione, i diritti". Il volantinaggio proseguirà anche al cambio turno delle 14 e a quello delle 22. Davanti alla porta 2 di Mirafiori oggi pomeriggio è atteso il segretario generale Fismic, Roberto Di Maulo. ANCORA NESSUNA INTESA SU MIRAFIORI Ancora nessuna intesa tra Cgil e Fiom sulla linea da adottare per l'accordo sullo stabilimento Fiat di Mirafiori, che verrà sottoposto a referendum dei lavoratori giovedì e venerdì. Ieri, dopo una riunione fiume delle segreterie, il leader della Fiom, Maurizio Landini, ha assicurato che "non c'è nessuna spaccatura" con la Cgil, ribadendo però che in caso di vittoria dei sì la Fiom non apporrà alcuna firma tecnica. D'altronde, ha spiegato, "l'evenutale firma tecnica non è stata particolare oggetto della discussione perchè c'è stato un pronunciamento del comitato centrale della Fiom e per noi quell'accordo resta non firmabile". "Il tema - ha sottolineato anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso - non è mai stato una soluzione tecnica, ma come garantire la libertà dei lavoratori di avere un sindacato e di eleggere i propri rappresentanti". Perché, ha proseguito, "continuamo a giudicare negativo" l'accordo di Mirafiori, "i lavoratori dovrebbero votare no". Dunque, il nodo resta quello delle iniziative da adottare nei prossimi giorni. Ed è proprio su questo che continuerà il confronto. Intanto, la Cgil ha confermato l'appoggio alla Fiom per lo sciopero generale indetto per il 28 gennaio: "La Cigl - ha precisato la Camusso - è impegnata con la Fiom per la massima riuscita dell'agitazione". Sul tema dell'accordo di Mirafiori è intervenuto anche il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, il quale è tornato ad auspicare una vittoria dei sì al referendum "in modo da garantire questo importante investimento" che "consoliderebbe l'investimento nell'industria automobilistica e allo stesso tempo sarebbe una garanzia di posti di lavoro e di crescita dei salari". Per il vicepresidente di Confindustria con delega alle relazioni industriali, Alberto Bombassei, quello di Marchionne "non è un ricatto" ma sono "le condizioni minimali" per poter investire. E su questo ha aggiunto che "Marchionne finora ha fatto quello che ha detto e, se si è impegnato sugli investimenti, vi terrà certamente fede". Ma a surriscaldare il clima attorno alla vertenza Mirafiori sono state proprerio le scritte apparse a Torino contro l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, firmate con la stella cinque punte. LANDINI, VERTENZA APERTA, PARTITA PUO' ESSERE VINTA La vertenza sullo stabilimento Fiat di Mirafiori "è ancora aperta" e la partita "può essere vinta e risolta positivamente". Lo ha detto il segretario generale della Fiom Cgil Maurizio Landini nel corso di una conferenza stampa. Landini ha ribadito "il pieno sostegno della Cgil" sulla vertenza a partire dall'impegno nella riuscita dello sciopero del 28 gennaio. Il segretario generale Susanna Camusso sarà in piazza con i metalmeccanici il 27 a Bologna poiché l'Emilia Romagna anticipa di un giorno la protesta a causa di una festività. Landini ha annunciato a sostegno della vertenza contro l'accordo sullo stabilimento di Mirafiori firmato dagli altri sindacati una sottoscrizione straordinaria e una raccolta di firme. Landini ha ribadito che la Fiom non firmerà comunque l'accordo indipendentemente dal risultato del referendum del 13-14 gennaio. CAMUSSO, ACCORDO SBAGLIATO, LAVORATORI VOTINO NO Quello di Mirafiori è "un accordo sbagliato. È bene che i lavoratori si esprimano con un no al referendum". Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ai microfoni del Tg3. "Bisogna difendere il diritto dei lavoratori di essere liberi di poter scioperare e di votare i propri rappresentanti sindacali", ha affermato, sottolineando che per queste "ragioni saremo con loro - ha aggiunto riferendosi alla Fiom - allo sciopero generale del 28 gennaio". BONANNI, SE FIOM FOSSE MAGGIORITARIA AZIENDA GIA' ALTROVE "Dal mese di giugno la Fiom sta tentando di creare confusione nelle fabbriche con scioperi mal riusciti". Lo ha dichiarato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, secondo il quale se il sindacato dei metalmeccanici della Cgil "fosse maggioritario, e non lo è, avrebbe spinto la Fiat ad andarsene dall'Italia". Parlando a Mattino Cinque su Canale5, Bonanni ha aggiunto che "quando si parla di flessibilità si fa confusione. Marchionne ci ha chiesto una sola cosa: non meno salario, non taglio di alcuni diritti, ma solo di permettere una organizzazione del lavoro in grado di sfruttare al 100% gli impianti. I dipendenti lavoreranno otto ore come prima, ma in tre turni giornalieri, è tutto lì". Quanto infine alla ricomparsa della stella a cinque punte, Bonanni ha affermato che "purtroppo la storia d'Italia è stata sempre così: si comincia con le invettive, si continua con calunnie e minacce, ma dentro questo gioco di fantasmi ci possono essere situazioni torbide". STABILIMENTO TERMINI IMERESE RIAPRE DOPO CIG Riapre lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, dopo tre settimane di cassa integrazione: tornano in fabbrica 2.200 lavoratori dell'azienda e dell'indotto. Già dalla prossima settimana si prevede un nuovo periodo di stop alla produzione. Il 17 e il 24 gennaio i lavoratori saranno in cassa integrazione per l'intera giornata lavorativa, mentre dal 28 gennaio al 6 febbraio per una settimana. Intanto è atteso nei prossimi giorni l'incontro tra il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani e le organizzazioni sindacali sui dettagli dell'accordo di programma quadro e del piano di investimenti per il rilancio dello stabilimento siciliano, che la casa automobilistica torinese ha deciso di chiudere dal 1 gennaio 2012.
2011-01-05 5 gennaio 2011 SINDACATI Fiat: a Mirafiori si vota il 13 e 14 Il referendum sull'accordo per il rilancio dello stabilimento Fiat di Mirafiori si svolgerà il 13 e il 14 gennaio. Le urne saranno aperte infatti dall'ultimo turno di lavoro del 13 gennaio e si chiuderanno alla fine del secondo turno del 14 gennaio. Sarà dunque possibile rendere noti i risultati già nel corso del pomeriggio del 14. A riferire i termini dell'accordo tra i sindacati è il leader della Uilm, Rocco Palombella.
2011-01-04 4 gennaio 2011 RELAZIONI INDUSTRIALI Fiat, segreterie Cgil e Fiom s'incontreranno domenica È fissato a domenica 9 gennaio alle 12 l'incontro tra le segreterie della Cgil e della Fiom. Temi della riunione saranno l'accordo sullo stabilimento Fiat di Mirafiori (non firmato dalla Fiom) e l'eventuale firma tecnica dell'intesa, nel caso di esito positivo del referendum che si terrà nei prossimi giorni. L'incontro era stato chiesto dalla Fiom. Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ha sottolineato che dalla riunione di domenica non usciranno sorprese sul dossier Fiat. "La linea rimane quella decisa dal comitato centrale - ha detto Landini - la riunione di domenica servirà solo a mettere a punto le prossime iniziative". Landini ha anche ripetuto il no alla firma tecnica: "Le firme tecniche non esistono. Gli accordi o si firmano o non si firmano". NAPOLITANO, SI CERCHI DIALOGO PIU' COSTRUTTIVO "Mi auguro che sulle relazioni industriali, oggetto di contenzioso alla Fiat, si trovi un modulo più costruttivo di discorso". Così il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, parlando con i giornalisti nel corso della sua visita privata a Napoli. "C'è un rapporto difficile, un confronto che è diventato molto duro - ha aggiunto il presidente della Repubblica - ne ho fatto appena un cenno nel mio messaggio del 31 dicembre, perché credo che nessuno possa negare che esiste un problema di bassa produttività del lavoro. Però non è questione che sia legata esclusivamente al rendimento lavorativo delle maestranze. La produttività del lavoro dipende in larga misura anche dall'innovazione tecnologica, dalle scelte di organizzazione del lavoro e quindi ci deve essere un confronto, si deve assumere questo obiettivo". "Tutte le parti in causa - ha auspicato Napolitano - devono riconoscere l'essenzialità di questo impegno e aumentare la produttività del lavoro ai fini della competitività internazionale della nostra economia. Poi il modo affrontare questo problema - ha concluso Napolitano - soprattutto il punto delle modifiche che ne possono derivare nelle relazioni industriali sono oggetto di contenzioso ed io mi auguro che si trovi un modulo piu' costruttivo di discorso". NAPOLITANO, RIVEDERE TEMA DIRITTO RAPPRESENTANZA Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definisce "un aspetto importante" l'affermazione del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, secondo il quale "nell'accordo del 1993 erano sanciti diritti che bisogna fare salvi". Rispondendo alla domanda di una giornalista, che gli ha chiesto se i tempi della concertazione fossero ormai finiti, il capo dello Stato, in visita al Pio Monte della Misericordia di Napoli, ha detto: "Ho appena letto un intervento del ministro del Lavoro il quale dice che nell'accordo del '93 erano sanciti diritti che bisogna fare salvi. Mi pare che questo sia un aspetto importante. Per quanto siano cambiate le cose e si possa vedere quanto dell'accordo del '93 rimanga valido, però vi sono dei punti importanti che riguardano senza dubbio il diritto di rappresentanza, tutta una materia che ormai va affrontata". DAMIANO, LEGGE RAPPRESENTANZA DA PROPOSTA SINDACATI "Nel 2008 Cgil, Cisl e Uil hanno già sottoscritto un documento unitario che regola la rappresentanza e la rappresentatività nei luoghi di lavoro. Basta che la politica decida di prendere questo accordo unitario e di tradurlo in legge". Lo propone Cesare Damiano (Pd), intervenendo ad Agorà u Rai Tre che riporta gli interventi in un comunicato. Ma, secondo Giuliano Cazzola (Pdl), ospite nella stessa trasmissione, ci sarebbe "un impedimento tecnico perché esiste già in materia un progetto di legge all'esame del Senato e quando è così la Camera non può vederlo". Paolo Pirani, segretario confederale della Cisl, in studio con Giorgio Cremaschi, si dice "disponibile a sottoscrivere l'accordo 2008" e invita la Fiom a fare altrettanto, rinunciando però al diritto di sciopero in caso di vittoria dei sì nel prossimo referendum tra i lavoratori di Mirafiori. Fiom, con Cremaschi, conferma a stretto giro, però, di non essere disponibile a rinunciare al diritto di sciopero e invita a estendere il referendum previsto per Mirafiori a "tutti i lavoratori italiani per sapere se sono d'accordo o no se rinunciare al contratto nazionale di lavoro". I TITOLI FIAT IN BORSA Si intensificano gli acquisti su Fiat che accelera a oltre il 6% ai massimi di seduta, mentre l'altro titolo del gruppo torinese Fiat Industrial si stabilizza nella parte bassa del paniere principale di Piazza Affari. Attorno alle 14,30 il titolo della società auto del Lingotto segna un rialzo del 6,33% a 7,47 euro, dopo aver toccato un massimo intrady di 7,55 euro con forti volumi. Passano infatti di mano 46,5 milioni di pezzi, oltre il 4% del capitale, a fronte di una media giornaliera di 27 milioni circa e dei 48 milioni di titoli scambiati ieri nel giorno di esordio in borsa delle due "nuove" Fiat. Fiat Industrial, la parte che raggruppa camion e trattori, scende dello 0,72% a 8,94 euro con quasi 16 milioni di titoli trattati da 34 milioni di ieri.
3 gennaio 2011 MILANO Fiat vola in Borsa ma vende sempre meno auto Esordio positivo per Fiat Industrial in Piazza Affari, la società scissa da Fiat spa che raggruppa le attività nei camion (Iveco), macchine agricole e movimento terra (Cnh): il titolo ha chiuso le contrattazioni del primo giorno di quotazione in crescita del 3,05% a 9 euro netti. Ancora meglio ha fatto la società Fiat dedicata all'auto, salita del 4,91% a 7,02 euro, segnalandosi come il miglior titolo del paniere principale. Molto forti gli scambi: sono passati di mano 48 milioni di titoli di Fiat spa e 34 milioni di Fiat Industrial, contro una media quotidiana di dicembre di 26 milioni di 'pezzì Fiat scambiati. Tiepida la controllante Exor: +1,01%. Tuttavia nel 2010 le immatricolazioni di Fiat Group Automobiles in Italia sono scese del 16,73% a 589.195 unità, contro le 707.591 unità del 2009. Nel solo mese di dicembre, invece, le vendite del gruppo torinese hanno subito una flessione del 26,43% a 38.668 immatricolazioni, contro le 52.562 del dicembre 2009. A novembre Fiat Group Automobiles aveva immatricolato 41.376 unità, subendo un calo del 26% rispetto allo stesso mese del 2009. Intanto, però, sul futuro prossimo del Lingotto, continuano a pesare i nodi sindacali, in vista soprattutto del referendum sull'accordo di Mirafiori. "Questo è un momento molto importante per la Fiat, perché rappresenta allo stesso tempo un punto di arrivo e un punto di partenza", ha detto l'ad Sergio Marchionne alla cerimonia per il debutto di Fiat Industrial in Borsa. "Di fronte alle grandi trasformazioni in atto nel mercato - ha spiegato - non potevamo più continuare a tenere insieme settori che non hanno nessuna caratteristica economica e industriale in comune". Per comprendere il valore della scissione, poi, ha sottolineato, occorre anche "considerare le opportunità di crescita personale che potrà offrire ai nostri lavoratori". Marchionne non ha però dimenticato le difficoltà che stanno incontrando le relazioni sindacali, con la Fiom che si oppone, dopo aver detto no a quello di Pomigliano, all'accordo per Mirafiori. "La Fiat è capace di produrre vetture con o senza la Fiom", ha detto il top manager italo-canadese a muso duro, aggiungendo che se al referendom dello stabilimento torinese "vince il no con il 51% la Fiat non farà l'investimento". "La Fiom ne dice una al giorno. L'unica cosa che non dice è che per ottenere il lavoro ci vogliono investimenti. Noi tutto quello che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto solamente per ottenere l'investimento". Così il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, al Tg3 si rivolge al sindacato dei metalmeccanici guidato da Maurizio Landini, sulla vicenda Fiat.
2010-12-30 30 dicembre 2010 ECONOMIA E LAVORO Fiat, svolta e resistenze Pomigliano ora può ripartire davvero. Con salari più alti e un nuovo inquadramento professionale per i 4.600 dipendenti dello stabilimento campano della Fiat. Il nuovo contratto di lavoro siglato ieri a Roma da Fim, Uilm, Ugl metalmeccanici, Fismic, l’Associazione dei quadri Fiat e il Lingotto, apre definitivamente la strada ai 700 milioni di investimenti previsti da Fabbrica Italia per il "Giambattista Vico" e alla produzione della nuova Panda da dicembre prossimo. Le prime assunzioni dalla Newco, realizzata sulla base dell’accordo separato del 15 giugno, scatteranno già da gennaio. L’incremento salariale medio sarà di 360 euro lordi l’anno a regime, 30 euro lorde al mese, anche se – assicurano i sindacati – "il nuovo minimo tabellare avrà un maggiore incremento mensile di 100 euro medi rispetto al Contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici, derivanti da voci inserite, come il premio di produzione e la 14esima". Un’intesa che sarà di "transizione" fino al 2012, in attesa che si definisca a livello confindustriale un contratto nazionale specifico per l’Auto a cui aderirà anche la nuova Fiat. "Il Sud ha bisogno come il pane di accordi come quello di Pomigliano", ha detto il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. "Mentre un sindacato minoritario pensa solo al conflitto e ad organizzare scioperi – dice il leader Cisl –, tutti gli altri sindacati pensano a come far uscire i lavoratori e le loro famiglie dalla precarietà e dall’incertezza". "È un contratto migliorativo rispetto a quello dei metalmeccanici", ha aggiunto il segretario nazionale della Fim, Bruno Vitali. "Un grande risultato che dimostra la concretezza dell’agire sindacale contro ogni forma di speculazione propagandistica", secondo il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella. Un contratto che adesso – sottolineano i sindacati – potrebbe applicarsi anche su Mirafiori e, poi, in modo sempre migliorativo anche in tutti gli altri siti produttivi. Un caso "scuola" insomma. L’accordo contrattuale per Pomigliano "consente all’Italia – afferma il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani – di giocare ancora un ruolo nel settore automobilistico e apre una nuova fase di crescita e produzione industriale per una delle più importanti fabbriche del Mezzogiorno e dell’Italia intera". Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, soddisfatto per i risultati dell’intesa, non manca di dare una stoccata al "fronte del no": l’accordo "nasce da esigenze pratiche e non da disegni ideologici. Ben venga tuttavia un’utile discontinuità nel sistema di relazioni industriali, soprattutto là ove il vecchio impianto politico-culturale fondato sull’inesorabile conflitto sociale ha prodotto bassi salari e bassa produttività. È ora il tempo di accelerare tutto ciò che, al contrario, può far crescere tanto i redditi da lavoro quanto la competitività delle imprese". Ma la Fiom non cambia atteggiamento. Il segretario generale, Maurizio Landini, parla di "fatto gravissimo. Ancora una volta Fiat vuole cancellare il contratto e i diritti dei lavoratori". Landini va diritto contro i sindacati che hanno firmato l’intesa: "Fermateli, stanno facendo del male ai lavoratori". Mentre rivolgendosi al Lingotto aggiunge: "Non si illudano, non è con gli accordi separati che cancelleranno il più grande sindacato dei metalmeccanici". La Fiom – fuori dai tavoli di contrattazione – alza il livello dello scontro all’esterno delle fabbriche, annuncia lo sciopero (otto ore per il 28 gennaio) e una raccolta di firme. Mentre lo Slai Cobas "impugnerà la procedura di accordo sindacale e annuncia un’azione giudiziaria a tutela delle prerogative delle rsu aziendali". La battaglia continuerà in piazza e in Tribunale. Per una parte. Mentre i lavoratori aspettano solo che si riaprano le porte di Pomigliano. Per lavorare. Giuseppe Matarazzo
30 dicembre 2010 Oltre arroccamenti e immobilismi Il tempo delle scelte Il nuovo contratto per la Fiat di Pomigliano rappresenta allo stesso tempo la chiusura di una fase storica e il potenziale detonatore di una serie di cambiamenti. Non solo nell’organizzazione del lavoro, ma più in generale nelle relazioni sindacali, nell’organizzazione sociale e negli stessi palazzi della politica. Sul piano dei contenuti, l’intesa firmata ieri prevede un incremento salariale e chiede agli operai un nuovo modo di lavorare, maggiormente impegnativo. Assicurando come contropartita la sopravvivenza della grande industria al Sud e al Nord d’Italia, anzi prospettandone uno sviluppo futuro. Fin qui si tratta di uno scambio forte, ma tutto sommato "classico", tra produttività e salario, favorito da un regime fiscale agevolato. La discontinuità rispetto al passato è che questo scambio, per portare vantaggi ad entrambe le parti, deve essere condiviso fino in fondo, chiede un surplus di responsabilità a tutti gli attori. Anzitutto all’azienda, con l’impegno a investire, a "sfornare" nuovi modelli competitivi e ad aprirsi a una maggiore partecipazione. E poi ai sindacati nella gestione dell’intesa, fino ai singoli lavoratori, in particolare per il contenimento dell’assenteismo. Ed è su questo che si è consumata la rottura fra la Fiat, la Fiom e all’interno stesso dei sindacati. Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno ritenuto assolutamente prioritario assicurare il futuro dei lavoratori di Pomigliano (e di Mirafiori) spendendosi fino in fondo nel confronto con l’azienda sul nuovo modello organizzativo, firmando un vero e proprio "patto di responsabilità". Al contrario, la Fiom – nonostante i lavoratori di Pomigliano avessero approvato l’intesa con il referendum del giugno scorso – ha scatenato la protesta. Provocando così le condizioni per il successivo irrigidimento della Fiat, l’uscita dal contratto nazionale dei metalmeccanici e l’esclusione dei sindacati "non-firmatari" dalla nomina di delegati all’interno delle fabbriche. In definitiva un’autoesclusione, quella della Fiom. Dolorosa, che non piace a nessuno, tanto che pure Fim e Uilm hanno faticato ad accettarla e lavorano oggi perché sia solo transitoria. Ma che, nel contempo, rende la situazione del tutto chiara e può innescare una serie di cambiamenti. C’è da mutare anzitutto le regole sulla rappresentanza. Ripartendo dall’accordo già raggiunto tra Cgil, Cisl e Uil nel 2008 e boicottato proprio dalla Fiom, che voleva alzare al 60% la soglia dei sì per approvare qualsiasi intesa, riservandosi così una sorta di diritto di veto. Soprattutto, però, occorre che la Cgil in particolare scelga quale sindacato vuole essere da "grande", in uno scenario economico globale completamente mutato nel giro di pochi anni. Un’organizzazione che negozia, che sta in campo con le proprie proposte e alla fine è capace di stringere delle intese a favore dei propri rappresentati (come d’altro canto già fa buona parte delle sue categorie, firmando contratti senza clamori particolari). Oppure una confederazione immobile, isolata, in definitiva impotente, che si fa costantemente condizionare dall’ala estrema dei metalmeccanici prodiga di "no" e di un’inaccettabile violenza verbale di alcuni dirigenti che, in parte, si è già tramutata in intimidazioni ai danni di delegati e strutture di Cisl e Uil. Nell’intesa per Pomigliano, così come per Mirafiori, non viene conculcato alcun diritto fondamentale dei lavoratori, la democrazia non è affatto posta in discussione, semmai "esaltata" dal ricorso al referendum. Più semplicemente, dopo anni di immobilismo, il cambiamento di scenario nell’industria automobilistica sta facendo emergere le contraddizioni del nostro sistema, obbligando a compiere una scelta netta di modello tra conflitto e antagonismo da un lato; riformismo e partecipazione dall’altro. E a ben guardare, è la stessa sfida che attraversa come una faglia sotterranea la gran parte dello schieramento politico. Francesco Riccardi
30 dicembre 2010 INTERVISTA Enrico Letta: "Passo necessario Adesso nuove regole" Trova "conservatore, come la sua linea" lo sciopero indetto dalla Fiom. Anche i metodi di Marchionne, tuttavia, sono "al limite". Davanti alla nuova intesa per Pomigliano, Enrico Letta, vicesegretario del Pd, rompe il silenzio finora tenuto sull’argomento Fiat per definire "necessario" l’accordo, ma pure "essenziale la riduzione delle tensioni sociali". Per questo punta alla "riscrittura completa delle regole" nelle relazioni industriali. E al riguardo rivela che una serie di incontri riservati avuti con Camusso, Bonanni e Angeletti all’Arel (il centro studi di cui Letta è segretario) gli fa pensare che "le distanze non sono incolmabili" per arrivare a una legge sulla rappresentanza sindacale. Partiamo dal Pd. Troppo diviso anche su Fiat? Io trovo naturale che si fatichi a comporre il quadro. Questa è una vicenda che sta dilaniando fortemente il mondo del lavoro. Va anche sottolineato, semmai, che il Pdl la affronta con notevole superficialità. Nessuno può schierarsi battendo la grancassa, come fa Sacconi, su un fronte o sull’altro. La nostra complessità ci tiene uniti. Perché questa è una vicenda che è figlia della crisi e causa a sua volta di una crisi sociale molto seria. Se per recuperare competitività si arriva a limare 10 minuti alle pause di lavoro, si sta proprio raschiando il fondo del barile. Qual è il suo giudizio complessivo? Questi accordi li trovo necessari, nella situazione economica in cui viviamo, ma non sono un elemento che può essere facilmente esteso alle altre imprese. Necessari, se si pensa che l’impatto del sistema Fiat sull’industria nazionale supera i 60 miliardi. Se la Fiat lasciasse l’Italia sarebbe un depauperamento drammatico. Ragione sufficiente per accettare ogni condizione imposta da Marchionne? No. I suoi metodi non vanno messi sul piano del ricatto, ma sono al limite. Diciamo però che se le tre foto dell’attività di Fiat oggi sono Marchionne che dialoga con Obama, lui con Lula a Pernambuco e Marchionne che investe in Italia, questa terza immagine non deve essere un fotomontaggio. Tutto funzionerà quando Fiat dimostrerà di tener fede agli investimenti in Italia. Per costruire un’industria dell’auto non più sovvenzionata dallo Stato, competitiva e globale. E il rischio di un accordo simile, che ha ragione nel voler ridurre l’assenteismo ma eccede nell’insistere su aspetti minori, è di far passare in secondo piano la portata dell’intero piano. Molti, però, nella sinistra - e anche nel Pd - strizzano l’occhio alla Fiom. Le posizioni della Fiom sono conservatrici, e sbaglia chi dà loro corda. Esaltare troppo l’eventuale violazione di diritti del lavoro non fa considerare che l’aspetto dirimente è quello degli aumenti in "busta-paga". Tutti gli indicatori ripetono che i due grandi mali dell’Italia sono la scarsa produttività e i bassi salari. Per questo un accordo che affronta questi due nodi è giusto sul profilo strategico. Tuttavia resta essenziale il recupero di una sigla che rappresenta una parte significativa dei lavoratori italiani. <+nero>È sbagliata quindi la norma che esclude dalle Rsu interne i sindacati non firmatari?<+tondo> È sicuramente il punto più controverso. Ma è anche vero che la logica per cui qualcuno aveva il diritto di veto sempre, non poteva più andare avanti. Ciò detto, va pure aggiunto che non si può alimentare un clima di tensione sociale permanente. Non si può andare avanti senza un moderno sistema di rappresentanza. Finché non c’è, il caos regnerà sovrano e consentirà situazioni-limite come queste delle newco Fiat fuori dal quadro interconfederale. Lo reputa possibile un nuovo sistema? Registro i passi avanti compiuti sul triangolo Camusso-Bonanni-Federmeccanica. A novembre e dicembre abbiamo avuto all’Arel alcuni incontri coi leader sindacali, l’impressione è che le distanze non sono incolmabili. Ha ragione Bonanni: bisogna che la politica e il governo coadiuvino le parti sociali nella loro autonomia. La prima cosa da fare per il governo il 3 gennaio è convocare un tavolo sulla rappresentanza. Non provocare divisioni nel sindacato, cosa che non aiuta in prospettiva anche se può essere giusto nel momento in cui una sigla si autoesclude. Eugenio Fatigante
2010-12-29 29 dicembre 2010 SINDACATO Pomigliano, c'è il contratto Fiom: sciopero il 28 gennaio Fim, Uilm, Ugl metalmeccanici, Fismic, l'Associazione dei quadri Fiat e il Lingotto hanno firmato il nuovo contratto di lavoro per i 4.600 dipendenti dello stabilimento di Pomigliano, che a partire da gennaio 2011 saranno riassunti dalla Newco, sulla base dell'accordo di giugno che sblocca investimenti per 700 milioni per la produzione della nuova Panda. Intanto il Comitato centrale della Fiom ha approvato il documento finale che, accogliendo la richiesta della Segreteria, proclama otto ore di sciopero generale dei metalmeccanici per venerdì 28 gennaio. È stato approvato con 102 voti a favore, nessun contrario e 29 astenuti, tra cui il leader di un'area di minoranza Fausto Durante. "L'obiettivo strategico della Fiat è chiaro - si legge nel documento -: provare a cancellare in modo definitivo il sistema dei diritti individuale e collettivi nel lavoro". I due accordi per Pomigliano e Mirafiori puntano ad aumentare la produttività delle fabbriche del gruppo automobilistico introducendo condizioni di lavoro meno favorevoli per i lavoratori rispetto al contratto nazionale dei metalmeccanici. L'intenzione è quella di escludere chi non ha firmato le intese, come la Fiom, dalla rappresentanza sindacale anche se è una delle organizzazioni con maggiori adesioni. Per essere competitiva a livello mondiale, ha spiegato l'Ad Sergio Marchionne, Fiat ha bisogno di aumentare la produttività in Italia dove vengono prodotte 650.000 vetture con 22.000 addetti contro le 600.000 unità e le 6.100 persone dello stabilimento polacco di Tichy. L'ACCORDO SU POMIGLIANO Fiat intende impegnare 700 milioni di euro per rilanciare l'impianto vicino a Napoli e vuole proteggere l'investimento da abusi quali un tasso di assenteismo particolarmente alto che in alcuni momenti ha toccato picchi del 30%. I circa 4.000 dipendenti della fabbrica campana, che hanno approvato l'intesa in un referendum con il 63% di voti, saranno assunti da una nuova società fuori da Confindustria e quindi fuori dal contratto nazionale dei metalmeccanici. L'accordo prevede un terzo turno giornaliero su una settimana di sei giorni e raddoppia il numero di ore di straordinario che possono essere richieste da Fiat senza previa consultazione. Sono previste penalizzazioni nel caso di tassi di assenteismo anomali e vengono accorciate le pause. Una "clausola di responsabilità" impegna i sindacati e i lavoratori a rispettare quanto concordato introducendo una sorta di tregua sindacale sugli scioperi. "L'aspetto positivo riguarda la parte salariale", ha detto il segretario nazionale della Fim-Cisl Bruno Vitali. "La paga sarà più alta. Inoltre ci sarà un nuovo inquadramento professionale, che da anni i metalmeccanici chiedono".
29 dicembre 2010 POLITICA E SINDACATO Il nuovo corso Fiat fa sbandare il Pd Non fa in tempo a digerire il panettone Pier Luigi Bersani. La tegola Mirafiori sta già producendo i suoi effetti nel partito diviso, ma è Nichi Vendola – ancora una volta – a rovinare definitivamente la festa. Se il leader del Pd aveva preso tempo per decidere la direzione di marcia del suo partito, in attesa del vertice del 13 gennaio, ebbene, il leader di Sel schiera le pedine sulla scacchiera e apre la sfida. Per il governatore pugliese la battaglia con Marchionne va condotta con "radicalità", perché si tratta di una battaglia "per la democrazia". E il segretario democratico, che avrebbe demandato in Parlamento il dibattito, si trova incalzato a dover rispondere. Per lui lo fanno subito i vertici di largo del Nazareno, e l’immagine che ne esce è quella di un partito spaccato, che si gioca il futuro sulle alleanze possibili tra i "conservatori" della sinistra radicale e i "riformisti" favorevoli all’accordo, come si autodefiniscono i moderati piddì. Vendola esamina l’accordo di Mirafiori e la posizione isolata della Fiom. "Non è solo una sfida arrogante contro il mondo del lavoro – dice – .È l’idea di un restringimento secco degli spazi di democrazia in questo Paese". Ma su Mirafiori il leader di Sel cerca di stanare Bersani, che solo qualche giorno fa gli aveva chiesto "generosità" per una alleanza costituente: "Il messaggio è: 'prima delle alleanze confrontiamoci su un programma'? Abbiamo una occasione straordinaria che è quella del caso Mirafiori ". Insomma, spiega, "un punto dirimente per costruire una visione e una coalizione con coloro che si sono opposti, per esempio, alla riforma Gelmini". Su questo, neanche a dirlo, Antonio Di Pietro è pienamente d’accordo. E qui iniziano le nuove grane bersaniane. Il tempo stringe – sebbene un attendista Chiamparino pensi ai 18 mesi necessari perché l’accordo Fiat entri in vigore – , e il segretario dovrà dare la sua risposta. Intanto sono in molti a schierarsi, in un partito diviso, sul quale incombe il Lingotto due di Veltroni, la miniscissione di Parisi e la decisione di Fioroni. La spaccatura è trasversale, perché tra gli ex ds filo-Cgil, molti si sfilano per seguire la linea Cisl-Uil. Così Piero Fassino confessa: "Se fossi lavoratore Fiat voterei sì al referendum". Ma resta la ricerca di un "clima più disteso", come quello del 2008 che, ricorda Cesare Damiano, favorì il documento unitario. E sono in molti a ragionare sull’inasprimento del confronto, che porta alle spaccature. L’accordo di Mirafiori è un "evento positivo", secondo il giusvalorista Pietro Ichino. La Fiom, però, deve "avere voce, non potere di veto", evitando che "si trasformi in un super Cobas fuori sistema". Piuttosto, in un regime di "pluralismo sindacale", diventi normale "che un sindacato firmi un accordo e un altro si rifiuti". Eppure sulla mancata firma, ormai, si combatte l’ultima battaglia nel centrosinistra. Se l’ex diesse Vincenzo Vita considera "riformista" la bocciatura dell’accordo e così anche il responsabile economia pd Fassina, per gli ex popolari, al contrario, il riformismo è proprio nella rottura degli schemi passati. La pensa così Beppe Fioroni, convinto che nella crisi ci vuole coraggio ". E la pensa così la lettiana Alessia Mosca, come il veltroniano Tonini, per il quale il "Pd è un partito di cambiamento". Parla invece come ex leader Cisl Franco Marini: "Da sindacalista io l’accordo per Mirafiori lo avrei sottoscritto". Roberta D'Angelo
29 dicembre 2010 ECONOMIA E LAVORO Mirafiori, verità e bugie sull’intesa Due politici e un sindacalista – rispettivamente Antonio Di Pietro, Paolo Ferrero e Giorgio Cremaschi – hanno detto che l’intesa su Mirafiori è qualcosa che ricorda gli anni del fascismo. Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom, ha sintetizzato le 36 pagine dell’accordo firmato il 23 dicembre in questo modo: "Si riducono le garanzie per i lavoratori e si conferma che non si vogliono pagare i primi giorni di malattia, con sanzioni che possono arrivare fino al licenziamento per i lavoratori che dovessero decidere di scioperare". I sindacalisti che hanno messo i l loro nomi in calce all’accordo per il rilancio di Mirafiori però sono stanchi di essere descritti come i nuovi nemici dei lavoratori. Rocco Palombella della Uilm ha chiesto alla Fiom di smetterla con le "dichiarazioni roboanti" e il "terrorismo nei confronti dei lavoratori". Giovanni Centrella dell’Ugl ha invitato i politici a evitare di "gettare benzina sul fuoco". Giuseppe Farina, segretario nazionale della Fim, è con loro. "La stampa tende a dare 'politicità' alle trattative tra aziende e sindacati e a questo si aggiunge molta approssimazione – dice ad Avvenire – per questo è necessario ribadire quello che per noi è sempre stato chiaro: cioè che questa intesa non mette in discussione in nessun modo i diritti dei lavoratori". Lunedì la Fim ha deciso di fare ordine: ha messo sul suo sito il documento 'Mirafiori: vero o falso? Miti e leggende del Natale 2010' in cui, punto per punto, risponde alle bugie che circolano sull’intesa. La prima falsità è che nell’accordo di Mirafiori "chi farà sciopero sarà licenziato". Non è vero, spiega la Fim, perché l’intesa prevede invece che i sindacati firmatari dell’accordo non possano dichiarare sciopero nello straordinario obbligatorio, e in caso contrario sarebbero multati. Non è vero nemmeno che "l’azienda può farti lavorare anche 10 ore al giorno più una di straordinario", perché questo non è possibile e l’accordo prevede invece che si possa sperimentare un sistema a turni di 10 ore per 4 giorni a settimana se la maggioranza dei lavoratori lo chiederà. Nell’accordo c’è scritto che dopo 6 mesi di monitoraggio delle assenze di malattia se l’assenteismo medio rimane sotto al 6% (oggi è al 7,5%) non succederà nulla, altrimenti dopo 2 assenze brevi legate ai giorni di festa (salvi i casi già previsti dal contratto nazionale) la 'Commissionde assentesimo' verificherà il da farsi e potrà decidere di non pagare il primo giorno. Successivamente la percentuale dovrà scender al 4% e quindi al 3,5% (la media del settore in Piemonte è al 4%). Il nodo vero, però, è quello della democrazia sindacale. La Fiom non avendo firmato sarà esclusa dalla Rsu. È vero che così salta l’accordo del ’93 sulla concertazione nazionale, però, aggiunge Farina, "chi si assume la responsabilità di firmare l’intesa deve anche avere più permessi e garanzie per fare funzionare le cose". Poi i protocolli "che ormai hanno vent’anni hanno anche bisogno di una manutenzione straordinaria". Non che il segretario Fim pensi che l’intesa su Mirafiori sia un testo fantastico. È anzi un accordo "impegnativo" perché chiede turni più duri ai lavoratori, e non solo. "Avrei fatto volentieri a meno di due cose: dell’uscita dell’azienda da Confindustria e della rottura dell’accordo interconfederale – spiega il sindacalista – però l’atteggiamento della Fiom su Pomigliano, con gli scioperi selvaggi contro un testo approvato dai lavoratori tramite il referendum, ha convinto Fiat che il contratto tradizionale non le avrebbe garantito il rispetto delle intese". E allora la Fim in cambio del miliardo di investimenti ha dovuto accettare le due 'newco' (a Pomigliano e a Mirafiori) ritenendole comunque realtà "provvisorie", in attesa che al tavolo con Federmeccanica si arrivi a un contratto dell’auto capace di fare rientrare la nuova Fiat in Confindustria. Un tavolo che sarà "decisivo " anche per la Cgil, che dovrà trovare "il coraggio di accettare che le regole approvate a maggioranza valgono per tutti, e per tutte le categorie". E, dal canto suo, l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha commentato: "Mi spiace che alla Fiom non si rendano conto dell’importanza di questo progetto di Mirafiori". Pietro Saccò
2010-12-23 23 dicembre 2010 SINDACATI Fiat, trovato l'accordo per Mirafiori Ma la Fiom non firma "Accordo di portata storica". Così la Fismic ha commentato l'accordo raggiunto giovedì sera a Torino sul futuro dello stabilimento di Mirafiori, di cui ha dato notizia lo stesso sindacato guidato da Roberto Di Maulo. La Fiom, come previsto, non ha firmato l'intesa. "L'accordo di Mirafiori - dichiara la Fismic - ha un'importanza straordinaria per la modernizzazione del sistema di relazioni industriali creando il presupposto del contratto specifico dell'auto maggiormente vicino ai bisogni dei lavoratori e quindi di dare risposte concrete e non ideologiche". L'amministratore delegato di Fiat, Marchionne, ha commentato: con i nuovi investimenti inizia una nuova fase della vita di Fiat Mirafiori. Investimento in joint venture tra Fiat e Chrysler per oltre un miliardo di euro, produzione a regime di 280mila vetture l'anno di Suv Chrysler e Alfa Romeo. Sono due dei punti principali dell'accordo diffusi dai rappresentanti della Fismic presenti all'incontro. L'intesa prevede "il pieno utilizzo degli impianti su sei giorni lavorativi; il lavoro a turni avvicendati che mantiene l'orario individuale a 40 ore settimanali; una crescita del reddito annuo individuale di circa 3.700 euro per la maggiore incidenza delle maggiorazioni di turno; la possibilità di lavorare il 18esimo turno solo con il pagamento dello straordinario; il mantenimento della pausa per la mensa nel turno fino a che la joint venture non andrà a regime; la salvaguardia dei malati reali e un intervento volto a colpire gli assenteisti, al fine di tutelare coloro che hanno assiduità e puntualità nella prestazione; la compensazione di oltre 32 euro mensili per l'assorbimento della pausa di 10 minuti, resa possibile dal minore affaticamento del lavoro con l'introduzione della nuova ergonomia; il mantenimento di tutti i diritti individuali oggi esistenti e il loro miglioramento attraverso la prossima stesura di un Contratto Collettivo su molti punti migliorativo del Ccnl Metalmeccanici (scatti di anzianità, paga base, premio di risultato, ecc.)". L'accordo, avverte inoltre la Fismic, sarà portato alla ripresa dell'attività lavorativa alla discussione dei lavoratori e sottoposto al loro giudizio.
2010-12-17 17 dicembre 2010 LINGOTTO AL BIVIO Confindustria avvisa la Fiat: no al conflitto Appoggio alla Fiat ma senza scardinare il contratto nazionale e alimentare inutili conflitti sociali. Il vertice di Confindustria si smarca dalla linea Marchionne, lanciando un implicito invito alla moderazione al numero uno del Lingotto. Il parlamentino degli industriali, composto dai presidenti territoriali e di categoria, si è riunito ieri con Emma Marcegaglia per mettere a fuoco l’annunciato proposito dell’amministratore delegato di far nascere Pomigliano e la nuova Mirafiori fuori dal sistema Confindustria e dal recinto dei contratti nazionali, minacciando altrimenti un disimpegno dall’Italia. Aspetti sui quali la Consulta degli imprenditori ha lasciato trapelare timori e preoccupazioni, come già mercoledì aveva fatto il direttivo. Il tutto in vista delle prossime scadenze a partire lunedì dall’incontro tra Federmeccanica e i sindacati di categoria (Fiom esclusa) per avviare il tavolo sulle normative per l’auto. Non è confermato per ora un nuovo vertice tra gli stessi Marchionne, Marcegaglia e Alberto Bombassei, il vicepresidente di Confindustria con delega alle relazioni industriali appena nominato nel Cda di Fiat Industrial (è di ieri l’atto di scissione dal gruppo dell’auto). "Siamo al fianco di Fiat e di tutte le altre imprese che vogliono investire – ha detto Marcegaglia prima della riunione – ma la nostra idea è che dobbiamo farlo senza innescare un conflitto sociale che non serve al Paese". In particolare preoccupa il mondo industriale la richiesta del Lingotto di modificare le regole della rappresentanza sindacale nelle aziende, attualmente affidata alla Rsu: Marchionne, che non ha ottenuto il via libera della Fiom a Pomigliano e forse non lo otterrà nemmeno a Mirafiori, punta a un sistema che sancisca l’ineleggibilità per i sindacati che non firmano il contratto. Una norma anti-Fiom che non convince tutti gli imprenditori. Al di là dei dubbi giuridici e costituzionali, c’è il fatto che in diverse fabbriche, specie in Emilia Romagna, le tute blu della Cgil sono il sindacato maggioritario la cui esclusione comporterebbe tensioni e problemi di governabilità. A Sergio Marchionne si riconosce di avanzare "richieste legittime" e si promette sostegno nello sforzo di garantire gli investimenti annunciati dagli eccessi di conflittualità dei sindacati più radicali. Tuttavia l’invito è a muoversi "nel quadro di regole di un contratto nazionale" e quindi a "cercare un accordo", anche per venire incontro ai sindacati più dialoganti come la Cisl e la Uil che a loro volta non gradiscono l’abbandono della cornice nazionale. Via libera quindi a una "modernizzazione delle relazioni sindacali" ma senza scardinare il sistema. Una strada può passare dalla riunione di lunedì tra Fim, Uilm, Fismic, Ugl con Federmeccanica per avviare l’esame di norme contrattuali specifiche per l’auto. Nessuna convocazione invece del tavolo ad hoc su Mirafiori, sospeso dalla Fiat ai primi di dicembre. Martedì le parti si incontreranno al ministro dello Sviluppo, anche se l’oggetto del vertice è il futuro di Terrmini Imerese. Per il leader della Uil Luigi Angeletti si sta "lavorando per fare l’accordo la prossima settimana". Ma i tempi sono stretti e le posizioni, come dimostra anche il vertice di Confindustria, ancora lontane. Sabato intanto la Fiom (che chiama in causa la famiglia Agnelli definendo "imbarazzante" il silenzio degli azionisti) ha annunciato un presidio davanti a Mirafiori. Smentita invece una mobilitazione dei capi e dei colletti bianchi davanti al Lingotto a sostegno della Fiat, sulla falsariga della marcia dei quarantamila, anche se la voce continua a circolare. Nicola Pini
17 dicembre 2010 Le strategie di Fiat e Fiom-Cgil Relazioni industriali e rigidità parallele Un tempo c’erano le "convergenze parallele", ossimoro coniato per tenere unito il Paese in un momento difficile. Oggi, nella vicenda del piano Fabbrica Italia, sembrano prevalere invece le "rigidità parallele" di Fiom e della Fiat. Col rischio di vanificare un importante investimento produttivo e incidere negativamente sull’evoluzione del nostro sistema di relazioni industriali. Il confronto sul futuro dello stabilimento di Mirafiori, infatti, si è interrotto bruscamente la scorsa settimana più che sul merito e i contenuti specifici (lo straordinario, la mensa e le pause), su una questione di metodo e di "cornice" nella quale inserire le innovazioni richieste dall’azienda e sulle quali si stava cercando (faticosamente) un’intesa sindacale. L’irrigidimento delle parti, prima i sindacati e poi soprattutto la delegazione aziendale, ha finito per provocare lo stallo. E in progressione un’escalation di prese di posizione che hanno portato a mettere in discussione sia il contratto nazionale dei metalmeccanici sia la stessa permanenza della Fiat nel perimetro della rappresentanza di Confindustria. Tanto da costringere la presidente Emma Marcegaglia a inseguire a New York un (più o meno onorevole) compromesso, con uscita temporanea della Fiat e promessa di reingresso dopo un contratto-ponte solo per il settore auto. Ora, è chiaro che l’obiettivo principale deve rimanere quello di "portare a casa" l’investimento su Mirafiori, con la produzione del Suv in collaborazione con Chrysler, per assicurare il futuro stesso dei lavoratori. E, a questo fine, è necessario che la Cgil prema sulla Fiom affinché assicuri maggiore disponibilità, abbandonando una visione ideologica della contrattazione quale strumento della lotta di classe. Allo stesso tempo, però, occorre che la Fiat eviti le forzature progressive per non compromettere, non solo le proprie relazioni industriali, ma il sistema più in generale. Il "come" si realizza l’intesa e il "dove" la si colloca, infatti, avranno un significato e conseguenze ben oltre il destino – pur importantissimo – dello stabilimento torinese. Perché uscire da Confindustria, creare una newco (nuova azienda) e un nuovo patto di settore, sganciato da quello nazionale dei metalmeccanici, significa anzitutto minare alla base l’evoluzione del sistema contrattuale, avviata con la riforma dello scorso anno. Non senza fatica, infatti, si è costruita una più moderna griglia basata su due livelli, uno nazionale di garanzia generale e un secondo decentrato che assumerà via via sempre maggior peso, permettendo proprio quelle flessibilità e adattabilità specifiche che la Fiat ricerca. Si tratta di un travaso progressivo di competenze e poteri – favorito dalle deroghe già presenti ad esempio nel contratto dei chimici e introdotte la scorsa estate pure in quello (separato) delle tute blu – che rischia di bloccarsi del tutto se ogni segmento produttivo ricerca un proprio livello nazionale tagliato "su misura". Allo stesso tempo, la nuova forzatura sul contratto finirebbe per fare terra bruciata intorno a quei soggetti come Cisl e Uil impegnati a sostituire, nei rapporti tra capitale e lavoro, il conflitto con la partecipazione. La strategia di Marchionne che lega gli investimenti a una maggiore produttività può fungere da volano per il risveglio del sistema industriale italiano. A due condizioni, però. La prima che non cerchi di scegliersi in proprio le controparti: una strategia fallita già negli anni ’50. La seconda, che il manager italo-canadese non tenti un trapianto di modelli d’oltreoceano troppo distanti dalla nostra tradizione di relazioni sindacali. Il rigetto potrebbe costare caro. Francesco Riccardi
2010-12-11 10 dicembre 2010 FIAT La Newco di Mirafiori nascerà fuori da Confindustria La newco per Mirafiori resterà fuori da Confindustria. Si inizierà a lavorare da subito per la definizione di un contratto auto e, solo quando sarà pronto, la joint venture fra Fiat e Chrysler potrà rientrare nell'associazione di Viale dell'Astronomia. È la soluzione individuata dall'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, e dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. La newco per quanto riguarda l'investimento di Mirafiori, ha spiegato la leader degli industriali a margine del consiglio per le relazioni Italia-Stati Uniti, "nasce fuori da Confindustria". A questo punto, ha proseguito, "lavoriamo insieme da oggi per fare un contratto auto in linea con le esigenze di Fiat, che conosciamo benissimo". Poi, "appena ci sarà il contratto tornerà nel sistema Confindustria. Tecnicamente facciamo un contratto dell'auto come vuole Fiat, non ci sembra difficile". Fiat, ricorda Marcegaglia, "ha riconfermato un investimento importantissimo, in un momento in cui l'economia non va bene. C'è la volontà di rafforzare la produzione in Italia e c'è la volontà di gestire in modo serio gli stabilimenti e questo faremo". In questo quadro, "le richieste di Fiat non sono folli, non sono una lesione di diritto e la reazione dei lavoratori penso sarà positiva". "Il contratto nazionale rimarrà". Così il leader degli industriali Emma Marcegaglia ha indirettamente risposto agli attacchi dei sindacati che accusano viale dell'Astronomia di voler scardinare con Fiat il contratto nazionale di lavoro. "Questo è un percorso che oggi noi facciamo con Fiat - ha aggiunto - lo abbiamo fatto con la siderurgia e domani se ce lo chiederà qualche altro settore o azienda specifica lo faremo. Sempre nell'ambito del contratto nazionale". "Chi dice che noi stiamo distruggendo assieme a Fiat o spinti da Fiat il contratto nazionale dice il falso". Ai cronisti che chiedevano un commento a Marchionne sulle 2.500 firme raccolte tra i lavoratori contro la proposta fatta per Mirafiori, l'Ad di Fiat ha risposto che "se il numero è vero, si vede che i lavoratori non vogliono l'investimento. Non c'è niente di anomalo nella richiesta fatta ai lavoratori. Se gli operai di Mirafiori non vogliono me lo dicano". E a chi chiedeva se ci fossero alternative su Mirafiori, il manager italo-canadese ha ricordato che "tutti gli industriali gestiscono la loro realtà con alternative".
2010-12-03 3 dicembre 2010 INDUSTRIA Fiat, fallisce il tavolo su Mirafiori La trattativa sul piano per Mirafiori è finita. La Fiat ha deciso di chiudere il confronto con i sindacati perché non ci sono le condizioni per realizzare l'investimento. I sindacati avevano chiesto di riprendere il confronto tra qualche giorno per poter valutare complessivamente le proposte dell'azienda. "Non sono stupito dalla piega che il confronto ha preso. Da Pomigliano diciamo che la Fiat vuole costruire un suo contratto aziendale al posto di quello nazionale. E' stato un errore seguirli sulla strada delle modifiche contrattuali e delle deroghe". Lo ha detto Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom, aggiungendo: "vogliono un loro contratto e usare quello nazionale come un supermercato dai cui scaffali prendere di volta in volta quello che gli serve. La Fiat è la prima importante azienda italiana - conclude l'esponente della Fiom - che ci porta fuori dal contratto nazionale e dalle regole sociali ed europee. Una specie di zona franca". "Noi non abbiamo interrotto la trattativa, abbiamo chiesto di poter fare una valutazione complessiva con i lavoratori. La risposta dell'azienda che non ci è piaciuta è che ritiene che non ci siano le condizioni per l'investimento. Questo per noi è inaccettabile". Lo ha dichiarato Eros Panicali, responsabile Auto della Uilm. Panicali ha spiegato che "l'azienda vuole applicare un contratto Fiat. Noi abbiamo delle perplessità perché siamo sottoscrittori del contratto nazionale". "La situazione è complicatissima, si è inceppata. La Fiat dovrà decidere nei prossimi giorni se quel testo può essere modificato. Per noi deve comunque confermare l'investimento per Mirafiori". Lo ha detto il responsabile Auto della Fim, Bruno Vitali. "Abbiamo mantenuto la riserva sul contratto nazuonale perché per noi va applicato anche alla joint venture", ha aggiunto. "Abbiamo provato a sbloccare la situazione, ma oltre al no della Fiom, Fim e Uilm si sono riservate di decidere assumendosi una responsabilità gravissima. L'azienda ha detto che non accetta riserve e riferirà a Marchionne che non ci sono le condizioni per concludere il negoziato. la trattativa è chiusa". Lo ha detto il segretario generale Fismic, Roberto Di Maulo, aggiungendo: "Noi eravamo disponibili a chiudere". "Faccio appello alla responsabilità di tutti gli attori del negoziato affinché intelligenza ed esperienza conducano a far prevalere il bene comune". Lo afferma in una nota il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi dopo che è saltato il confronto per Mirafiori. "L'investimento ipotizzato da Fiat per lo stabilimento di Mirafiori - prosegue - talmente importante per il futuro dei lavoratori, del territorio, dell'intero gruppo e dell'economia italiana da meritare la ripresa del dialogo tra le parti con priorità di attenzione a quegli aspetti sostanziali che consentono la piena utilizzazione degli impianti con i conseguenti incrementi retributivi detassati. Ciò richiede l'abbandono di ogni pregiudizio e di ogni rigido formalismo da parte di tutti per ricercare ciò che unisce nel nome del lavoro e dell'impresa".
2010-10-27 27 ottobre 2010 AUTO E MERCATI "Alla Fiat 7,5 miliardi in 30 anni" Resta alta la temperatura del confronto sul futuro della Fiat dopo le dichiarazioni dell’amministratore delegato Sergio Marchionne. Per il segretario della Cgil Gugliemo Epifani, "in Germania sarebbe stato cacciato" se fosse andato a parlare della sua azienda in Tv. Lo difende invece il presidente di Confidustria Emma Marcegaglia che legge l’intervento di Marchionne come "un pungolo a superare i limiti di competitività del nostro sistema industriale". Intanto si muove il governo: il 4 novembre ci sarà un incontro tra lo stesso Marchionne e il nuovo ministro dello Svilippo Economico Paolo Romani. Sul tavolo il piano di investimenti da 20 miliardi di euro Fabbrica Italia, annunciato dalla Fiat ma non ancora articolato nei dettagli, e il possibile ruolo dell’esecutivo per supportarlo. Sindacati e azienda si vedranno invece già domani a Torino. "La Fiat, la famiglia, John Elkann, Marchionne, non hanno affatto detto che intendono lasciare l’Italia", ha detto Emma Marcegaglia. "A me è sembrato che l’appello del manager sia a guardare i problemi dell’Italia, che sono effettivi e non riguardano solo Fiat". Per la presidente di Confindustria dunque l’intervento non deve diventare "motivo di scontro e divisione politica ma piuttosto motivo per riunire le forze".In questo quadro Marcegaglia è tornata a invitare la Fiom-Cgil a "superare la contrapposizione continua"". Il segretario della Cgil Epifani si è chiesto invece "cosa sarebbe successo in Germania se un amministratore delegato di un grande gruppo avesse parlato in televisione e non davanti al suo comitato di sorveglianza? Lo avrebbero cacciato", ha detto Epifani, secondo il quale l’uscita di Marchionne rende ora più difficile affrontare la vertenza. "Marchionne non dice il falso – ha aggiunto – ma scambia la causa con gli effetti. Il problema non è l’orario di lavoro, la Fiat deve far crescere la qualità di quello che produce: se ha 22.000 lavoratori in cig non può chiudere in utile e se sono in cig è perché i suoi modelli non si vendono". Epifani accusa anche il governo di non avere una politica industriale, mentre in questa situazione "qualsiasi governo europeo avrebbe aperto un tavolo e discusso delle prospettive del gruppo". Anche la Fiom sollecita un tavolo governativo richiesta su cui gli altri sindacati, a cominciare da Fim e Uilm, frenano . Una delle accuse più ricorrenti alla Fiat è quella di avere ricevuto soldi pubblici e dunque di avere un debito di riconoscenza verso il paese. La Cgia di Mestre ha fatto due conti in base ai quali gli aiuti di Stato ricevuti dal gruppo torinese ammontano a 7,6 miliardi di euro negli ultimi 30 anni. La fetta più consistente, oltre 5 miliardi, risale agli anni Ottanta. Ma contributi per la costruzione o la ristrutturazione di impianti (a Melfi , Pratola Serra, Foggia) sono stati erogati anche dopo e fino al 2003. La Cgia ricorda anche la spesa a carico dello Stato per coprire gli incentivi alla rottamazione (in vigore fino al 2009) pari a 465 milioni di euro e andati a vantaggio di tutti i costruttori auto. Insomma, i dati confermano che la Fiat ha avuto molto anche se non durante la gestione Marchionne (se si escludono gli incentivi). Nicola Pini
2010-10-26 26 ottobre 2010 PARIGI Francia, approvata la riforma delle pensioni Con 177 voti e favore e 151 contrari, il Senato francese ha approvato la versione definitiva del testo sulla riforma delle pensioni messo a punto dalla Commissione mista Assemblea-Senato. La riforma passerà mercoledì al vaglio dell'Assemblea, il cui voto sarà però poco più che una formalità, prima della promulgazione del presidente della Repubblica. Il Partito socialista ha annunciato che presenterà ricorso alla Corte costituzionale. "È un voto storico e solenne", ha commentato il ministro del Lavoro Eric Woerth, celebrando la vittoria del governo arrivata dopo un dibattito parlamentare durato 146 ore in 16 giorni caratterizzati da scioperi e manifestazioni di protesta. Scarsa adesione degli studenti francesi alla nuova giornata di proteste indetta per oggi dall'Unef, il primo sindacato degli studenti universitari, contro la riforma delle pensioni. Obiettivo di questa nuova giornata di mobilitazione doveva essere quello di mostrare al governo del presidente Nicolas Sarkozy che la mobilitazione non si sarebbe indebolita durante le vacanze di Ognissanti. Ma sulle 83 università di Francia, solo un massimo di 7 università registravano questa mattina blocchi o disagi.
2010-10-16 16 ottobre 2010 MANIFESTAZIONE Fiom in piazza, Epifani evoca lo sciopero generale "Dopo la manifesatzione del 27 novembre in assenza di risposte noi continueremo se necessario anche con lo sciopero generale". Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, al termine del suo intervento dal palco di piazza San Giovanni dove è in corso la manifestazione della Fiom che si è appena conclusa. "Lo sciopero - ha aggiunto - è un grande sacrificio, lo dobbiamo preparare per bene, portando tutto il mondo del lavoro con le giuste proposte". "La Cgil non lascerà sola la Fiom" nelle battaglie per i diritti, "perchè sono nostre battaglie e sono quelle che ci hanno guidato, quelle che ci hanno fatto dire di no quando altri hanno firmato e noi, invece, non abbiamo chinato la testa", ha detto ancora Epifani.
La manifestazione. Metalmeccanici della Fiom in piazza a Roma, dove due corteisono confluiti in piazza San Giovanni, per il comizio finale. Il corteo da piazza della Repubblica si è mosso chiedendo "lavoro". Allerta per la sicurezza, ma Landini e Epifani sottolineano: abbiamo lavorato perchè sia una manifestazione pacifica. Partecipano anche i tre operai della Fiat di Melfi licenziati e reintegrati dal giudice e studenti delle scuole e università romane, contro il precariato. "Il Paese sta rotolando. Il Paese è stato lasciato a sé stesso e dunque serve un cambiamento della politica economica". Sono queste le motivazioni per cui la Cgil e la Fiom sono in piazza oggi per una grande manifestazione nazionale: a dirlo il numero uno del sindacato di Corso Italia, Guglielmo Epifani, prima della partenza del corteo da Piazza della Repubblica. "Siamo in piazza per i diritti, lavoro e occupazione. Ma anche per chiedere un contratto senza deroghe. C'è una situazione sociale molto pesante e una politica economica molto difficile", ha spiegato Epifani. "Aumentano i disoccupati e i casi di crisi aziendale - ha proseguito - e le imprese che approfittano della crisi per ridurre i diritti: serve un impegno vero del governo per la tutela dei diritti dei lavoratori. Questa sarà una grande manifestazione di protesta, una spinta a chiedere un cambiamento profondo". "Qui il problema non è la Fiom o la Cgil, bisogna ricongiungersi ai lavoratori, alla loro condizione" ha inoltre affermato Epifani. Quello di oggi in Piazza S.Giovanni sarà, per il leader della Cgil, l'ultimo comizio prima del passaggio di testimone a Susanna Camusso, attuale vicesegretario generale di Corso d'Italia. "Io sono stato eletto otto anni fa - ha ricordato Epifani -, ho iniziato con lo sciopero generale del 18 ottobre sui diritti, la dignità, l'occupazione e lo sviluppo. Chiudo con l'ultimo comizio, insistendo ancora sui diritti e sull'occupazione. Malgrado tutti gli sforzi e le mobilitazioni, c'è ancora tanta strada da fare per far ripartire gli investimenti e l'occupazione".
2010-10-14 14 Ottobre 2010 SINDACATO Fiom, Maroni: rischio infiltrazioni per manifestazione di sabato a Roma "Elevati rischi di infiltrazioni" di gruppi violenti, "anche stranieri" alla manifestazione organizzata dalla Fiom a Roma sabato prossimo. L'allarme lo lancia il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, nel corso della registrazione di 'Porta a porta', sostenendo che è "un'occasione troppo ghiotta". Il ministro ha spiegato che la grande maggioranza delle persone manifesterà pacificamente, ma c'è il rischio che "gruppetti, staccandosi dal corteo, vadano a spaccare le vetrine: la Fiom sono sicuro che saprà controllare". Ha annunciato quindi che domani incontrerà i vertici del sindacato. Maroni ha poi parlato di "clima non buono" in Italia, con le minacce a sindacalisti e frange di violenti che considerano i riformisti "collaborazionisti, traditori".
2010-10-06 5 ottobre 2010 'NDRANGHETA Reggio, bazooka in tribunale "Messaggio" per Pignatone "Andate e troverete una sorpresa per Pignatone". Così un anonimo e minaccioso "centralinista" della 'ndrangheta la notte scorsa ha chiamato il 113. Poco dopo, in un'area di via Cardinale Portanova, in prossimità della sede del Consiglio regionale della Calabria, la polizia ha trovato un bazooka monouso, già utilizzato e quindi inoffensivo. È il "regalo" che la 'ndrangheta ha donato al capo della Procura di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, uno dei magistrati in prima linea a combattere la criminalità organizzata. La risposta dello Stato non si è fatta attendere e questa mattina Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno eseguito 250 perquisizioni in tutta la provincia di Reggio Calabria. Nel mirino degli investigatori i capi dei principali casati dell'ndrangheta nei confronti dei quali sono in corso attività di controllo, ispezioni e perquisizioni finalizzate alla ricerca di armi ed esplosivi. Alla grave minaccia rivolta al procuratore Pignatone hanno fatto seguito dichiarazioni di solidarietà bipartisan dal mondo politico. Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha telefonato al procuratore di Reggio Calabria per esprimergli la propria solidarietà dopo le minacce ricevute questa mattina. Nel corso della telefonata il ministro ha ribadito al procuratore l'impegno del governo "a ribattere colpo su colpo l'offensiva della 'ndrangheta". Per il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, "l'inquietante episodio conferma ancora una volta la gravità della situazione in Calabria e anche che, in un contesto così a rischio, la magistratura ha bisogno di essere sostenuta in modo più netto. Il Pd si impegnerà perchè i magistrati e le forze dell'ordine che ogni giorno si battono per liberare il Sud dalla mala pianta della 'ndrangheta non rimangano soli". Secondo il ministro della Giustizia Angelino Alfano "si tratta dell'ennesimo tentativo messo in campo dalla 'ndrangheta, ferita a morte dai continui successi della magistratura, delle forze dell'ordine e del governo. Occorre stringersi attorno agli uomini impegnati in prima linea su questo fronte, garantendo, in particolare ai magistrati, la possibilità di svolgere con serenità il loro delicato compito a favore della giustizia e della legalità". "Alla magistratura e alle forze dell'ordine va tutto il nostro sostegno continuiamo a chiedere a gran voce al governo di sostenere il loro operato con strumenti adeguati sia economici sia logistici", dichiara il leader dell'Idv Antonio Di Pietro; mentre il segretario dell'Udc Pier Ferdinando Casini afferma: ai magistrati come Pignatone "lo Stato deve fornire mezzi, uomini e strutture per rendere efficace la lotta alla criminalità che rende i calabresi sempre più sgomenti". L'Anm, poi, rileva che "lo Stato non può lasciare solo chi si sforza di garantire il controllo di legalità in zone del Paese dove opera una delle più cruente forme di criminalità organizzata come la 'ndrangheta". I funzionari di Polizia sottolineano infine la necessità di "potenziare strutture investigative e di controllo del territorio". "Un segnale inquietante, che va colto e approfondito in tutte le sue dinamiche". Così sostiene Libera, esprimendo vicinanza al procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, vittima di minacce. "Da parte nostra - continua Libera - sentiamo che non basta esprimere ancora una volta la pur doverosa solidarietà. È oggi più che mai necessaria la corresponsabilità. Ognuno è chiamato a fare la propria parte, quotidianamente. A partire dallo Stato, che deve fare di più, garantendo l'indipendenza e l'autonomia alla magistratura e una giustizia veloce, efficiente ed efficace. Ma, in questi momenti, vogliamo ribadire che la Calabria c'è: la gente comincia a denunciare, i cittadini sempre di più partecipano e scendono in piazza". "Siamo consapevoli delle difficoltà -conclude quindi Libera - ma siamo convinti che il lavoro della Procura, dei magistrati e di tutti gli operatori delle istituzioni, assieme all'impegno responsabile dei cittadini, delle oltre 60 associazioni, gruppi, movimenti, laici e cristiani riunite in ReggioliberaReggio, dei tanti amministratori e sindaci seri, onesti, che nella trasversalità, con competenze e riferimenti diversi, alimentano la speranza e insieme possiamo isolare la criminalità mafiosa e ogni forma di violenza". Una fiaccolata di solidarietà al procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e a tutti i magistrati antimafia, si svolgerà questa sera a Reggio Calabria, dopo l'ultimo episodio di intimidazione. La manifestazione è stata promossa dal movimento "Reggio non tace".
2010-09-29 29 settembre 2010 POTENZA Il giudice del lavoro:"Inammissibile ricorso Fiom sugli operai di Fiat a Melfi" Ricorso "inammissibile". Così il giudice del lavoro di Melfi, lo stesso che aveva emesso il provvedimento di annullamento dei licenziamenti dei tre operai Fiat, ha giudicato l'istanza presentata dalla Fiom sulle modalità con cui la Fiat aveva attuato il reintegro dei tre operai dello stabilimento di Melfi (Potenza) licenziati nel luglio scorso. L'udienza durante la quale la Fiom aveva presentato la sua istanza si è svolta il 21 settembre scorso. Il sindacato aveva contestato la decisione della Fiat di riammettere i tre licenziati permettendo loro di svolgere attività sindacale ma non di tornare a lavoro sulle linee produttive. In una nota, i legali della Fiat hanno evidenziato che "nel dichiarare inammissibile l'istanza della Fiom, il Tribunale di Melfi ha confermato trattarsi di richiesta estranea al nostro ordinamento processuale, sottolineando che la stessa costituisce 'tentativo, che oltrepassando i limiti dell'analogia, si caratterizza per essere un'iniziativa creativa e di politica legislativa, inibita all'ordine giudiziario".
2010-09-28 28 settembre 2010 ISTAT Crisi, il Nord-Ovest è più penalizzato Il Nord-Ovest ha pagato la crisi nel 2009 più delle altre zone d'Italia. È quanto emerge dallo studio Principali aggregati dei conti economici regionali a cura dell'Istat. Lo scorso anno infatti il Pil si è ridotto del 6% nel Nord-Ovest, del 5,6% nel Nord-Est, del 3,9% nel Centro e del 4,3% nel Mezzogiorno, a fronte di un valore nazionale pari a -5%. Il Pil per abitante ai prezzi di mercato, misurato dal rapporto tra Pil nominale e numero medio di residenti nell'anno, segna una flessione del 3,7% a livello nazionale. Il calo è più contenuto nel Mezzogiorno (-2,7%) e nel Centro (-2,9%), mentre è più marcato nel Nord-Ovest (-4,6%) e nel Nord-Est (-4,5%). Diversa è la fotografia della spesa delle famiglie italiane che si è ridotta dell'1,9% nel 2009 rispetto al 2008. Il calo maggiore si è registrato al Mezzogiorno con un -2,8% seguito dal Centro -2,1%, dal Nord-Ovest -1,7% e dal Centro-Nord -1,6%. Meglio di tutti fa il Nord-Est -1%. La Confesercenti intanto indica nel "posto di lavoro" la grande priorità degli italiani. Dal quarto rapporto su Gli Italiani e la crisi promosso da Confesercenti-Ispo emerge che il 61% degli italianai si dichiara molto o abbastanza preoccupato a causa della crisi. In particolare, cresce anche il numero di coloro che si dicono molto allarmati (dal 28 al 31%). Una sensazione di ansia che tormenta soprattutto imprenditori, dirigenti e liberi professionisti ma anche i lavoratori dipendenti dalle basse qualifiche. Paradossalmente però sono i diplomati e laureati a dormire sonni meno tranquilli di coloro che hanno conseguito solo la licenza elementare o media. E naturalmente in prima fila fra coloro che mostrano preoccupazione ci sono i giovani fra i 18 e i 34 anni, mentre finisce pari il confronto fra uomini e donne. Analizzando il dato per aree geografiche, secondo il rapporto la preoccupazione sale di ben 11 punti nel Nord-Est (dal 21% di maggio al 32% di settembre 2010) mentre ad esempio nel Sud sale solo di un punto (dal 36 al 37%). Per il presidente della Confesercenti Marco Venturi dunque servono cinque mosse per rilanciare lo sviluppo: taglio coraggioso delle spese, meno pressione fiscale, investire in infrastrutture, autonomia energetica, lotta alla criminalità. "Il calo di fiducia non è il solo segnale negativo - sottolinea Venturi - in quanto ad esso si aggiunge il fatto che la gran parte degli italiani non crede che la crescita nel 2011 sarà significativa e vigorosa". Ecco perchè, dice il presidente di Confesercenti, "si deve elevare la qualità del confronto politico e sociale se non vogliamo sprecare altri preziosi mesi".
2010-09-25 25 settembre 2010 GENOVA Marcegaglia: il governo proceda "Ma la pazienza sta finendo" "Il governo deve andare avanti, deve governare, ma sappia che tutto il mondo delle imprese e i cittadini stanno esaurendo la pazienza". Lo ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, concludendo il convegno di Genova. "Bisogna fare subito - ha aggiunto - senza tentennamenti. Il governo ascolti l'Italia che c'è qui, ma anche fuori, fatta di tanta gente che con grande senso responsabilità fra mille problemi continua a fare il proprio mestiere con determinazione". "Il Paese - ha sottolineato Marcegaglia - ha problemi di crescita, di occupazione, bisogna tornare a crescere. È molto chiaro quello che bisogna fare, ma è venuto il momento di farlo. Anche l'Europa ci costringe a fare delle scelte. Il teatrino della politica di cui parla lo stesso Berlusconi è necessario che finisca". La presidente di Confindustria ha sottolineato l'esigenza "di fare scelte a favore delle infrastrutture, della ricerca, della formazione, pur mantenendo il rigore dei conti pubblici".
2010-09-24
24 settembre 2010 CONFINDUSTRIA Marcegaglia: serve reale politica di crescita L'Italia oggi "ha un problema serio di crescita" e se dunque "il rigore nei conti pubblici non è una opzione ma un must", allo stesso tempo "bisogna fare una reale politica di crescita". A ribadirlo è la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, intervenendo alla seconda Assise di Confindustria Toscana a Viareggio (Lu), all'interno dei cantieri navali Azimut Benetti. "Il Paese si concentri su questo tema della crescita", ha ribadito la Marcegaglia che chiede "da tempo" alla politica, e ora "con una certa stanchezza", "risposte chiare e forti". I punti sottolineati dalla Confindustria riguardano lo snellimento della burocrazia e il taglio dei costi improduttivi ("nelle nostre imprese nella crisi abbiamo tagliato tutti i costi"); il taglio delle tasse (l'auspicio è che il tavolo per le tasse porti a "ridurre la pressione fiscale su chi tiene in piedi questo Paese, imprese e lavoratori", con la disponibilità a ragionare sulle rendite finanziarie); le infrastrutture ("sulle opere strategiche i fondi ci siano, e se non ci sono bisogna dirlo, basta bugie"); l'energia; il mercato (perchè il Paese mostra una "allergia al mercato" e anche questo governo "sta facendo una politica assolutamente contraria al mercato"); il merito, la ricerca e la formazione e in questo senso l'auspicio è che la Riforma Gelmini passi "intatta" alla Camera. Un analogo impegno per la crescita la numero uno di Confindustria lo chiede all'Europa: "Si sta discutendo di un nuovo Patto di Stabilità per la crescita, questo vorrà dire una ancora maggiore sorveglianza sui conti pubblici, e noi saremo un sorvegliato speciale per il nostro debito, ma anche una maggiore sorveglianza sulle politiche di crescita. Serve più Europa ma anche l'Europa deve cambiare" e deve "tornare a valorizzare la propria industria".
2010-09-22 21 settembre 2010 ROMA Alitalia: illazioni sul presunto piano esuberi L'Alitalia definisce "illazioni" le notizie circolate su "un presunto piano esuberi" e assicura, in una nota, che "l'eventuale evoluzione degli organici in termini di efficienza e flessibilità organizzativa derivante dal miglioramento delle performance e dei livelli di produttività saranno affrontati, quando necessario, di concerto con le Organizzazioni Sindacali firmatarie degli Accordi del 2008". L'Alitalia definisce "illazioni" le notizie circolate su "un presunto piano esuberi" e assicura, in una nota, che "l'eventuale evoluzione degli organici in termini di efficienza e flessibilità organizzativa derivante dal miglioramento delle performance e dei livelli di produttività saranno affrontati, quando necessario, di concerto con le Organizzazioni Sindacali firmatarie degli Accordi del 2008".
2010-09-17 16 settembre 2010 AUTO Fiat, via libera alla scorporo L'assemblea degli azionisti di Fiat , come atteso, ha approvato oggi la scissione in due del gruppo. Lo ha affermato il presidente John Elkann, dichiarando il risultato della votazione. Via libera dunque al progetto dell'AD Sergio Marchionne che prevede la nascita di due distinte società quotate in Borsa, Fiat Spa e Fiat Industrial. Le azioni Fiat Industrial, secondo le previsioni di Marchionne, arriveranno a Piazza Affari il prossimo 3 gennaio. "È un'assemblea storica per la Fiat che darà vita a due Fiat, una legata ad auto, che con l'accordo con Chrysler è molto rafforzata e ha una gamma di prodotto molto estesa", aveva detto il presidente John Elkann, stamane in apertura dei lavori. "L'altra, Fiat Industrial, è meno conosciuta. Però, nei mercati in cui opera, dei veicoli commerciali, camion, macchinari movimento terra e agricolo è una delle società più grandi del mondo". "L'assemblea voterà per dar vita a due Fiat forti, con obiettivi, ambizioni e persone pronte a realizzarli".
16 settembre 2010 MERCATO AUTOMOBILISTICO Auto, immatricolazioni in calo In Europa -12,9% ad agosto Le immatricolazioni di nuove auto nell'Unione europea sono scese del 18,6% a luglio, del 12,9% ad agosto. Nei primi otto mesi dell'anno, da gennaio ad agosto sono scese del 3,5%, secondo i dati forniti da Acea. Per quanto riguarda il gruppo Fiat, le immatricolazioni sono scese del 31,1% a 80.626 auto a luglio nei Paesi Ue più Efta, pari a una quota di mercato del 7,5% dal 9% dello stesso periodo 2009. Ad agosto le immatricolazioni sono calate del 23,8% a 46.899 per una quota di mercato che si attesta al 6,4% dal 7,4% di un anno prima. Nei primi otto mesi dell'anno il ribasso di auto vendute dal Lingotto sempre nella zona euro è stato pari al 13,7% a 735.353 per una quota di mercato scesa al 7,9% dall'8,9% dello stesso periodo 2009. Anche Fiat Group Automobiles registra un calo delle vendite, causato principalmente dal fatto che nel 2009 aveva beneficiato in maniera forte della sua gamma di vetture a basso impatto ambientale, che usufruivano degli eco-incentivi in numerosi Paesi europei, spiegano alla Fiat. Il calo delle vendite di Fiat Group Automobiles in Europa è stato causato principalmente dal tradizionale rallentamento del mercato italiano, come avviene ogni anno a causa delle ferie estive, e dalla caduta della Germania, dove il mercato in luglio è sceso del 30,2% e in agosto del 27%. Va ricordato che, in questo Paese, nel 2009 i modelli ecologici che usufruivano degli incentivi alla rottamazione avevano permesso a Fiat Group Automobiles di ottenere risultati straordinari, concludono al Lingotto.
2010-09-13 13 settembre 2010 MORTI BIANCHE Capua, la rabbia e il dolore per i tre operai morti Dopo la morte dei tre operai, di una ditta esterna, alla Dsm di Capua, i dipendenti dell'azienda non parlano. Ieri tutti sono stati convocati per un'assemblea con la presenza anche di alcuni vertici dell'azienda arrivati direttamente dall'Olanda. Carmela, da tutti chiamata Lina, 27 anni, occhi gonfi, è entrata dritta nello stabilimento della multinazionale Dsm. Lì dentro, in una cisterna, suo padre è morto, insieme ad altri due colleghi. E così ieri mattina Lina si è messa in ginocchio e a tutti ha chiesto di "fare giustizia". Ha urlato "li trattavate come schiavi". E poi è scoppiata a piangere. È il giorno della rabbia a Capua. E delle accuse. Una su tutte, quella della moglie di una delle vittime: "Assassini, lì dentro non c'era sicurezza". Giuseppe Cecere, 52 anni, Carmine Antropoli, sindaco di Capua, lo ha definito eroe. Secondo una prima ricostruzione, Giuseppe si sarebbe infatti calato in quella cisterna piena zeppa di azoto e di elio, vale a dire una miscela che uccide, proprio per aiutare gli altri suoi due colleghi, Antonio Di Matteo, 63 anni, e Vincenzo Musso, 43 anni. Lui, del resto, era un tipo che quando c'era da lavorare, non si tirava mai indietro. Per la ditta edile di Afragola, che prestava servizio per la Dsm, ci lavorava da 30 anni. Insieme con la moglie e ai suoi tre figli, due ragazze di 27 e 25 anni, e un maschio di 19 anni, viveva proprio in una palazzina di fronte allo stabilimento della multinazionale. Al secondo piano di quella palazzina, nella casa di Giuseppe, foto in ogni dove, ieri le urla della moglie spezzavano in mille pezzi il silenzio. "Non c'è sicurezza, dicono che c'è, ma non è vero - ha ripetuto Giuseppina con ritmo quasi cadenzato - dicono che queste morti sul lavoro non ci devono essere, e invece continuano ad esserci". Ha quasi un rammarico, Giuseppina, bruna, bella, di aver a stento sentito che, poco dopo le sei, il marito è andato via, "non l'ho neanche salutato". "Li trattavano come schiavi - ripete anche la moglie di Giuseppe - gli facevano fare di tutto. Bisogna lavorare, lavorare, lavorare, è urgente, è urgente: i suoi capi non facevano che ripetere questo". Lo avevano detto anche ad agosto quando a Giuseppe erano stati concessi quattro giorni di ferie, "poi diventati tre perchè doveva fare un lavoro urgente", dice Lina. Giuseppe guadagnava mille euro e lo straordinario per il lavoro di ieri - chi dice trenta euro, chi 50 come se importasse - gli sarebbe stato pagato a dicembre. LE DICHIARAZIONI DI MONSIGNOR SCHETTINO Per monsignor Bruno Schettino, arcivescovo di Capua e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni, spiegando la situazione del territorio di Capua e del Casertano, dove è avvenuto il grave incidente sul lavoro che ha visto la morte di tre operai, "il rischio è che nell'assenza di lavoro, prevalgano la violenza, il crimine, lo spaccio di droga. C'è bisogno di un impegno più forte delle autorità". "Nel nostro territorio - ha proseguito monsignorSchettino - le industrie sono finite, negli ultimi anni hanno chiuso diverse aziende fra le quali alcune legate ai tabacchi e alla telematica. In tutto il territorio, adesso, le possibilità di lavoro sono quasi inestinti". "La crisi - ha spiegato ancora l'arcivescovo - è cominciata una quindicina di anni fa, poi lentamente e inesorabilmente, è sempre andata avanti".
12 settembre 2010 La catena di morti bianche Non solo fatalità. Sicurezza senza prezzo Altre tre vittime, altri tre caduti sul lavoro, nuovi numeri – esseri umani, in realtà – che si aggiungono alla dolorosa statistica delle cosiddette morti bianche, alla lista di quanti a sera non tornano dalla fabbrica o dal cantiere, all’elenco di coloro che hanno dato la vita per un magro salario e un misero risarcimento postumo alla famiglia in lacrime e nel bisogno. Di fronte alla tragedia avvenuta ieri a Capua manifestare sentimenti di dolore e costernazione per le tre vite stroncate da una cisterna maledetta che andava bonificata è dovere etico e civico al quale nessuno può sottrarsi, pur nella consapevolezza che il dolore e la pietas sono inadeguati ad esprimere l’indignazione che coglie al ripetersi di drammi siffatti, frutto di sostanziale incuria per la sicurezza di chi lavora e di mancato rispetto delle regole, prima che di fatalità. Non basta neppure – anche questo deve esser chiaro – manifestare solidarietà di facciata, a parole, alle famiglie delle vittime. Sappiamo qual è di solito l’epilogo triste di queste vicende: i congiunti vengono tacitati con una manciata di soldi, ai processi – quando pure si celebrano – le parti civili si ritirano, se dei colpevoli vengono individuati se la cavano con poco. Diciamolo, allora. Diciamo con forza e senza perifrasi che la vera espressione di solidarietà a queste famiglie dovrà sostanziarsi in primo luogo in un equo risarcimento materiale. La vita umana non ha prezzo, non è monetizzabile, ma assicurare ai superstiti un’esistenza dignitosa è comunque un dovere. In secondo luogo, genuina manifestazione di solidarietà a queste di Capua e a tutte le altre famiglie delle vittime di morti bianche potrà venire dall’adozione di ulteriori misure atte a fare in modo che simili tragedie non abbiano più a verificarsi. Altrimenti restiamo alle chiacchiere e alle discussioni accademiche buone a tacitare qualche coscienza ma assolutamente inidonee a rendere più sicuri determinati ambienti di lavoro. Troppo frequentemente la cronaca si occupa di morti per asfissia all’interno di cisterne o di spazi chiusi equiparabili. Altrettanto frequentemente emerge che una delle vittime ha perduto la vita nel generoso quanto vano tentativo di portare soccorso ai colleghi in difficoltà. Sono morti che non si possono sempre attribuire a fatalità. Fatalità, al limite, potrebbe essere la caduta da un ponteggio per la rottura accidentale di un sostegno, ma in certi casi no, in certi casi basterebbe usare un autorespiratore che permetta di non inalare esalazioni venefiche. Non sappiamo quali siano nel dettaglio le disposizioni da adottare in questi casi essendo la normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro complessa, astrusa, a volte contraddittoria. Certo, in una cisterna non si sta in apnea. È troppo allora chiedere che venga imposto per legge a tutte le aziende di far usare autorespiratori a chiunque debba accedere ad una cisterna (qualunque ne fosse stato il contenuto) e a chiunque si trovi ad operare all’esterno di essa? È troppo auspicare che l’imposizione venga poi fatta rispettare con estremo rigore, assieme a tutte le altre che davvero tutelano la salute e la vita di chi lavora? Nessuna impresa che effettui operazioni subacquee fa immergere un palombaro privo di scafandro. È proprio tecnicamente assurdo o economicamente insostenibile imporre adeguate misure di sicurezza per salvare vite umane? Antonio Giorgi
2010-09-11 11 settembre 2010 CAPUA Cadono in una cisterna muoiono tre operai Tre operai, che lavoravano alle dipendenze di una ditta di Afragola, sono morti in un incidente sul lavoro avvenuto a Capua. Secondo quanto riferito dai vigili del fuoco, i tre operai stavano lavorando alla bonifica di una cisterna dello stabilimento della multinazionale olandese "DSM" quando due sono stati investiti dalle esalazioni provenienti dalla cisterna. Inutilmente il terzo operaio ha tentato di soccorrere i colleghi finendo, però, nel fondo della vasca priva di sensi. I corpi delle tre vittime sono già stati recuperati ed è stato identificato Giuseppe Cecere, di 50 anni, sposato e padre di tre figli, residente non molto lontano dal luogo dove è avvenuta la tragedia. All'esterno dell'industria chimica - che si trova all'ingresso della città di Capua, sulla Statale Appia - si sono radunati i familiari delle tre vittime. In preda alla disperazione, attendono notizie dai soccorritori e dalle forze dell'ordine che stanno presidiando i cancelli. Sono giunti anche numerosi residenti nella zona che, appresa la notizia, stanno portando la loro solidarietà ai familiari degli operai decedeuti. LA NOTA DI SACCONI Il Governo partecipa al dolore dei congiunti e dei colleghi dei tre lavoratori caduti oggi a Capua. "Colpisce in particolare il fatto che ancora una volta siano vittime di infortuni gravi o mortali nel lavoro coloro che operano in appalto specificamente nei servizi di manutenzione - si legge in una nota diffusa dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi -. Il nuovo Testo unico in materia di sicurezza nel lavoro ha introdotto una disciplina ancor più impegnativa con riferimento al rapporto tra appaltante e appaltatore introducendo il Documento unico dei rischi interferenziali affinchè ci sia una compiuta conoscenza di tutti gli elementi utili a svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza. Se nel caso specifico sarà doverosa la più accurata indagine circa le eventuali responsabilità. Più in generale vogliamo operare per una specifica prevenzione relativa a questo tipo di infortuni convocando una riunione dedicata con le Regioni e le parti sociali per la effettiva applicazione della norma richiamata del Testo unico e una più accurata attività ispettiva in materia".
2010-09-09 2010-09-09 metalmeccanici Sale la tensione dopo la mossa di Federmeccanica Marcegaglia plaude Le tute blu della Cgil attaccano: siamo pronti ad andare in tribunale Contratto, la Fiom sceglie lo sciopero La disdetta del vecchio contratto metalmeccanico è "un questione tecnica e un atto di chiarezza", afferma la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. "Avete ceduto al ricatto della Fiat", replica il segretario della Fiom Maurizio Landini che giudica illegittima la decisione, contro la quale le tute blu della Cgil promettono battaglia legale e hanno proclamato 4 ore di sciopero. È scontro il giorno dopo la decisione degli industriali metalmeccanici di recedere dall’ultimo contratti di lavoro firmato anche dalla Fiom e formalmente valido ancora per quindici mesi. Una scelta già implicita con il varo del nuovo contratto nel 2009, non firmato dalla Fiom ma dagli altri sindacati. Ma che ora ha reso ufficiale la volontà degli imprenditori di cambiare strada a partire dal gennaio 2012 e che ha riattizzato la tensione tra le parti, come si è già visto durante la vicenda Pomigliano. "Andremo avanti con chi ci sta", precisa Federmeccanica mentre Marcegaglia definisce la decisione degli imprenditori meccanici "un’accelerazione su una strada già iniziata" e respinge l’accusa che sia avvenuta su mandato di Sergio Marchionne. "Noi abbiamo fatto una riforma degli assetti contrattuali che prevede deroghe". Il capo degli industriali, preoccupata per il quadro economico e anche per quello politico (con il no alle elezioni anticipate e la richiesta di nominare il ministro dello Sviluppo), accusa la Fiom: "Abbiamo firmato contratti in tutti i settori anche con la Cgil: il problema vero è la Fiom che non accetta nessun cambiamento che renda le imprese più competitive". Poi l’auspicio che quel sindacato ci possa ripensare .Perché, ha affermato, "se non acceleriamo questo cambiamento avremo aziende che non stanno in piedi". Anche il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni accusa la Fiom, che "grida ogni giorno al lupo perchè questo è l’unico modo per stare in piedi", mentre "dovrebbe imparare le regole democratiche". Dalla federazione guidata da Maurizio Landini arrivano segnali di battaglia. La Fiom non ha "nessuna intenzione di accettare la grave decisione" di Federmeccanica e ha proclamato nel Comitato centrale quattro ore di sciopero articolate a livello locale entro il 16 ottobre, quando terrà a Roma una manifestazione a difesa del contratto e "contro i ricatti". In vista delle trattative sulle deroghe contrattuali (primo incontro il 15 settembre) Landini chiede alla Fim Cisl e alla Uilm, di sospendere tutto e organizzare un referendum tra i lavoratori "per verificare se hanno il mandato a fare una trattativa per cancellare il contratto". La Fiom comunque non parteciperà a un negoziato "per uccidere i contratti". Alle imprese le tute blu della Cgil fanno sapere di essere pronte a "portare in tribunale chi non volesse rispettare e applicare il contratto mentre a Marchionne dicono di "smetterla con i diktat e di avere la pazienza di contrattare". Non fa breccia nel parlamentino Fiom la posizione di minoranza (vicina al leader Cgil Epifani) che invitava a "superare il muro contro muro". La linea Landini ha ottenuto il 79% dei voti. Per la segreteria Cgil comunque "la disdetta è una scelta sbagliata che accentua la divisione e determina la balcanizzazione delle relazioni industriali". Nicola Pini
9 settembre 2010 La scelta di Federmeccanica, i toni roventi, l’aggressione anti-Cisl Non è finito il mondo ma si negozia E nessuno giochi col fuoco "Diritti violati", "Costituzione ferita", addirittura "democrazia in pericolo" per un "disegno eversivo". A leggere alcuni dei commenti al recesso dal contratto dei metalmeccanici, l’Italia sembrerebbe riprecipitata ai tempi dell’autunno caldo. O forse ancora più indietro: alla cancellazione delle libertà sindacali durante il fascismo. Una drammatizzazione ingiustificata, con parole potenzialmente assai pericolose, che è assolutamente necessario tornare a misurare. La violenta e inaccettabile contestazione al segretario della Cisl, infatti, dimostra che siamo già abbondantemente oltre il confine del confronto democratico, della protesta legittima. E che nessuno – sia esso un sindacalista, un manager o un intellettuale, qualunque siano le ragioni di cui è portatore – può permettersi di esasperare ulteriormente la situazione sociale, piagata dalla crisi economica. Il Paese porta ancora le cicatrici dolorose, incancellabili, di stagioni recenti nelle quali uomini del dialogo hanno pagato con la vita il coraggio delle riforme. E ai cittadini, sgomenti, è toccato a posteriori valutare le assonanze tra certi slogan, le analisi allarmistiche e il linguaggio dei documenti di rivendicazione. Le parole pesano. Possono diventare petardi, sassi e altro ancora. Nello scontro di idee, di posizioni legittime, prima ancora di moderare i toni, occorre assolutamente mantenere le questioni nella loro esatta proporzione, senza forzature. E allora forse è opportuno chiarire l’esatta portata di quanto è accaduto nel settore metalmeccanico. Dicendo in premessa che per una tuta blu oggi non cambia nulla sul piano pratico. La Federmeccanica ha annunciato la volontà, a partire dal 2012, di recedere da un contratto nazionale – quello firmato nel 2008 da tutti i sindacati – che è stato già superato da un altro accordo, stretto nell’ottobre del 2009 senza la firma della Fiom-Cgil. A sua volta, quest’ultimo aveva recepito l’impianto dell’intesa precedente e aggiunto aumenti salariali. Cominciando però – questa la peculiarità – a prevedere la possibilità di derogare dalle norme generali, in alcuni casi specifici e previa contrattazione fra le parti sociali. E questo seguendo le linee generali dell’intesa interconfederale – firmata a gennaio 2009 da governo, associazioni datoriali e sindacati a eccezione della Cgil – per riformare la struttura della contrattazione. In sostanza, il caso della Fiat di Pomigliano e le successive forzature "targate" Sergio Marchionne hanno solo accelerato un processo di revisione dei contratti già scritto nell’intesa di un anno e mezzo fa. E che ha poi prodotto una serie di cambiamenti in diversi contratti nazionali. Firmati anche dalla Cgil, senza che ciò abbia significato fare strame dei diritti dei lavoratori. Ridotta all’essenziale, infatti, la questione è una sola: il contratto nazionale deve restare una gabbia rigida di norme inderogabili uguali per tutti i lavoratori di un settore, oppure va dato ampio spazio alla contrattazione aziendale o di comparto per meglio contemperare esigenze dell’impresa e interessi dei lavoratori? La stragrande maggioranza delle parti sociali hanno già dato la risposta. Hanno scelto – imprese e sindacati – di affrontare le sfide della competizione globale salvando il meglio della nostra tradizione di tutela – la cornice essenziale di un contratto nazionale "leggero" – scrollandosi però di dosso rigidità eccessive e contrapposizioni pregiudiziali, per cercare in ogni singola situazione il compromesso più alto, l’adattamento migliore, l’organizzazione più produttiva e redditizia, la costruzione di una prospettiva partecipativa. È quel che proveranno a fare anche i metalmeccanici di Cisl, Uil, Ugl e Fismic assieme a Federmeccanica da qui al 2012 con un nuovo contratto. Certo è un crinale stretto, non esente da rischi pure per la condizione dei dipendenti. Ma solo lo sforzo di camminare su questo crinale – avendo chiara la rotta e i principi guida – può garantire il futuro dei lavoratori. Non la rivendicazione di diritti astratti, non una norma contrattuale "inderogabile", non il sottrarsi al negoziato. Francesco Riccard
2010-09-08 8 settembre 2010 SCONTRO Fumogeni e fischi, Bonanni contestato a Torino Dopo le contestazioni al presidente del Senato Renato Schifani oggi è la volta del segretario della Cisl Raffaele Bonanni ad essere contestato alla festa del Pd in piazza Castello a Torino. Alcuni dei contestatori sono saliti sul palco e sono stati lanciati anche alcuni fumogeni. Bonanni, invitato ad un dibattito, è stato contestato con fischi e urla da un folto gruppo di persone, tra cui pare, alcuni esponenti dei centri sociali. Raffaele Bonanni, è stato raggiunto sul palco della festa nazionale del Pd da un fumogeno lanciato da alcuni contestatori. Il fumogeno ha colpito di striscio Bonanni danneggiandogli il giubbotto, senza procurargli ferite. Immediatamente il sindacalista è stato allontanato dal palco. Un coro di "vergogna vergogna" e una pioggia di facsimile di banconote da 50 euro sul palco hanno accolto l'arrivo di Bonanni alla Festa nazionale del Pd a Torino, dove Raffaele Bonanni avrebbe dovuto partecipare ad un dibattito con Enrico Letta. Bonanni è stato contestato appena è apparso sul palco con una salve di fischi e non ha potuto cominciare il suo intervento. Il momento più alto della tensione quando sul palco sono stati lanciati anche alcuni fumogeni: è stato a quel momento che alcuni esponenti sindacali che erano con il leader della Cisl lo hanno protetto e accompagnato lontano dal palco. I facsimile da 50 euro recavano la scritta "Il denaro è un buon servo e un cattivo padrone". I contestatori del segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni alla Festa del Pd di Torino, hanno esposto uno striscione che diceva: 'Marchionne comanda, Bonanni obbedisce". Uno dei contestatori ha detto che il gruppo che ha fischiato Bonanni era composto da operai "anche di Mirafiori", da precari e da studenti. Ma secondo le forze dell'ordine si tratterebbe di esponenti dell'area antagonista. La polizia è intervenuta ma non ci sono stati tafferugli. SACCONI: ATTO GRAVISSIMO "L'aggressione verbale e fisica nei confronti del segretario generale della Cisl costituisce un atto gravissimo non solo in sè, ma anche perchè può rappresentare il ritorno di una stagione di violenza politica nel Paese che ha conosciuto ben quarant'anni di ricorrente terrorismo ideologizzato". È il commento del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Maurizio Sacconi. "Gli stessi omicidi sono stati sempre preceduti dalla pubblica individuazione di un obiettivo, con preferenza per i riformisti in quanto mediatori capaci di prevenire e risolvere il conflitto - aggiunge il ministro -. Si interroghi peraltro il Partito democratico, nella cui festa si sono verificati ricorrenti episodi di intolleranza nei confronti di molti altri ospiti, tra i quali la seconda carica dello Stato e il suo predecessore Franco Marini, già Segretario della Cisl. Rifletta, in particolare, sulla sua scelta di non riconoscere alcun avversario a sinistra nonostante il radicalismo intollerabile di molti esponenti". A Bonanni, conclude, "do tutta la solidarietà del Governo e l'impegno a contrastare con la massima determinazione ogni forma di violenza politica, perchè c'è un filo rosso che inesorabilmente conduce, se non spezzato, alle espressioni più gravi che abbiamo già conosciuto".
8 settembre 2010 TRATTATIVE SINDACALI Marcegaglia: disdetta contratto è atto di chiarezza La disdetta del contratto dei metalmeccanici, annunciata ieri da Federmeccanica, "è semplicemente un atto di chiarezza". Lo ha affermato la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, oggi a Milano a margine dell'inaugurazione del Salone del Tessile. "Federmeccanica e tutti i sindacati tranne la Fiom - spiega - hanno firmato un nuovo contratto dei metalmeccanici a ottobre 2009, con decorrenza da gennaio 2010. Quindi per noi e per gli altri sindacati esiste già un nuovo contratto che sta decorrendo da nove mesi. Non è che i lavoratori non hanno un contratto, il contratto ce l'hanno e stiamo pagando gli aumenti a due milioni di lavoratori metalmeccanici" Il Governo "deve superare le beghe interne e agire per il bene del Paese", ha poi aggiunto Emma Marcegaglia tornata oggi a ribadire la propria contrarietà a eventuali elezioni anticipate. "Abbiamo già detto che secondo noi non si deve andare a votare - ha detto - questo Governo ha avuto per tre volte il voto della maggioranza degli italiani, nel 2008, 2009 e 2010. Non è accettabile che per motivi di leadership e di attacchi personali non si governi. Il Governo si prenda le sue responsabilità e vada avanti a governare". Confindustria ha poi fatto una richiesta formale perchè il Governo convochi un nuovo consiglio dei Ministri "entro pochi giorni" per nominare il ministro dello Sviluppo economico. "Abbiamo chiesto la nomina del ministro e continuiamo a chiederla - ha detto - c'è la promessa di farlo in pochi giorni, ieri in consiglio dei Ministri non è stato fatto. A questo punto noi facciamo un'altra richiesta formale, che entro pochi giorni si faccia un consiglio dei Ministri e si nomini un ministro dello Sviluppo economico. In un momento come questo ne abbiamo bisogno, è fondamentale che il ministro venga nominato e che tutto il Governo decida di occuparsi di crescita e di posti di lavoro. Non vediamo sufficiente attenzione e concentrazione su questo tema".
8 settembre 2010 METALMECCANICI Federmeccanica disdetta il contratto dal 2012 Federmeccanica raccoglie l’appello di Sergio Marchionne e dà il benservito al contratto nazionale del 2008, l’ultimo firmato anche della Fiom Cgil e che scade tra poco più di un anno, nel gennaio 2012. Il direttivo degli imprenditori meccanici, che apre anche a regole su misura per il comparto dell’auto, ha comunicato ieri pomeriggio la disdetta dell’accordo "in via meramente cautelativa e alla scopo di garantire la migliore tutela delle aziende", precisa l’associazione, "a fronte delle minacciate azioni giudiziarie della Fiom". La mossa del vertice dell’industria metalmeccanica, duramente contestata ieri dalla stessa Fiom che parla di decisione "grave e irresponsabile", era attesa. Dopo che le tute blu Cgil hanno bocciato l’accordo siglato dagli altri sindacati a Pomigliano, e dopo che la stessa Fiat ha chiesto nuove regole in tempi brevi che permettano di "blindare" l’intesa raggiunta in Campania, la disdetta del vecchio accordo è diventata un passaggio obbligato e allo stesso tempo simbolico. Da un lato dovrebbe tagliare le unghie a chi volesse, vedi appunto la Fiom, ricorrere alla magistratura per contestare le deroghe al contratto nazionale contenute nelle intese locali. Dall’altro rende esplicito e definitivo il cambio di stagione inaugurato con la firma del nuovo modello contrattuale nel 2009. Sulla base di quell’intesa interconfederale, che non è stata firmata dalla Cgil, alla fine dello scorso anno Fim, Uilm hanno siglato (senza la Fiom) un nuovo contratto con Federmeccanica che prevede la possibilità di derogare, in casi particolari, alle regole nazionali. In sostanza oggi sono due i contratti formalmente vigenti: il primo è quello unitario disdettato ieri da Federmeccanica, il secondo quello "separato" che scade a fine del 2012 e già prevede l’istituto della deroga. Per questo ieri Fim e Uil hanno minimizzato e giudicato con un certo fastidio la mossa degli industriali, che rischia a loro avviso di dare maggiore visibilità alle posizioni dei metalmeccanici Cgil. Secondo il segretario della Fim Cisl Giuseppe Farina si tratta di un "fatto scontato e irrilevante" senza nessuna ricaduta sui lavoratori, in quanto il contratto 2008 "è già stato superato e migliorato da quello del 2009". Per la Uilm la decisione è "ininfluente". Posizione simile a quella del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi che auspicando "l’ulteriore evoluzione delle relazioni industriali" anche in casa della Cgil, sottolinea che la disdetta "non ha alcuna valenza sostanziale per i lavoratori". All’opposto il segretario della Fiom, Maurizio Landini, definisce la decisione "uno strappo alle regole democratiche, in quanto si pensa di concordare con sindacati minoritari la cancellazione del contratto 2008, firmato da tutti e approvato con referendum". Mentre l’intesa del 2009, accusa, "non è mai stata sottoposta a verifica democratica". La federazione Cgil annuncia una mobilitazione: verrà decisa oggi dal comitato centrale. Federmeccanica chiede poi ai sindacati un tavolo di confronto per "definire norme specifiche per il comparto auto", scelta che può servire a Fiat per allargare a tutta la "Fabbrica Italia" intese simili a quella di Pomigliano. Ma il presidente Pier Luigi Ceccardi precisa che la svolta decisa ieri dagli imprenditori "è arrivata per rispondere alle esigenze delle industrie metalmeccaniche" e non sulla spinta della Fiat. "Essere più competitivi riguarda tutte le oltre 12mila imprese associate", ha aggiunto respingendo l’accusa di un’associazione "orientata" dal Lingotto. Il 15 settembre è previsto il primo incontro sul tema delle deroghe con i sindacati che hanno firmato l’ultimo contratto, dunque senza Fiom. Dagli imprenditori arriva tuttavia l’auspicio a una maggiore unità sindacale e la richiesta urgente di una "regolamentazione condivisa del sistema di rappresentanza" alla quale partecipi anche la Cgil. Secondo Ceccardi vanno "cambiate le relazioni sindacali, le aziende non sono governabili se cinque persone che scioperano fanno chiudere uno stabilimento di 500. Questa non è democrazia ma prevaricazione". Nicola Pini
2010-08-26 FIAT Melfi, Sergio Marchionne in dialogo con Napolitano L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, sotto pressione per voler rendere più flessibili le condizioni di lavoro in Italia, non abbandona la linea dura nei confronti di chi contrasta l'ordinato svolgimento della produzione nelle fabbriche e la realizzazione del progetto "Fabbrica Italia". Dal palco del Meeting dell'amicizia il numero uno di Fiat e Chrysler dedica gran parte del suo intervento alla vicenda dei tre operai licenziati a Melfi con l'accusa di aver interrotto illegalmente il ciclo produttivo e reintegrati dalla magistratura di primo grado. "Certe decisioni come quella di Melfi non sono popolari ma non si può fare finta di niente", ha detto Marchionne citando testimoni che hanno assistito al blocco della produzione "in modo illecito" da parte dei tre operai di Melfi. "Fiat ha dato pieno seguito al primo provvedimento provvisorio della magistratura. Ora siamo in attesa del secondo grado e ci auguriamo che sia meno influenzato dalla campagna mediatica". L'azienda torinese ha ripreso a busta paga i tre lavoratori e concesso loro lo svolgimento dell'attività sindacale ma senza consentire il ritorno nelle linee produttive. La Fiom, braccio dei metalmeccanici della Cgil, ha denunciato quindi Fiat per inottemperanza della sentenza del giudice. Marchionne ha anche sottolineato come verso il gruppo siano state rivolte accuse gravi come quella di non rispettare la dignità delle persone. "Si tratta di accuse pretestuose che non aiutano a costruire un clima sereno - ha detto -. La dignità non può essere patrimonio esclusivo di tre persone. Sono valori che vanno difesi e riconosciuti a tutti i lavoratori. Dobbiamo tutelare il diritto a lavorare anche delle altre persone". Marchionne ha usato però parole distensive nei confronti del capo dello Stato Giorgio Napolitano che nei giorni scorsi era intervenuto sulla vicenda con un comunicato. Il presidente aveva chiesto sia a Fiat che agli operai il rispetto delle sentenze dei giudici e toni più pacati. "Il mio vivissimo auspicio - aveva detto Napolitano - è che questo grave episodio possa essere superato nell'attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria". Marchionne ha detto di avere "un grandissimo rispetto per il presidente della Repubblica come persona e per il suo ruolo istituzionale". "Accetto quello che ha detto come un invito a trovare una soluzione per mandare avanti la situazione", ha aggiunto Marchionne senza elaborare. Nel comunicato del Quirinale si faceva anche riferimento all'importanza del confronto aperto tra Fiat, Confindustria e sindacati per rendere più competitivi gli impianti italiani. Fiat ha minacciato di uscire da Confindustria se non riuscirà ad ottenere l'applicazione dell'accordo di Pomigliano. L'intesa è stata approvata da quattro sindacati su cinque e dalla maggioranza dei lavoratori ma la Fiom continua a considerarla lesiva dei diritti dei lavoratori, in particolare per quel che riguarda il diritto di sciopero, e a minacciare azioni legali. L'accordo introduce 18 turni settimanali tra cui il sabato sera, raddoppia gli straordinari che Fiat può imporre senza previa consultazione, prevede penalizzazioni in caso di assenteismo abnorme e una tregua sindacale. Marchionne nel suo intervento al Meeting ha lodato il comportamento dei segretari generali di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti che, al contrario della Cgil di Guglielmo Epifani e con l'appoggio di Fismic e Ugl, hanno sottoscritto l'accordo di Pomigliano. Poi ha risfoderato toni aggressivi per ricordare come nonostante la maggioranza dei sindacati e dei lavoratori di Pomigliano siano a favore delle nuove regole in fabbrica per sviluppare il piano di riconversione e di produzione della Nuova Panda, la Fiom rifiuta di accettarle. "Gli accordi stipulati devono essere effettivamente applicati. Se no è il caos. Non credo sia onesto usare i diritti di pochi per piegare i diritti di molti", ha detto Marchionne sottolineando come questa sia una regola fondamentale della democrazia. "È inammissibile tollerare la mancanza di rispetto delle regole e gli illeciti che in alcuni casi sono arrivati al sabotaggio. Non è giusto per l'azienda, ma soprattutto non è giusto per gli altri lavoratori", ha aggiunto. LA REPLICA DI FIOM Un discorso "di puro stampo reazionario", con queste parole Giorgio Cremaschi della Fiom-Cgil ha bollato il discorso di Marchionne al Meeting di Rimini. "Come un padrone delle ferriere dell'Ottocento, Marchionne ha spiegato che non ci deve essere conflitto tra padroni e operai, cioè che comandano solo i padroni, e che nella globalizzazione i diritti e la dignità del lavoro sono quelli che vengono definiti dal mercato", ha aggiunto Cremaschi. Intanto, il giudice del Lavoro di Melfi che ha deciso il reintegro dei tre dipendenti licenziati dal Lingotto, ha fissato per il 21 settembre la data del prossimo incontro tra Fiat e Fiom Cgil. "Il giudice ha convocato le parti il 21 su nostra richiesta di chiarire i termini della sentenza" dice il segretario della Fiom, Maurizio Landini. La nuova convocazione, dopo il ricorso presentato dal sindacato, dovrebbe chiarire le modalità corrette di applicazione della sentenza con cui lo scorso 9 agosto venne decretato il reintegro dei tre dipendenti. La Fiat ha fatto ricorso alla sentenza. L'udienza davanti al Tribunale è stata convocata per il prossimo 6 ottobre
26 agosto 2010 MELFI Marchionne scrive a Napolitano: Fiat rispetta le sentenze Sergio Marchionne ha scritto una lettera "personale" a Giorgio Napolitano per spiegare le ragioni che hanno spinto la Fiat ad adottare i tre licenziamenti, rassicurando il presidente sul fatto che l'azienda non vuole alimentare tensioni e rispetta i verdetti della magistratura. Secondo quanto riportato da alcuni giornali, ieri anche John Elkann, presidente della Fiat, ha parlato con il capo dello Stato al telefono in un colloquio definito "cordiale e chiarificatore". Nella lettera a Napolitano, si legge sulla Stampa, Marchionne assicura che la Fiat non ha né intenzione né interesse al permanere di uno stato di tensione in fabbrica. L'amministratore delegato del Lingotto avrebbe inoltre illustrato la linea alla quale si atterrà l'azienda da qui in avanti: massimo rispetto per le decisioni della magistratura, ma anche difesa della scelta fatta con il tipo di reintegro adottato nei confronti di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, che è nel solco della "prassi" solitamente seguita da ogni azienda in attesa del pronunciamento finale dei giudici. Nel colloquio telefonico con Napolitano, Elkann invece ha spiegato che "cercare e trovare soluzioni di lungo periodo di fronte alle difficoltà del momento e alle tensioni che talvolta ne derivano è l'auspicio di tutti, Fiat in testa".
26 agosto 2010 TRASPORTI Tirrenia, revocato lo sciopero di fine mese La Uiltrasporti ha deciso di differire lo sciopero del personale Tirrenia proclamato per il 30 e 31 agosto. La nuova data verrà decisa dopo il tavolo del 6 settembre convocato dal ministro, Altero Matteoli, con i sindacati. Lo comunica il segretario generale Giuseppe Caronia in una nota. "Finalmente un segnale di responsabilità", afferma Caronia a proposito della decisione del ministro dei trasporti Matteoli di non ricorrere ad un atto coercitivo. "Naturalmente non possiamo a questo punto non accogliere l'invito del Ministro a differire lo sciopero la cui eventuale effettuazione e l'eventuale data verrà decisa sulla base delle risultanze del previsto incontro del 6 settembre prossimo".
25 agosto 2010 MORTI BIANCHE Foggia, morto un operaio caduto in una cisterna Un operaio è morto dopo essere caduto con altre due persone impegnate all'interno di una cisterna piena d'acqua profonda sette-otto metri nelle campagne di San Ferdinando di Puglia, tra le provincie di Bari e Foggia. I due operai e il proprietario del fondo agricolo stavano svolgendo lavori di impermeabilizzazione della cisterna. "Abbiamo ricevuto l'allarme un'ora e mezzo fa (verso le 18, ndr) )- viene spiegato dai vigili del fuoco - da alcune persone che si erano preoccupate per l'assenza dei tre e si erano recate in campagna per svolgere le prime ricerche". Gli altri due, ugualmente precipitati nella cisterna, sono stati estratti ancora in vita e subito trasportati in ospedale.
2010-08-24 24 agosto 2010 VERTENZA Melfi, Napolitano: "Auspico confronto pacato e serio" Giorgio Napolitano auspica che sull'episodio dei tre operai della Fiat di Melfi "si creino le condizioni per un confronto pacato e serio su questioni di grande rilievo come quelle del futuro dell'attività della maggiore azienda manufatturiera italiana e dell'evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale". Il capo dello Stato lo scrive in una lettera in risposta al pubblico appello rivoltogli dai tre operati della Fiat di Melfi che gli chiedevano di intervenire "per farci sentire lavoratori, uomini e padri". "Cari Barozzino, Lamorte e Pignatelli - prosegue la nota del capo dello Stato - ho letto con attenzione la lettera che avete voluto indirizzarmi e non posso che esprimere il mio profondo rammarico per la tensione creatasi alla FIAT SATA di Melfi in relazione ai licenziamenti che vi hanno colpito e, successivamente, alla mancata vostra reintegrazione nel posto di lavoro sulla base della decisione del Tribunale di Melfi". "Anche per quest'ultimo sviluppo della vicenda - ricorda il capo dello Stato - è chiamata a intervenire, su esplicita richiesta vostra e dei vostri legali, l'Autorità Giudiziaria: e ad essa non posso che rimettermi anch'io, proprio per rispetto di quelle regole dello Stato di diritto a cui voi vi richiamate. Comprendo molto bene come consideriate lesivo della vostra dignità "percepire la retribuzione senza lavorare". Il mio vivissimo auspicio - che spero sia ascoltato anche dalla dirigenza della FIAT - è che questo grave episodio possa essere superato, nell'attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria, e in modo da creare le condizioni per un confronto pacato e serio su questioni di grande rilievo come quelle del futuro dell'attività della maggiore azienda manufatturiera italiana e dell'evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale". Ieri, i tre lavoratori dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat, licenziati e poi reintegrati, erano stati bloccati subito dopo aver attraversato i cancelli, hanno deciso di non entrare oggi in fabbrica. Secondo quanto si è appreso da fonti sindacali, la scelta di non varcare i tornelli è stata presa in attesa di conoscere la decisione del giudice di lavoro di Melfi sulla denuncia presentata ieri dalla Fiom della Basilicata contro l'azienda per inottemperanza alla sentenza di reintegro dello scorso 9 agosto.
IL MINISTRO MATTEOLI "Le sentenze vanno rispettate anche quando non ci fanno piacere". Il ministro Altero Matteoli commenta così il caso dei tre operai licenziati a Melfi, e reintegrati dal giudice del Lavoro. "Se il nostro è uno stato di diritto - ha detto il ministro al Meeting di Rimini - non lo può essere a fasi alterne. C'è una sentenza e va rispettata".
24 agosto 2010 LO SCONTRO SUL REINTEGRO DEGLI OPERAI FIAT L'errore di Melfi le occasioni da cogliere La Fiat, dunque, ha scelto di mantenere la linea dura: i tre operai dello stabilimento di Melfi – prima licenziati e poi reintegrati dal giudice – ieri sono potuti sì entrare in fabbrica, ma non riprendere la normale attività lavorativa. Per loro una sorta di "confino" in una saletta sindacale, distante dalle linee produttive. Il messaggio sottinteso è ancora una volta la divisione tra chi è "dentro" il progetto Fabbrica Italia e chi se ne chiama "fuori": contestando gli accordi, scioperando, bloccando la produzione. La Fiat, rifiutandosi di far lavorare i tre dipendenti, ha sbagliato. Volutamente, coscientemente. Pur sapendo che rispettare la sentenza di reintegro solo formalmente, ma non nella sostanza, la espone a nuove denunce. Di più, potrebbe pregiudicare la serenità di giudizio in secondo grado e in sede penale, quando il tribunale di Melfi sarà chiamato a riesaminare il caso del presunto blocco volontario della produzione. Inoltre, costringe anche i sindacati che si sono spesi per il dialogo a fare appello per i licenziati. E soprattutto rischia di alienare quel consenso finora raccolto nell’opinione pubblica, con gesti che finiscono per alimentare anziché spezzare la spirale di atti e ritorsioni, dando fiato alle "vuvuzelas" della Fiom. Perché allora insistere in una strategia così rischiosa, dagli esiti incerti? L’impressione è che il Lingotto, dopo il consenso a metà raccolto a Pomigliano, voglia arrivare a un punto finale di svolta, chiaro, netto. Intenda forzare sino all’estremo, a Melfi come per il contratto nazionale dei metalmeccanici, convinto che "chi non è con noi è contro di noi". Chi non è per un nuovo modello produttivo, in linea con le esigenze del mercato globalizzato, è contro la Fiat e la stessa produzione di auto in Italia. Dopo la faticosa ricerca del consenso, così, oggi l’amministratore delegato Sergio Marchionne vuol dividere: dentro o fuori, con noi o senza di noi, in Italia o all’estero, uno o zero come nel linguaggio binario, che non ammette terze vie né semplici mediazioni. È a partire da qui, allora, che occorre riprendere a ragionare. Anche al di là dei torti e delle ragioni che stanno in entrambi i fronti. Perché, sul caso specifico, a decidere saranno comunque i diversi gradi di giudizio dei tribunali. In democrazia ci si affida alla legge e alla giustizia, garanzia tanto per i singoli quanto per le imprese. Poi, però, non ci si può mai dimenticare che, se si vuole progredire e costruire iniziative solide, a beneficio di tutti, occorre saper aggregare persone ed energie intorno a un obiettivo condiviso, attraverso il confronto, la negoziazione, il coinvolgimento pieno dei soggetti. Perciò oggi servirebbe una "mossa del cavallo". La capacità di fare tre passi avanti, scartando di lato rispetto agli ostacoli, per rilanciare il gioco. La discussione sul contratto del settore auto può essere l’occasione per uscire dalle secche giudiziarie e dalla sterile contrapposizione a due, per tornare a confrontarsi con tutti i soggetti di rappresentanza sul merito del futuro produttivo nel nostro Paese. Bonanni per la Cisl e Angeletti per la Uil hanno da tempo dimostrato di essere disponibili a esercitare per intero un’intelligente flessibilità negoziale. Indicando la strada della partecipazione come via per coinvolgere e premiare il maggiore impegno dei lavoratori. Una direzione suggerita, in maniera assai significativa, anche dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. A Sergio Marchionne, allora, tocca fare un passo per dimostrare come Fabbrica Italia non sia semplicemente un progetto imposto, ma una scelta di cambiamento reale sul quale aggregare le forze vive del Paese. Francesco Riccardi
24 agosto 2010 VERTENZA Melfi, i tre operai Fiat non rientrano in azienda I tre lavoratori dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat, licenziati e poi reintegrati, ma ieri bloccati subito dopo aver attraversato i cancelli, hanno deciso di non entrare oggi in fabbrica. Secondo quanto si è appreso da fonti sindacali, la scelta di non varcare i tornelli è stata presa in attesa di conoscere la decisione del giudice di lavoro di Melfi sulla denuncia presentata ieri dalla Fiom della Basilicata contro l'azienda per inottemperanza alla sentenza di reintegro dello scorso 9 agosto. LA LETTERA A NAPOLITANO "Ci rivolgiamo a Lei, Presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi": lo hanno scritto in una lettera al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, i tre operai dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat licenziati e poi reintegrati. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli hanno chiesto a Napolitano di intervenire "per farci sentire lavoratori, uomini e padri". I tre operai si sono rivolti a Napolitano "perchè nel suo ruolo di massima carica dello Stato sia da garanzia del rispetto della democrazia, della Costituzione e dello Stato di diritto in modo da ripristinare e garantire il libero esercizio dei diritti sindacali nonchè dei diritti costituzionalmente riconosciuti a tutti, all'interno dello stabilimento Fiat Sata di Melfi". "Ci rivolgiamo a Lei, quale massima carica dello Stato e supremo garante della Costituzione - hanno scritto Barozzino, Lamorte e Pignatelli - per sottoporre alla sua attenzione una vicenda, la cui eco da diversi giorni ha raggiunto tutti gli organi della stampa nazionale, che non lede soltanto i nostri diritti di cittadini e di lavoratori ma colpisce direttamente i diritti collettivi e generali degli operai e dello stesso sindacato a cui siamo iscritti". "Signor Presidente - hanno scritto i tre operai - per sentirci uomini e non parassiti di questa società vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare. Questo non è mai stato un nostro costume, nè come semplici operai nè come delegati sindacali aziendali, avendo sempre svolto con diligenza e professionalità il nostro lavoro. La decisione della Fiat Sata di non reintegrarci nel nostro posto di lavoro è una palese violazione dell'articolo 28 della legge 300/70 e della norma penale da esso richiamata. In uno Stato di diritto non dovrebbe essere neppure consentito di dichiarare a tutti (stampa compresa) di voler disattendere un provvedimento legalmente impartito dalla autorità giudiziaria con ciò mostrando disprezzo per la Costituzione e per le leggi civili e penali del nostro ordinamento giuridico". IL MINISTRO MATTEOLI "Le sentenze vanno rispettate anche quando non ci fanno piacere". Il ministro Altero Matteoli commenta così il caso dei tre operai licenziati a Melfi, e reintegrati dal giudice del Lavoro. "Se il nostro è uno stato di diritto - ha detto il ministro al Meeting di Rimini - non lo può essere a fasi alterne. C'è una sentenza e va rispettata".
23 agosto 2010 RIMINI Il ministro Sacconi al Meeting: l'agenda etica presto in Parlamento "Presenterò al Parlamento l’agenda etica che abbiamo predisposto e sono convinto che su di essa si potrà registrare una maggioranza più ampia di quella del governo": Maurizio Sacconi rilancia da Rimini le priorità su inizio e fine vita, ricerca e disabilità, e si dice convinto che esse troveranno spazio dell’agenda dell’esecutivo "per i prossimi tre anni" (dice, fiducioso sulla tenuta della legislatura), che possono anzi, essere un terreno fertile per aprire a una maggioranza più ampia, "checché ne dica Della Vedova", aggiunge, riferendosi alle fughe in avanti del deputato finiano su coppie di fatto e Legge 40, il quale poi, a dire il vero, aveva chiarito di parlare a titolo personale. Il ministro del Welfare interviene all’incontro del Meeting dedicato all’esperienza del dono. Ma non è il suo, un modo per parlare d’altro. Anzi. Le proposte di "biopolitica" fanno parte integrante di quell’"antropologia positiva" di cui Sacconi parla come concezione integralmente "etica" della politica. Perché con la crisi cambia tutto, è finita anche, ad esempio, l’idea di "impunità del debito sovrano", dice ancora il ministro, alludendo alla vecchia illusione che "tanto paga Pantalone". Ne discende, prosegue il ragionamento del ministro, anche una nuova concezione del bene comune, che, "come voi mi insegnate non dipende dallo Stato, ma dal cuore della persona". Un’"antropologia positiva", insiste, che richiede anche "posizioni inequivoche sul valore della vita", ma che è alla base anche della doppia direttrice del federalismo e del nuovo Welfare, in chiave di sussidiarietà, come si dice, verticale (decentramento), e orizzontale, intesa come più spazio alla persona, alla famiglia, all’associazionismo. Perché, ricorda Sacconi, "il concetto di gratuità, la cultura del dono, non possono più essere confinati nella sfera privata, ma hanno che vedere direttamente con la democrazia, con la concezione stessa della politica". Un concetto su cui si era soffermato, prima di lui, anche il pro-rettore dell’Università Cattolica Luigi Campiglio: "Il dono - ha detto - non può essere associato solo al concetto di pietà, ma significa anche solidarietà, in definitiva comunità", senza la quale una nazione non tiene. Campiglio ha molto fatto riferimento all’esperienza americana, nella quale "si stima che oltre il 2 per cento del Pil sia reinvestito in gratuità, nonostante la crisi". Anzi, proprio l’enorme allargamento dell’area del bisogno apre ora spazi nuovi alla generosità intesa non più come slancio individuale, ma come autonoma risposta, strutturata nell’ambito della società, da parte di chi ha di più, a vantaggio di chi non ha nemmeno il necessario per vivere o per far fronte a uno stato di disagio. Per cui il dono si conferma, ricorda Campiglio, come un "elemento costitutivo della società americana", e ricorda l’esperienza recente di 40 miliardari americani che si sono messi insieme per devolvere a cause benefiche una considerevole parte del loro patrimonio. Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione per il Sud, si è invece soffermato nel suo appassionato e molto applaudito intervento, su una serie di iniziative dell’associazionismo nel Mezzogiorno, che ha potuto conoscere nel suo nuovo incarico (dall’orchestra sinfonica degli scugnizzi del Rione Sanità di Napoli, alle iniziative contro la dispersione scolastica "che strappano ad uno ad uno i giovani alla criminalità"), "e che andrebbero conosciute di più, per vincere i tanti stereotipi sul Sud senza speranza", auspica Borgomeo. Fra i temi rilanciati da Sacconi anche il 5 per mille, come strumento di sostegno all’associazionismo da utilizzare però correttamente. Una misura apprezzata anche da Carlo Costalli, presidente dell’Mcl. Angelo Picariello
24 agosto 2010 IL PIANO SEGRETO Sul quoziente familiare il premier "tenta" Casini "Bossi è così. Usa quei toni nelle sue valli, davanti alla sua gente... Gli serve urlare contro l’Udc ma, se vuole la verità, quest’anno mi è sembrato addirittura più spento del solito". Maurizio Gasparri sorride e va avanti con un solo obiettivo: rassicurare i centristi. Spiegare a Casini che non c’è e non ci sarà un veto della Lega. "Gli uomini del Carroccio non mangiano i bambini. Forse sono un po’ rozzi, forse usano toni sbagliati; ma sui temi che contano sono seri, leali, affidabili. Guardiamo i fatti, riflettiamo sulle scelte della Lega sui temi etici, sulla famiglia... C’è una convergenza anche con l’Udc che deve far pensare". Il capogruppo parla però dando l’impressione di non fare i conti con il veto di Bossi. È stato il Senatur a dire "con Casini mai". È stato lui a ventilare le dimissioni di Giulio Tremonti (e dal ministro non sono arrivate smentite) qualora la maggioranza avesse aperto le porte a Casini. Gasparri sospira e invita ad attendere facendo capire che qualcosa di rilevante succederà. "Berlusconi, nelle prossime ore, parlerà con la Lega. E quando arriverà il momento delle scelte la Lega sarà attenta a quello che dice Berlusconi". È volutamente enigmatico Gasparri. Ma tutto è vero: c’è un appuntamento già fissato, e c’è una trattativa segretissima che va avanti lontano dai taccuini e dalle telecamere. Berlusconi vedrà Bossi domani e gli farà un discorso franco. Gli spiegherà che ha parlato con Casini. Che sul federalismo l’Udc è pronta a ragionare. E che è ora di smetterla con i veti e gli ultimatum. Gli ricorderà che i centristi sono alleati nel Ppe. Poi sarà pragmatico: "Al Senato senza Fini rischiamo... È ora di salvare la legislatura, di salvare le riforme, di costruire le condizione per un ritorno a casa di Pier". Questa è solo la prima parte della trattativa. Berlusconi spiegherà sia a Bossi che a Tremonti che la mano tesa verso i centristi deve essere sostenuta con i fatti, con le scelte. E se Casini chiede il quoziente familiare, Tremonti – ripete il Cavaliere – "dovrà superare le sue vecchie rigidità e trovare le risorse necessarie. Perché è una scelta in cui credo e perché è su questo tema ristabiliamo i contatti con l’Udc". È partito il pressing su Bossi. Osvaldo Napoli, in vacanza a Miami, avverte: "Basta veti, la politica non è blocco, non è chiusura. L’Udc è nel Ppe al fianco del Pdl e la Lega non può alzare i ponti". Anche Altero Matteoli, il potente ministro alle Infrastrutture, apre le porte del governo e della maggioranza ai centristi: "Sarebbe un ritorno a casa... Non sarebbe un’alleanza spuria, ma una ricomposizione". È un coro. Ma è ancora una volta Gasparri a mettere in fila i pro e i contro di un nuovo patto Pdl-Udc. È lui a spiegare che per Casini c’è una sola strada: riavvicinarsi al Pdl. "Che fa un terzo polo con Fini dopo quello che ha combinato e ha detto Fini sui temi cari al mondo cattolico?". Gasparri va avanti e boccia anche l’ipotesi di un patto con Bersani. "Lo spazio che ci poteva essere qualche mese fa non c’è più. Se il Pd dicesse "ecco c’è Casini" immediatamente Vendola e l’Idv sferrerebbero l’attacco. E gli porterebbero via un mare di voti". C’è solo una strada. Che conviene alla Lega che troverebbe un nuovo interlocutore sul federalismo. E a Casini che – ripete sottovoce il presidente dei senatori del Pdl – "rientrerebbe nel Pdl da protagonista assoluto. Sì con noi lui giocherebbe la Champion league, potrebbe aspirare a qualsiasi ruolo, potrebbe...". Gasparri si ferma. Poi avverte. "Non andiamo avanti, altrimenti la Lega...". Questa è solo una battuta ma la fase della competizione è cominciata. Isabella Bertolini, una vita sul territorio, avverte il Cavaliere: "In Toscana la Lega ha preso quattro consiglieri regionali senza avere un partito. Attento Silvio che se si vota oggi, la Lega fa il pieno anche nelle regioni rosse. Hanno governatori che tirano, amministratori capaci...". E poi c’è il patto con Tremonti. Chi conosce Berlusconi racconta di una crescente diffidenza del premier verso il suo ministro dell’Economia. Chi partecipa ai vertici che contano confida un retroscena che fa capire. "Giulio ti sei già messo la camicia verde?". Nei prossimi giorni sarà tutto meno confuso. Si capirà l’effetto dell’offensiva del premier su Bossi. E si capirà se l’ottimismo di Gasparri troverà un fondamento nelle cose. "Con l’Udc siamo destinati ad incontrarci. In alcune regioni abbiamo vinto insieme e insieme governiamo anche diverse città del Centro-Sud. Credo che non si debba avere fretta in certe cose. Contano i contenuti. La Lega teme un freno su alcune riforme. Se ci fosse la possibilità di rendere compatibili gli obiettivi politici, il disegno andrebbe assolutamente perseguito". Parole chiare. Quasi una conferma a quella trattativa segreta su federalismo e quoziente familiare. Ma Bossi insiste. "L’unica possibilità sono le urne. E tutti questi qua – dice con chiaro riferimento a Casini e a Fini – li polverizzeremo...". E ancora: "Non si può andare avanti così, non si può per ogni cosa che si fa pagare un dazio troppo alto". Parole chiare che rendono più complicata la "mission" del Cavaliere e più teso l’oramai vicino "faccia a faccia". Arturo Celletti
24 agosto 2010 ECUMENISMO Erdö: "Cristiani divisi? Provo un dolore fisico" L’idea di farli avvicinare era stata di Charlie, il responsabile del servizio d’ordine del Meeting, pressato dai fotografi in cerca dello scatto "storico". Imprevisto o meno, l’abbraccio tra il cardinale Peter Erdö – presidente del Ccee, il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa – e il metropolita Filaret c’è stato e ha scatenato una cascata di applausi nell’aula più grande della fiera, gremita dai visitatori del Meeting. Poco prima, il primate d’Ungheria aveva detto che "le questioni dogmatiche che ancora dividono cattolici e ortodossi sono talmente poche che provoca dolore il fatto che non ci sia ancora una piena comunione". E l’esarca patriarcale di tutta la Bielorussia, di rimando, ha dichiarato ai giornalisti che "il 2011 per un incontro tra il Papa e il patriarca Kirill è una data davvero molto vicina, ma ostacoli di principio io non ne vedo". Se è vero che, per stare al titolo del Meeting, il cuore fa desiderare grandi cose, ieri il desiderio più grande si è materializzato nell’amicizia di due uomini dell’Est, uniti nelle fede e divisi dalle chiese. Divisioni che per l’arcivescovo di Budapest sono solo o soprattutto dogmatiche - "sui temi pastorali, ad esempio sulla vita e sulla famiglia abbiamo le stesse posizioni" - e anche sotto questo profilo ("che compete alla Santa Sede" ha precisato il cardinale) il dialogo interconfessionale è ad un passo dal concludersi, al punto che la sua incompiutezza provoca, appunto, "dolore". Conferma Filaret, metropolita di Minsk e Sluzk: "Siamo ormai da tempo in dialogo e a volte in questo percorso ci sono momenti di slancio a volte una caduta di tensione" ma ora Roma e Mosca "si stanno parlando del futuro della chiesa e dio voglia che quest’atmosfera continui". Erdö e Filaret si sono confrontati per un’ora sulla fede in Europa, partendo dalla domanda di Dostoevskij: "Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni, può credere, credere proprio alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?". Filaret ha insistito sul tema del cuore come "campo di battaglia tra il diavolo e Dio" e individuando questa lotta perenne anche "nei processi di sviluppo dei sistemi democratici in Europa e nel mondo", mentre Erdö ha esaminato la figura dell’intellettuale europeo, il quale non può prescindere dall’eredità cristiana nella sua ricerca di risposte. Linguaggi che sembrano far dimenticare gli errori del passato quando, ha commentato Filaret, "parlava sottovoce delle proprie falsità", sottacendo "contraddizioni che gridano al cielo". Paolo Viana
2010-08-23 23 agosto 2010 LAVORO E DIRITTI Tensione a Melfi La Fiom denuncia Fiat Licenziati, reintegrati dal giudice, entrati in fabbrica per meno di due ore, di nuovo fuori, con l'intenzione di avviare un'azione penale contro l'azienda, che invece ribadisce la legittimità dei licenziamenti e crede nella vittoria del ricorso, il 6 ottobre prossimo, fino ad un appello al Presidente della Repubblica. Può essere raccontata così la giornata - convulsa e ricca di prese di posizione - di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli: oggi al cambio turno, intorno alle ore 13.30, si sono presentati all'ingresso dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat, con avvocato e ufficiale giudiziario al seguito, per far valere la sentenza del giudice del lavoro del 9 agosto scorso. Sostenuti dall'applauso dei colleghi, hanno varcato il primo tornello. Il giudice ha ordinato che i tre (Barozzino e Lamorte sono delegati Fiom) devono tornare al loro posto: ma la Fiat, che aveva chiesto ai tre di non presentarsi neanche, li "ospita" negli uffici dei sorveglianti, a pochi metri dai cancelli. Poi la proposta: tornino pure in fabbrica, ma accettino di fare attività sindacale in una sala, senza tornare nei reparti dove si assembla la "Punto Evo". L'avvocato della Fiom non ci sta: "Non è così che si rispetta la sentenza di reintegro", dice Lina Grosso e annuncia due mosse. La prima è la richiesta al giudice del lavoro, Emilio Minio, di specificare i termini del reintegro disposto nella sentenza del 9 agosto; la seconda è una denuncia penale contro la Fiat per non aver rispettato la sentenza stessa. Da Torino, la Fiat replica con una nota che non lascia spazio a dubbi: secondo l'azienda non solo i licenziamenti dei tre operai sono legittimi ma l'udienza del 6 ottobre stabilirà che la posizione della Fiat è giusta perchè vi sono stati "comportamenti di estrema gravità", con un "volontario e prolungato illegittimo blocco della produzione, e non esercizio del diritto di sciopero". E, intanto, all'interno dello stabilimento la Fiom proclama la sciopero con un corteo: nella prima ora, dalle 14 alle 15, l'adesione, secondo l'azienda, è stata del 5,2%. All'esterno, i rappresentanti sindacali si "stringono" intorno ai tre operai. Barozzino, a nome anche di Lamorte e Pignatelli, si rivolge al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: "Gli lanciamo un appello: non ci faccia vergognare di essere italiani. Vogliamo solo il nostro lavoro, come ha deciso il giudice". Anche la Fiom, durante il presidio organizzato al cambio turno, ha distribuito un volantino con la richiesta a Napolitano di intervenire "per ristabilire il principio costituzionale che la legge è uguale per tutti". Dopo la protesta, i tre lasciano lo stabilimento: "Non vogliamo essere confinati - ha aggiunto Barozzino ai numerosi giornalisti presenti oggi a Melfi - in una saletta sindacale che è distante centinaia di metri dalla fabbrica dove lavorano i nostri colleghi. Dalla saletta - ha concluso - non potremmo parlare con nessuno. Per rivendicare i nostri diritti siamo disposti a venire in fabbrica ogni giorno".
2010-08-10 10 agosto 2010 POTENZA Fiat, da reintegrare i tre dipendenti licenziati La Fiat è stata condannata per comportamento antisindacale e i tre operai licenziati a Melfi dovranno essere reintegrati dall'azienda. È questa la decisione del giudice del lavoro di Potenza in merito ai licenziamenti decisi nello stabilimento lucano dal gruppo automobilistico secondo quanto riferisce Enzo Masini, responsabile nazionale per il settore auto della Fiom-Cgil. "La Fiat è stata condannata per comportamento antisindacale e il giudice ha detto che i tre licenziamenti sono illegittimi e i dipendenti dovranno essere reintegrati al lavoro", dice Masini. I tre dipendenti, due dei quali rappresentanti sindacali, erano stati licenziati a metà luglio dall'azienda perché durante un corteo interno allo stabilimento avevano bloccato un carrello robotizzato che riforniva altri operai che erano regolarmente al lavoro. L'allontanamento dei tre operai è arrivato durante una delle fasi della complessa trattativa che la Fiat sta portando avanti per ottenere un contratto ad hoc per i dipendenti dello stabilimento napoletano di Pomigliano d'Arco, che prevede sanzioni per chi non rispetta le intese. Un accordo che la Fiom-Cgil si è rifiutata di sottoscrivere - al contrario di Uilm-Uil, Fim-Cisl, Ugl e Fismic - attirandosi addosso, secondo quanto dichiarato dai vertici della Fiom, anche la reazione dell'azienda. Oggi Giovanni Sgambati, segretario della Uilm Campania e responsabile per il settore auto del sindacato, teme che la decisione del giudice di Potenza inasprisca il conflitto innescato dall'accordo separato su Pomigliano, ma anche dai licenziamenti. "Mi auguro che ora ci sia meno enfasi politica e la vicenda si chiuda qui, senza altri passaggi in tribunale, soprattutto per il bene dei lavoratori", ha detto Sgambati, riferendosi alla possibilità che la Fiat ricorra in appello prolungando la querelle giudiziaria e stimolando la conflittualità intersindacale. Giuseppe Farina, segretario generale della Fim-Cisl, ritiene al contrario che la sentenza "contribuirà a rasserenare gli animi". La sentenza, spiega il sindacalista, "è un segnale per il gruppo e ci dice due cose: che la Fiat ha sbagliato a non graduare le sue decisioni nei confronti di quei dipendenti, utilizzando gli strumenti già previsti dal contratto, ma ci dice anche che l'attuale quadro di riferimento legislativo e contrattuale garantisce la tutela dei diritti".
2010-08-04 4 Agosto 2010 LAVORO Telecom, 3900 esuberi: accordo per mobilità volontaria Fumata bianca alla Telecom: il negoziato, partito a metà luglio, è stato molto serrato all'indomani dell'annuncio dell'azienda di 6.800 licenziamenti nei prossimi due anni (3.700 dei quali entro giugno 2011). E stanotte, dopo 24 ore di confronto al ministero dello Sviluppo Economico, è stata trovata l'intesa: tra le novità la formazione e la mobilità volontaria. Per 3.900 dipendenti si prevede l'attivazione di una mobilità ordinaria su base volontaria nel biennio 2010-2012. Per altri 2.220 invece si ricorrerà a percorsi di formazione con contratti di solidarietà per consentire il reinserimento in settori strategici dell'azienda, in particolare la rete. Si tratta di 1.300 dipendenti non coperti da tutela e saranno reinseriti in Telecom, di 470 dipendenti del '1254' e 450 di SSC. Per i lavoratori già posti in mobilità, che si sono visti slittare in avanti la data utile a percepire la pensione a seguito delle modifiche normative sopraggiunte, si è ottenuta la copertura del 90% della retribuzione per i periodi eventualmente scoperti. L'attivazione di mobilità ordinaria su base volontaria per circa 3.900 lavoratori sarà volta, principalmente, a coloro che così potranno raggiungere i requisiti pensionistici previsti dalla legge. I lavoratori del '1254' avranno una proroga dei contratti di solidarietà per ulteriori due anni e un piano formativo di riqualificazione nonchè un ulteriore riutilizzo del telelavoro. Per Ssc è prevista l'attivazione di circa 470 contratti di solidarietà anche questi associati ad un piano formativo e che reintegri i lavoratori in altri settori di Telecom, oltre a prevederne l'internalizzazione dei processi di attività informatiche. Per 1.300 lavoratori che non hanno protezioni sociali ed erano, per l'azienda, esuberi strutturali è previsto un importante piano formativo al termine del quale porterà ad una riqualificazione completa dei lavoratori per un loro utilizzo in altri settori strategici per l'azienda. Per i lavoratori ex Tils, attualmente non impiegati, grazie anche ai percorsi formativi previsti per i colleghi di altri settori/aziende, c'è l'impegno di riassunzione in Hr Service. Soddisfatte le parti. L'ad di Telecom, Franco Bernabè, ha sottolineato come l'intesa garantisca "il rispetto e la tutela dei lavoratori". Per il Governo l'accordo è un "segnale di maturità da parte di tutti, del sindacato, dell'azienda e per certi versi anche del Governo", afferma il vice ministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani. "Certamente la notizia è buona, fino a poche settimane fa il quadro era diverso con licenziamenti unilaterali", dice invece il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Anche i sindacati mostrano apprezzamento: per Enrico Miceli della Slc Cgil l'accordo è un modello possibile
2010-07-29 29 luglio 2010 AL TAVOLO CON GOVERNO E SINDACATI Fiat, fabbrica di aut-aut C’hiamato a chiarire cosa ne sarà del piano "Fabbrica Italia" dopo l’annuncio della produzione in Serbia dei prossimi monovolume del gruppo Fiat, Sergio Marchionne ha spiegato tutto: il programma da 20 miliardi non è cambiato, c’era bisogno di decidere rapidamente dove costruire quelle auto e solo l’impianto di Kragujevac poteva dare certe garanzie. Ma Mirafiori non perde nulla, perché nella gamma di Fiat e Chrysler non mancano certo le nuove vetture da costruire. Detto questo – a Torino, al tavolo su Mirafiori tra l’azienda, il governo e i sindacati – il manager italo-canadese ha quindi aggiunto che c’è poco da trattare. Al governo Marchionne ha fatto presente che non chiede aiuti pubblici né incentivi perché non vuole "farsi coinvolgere" politicamente. Ai sindacati ha ricordato che Fabbrica Italia non è un accordo, ma un progetto autonomo di Fiat: quindi l’azienda non ha nessun vincolo. Non c’è spazio per grandi trattative. Fiat vuole investire in Italia – l’unica area del mondo in cui l’azienda è ancora in perdita – ma se i sindacati non le daranno "la sicurezza che le fabbriche possano funzionare" non lo farà. L’azienda non può permettersi "di produrre a singhiozzo, con livelli ingiustificati di assenteismo, o di vedere le linee bloccate per giorni interi". E se questo non è possibile "andrà altrove" perché "non siamo disposti a mettere a rischio la sopravvivenza della Fiat". L’accordo su Pomigliano non sarà replicato, si procederà con intese impianto per impianto. Lavorare senza ostacoli, è questa "certezza" quello che vuole Marchionne. "Vogliamo governare gli stabilimenti. Questa non è una cosa oscena. Qui in Italia sembra che stiamo parlando della luna" dirà il manager qualche ora dopo, alla fine dell’incontro in Confindustria con Emma Marcegaglia. Marchionne dirà anche che "prima dei diritti vengono i doveri, ma qui invece abbiamo invertito il discorso". Anche al tavolo torinese Marchionne ha parlato a lungo e agli altri (gli "altri" sono i sindacati) ha chiesto di parlare poco. Perché in questa situazione "non servono fiumi di parole" ma bastano "un sì o un no". E se sarà sì, che sia "definitivo e convinto" ha avvertito il manager. Le repliche sono arrivate presto. Quello della Cisl è un sì "senza se e senza ma" ha risposto Raffaele Bonanni. Con una condizione, però: che Fabbrica Italia "rimanga nel perimetro delle regole del nuovo sistema contrattuale che abbiamo costruito". È un sì anche quello della Uil, perché, ha spiegato Luigi Angeletti, l’obiettivo di raddoppiare la produzione di auto in Italia "è così importante che non andiamo a cercare alibi o scuse per non raggiungerlo". In cambio però Angeletti chiede chiarezza: "La Fiat ci dica quali sono le condizioni per cui questo progetto si implementi sicuramente". Chi ha firmato – su Pomigliano, ma anche sul contratto nazionale dei metalmeccanici – ci sta. La Cgil, che quegli accordi li ha rifiutati, ha confermato il suo no. Guglielmo Epifani ha chiesto a Marchionne di "riaprire il confronto a partire da Pomigliano", di farlo "gestendo l’eventuale dissenso" e senza "usare i carrarmati". Qualcosa, evidentemente, molto lontano dall’assenso "convinto" richiesto dal manager. Il governo è con Cisl e Uil. "Soddisfatto" e rassicurato sulle intenzioni dell’azienda, Maurizio Sacconi ha chiesto solo di "restare nell’alveo delle tradizionali relazioni industriali": per il ministro del Lavoro sindacati e azienda a questo devono "trovare modalità con cui adattare il sistema di relazioni alle concrete esigenze degli obiettivi che si sono posti". Per l’esecutivo non resta che un ruolo di mediatore, perché il compito di "finanziatore" della più grande industria manifatturiera d’Italia si è esaurito con la fine degli incentivi. Una battuta di Marchionne non è sfuggita al ministro: "Ha ribadito che non chiede e che non cerca incentivi pubblici, ma cerca gli incentivi nelle persone e nelle organizzazioni sindacali". Pietro Saccò
29 luglio 2010 La grande partita del "caso Fiat" Il rivoluzionario e la politica distratta e invischiata Invischiate in un miscuglio di rassegnazione e indifferenza, distratte dalle convulsioni interne alla maggioranza e dagli sviluppi delle inchieste giudiziarie su P3 e dintorni, la politica e la società italiane sembrano incapaci di inquadrare nelle sue esatte dimensioni la grande partita che si sta giocando attorno al caso Fiat. Proiettata ormai da anni in una dimensione operativa sovranazionale, che l’accordo dello scorso anno con Chrysler ha solo reso evidente anche ai ciechi, l’azienda manifatturiera che fu nazionale per definizione è pronta adesso a giocare in modo "esemplare" una carta cruciale per il futuro di tutti: la messa in discussione esplicita e il superamento del tradizionale sistema di relazioni industriali, costruito storicamente sul binomio conflitto-contratto. Un obiettivo, questo, perseguito dal numero uno Sergio Marchionne non con intenti ideologici, ma quasi per marcare una volta per tutte il carattere di "extra territorialità" del suo gruppo, non più disposto a restare all’interno di recinti ritenuti, a torto o a ragione, insostenibili. Che tutto ciò possa avvenire senza ricadute significative per il Sistema Italia nel suo complesso è evidentemente impensabile. Stupisce, allora, che per il momento nei palazzi della politica non siano in molti – ministro Sacconi a parte – a prendersene cura con un livello adeguato di attenzione. Il giorno dopo l’annuncio sulla "newco", la nuova società creata appositamente per gestire lo stabilimento di Pomigliano, si è consumata ieri sull’asse Torino-Roma una giornata di incontri e di trattative che, a livello di decisioni concrete, si è rivelata ancora interlocutoria. Ma che intanto è servita all’amministratore delegato di Fiat per ribadire il suo punto di vista con un frasario netto e dai tratti vagamente messianici ("Ci sono due sole parole possibili da pronunciare: una è sì, l’altra è no"). Non è escluso che certi toni ultimativi nascondano una intenzione tattica, che le pressioni mediatiche e psicologiche puntino anzitutto ad ammorbidire le componenti sindacali e politiche tuttora contrarie a consentire deroghe al sistema delle regole vigenti, in cambio della certezza di un impegno produttivo consistente. Anche l’ipotesi di non iscrivere la nuova azienda all’associazione delle industrie metalmeccaniche, per sfuggire ai vincoli del contratto collettivo, potrebbe infine rientrare, in presenza di garanzie adeguate sulla continuità dei ritmi lavorativi e sulla rinuncia alla conflittualità facile: in fondo, gli operai Chrysler di Detroit hanno già firmato da tempo l’impegno a non scioperare fino al 2015. Ma anche solo il fatto che uno scenario simile sia stato evocato, ci pare, avrebbe dovuto destare ben altra attenzione. Dagli anni ’50 in poi, l’accostamento Fiat-Confindustria ha rappresentato un binomio pressoché obbligato, una sorta di identificazione implicita e scontata tra gli interessi della maggiore azienda nazionale e quelli della categoria degli imprenditori privati. Al punto di dar vita a ricorrenti polemiche delle piccole e medie imprese, che spesso imputavano a Viale dell’Astronomia un eccessivo appiattimento sulle posizioni di Corso Marconi. La semplice ipotesi di un "satellite" Fiat che non entra in Federmeccanica, la sigla confindustriale di settore, ha insomma del sensazionale. Molti indizi, per altro, inducono a pensare che la vicenda Fiat non si giocherà mai più solo sul terreno simbolico. E che molte tessere, nel mosaico finale dell’industria automobilistica italiana e mondiale, usciranno rivoluzionate: ci auguriamo senza pagare prezzi sociali troppo alti e senza ridestare antichi e tristi fantasmi. Che nulla sarà più come prima, altrove se ne sono accorti da tempo. Domani Barak Obama sarà a Detroit, anche per visitare gli impianti della Chrysler. Ad accoglierlo ci sarà quello stesso Marchionne che il presidente Usa volle già incontrare nella fase decisiva della trattativa con Fiat. Da dove tutto è cominciato. Al volante dell’auto c’è posto per uno solo, ma i cambi di marcia e di direzione – tanto quanto le accelerazioni – vanno sorvegliati con lucida capacità di governo e di rappresentanza dell’interesse comune. Gianfranco Marcelli
29 luglio 2010 IL LAVORO E L'AUTO Fiat-Confindustria, nessuno strappo Un incontro di 45 minuti tra Sergio Marchionne ed Emma Marcegaglia scongiura, almeno per ora, l’uscita della Fiat da Confindustria e dalla cornice del contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici. Dopo il tavolo riunito a Torino ieri mattina, nel pomeriggio è andato in onda il secondo tempo della partita sul futuro del Lingotto e dell’auto italiana. Mentre dai sindacati che hanno siglato l’accordo per il rilancio di Pomigliano partivano segnali di disponibilità al confronto, l’ad della Fiat è volato a Roma per fare il punto con il leader degli imprenditori. Per la multinazionale dell’auto l’obiettivo è quello di avere garanzie che un accordo come quello siglato in Campania (e altri che dovessero arrivare) non trovi ostacoli nell’attuale contratto nazionale. Una certezza che allo stato non c’è nemmeno con lo strumento della newco (la società nuova di zecca che gestirà Pomigliano) appena varata dalla Fiat a Napoli. Da parte sua Confindustria vuole evitare di essere scavalcata dal ventilato atto unilaterale del Lingotto (la disdetta del contratto e l’uscita da Federmeccanica) che ne indebolirebbe prestigio e rappresentatività. Così dopo il colloquio Marcegaglia ha spiegato che Confindustria "condivide l’obiettivo di Fiat di puntare a una maggiore competitività e produttività", un traguardo di "tutto il sistema industriale". Assicurando di voler lavorare a un processo di cambiamento delle regole. "Abbiamo definito insieme – ha proseguito il leader – un impegno a trovare nel più breve tempo possibile una strada affinché Fiat possa implementare nel miglior modo possibile gli obiettivi di competitività, come a Pomigliano restando all’interno di Confindustria" "C’è un impegno comune – ha rimarcato Marchionne – cerchiamo di portare a casa una soluzione anche con Emma". Anche se l’ad della Fiat non ha mancato di avvertire fin dal mattino che "la disdetta del contratto è possibile" e che "c’è sempre un piano B". Insomma andiamo avanti insieme, è il messaggio a Confindustria e ai sindacati, ma se i risultati non arrivano andremo avanti anche da soli. Nessun dettaglio sull’impegno a cui lavorano le parti. Ma dal momento che l’attuale contratto metalmeccanico scade nel dicembre del 2012 e Fiat vuole cambiamenti a breve, la soluzione sembra essere quella di un’integrazione concordata alla normativa nazionale che permetta delle deroghe stabilimento per stabilimento (come a Pomigliano) con accordi specifici tra le parti. Una soluzione resa in qualche modo più semplice dal fatto che la Fiom-Cgil non ha firmato l’ultimo contratto e dunque la sua probabile contrarietà non sarà di ostacolo a un nuovo accordo tra le parti. Di questo piano si comincerà a parlare già oggi nell’incontro convocato da Fiat con i sindacati di categoria a Torino. Alla chiamata di Marchionne "rispondiamo sì senza se e senza ma", ha assicurato il segretario della Cisl Raffaele Bonanni dopo il vertice di Torino. Alla Fiat il segretario cislino chiede però di fare chiarezza sul fatto che si rimarrà "nel perimetro del nuovo modello contrattuale che abbiamo costruito". Siamo "pronti a discutere e a dare le garanzie chieste da Marchionne ma tassativamente dentro le regole contrattuali vigenti", ha sottolineato. Per Luigi Angeletti l’obiettivo di aumentare la produzione di auto in Italia, "è così importante da non permettere "alibi o scuse". "Non abbiamo problemi ad accettare la sfida , ha aggiunto il leader della Uil, spiegando in merito agli assetti contrattuali che "gli stabilimenti Fiat sono diversi e non si può fare una camicia a taglia unica". In sostanza non servono nuove regole nazionali vincolanti per tutti ma piuttosto la possibilità di trovare accordi specifici come a Pomigliano. Restano ai margini Cgil e Fiom. Per Gugliemo Epifani dal vertice di Torino non sono emersi fatti nuovi. "Chiediamo che si possa riaprire il confronto a partire da Pomigliano senza usare i carri armati e trovando una soluzione condivisa", è l’auspicio. Ma le cose paiono andare in un’altra direzione. Nicola Pini
2010-07-28 28 luglio 2010 AL TAVOLO CON GOVERNO E SINDACATI "Senza un "sì" convinto, meno investimenti in Italia" Senza un "si" convinto, meno investimenti. Questo l'avvertimento di Sergio Marchionne intervenuto aoggi al tavolo sulle prospettive del gruppo e sullo stabilimento di Mirafiori: "Se si tratta solo di pretesti per lasciare le cose come stanno è bene che ognuno si assuma la propria responsabilità sapendo che il progetto "Fabbrica Italia" non può andare avanti e che tutti i piani e gliinvestimenti per l'Italia verranno ridimensionati". "Sarebbe stato molto più semplice e anche più economico guardare ai vantaggi sicuri che altri Paesi possono offrire - ha aggriunto -. La corsia per venire in Italia per aprire un nuovo insediamento è drammaticamente vuota. Questa è la verità". L'amministratore delegato di Fiat ha poi ricordato che gli investimenti previsti in Italia, circa 20 miliardi, "equivalgono quasi alla Finanziaria di cui si discute in questi giorni. La sola cosa che abbiamo chiesto - ha spiegato - è di avere più affidabilità e più normalità in fabbrica. Da qualcuno ci siamo sentiti rispondere che stiamo ricattando i lavoratori, violando la legge o addirittura la Costituzione. Non voglio più commentare assurdità del genere". All'incontro, che si sta svolgendo nella sede della Regione Piemonte partecipano il ministro Maurizio Sacconi, l'amminsitratore delegato Fiat Sergio Marchionne, i leader dei sindacati confederali e metalmeccanici, i rappresentanti delle istituzioni locali. È inoltre previsto per oggi il faccia a faccia tra Marchionne e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia per cercare una via d'uscita dopo l'ipotesi ventilata da parte del Lingotto di disdire il contratto nazionale. "Le nostre non sono minacce, ma non siamo disposti a mettere a rischio la sopravvivenza del'azienda - ha detto Marchionne - Dobbiamo decidere se avere un settore auto forte in Italia o consegnarlo ai competitori esteri". L'amministratore delegato di Fiat ha poi rassicurato gli interlocutori precisando che il piano d'investimenti "Fabbrica Italia" verrà portato avanti e che Fiat è "l'unica azienda a investire 20 miliardi nel Paese. Ma dobbiamo avere garanzie che gli stabilimenti possano funzionare". Parlando poi della produzione della monovolume "LZero" in Serbia, Marchionne ha precisato che il progetto "non toglie prospettive a Mirafiori. Esistono alternative per garantire i volumi di produzione" nella fabbrica torinese. "Ci sono solo due parole che al punto in cui siamo richiedono di essere pronunciate una è sì, l'altra è no", ha concluso Marchionne. Un quadro in cui "si" vuol dire, per l'ad di FIat, "modernizzare la rete produttiva italiana" e "no" significa "lasciare le cose come stanno, accettando che il sistema industriale continui ad essere inefficiente e inadeguato a produrre utile e quindi a conservare o aumentare i posti di lavoro".
28 luglio 2010 INIZIATIVA Fiat, prova di forza su Pomigliano e contratto Fiat 2, la clonazione: nuova società per Pomigliano e nuovo contratto di lavoro su misura dell’auto globale. Dopo avere ridisegnato la struttura del gruppo (con lo spin off delle quattro ruote) Sergio Marchionne "scorpora" anche le relazioni industriali. Alla vigilia del tavolo di questa mattina a Torino sul futuro di Mirafiori e degli stabilimenti italiani, il Lingotto ha fatto filtrare la doppia notizia, che conferma le indiscrezioni degli ultimi giorni. La prima riguarda la new company (newco), costituita già lo scorso 19 luglio: si chiama "Fabbrica Italia Pomigliano", è interamente controllata dalla Fiat e presieduta dallo stesso Marchionne: dovrà rilevare lo stabilimento Gian Battista Vico e gestire il rilancio della produzione con l’arrivo della Panda. Assumerà con un nuovo contratto (assorbendo le clausole contenute nell’accordo con i sindacati sottoposto a referendum) i 5.000 lavoratori della fabbrica campana. La seconda novità non è ancora ufficiale ma non viene smentita dal Lingotto. Dopo l’incontro di oggi, Fiat ha infatti convocato i sindacati anche per domani e in quella sede comunicherà la disdetta degli accordi vigenti, tra i quali il contratto nazionale di lavoro metalmeccanico, firmato nel 2009 con un accordo separato (senza la Fiom) e valido fino a tutto il 2012. L’incontro si svolgerà in due tappe: un primo round con i tutti i sindacati per discutere dell’attuazione di Fabbrica Italia e un secondo passaggio con le sigle firmatarie dell’intesa di Pomigliano (Fim, Uilm, Fismic e Ugl): la disdetta dovrebbe essere comunicata in questo contesto. A corollario di questa scelta la newco appena costituita non aderirebbe all’Unione industriale campana proprio per evitare di applicare fin da subito il contratto nazionale. La prova di forza di Marchionne ha suscitato reazioni e preoccupazioni nel mondo sindacale e politico. Anche se alcuni leader attendono prima di esprimersi di avere più chiaro il quadro delle intenzioni Fiat nei due incontri di oggi e domani. "L’uscita dal contratto nazionale? Non la voglio nemmeno prendere in considerazione", afferma il segretario della Uil, Lugi Angeletti. "Non credo che la Fiat possa non applicarlo – aggiunge –. Può fare una cosa ovvia: quando scadrà potrebbe non applicarlo più e allora dovrà negoziare con i sindacati un nuovo contratto". La mossa non piace nemmeno al ministro del Lavoro Maurizio Sacconi che ieri ha invitato la Fiat a non fare "scelte unilaterali". La Fiom con il segretario Maurizio Landini afferma che "se la Fiat pensa per attivare la newco di arrivare alla disdetta del contratto nazionale, sarebbe un atto senza precedenti, un fatto grave e inaccettabile". Approva invece l’ex presidente di Federmeccanica, Massimo Calearo, oggi deputato dell’Api, che definisce Marchionne "precursore dei nuovi rapporti industriali in Italia". Mentre il senatore pd Tiziano Treu si dice "preoccupato": "Il problema è come fermare questa ondata – sottolinea – e su questo anche il governo deve dire qualcosa. Poi però sarà necessario ripensare alle regole di sistema". Per l’ex ministro "lasciare il contratto nazionale è una rottura netta del sistema ed è come dire che neppure con gli aggiustamenti introdotti a Pomigliano è possibile lavorare in Italia". È dunque una vigilia molto tesa quella che ieri ha preceduto l’incontro convocato oggi alla 10 a Torino dal ministro Sacconi con azienda, sindacati ed enti locali la quale dovrebbe essere presente lo stesso Sergio Marchionne. Sul tavolo il nodo di Mirafiori dopo la decisione di produrre in Serbia il nuovo monovolume L0 e più in generale il piano di rilancio degli stabilimenti italiani prevista da Fabbrica Italia. Sindacati e istituzioni si attendono la conferma degli investimenti (20 miliardi in 5 anni) e dei livelli produttivi (1,4 milioni di auto) annunciati ad aprile. "La partita è più che mai aperta e sono ottimista per la sua soluzione", afferma Sacconi che crede "nella volontà degli attori e nella loro consapevolezza di quanto sia alta la posta in gioco". Una posta che riguarda ormai, insieme al futuro dell’industria dell’auto e dell’occupazione, l’intero sistema delle relazioni sindacali. Nicola Pini
2010-07-27 26 luglio 2010 INIZIATIVA Fiat, nasce Fabbrica Italia Marchionne presidente Nasce Fabbrica Italia Pomigliano, società iscritta al registro delle Imprese della Camera di commercio di Torino e controllata al 100% da Fiat Partecipazioni. Presidente è l'ad del Lingotto Sergio Marchionne. La società ha sede legale a Torino e il capitale sociale è di 50mila euro. L'oggetto sociale della new company è "l'attività di produzione, assemblaggio e vendita di autoveicoli e loro parti. A tal fine può costruire, acquistare, vendere, prendere e dare in affitto o in locazione finanziaria, trasformare e gestire stabilimenti, immobili e aziende". Inoltre la società "può compiere le operazioni commerciali, industriali, immobiliari e finanziarie, queste ultime non nei confronti del pubblico, necessarie o utili per il conseguimento dell'oggetto sociale, ivi comprese l'assunzione e la dismissione di partecipazioni ed interessenze in enti o società, anche intervenendo alla loro costituzione". La nascita di Fabbrica Italia Pomigliano è un passo preliminare per la costituzione di una nuova società, una new company in cui riassumere, con un nuovo contratto, i 5mila lavoratori attuali della fabbrica campana. Si tratta del progetto Futura Panda a Pomigliano, per il quale la Fiat ha raggiunto un accordo con i sindacati il 15 giugno, non firmato dalla Fiom.
2010-07-25 24 luglio 2010 CITTÀ DEL VATICANO Osservatore Romano: insostenibile delocalizzazione La delocalizzazione può funzionare, ma non se è mirata a produrre dove il lavoro costa meno e vendere e investire in aree diverse, perchè in una economia sana devono essere presenti tutte e tre queste dimensioni. È quanto sostiene il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, in un editoriale di prima pagina dell'Osservatore Romano, in cui non si parla mai esplicitamente della Fiat, ma facilmente riconducibile alle vicende di questi giorni. Il banchiere cattolico cita una storiella di Henry Ford, il quale, "dopo avere sopportato un lungo periodo di conflittualità sindacale, fece progettare e costruire una fabbrica di automobili totalmente automatizzata. Mostrò poi l'impianto senza operai al potente capo dei sindacati e gli disse con scherno: 'La fermi ora, se ne è capace'. Ma il sindacalista replicò: 'Adesso venda lei le auto prodotte, se ne è capacè. Sottintendendo che, se non si produce potere di acquisto, non è nemmeno possibile vendere". "L'uomo economico - insiste Gotti Tedeschi - è infatti produttore, compratore, investitore", e "il mondo intero ha sotto gli occhi gli effetti della delocalizzazione, soprattutto in Asia, degli ultimi anni, fenomeno che ha prodotto trasferimenti di capitali e tecnologie, orientati soprattutto a ottenere produzioni a basso costo, ma senza basarsi su vere scelte strategiche. Ciò ha generato un nuovo modello economico difficilmente sostenibile, perchè ha creato Paesi produttori, ma temporaneamente non consumatori, e Paesi consumatori, ma non più produttori. I primi sono entrati nel ciclo economico della crescita, i secondi ne sono quasi usciti". Se una simile filosofia prendesse piede in Occidente - avverte Gotti Tedeschi - "si rischia di poter quotare in Borsa solo l'Empire State Building, la Tour Eiffel o il Colosseo".
23 luglio 2010 AUTO Calderoli: "Fiat garantisca occupazione altrimenti paghi il conto" "A me interessa poco di cosa la Fiat voglia andare a fare in Serbia, a me interessa che lo stabilimento di Mirafiori resti aperto e siano garantiti i livelli occupazionali, investendo come si è fatto a Pomigliano". Lo afferma il ministro Roberto Calderoli (Lega) che aggiunge: "Ho fiducia nel tavolo promosso dal nostro Roberto Cota a Torino la prossima settimana, diversamente saremmocostretti a far pagare il conto non soltanto alla Fiat, ma a tutte le altre imprese, di quanto hanno ricevuto in questi decenni dallo Stato, perché, torno a ripetere, non si può pensare di sedersi ad un tavolo, mangiare con aiuti di Stato e incentivi e poi andarsene senza pagare il conto!". LA CONVOCAZIONE DI SACCONI Sulla vicenda Fiat è intervenuto anche il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, che d'intesa con il presidente della Regione Piemonte, "convoca la Fiat Auto e le organizzazioni sindacali di categoria e confederali per l'esame del Piano "Fabbrica Italia" e delle sue ricadute produttive e occupazionali sui siti produttivi italiani". Lo fa sapere il ministero in una nota. "Il confronto tra parti e istituzioni si svolgerà mercoledì 28 alle ore 10 presso la Regione Piemonte a Torino". Per Sacconi tra la vicenda di Pomigliano D'Arco e l'annuncio della delocalizzazione in Serbia c'è un legame fondamentale, che è quello di una "buona utilizzazione degli impianti, basato soprattutto sulle relazioni industriali. Fiat cerca l'incentivo all'investimento nell'ambito di comportamenti sindacali cooperanti. A noi quello che interessa è saturare gli impianti italiani e garantire buoni investimenti negli impianti italiani. Di questo discuteremo, nel frattempo noi lavoriamo per costruire. Capisco che per qualcuno possa essere difficile capirlo". BERLUSCONI: DELOCALIZZAZIONE NON A SCAPITO DELL'ITALIA "In un'economia di mercato un gruppo industriale è libero di stabilirsi dove ritiene più opportuno. Spero non accada a scapito della produzione in Italia e dei lavoratori". Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha commentato così nel corso della conferenza stampa congiunta con il presidente russo Dimitri Medvedev la decisione del Lingotto, anticipata ieri dall'amministratore delegato Sergio Marchionne, di produrre la nuova monovolume in Serbia. Al centro dell'incontro con il presidente della Federazione Russa, che si è svolto oggi alla Prefettura di Milano, Silvio Berlusconi ha assicurato a Medvedev di essere "impegnato per portare avanti il problema" della liberalizzazione dei visti per i cittadini russi "a livello europeo", chiedendo "di inserire il tema della prossima riunione dei Capi di Stato e di governo europei", e di averne parlato al presidente della Commissione Ue Josè Manuel Durao Barrosso e al Commissario Antonio Tajani.
2010-07-22 22 Luglio 2010 ECONOMIA Marchionne: "Produrremo in Serbia la nuova monovolume "Lo"" La Fiat produrrà la nuova monovolume "Lo" in Serbia. Il nuovo insediamento partirà subito e prevede un investimento complessivo da un miliardo di euro, di cui 350 milioni circa dal Lingotto (400 milioni dalla Bei, 250 da Belgrado), per una produzione di 190 mila unità l'anno che sostituirà la Multipla, la Musa e l'Idea che attualmente vengono fatte a Mirafiori. Lo spiega l'amministratore delegato Sergio Marchionne in una intervista. E proprio a Mirafiori la futura monovolume poteva essere prodotta: "Se non ci fosse stato il problema Pomigliano, la Lo l'avremmo prodotta in Italia", afferma l'ad. "Ci fosse stata la serietà da parte del sindacato, il riconoscimento dell'importanza del progetto, del lavoro che stiamo facendo e degli obiettivi da raggiungere con la certezza che abbiamo in Serbia, la Lo l'avremmo prodotta a Mirafiori", dice Marchionne. L'ad ribadisce che la Fiat "non può assumere rischi non necessari in merito ai suoi progetti sugli impianti italiani: dobbiamo essere in grado di produrre macchine senza incorrere in interruzioni dell'attività". L'APPELLO DI CHIAMPARINO Sullo spostamento di una parte della produzione Fiat in Serbia, Sergio Chiamparino, sindaco di Torino e presidente dell'Anci, lancia un appello all'azienda e alle parti sociali. Alla prima perchè "prima di assumere decisioni rifletta perché per la Fiat vale quello che ho detto anche sul Governo, c'è un problema di affidabilità". Alle parti sociali perchè "dovrebbero invece sforzarsi di comprendere che un progetto come quello di Fabbrica Italia ha caratteristiche quasi rivoluzionarie per la situazione produttiva del nostro paese e che quindi bisogna guardare con occhi nuovi rispetto al passato". A margine del suo intervento alla presentazione del rapporto annuale Ifel, Chiamparino ha detto di credere che "su questa base bisognerebbe ricostruire una base di confronto tra azienda, parti sociali e parti istituzionali per definire delle certezze perchè non è accettabile, e io non posso accettarlo prima di tutto come sindaco di Torino - ha sottolineato - che si vada avanti navigando a vista su un terreno che riguarda la vita di migliaia di persone". A proposito della delocalizzazione in Serbia, il sindaco di Torino ha aggiunto che "gli impegni presi dalla Fiat col progetto Fabbrica Italia erano diversi e prevedevano che quel tipo di produzione fosse fatta nello stabilimento di Mirafiori. Ora trovo che sia paradossale e inaccettabile - ha concluso - che sia proprio quello stabilimento, il primo ad aver creduto nella possibilità di un rilancio dell'intero progetto Fiat in Italia, a pagare le conseguenze di un mancato accordo o di un accordo dimezzato su Pomigliano". POLEMICA LA CGIL "La scelta di spostare la produzione prevista nella stabilimento di Mirafiori in Serbia, e le motivazioni addotte, sembrano confermare una linea basata sulla ritorsione nei confronti del sindacato e dei lavoratori, in continuità con il clima determinato dai recenti licenziamenti individuali". È quanto si legge in una nota della Segreteria nazionale della Cgil, che esprime "preoccupazione per la continua indeterminatezza nelle decisioni che assume la Fiat sul futuro delle produzioni negli stabilimenti italiani"
22 luglio 2010 IL RILANCIO DEL LINGOTTO Fiat, trimestre "eccezionale". Via libera alla scissione "Eccezionale". Sergio Marchionne guarda i conti del trimestre appena chiuso, approvati dal Cda del gruppo Fiat in seduta Oltreoceano, a Auburn Hills, quartier generale della Chrysler, nel Michigan. E non usa mezzi termini. "È stato un trimestre eccezionale per il gruppo che ha superato quasi tutte se non tutte le attese del mercato". Il Lingotto torna in positivo. Con un utile netto a 113 milioni di euro, contro una perdita di 179 milioni di euro nel secondo trimestre 2009; un utile della gestione ordinaria più che raddoppiato a 651 milioni; ricavi in rialzo del 12,5% a 14,8 miliardi di euro. Dati incoraggianti anche per l’altra sfida del Lingotto, lo spin off dell’auto annunciato ad aprile nell’Investor Day di Torino, il cui percorso è stato definito proprio ieri. Il cda ha dato infatti il via libera alla nascita di due Fiat: Fiat Spa, con le attività automobilistiche e la componentistica (Fiat Group Automobiles, Ferrari, Maserati, Magneti Marelli, Teksid, Comau e FPT Powertrain Technologies) e Fiat Industrial Spa, con le attività di Cnh (macchine agricole e per le costruzioni), i veicoli industriali Iveco e i motori "industrial e marine" di Fiat Powertrain Technologies. Uno spin off atteso da tempo che partirà dal 1 gennaio 2011 e che – secondo il Lingotto – "darà chiarezza strategica e finanziaria ad entrambi i business e permetterà loro di svilupparsi strategicamente in modo indipendente l’uno dall’altro". Le azioni di Fiat Industrial saranno assegnate agli azionisti Fiat "sulla base di un rapporto uno a uno". Il 16 settembre la proposta sarà definitivamente approvata dall’Assemblea. Numeri e trasformazioni strutturali che sono stati premiati in Borsa con una corsa durata tutta la giornata. La chiusura è stata brillante, con il titolo in rialzo del 6,74% a 9,66 euro, tra scambi fiume per 49 milioni di pezzi, pari al 4,5% del capitale. Qualche timore invece da Moody’s, che ha posto sotto revisione il rating Ba1 assegnato a Fiat in vista di un possibile declassamento, alla luce dello spin off annunciato dal gruppo. "Lo scorporo di Fiat Industrial – ha spiegato l’agenzia di rating – si tradurrà in un indebolimento del profilo di business di Fiat rispetto a quello attuale delle attività unite in Fiat Group, a tal punto da ridurre la portata e la diversificazione di ciascuna delle due entità separate". Ma Marchionne va dritto su risultati e obiettivi. Il manager di timori non ne ha. Anzi il momento è estremamente positivo, nonostante in Italia, resistano ancora polemiche e tensioni a livello sindacale. "Il business è in buona forma", ha detto, sottolineando poi che i target 2010 sono "decisamente sottostimati". "Il lavoro fatto nel 2008-2009 – ha aggiunto – sta portando i suoi frutti. Ed è molto probabile che rivedremo le stime al rialzo per il 2010". Un rialzo che potrebbe essere "significativo". Quanto alle polemiche dopo l’accordo su Pomigliano, il manager ha assicurato: "Fiat non può assumere rischi non necessari in merito ai suoi progetti" sugli impianti italiani: "Dobbiamo essere in grado di produrre macchine senza incorrere in interruzioni" dell’attività. La discussione, ha spiegato Marchionne, "si è inquinata sia in merito alle intenzioni sia agli obiettivi di Fiat". Adesso il Lingotto ha intenzione di portare "avanti l’investimento, lavorando insieme alla maggioranza dei sindacati che lo ha approvato". Un modello da "esportare"? No, "non duplicheremo Pomigliano", ha risposto Marchionne. "Decideremo impianto per impianto. Soprattutto, dobbiamo convincere i sindacati sull’assoluta necessità di modernizzare" i rapporti industriali in Italia. Giuseppe Matarazzo
2010-07-10 10 Luglio 2010 FIAT Pomigliano, si fa strada l'ipotesi di una "new company" È sempre al lavoro il pool di legali ed esperti che cerca di individuare, con i manager della Fiat, gli strumenti giuridici per garantire l'applicazione dell'accordo per produrre la Nuova Panda a Pomigliano. Un'analisi avviata all'indomani dell'intesa del 15 giugno, non sottoscritta dalla Fiom e proseguita in questi giorni. Una delle ipotesi all'esame è la costituzione di una newco, una società che riassumerebbe con un nuovo contratto i lavoratori di Pomigliano disponibili ad accettare le condizioni poste dall'accordo. Allo studio ci sono tuttavia anche altre possibilità che i legali ai quali la Fiat si è rivolta stanno vagliando. ANGELETTI (FIOM): APPLICHEREMO L'ACCORDO "Che la Fiom lo firmi o no, applicheremo l'accordo. Vinceremo la sfida e Pomigliano sarà una grande fabbrica di auto". Il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, ribadisce la sua soddisfazione per il via libera della Fiat all'investimento per la nuova Panda nella fabbrica campana e non ha dubbi sul fatto che l'intesa raggiunta con l'azienda venga attuata. "La Fiom deve prima firmare il contratto nazionale, poi può dire che vuole difenderlo", attacca subito Angeletti. E insiste: "Dopo l'accordo separato per la riforma del sistema contrattuale, molti si sono chiesti se si potesse applicare senza la Cgil. Il risultato è che la sua applicazione c'è stata anche con la firma di molti segretari di categoria della Cgil. Per Pomigliano accadrà la stessa cosa. Se lo firmano sarà meglio per loro, ma non ci sono problemi". Il segretario generale della Uil dice di non avere mai temuto, dopo l'accordo del 15 giugno, che la Panda non arrivasse a Pomigliano: "Non ho mai conosciuto un imprenditore che viene meno alla parola data, la cosa più importante per lui è la credibilità". "Dimostreremo – conclude Angeletti – che a Napoli si possono fare auto competitive. I lavoratori parteciperanno a questa grande sfida".
10 luglio 2010 IL RILANCIO Fiat investe: la Panda arriva a Pomigliano Fiat scioglie la riserva: l’investimento a Pomigliano si farà e arriverà la produzione della Panda. La conferma della disponibilità dell’azienda, sembrata in forse dopo il referendum senza plebiscito tra i lavoratori della fabbrica, è arrivata ieri da Torino dopo un vertice tra Sergio Marchionne, le federazioni sindacali firmatarie dell’accordo e i segretari confederali di Cisl e Uil Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Una decisione che l’amministratore delegato spiega in una lettera inviata a tutti i dipendenti italiani del gruppo dove (vedi altro articolo) esclude di voler colpire i loro diritti e chiama a una piena collaborazione sul progetto "Fabbrica Italia". A Pomigliano si andrà avanti quindi alle condizioni stabilite nell’accordo separato, senza correzioni di rotta e nessuna apertura alle richieste della Fiom-Cgil, che non ha firmato e chiedeva di ridiscutere alcuni punti. L’incontro è maturato dopo alcuni giorni di stand by che avevano fatto temere un disimpegno Fiat. Nel vertice, tenuto riservato fino all’ultimo, Marchionne è stato chiaro con i sindacati: vado avanti ma dovete assicurarmi che posso fare pieno affidamento su di voi oggi e domani, è in sostanza il messaggio dell’ad. Una richiesta accolta. La Fiat e le organizzazioni sindacali Fim-Cisl, Uil-Uilm e Fismic, spiega il comunicato congiunto diffuso dopo l’incontro, "hanno convenuto di dare attuazione all’accordo raggiunto per la produzione della Panda. I firmatari "considerando che la grande maggioranza dei lavoratori ha dato il proprio assenso con il referendum, hanno convenuto sulla necessità di dare continuità produttiva allo stabilimento".
Soddisfatto Raffaele Bonanni: "È una svolta che senza enfasi si può definire storica sia per le relazioni industriali sia per tutta l’economia italiana", ha commentato il leader Cisl. Un segnale "positivo per il Mezzogiorno e di tutto il sistema produttivo italiano" che arriva "nonostante tutti i profeti di sventura e le chiusure ideologiche e politiche di una minoranza rissosa". Interviene anche il presidente Fiat John Elkann sottolineando l’"importante segnale di fiducia" da parte dell’azienda: "significa che crediamo nell’Italia e intendiamo fare fino in fondo la nostra parte". Non ha gradito la Cgil, che resta isolata. Dalla segreteria di Guglielmo Epifani si sottolinea che quello che è accaduto con l’intesa separata alla Foat "è un fatto grave e senza precedenti" e apre "un problema formale nei rapporti tra l’azienda e la Cgil". La riunione di ieri non è entrata nella dimensione operativa del progetto, limitandosi a dare un via libero "politico" all’operazione che vale 700 milioni di euro di investimento. Si tratterà ora di vedere come la Fiat vorrà cautelarsi rispetto a possibili conflittualità interne alla fabbrica, specie ora che la Fiom è rimasta fuori e che il referendum ha fatto emergere il dissenso del 36% dei lavoratori. Nella nota congiunta azienda e firmatari dell’accordo affermano a questo proposito che "si impegneranno per la sua applicazione con modalità che possano assicurare tutte le condizioni di governabilità dello stabilimento". Quali? Una delle ipotesi che resta in piedi e della quale la Fiat sta verificando la praticabilità è quella della new company. In questo caso la fabbrica di Pomigliano sarebbe conferita a una società nuova di zecca che potrebbe ripartire su basi contrattuali nuove. Non solo: i dipendenti sarebbero riassunti nei numeri concordati ma potrebbero non essere necessariamente tutti gli stessi di prima. Dura la reazione Fiom, che considera "grave e sbagliato non aver voluto cercare soluzioni contrattuali condivise". Per Maurizio Landini, segretario della federazione metalmeccanica targata Cgil, la Fiat invece "ha scelto di procedere sulla base dell’accordo separato, che contiene deroghe al contratto nazionale, alle leggi e violazioni costituzionali e può aprire la strada alla demolizione del contratto nazionale e a un peggioramento delle condizioni di lavoro". Per il segretario della Fim Cisl Giuseppe Farina la conferma dell’avvio degli investimenti è "una notizia importante per i lavoratori e il territorio di Pomigliano". Nicola Pini
2010-07-01 1 Luglio 2010 FIAT Pomigliano, la Fiom annuncia: "Pronti a riprendere le trattative" "La Fiat farebbe una cosa saggia se riaprisse la trattativa per ricercare una vera soluzione di prospettiva dello stabilimento. Noi questa disponibilità l'abbiamo data". A dirlo, sia parlando nell'assemblea dei delegati Fiom in corso a Pomigliano d'Arco (Napoli) sia ai giornalisti, il segretario dei metalmeccanici aderenti alla Cgil Maurizio Landini. È iniziata questa mattina al teatro Gloria di Pomigliano d'Arco (Napoli) l'assemblea dei delegati e dei segretari della Fiom durante la quale si discuterà soprattutto della vertenza dei lavoratori dello stabilimento Giambattista Vico. All'assemblea, partecipano tra gli altri, i segretari nazionali, Maurizio Landini e Giorgio Cremaschi. Cremaschi, poco prima dell'inizio dei lavori, ha sostenuto che la vertenza di Pomigliano "deve essere la grande lotta per tutelare il lavoro nel Mezzogiorno. Assieme al lavoro devono esserci i diritti, in quanto il lavoro senza diritti non può essere considerato tale". All'assemblea sono presenti delegati del gruppo Fiat di tutta Italia e di altri stabilimenti del settore metalmeccanico. "La Fiat voleva il plebiscito per il sì al referendum. Prendano atto della realtà" ha detto il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi, poco prima dell'inizio dell'assemblea il segretario nazionale. Cremaschi, che si è presentato all'incontro in stampella per un infortunio al ginocchio, ha infine sottolineato che la Fiat non può sostenere "che i lavoratori di Pomigliano debbano avere trattamenti peggiori di quelli polacchi". L'EDITORIALE DEL FINANCIAL TIMES Per l'industria automobilistica italiana è arrivato il momento della verità. Lo afferma, in un editoriale, il Financial Times di oggi secondo cui l'Italia si trova come si trovava La Gran Bretagna trent'anni fa, quando la sua industria automobilistica venne "praticamente distrutta" da una prassi sindacale "fortemente conflittuale". Secondo il Financial Times, "la situazione in Italia ora pare aver raggiunto un punto di non ritorno" dopo "l'ultimatum ai sindacati". Il giornale economico britannico ripercorre quindi le ultime tappe della trattativa su Pomigliano. "Uno stabilimento che - si legge - opera al 25% delle sue capacita", dove "è diffuso l'assenteismo" e gli operai si assentano "non tanto per andare al mare quanto per fare un altro lavoro altrove". Dopo il referendum, che ha visto un 36% di no al piano dell'amministratore delegato Marchionne, la Fiat, scrive Ft, "sente che il 62% della maggioranza non può garantire" il successo del piano. Questa volta, a differenza che in passato - sottolinea il Financial Times - "la Fiat non ha chiesto sussidi governativi al suo progetto". E questo, si sottolinea, è un segnale nella nuova Fiat guidata da John Elkann. La Fiat - scrive ancora il giornale britannico - sta dicendo ai sindacati italiani e alla politica che "sta facendo di tutto per mettere l'Italia al centro della sua nuova strategia industriale, ma non ha intenzione di sacrificare il futuro del gruppo" dimostrandosi accomodante con "i capricci e le cattive prassi di un sistema del lavoro anarchico". E se alla fine la Fiat dovesse decidersi a mettere in pratica la minaccia di delocalizzare le sue produzioni - conclude l'editoriale - "nessun Paese si sentirebbe di criticarla".
2010-06-23 23 Giugno 2010 FIAT Pomigliano, Fiat: "Lavoreremo con chi ha firmato l'accordo" Il fronte del sì vince a Pomigliano, ma non sfonda. A votare favorevolmente all'accordo, è stato il 62% dei lavoratori dello stabilimento campano: una percentuale inferiore a quanto si aspettava la stessa azienda. In mattinata, prima è trapelata la notizia secondo cui Fiat starebbe per rinunciare a spostare la produzione della Panda dalla Polonia. Dopo qualche ora, una nota ufficiale del Lingotto ha fatto sapere che l'azienda "lavorerà con le parti sindacali che si sono assunte la responsabilità dell'accordo" su Pomigliano, prendendo atto "dell'impossibilità di trovare condivisione da parte di chi sta ostacolando, con argomentazioni dal nostro punto di vista pretestuose", il piano per il rilancio di Pomigliano. Subito la replica di Fiom: "Facciano pure ma noi continuiamo a pensare che sia importante il consenso di tutti", ha detto il segretario generale Maurizio Landini. Nei fatti, il Lingotto non chiude la porta e non menziona alcun "piano B"(cioè il ritorno della produzione della Panda in Polonia), apre piuttosto il confronto con i sindacati che hanno firmato l'accordo per "individuare ed attuare insieme le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri". Insomma, prima di sborsare 700 milioni, bisognerà pur vedere se il 62% di lavoratori che hanno sottoscritto l'accordo rappresentino una garanzia sufficiente per la governabilità di Pomigliano. Sulla vicenda è intervenuto anche il Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Si è detto "fiducioso" che Fiat rispetti gli accordi e vada avanti col piano mentre il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni ha avvertito di "non fare scherzi", ed anche la Uil, con Angeletti, ha chiesto il rispetto del patto. Dal canto suo la Cgil, ha detto Susanna Camusso numero due della confederazione, ha invitato invece le parti a "riaprire il confronto per una soluzione condivisa". Intanto, sul mercato azionario, l'esito del referendum sembra essere stato ignorato: le azioni del Lingotto sono partite in ribasso, in linea con l'andamento generale del listino, e a fine mattinata hanno limato le perdite, segnando un -0,26%. Vince, quindi, ma non sfonda il "sì" al referendum che si è svolto allo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco: un voto che è servito ai lavoratori per esprimere il proprio consenso o meno all'intesa siglata lo scorso 15 giugno tra la Fiat e la sigle sindacali, eccetto la Fiom. I sindacati si dicono soddisfatti del 63,4% dei consensi conquistato dal sì. Ma nella fabbrica campana della Fiat sono tutti consapevoli che a pesare nel prossimo futuro sarà anche il 36% raggiunto dal fronte del no. I "sì" sono stati 2.888, i no 1.673, le schede bianche 22 e quelle nulle 59. I lavoratori che hanno votato sono stati 4.642 (il 95%) su 4.881 aventi diritto.
23 Giugno 2010 Il voto in fabbrica a Pomigliano Ma la porta deve stare aperta "Non chiudete quella porta!". All’indomani del voto dei lavoratori di Pomigliano d’Arco – qualunque ne sia stato l’esito, non ancora noto nelle sue esatte proporzioni al momento in cui scriviamo – è questo l’unico slogan che ci piacerebbe sentir scandito. Non deve chiudere la porta la Fiat. I cancelli dello stabilimento, anzitutto, che vanno lasciati aperti anche se il 100% dei consensi – com’è scontato – non verrà raggiunto, resistendo alla tentazione di ri-collocare la produzione della nuova Panda in Polonia. E soprattutto non deve sbarrare l’accesso al confronto, ma al contrario impegnarsi ancora a ricercare il consenso più vasto possibile, offrendo alla Fiom la possibilità di rientrare in gioco, qualunque sia stata l’entità della sua sconfitta o, a maggior ragione, in caso di una qualche affermazione. Meglio perdere altre due settimane al tavolo negoziale, forti del consenso già raggiunto, che cercare di approfittarne subito, finendo poi per infilarsi in un tunnel di ricorsi legali, di microconflittualità e di un pericoloso scontento latente fra i lavoratori. Men che meno l’amministratore delegato Marchionne dovrebbe farsi tentare dall’ipotesi del cosiddetto "Piano C", con la creazione di una società nella quale ri-assumere – fuori dal contratto nazionale – i soli lavoratori che accettassero le condizioni imposte. Magari escludendo quelli iscritti alla Fiom o comunque "poco collaborativi". Sarebbe come sbattere la porta in faccia, non a una componente sindacale, ma all’insieme dei lavoratori, al Paese. E il contraccolpo potrebbe essere altrettanto duro. Anche la Fiom, però, farebbe bene a non chiudere la porta. Perché, nonostante consideri illegittimo il referendum, non potrà non tener conto dell’espressione degli operai. E se anche la percentuale dei "no" fosse significativa, la sua vittoria nelle urne sarebbe la sconfitta dell’occupazione. E dunque ci sarebbe ben poco da gioire, al di là di un’effimera affermazione "politica" nei confronti della casa-madre Cgil e delle federazioni cugine. Bando allora allo splendido (e sterile) isolamento nel quale la Fiom si è auto-relegata da tempo, porte aperte invece al confronto. Con gli imprenditori, gli altri sindacati e con la realtà, pure se sgradita. Col coraggio di innovare e assumersi anche la responsabilità di partecipare al cambiamento. E ancora, non dovrebbero chiudere la porta neppure Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl, anche se per loro il negoziato è finito, l’intesa firmata e approvata dai lavoratori. Vale la pena, pur di ritrovare l’unità dei lavoratori, anche uno sforzo in più, qualche ulteriore colpo di lima all’intesa. Perché se è vero – com’è vero – che tutti i sindacati, Fiom compresa, avevano accettato l’organizzazione su 18 turni, il ridisegno delle pause e l’aumento degli straordinari, il più è fatto. C’è già l’accordo su ciò che davvero conta per la vita concreta degli operai. Sul resto – la lotta all’assenteismo e le clausole di responsabilità contro gli scioperi che vanificano le intese – c’è la possibilità di tornare a confrontarsi e trovare un nuovo, più alto e comunque efficace compromesso. Sarebbe sufficiente darsi atto di una fiducia reciproca, lavorando insieme nelle commissioni paritetiche chiamate ad esaminare i casi di "malattie" anomale. E specificare che non di (ipotetiche) lesioni al diritto di sciopero si tratta, ma di semplici forme di autoregolamentazione. Con sanzioni limitate e concordate. Come ne esistono già in altri settori, senza perciò aver messo in mora alcun diritto costituzionale. Tutto si può concordare. Basta non chiudere la porta. Francesco Riccardi
2010-06-22 22 Giugno 2010 LAVORO Pomigliano, affluenza massiccia Verso il sì all'accordo con Fiat I lavoratori dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco aprono all'accordo. La stragrande maggioranza degli aventi diritto al voto al referendum ha scelto di rispondere sì alla chiamata del Lingotto che prevede la produzione della Nuova Panda ed investimenti per 700 milioni di euro. A pochi minuti dalla chiusura dei seggi (alle 21) aveva votato circa il 95% dei quasi 5mila lavoratori aventi diritto. Un consenso atteso quello registrato anche se ancora non si conosce la percentuale di voti contrari (l'esito preciso si saprà in nottata). La parola ora passa all'azienda che è chiamata a decidere se ci saranno le condizioni per rilanciare Pomigliano. La perdita dello stabilimento per quest'area sarebbe un vero disastro non solo per una provincia in cui il tasso di disoccupazione è del 19,7%, ma anche per tutto il Mezzogiorno. Un clima di attese, speranze e di riscatto quello respirato all'ingresso dello stabilimento. Tanta anche la determinazione dei lavoratori che non ci stanno a passare per quelli che non hanno voglia di lavorare. È invece un'assunzione piena di responsabilità quella che sono pronti a dare, ma dovrà essere un impegno reciproco. A fronte di una Fiat disposta a scommettere in questo territorio per i lavoratori ci dovrà essere anche una Fiat pronta a istituire nuove relazioni sindacali per rinnovate dinamiche da gestire ogni giorno nella fabbrica. Si apre una nuova stagione dove lavoro e produttività dovranno trovare il giusto equilibrio per riuscire ad integrarsi al meglio. La nuova organizzazione del lavoro è pensata all'insegna della flessibilità in grado di portare lo stabilimento al suo massimo utilizzo, in modo da poter rispondere alle variazioni di un mercato sempre più veloce e globale. Un progetto che convince come hanno ribadito oggi ancora una volta Cisl e Fim che insieme a Uilm, Fismic e Ugl hanno firmato l'accordo. Resta invece in disparte la Fiom che da strenua sostenitrice della democrazia referendaria non solo si è detta contro l'accordo, ma ha anche dichiarato che non firmerà nemmeno a fronte della maggioranza di consensi dei lavoratori.
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2011-07-22 mezzi pubblici Trasporti: un'altra giornata calda Oggi fermi bus e metro nelle principali città. Sei ore di servizio garantito. Treni fermi fino alle 21 di questa sera questa seraNOTIZIE CORRELATE Milano, chiuse tutte e tre le linee della metropolitana MILANO - Un'altra giornata calda per i trasporti. Città e stazioni a rischio caos: dalle 21 di ieri è scattato lo sciopero di 24 ore del trasporto ferroviario mentre da stamattina toccherà ad autobus, metro e tram. Ieri si erano fermati i servizi extraurbani. L'agitazione proclamata da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugltrasporti, Orsa Trasporti, Faisa e Fast è "a sostegno della vertenza per la sottoscrizione del nuovo contratto della Mobilità". Durante l'astensione degli addetti al trasporto ferroviario ed alle attività connesse, saranno garantiti i servizi minimi indispensabili pari a 6 ore di servizio completo in due fasce protette (6-9; 18-21), oltre ai treni a lunga percorrenza inseriti nell'orario Trenitalia nell'arco dell'intera durata dello sciopero. QUANDO E DOVE - Per quanto riguarda le principali città, le modalità saranno le seguenti: Roma dalle 8.30 alle 17.30 e dalle 20 a fine servizio; Milano (ferme tutte e tre le linee della metropolitana) dalle 8.45 alle 15 e dalle 18 al termine del servizio; Napoli dalle 8.30 alle 17 e dalle 20 a fine servizio; Torino dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine servizio; Venezia-Mestre dalle 9 alle 16.30 e dalle 19.30 a fine servizio; Genova dalle 9,30 alle 17 e dalle 21 a termine servizio; Bologna (giovedì 21 luglio) dalle 8.30 alle 16.30 e dalle 19.30 a fine servizio; Bari 8.30 - 12.30 e dalle 15.30 a fine servizio; Palermo dalle 8.30 alle 17.30; Cagliari dalle 9.30 alle 12.45, dalle 14.45 alle 18.30 e dalle 20 alla fine del servizio. I MOTIVI - Lo sciopero, riferiscono i sindacati, "si è reso necessario in considerazione del grave stato di tensione tra i lavoratori conseguente al mancato pagamento degli aumenti contrattuali relativi agli anni 2009-2010 e alla mancata soluzione contrattuale, la cui responsabilità è da ascrivere alle posizioni di chiusura datoriale. Nonostante gli impegni assunti dal governo anche in sede di confronto con le Regioni - spiegano le varie sigle - le problematiche riferite al contratto della mobilità sono rimaste irrisolte e anche la richiesta di incontro inoltrata al presidente del Consiglio da parte dei segretari generali delle confederazioni non ha avuto alcun seguito". MILANO E ROMA - A Milano la circolazione è stata sospesa dalle 8.45 sulle tre linee della metro, mentre per le linee di superficie sono possibili disagi. Dalle 15 alle 18 scatterà la fascia di garanzia, con la circolazione di metropolitane e superficie che tornerà ad essere regolare, mentre dalle 18 al termine del servizio "riprenderà l'agitazione". A Roma, spiega una nota, lo sciopero "si svolgerà nel rispetto delle fasce di garanzia. Il servizio sarà quindi garantito tra le 17 e le 20 quando è previsto che l'astensione degli autoferrotranvieri riprenda". Redazione online 21 luglio 2011(ultima modifica: 22 luglio 2011 11:42)
2011-07-20 ma la società automobilistica deve permettere l'attività sindacale della cgil in fabbrica Pomigliano: il giudice , no a ricorso Fiom ma comportamento Fiat è antisindacale Il verdetto del giudice del lavoro di Torino: legittimo il contratto firmato per la newco da Cisl e Uil Il leader della Fiom Maurizio Landini (Imagoeconomica) Il leader della Fiom Maurizio Landini (Imagoeconomica) MILANO - L'accordo fatto a Pomigliano tra Fiat e Cisl e Uil è perfettamente legittimo, ma il comportamento dell'azienda automobilistica è stato antisindacale. Respinte quindi tutte le richieste contrattuali della Fiom ma, al tempo stesso, dichiarazione di comportamento antisindacale da parte della Fiat. È questo il senso della sentenza del tribunale di Torino sulla newcom di Pomigliano. Nel dispositivo della sentenza il giudice Vincenzo Ciocchetti dichiara antisindacale la condotta posta in essere da Fiat Spa, Fiat Group Automobiles Spa, Fabbrica Italia Pomigliano Spa poichè determina, quale effetto conseguente, l'estromissione di Fiom Cgil dal sito produttivo di Pomigliano d'Arco. Il giudice inoltre ordina a Fabbrica Italia Pomigliano Spa di riconoscere in favore di Fiom Cgil la disciplina giuridica come regolato dal titolo terzo (dell'attività sindacale). Ciocchetti a Torino doveva valutare sul ricorso proposto dalla Fiom contro il contratto collettivo di primo livello per lo stabilimento di Pomigliano, siglato il 29 dicembre 2010, che fissa nuove regole di gestione dello stabilimento campano dove la Fiat ha investito 700 milioni di euro per la produzione della nuova Panda, prevista per il prossimo autunno, in tema, tra l'altro, di turni, organizzazione del lavoro, assenteismo e malattia, straordinario. Nel dispositivo il giudice del tribunale del lavoro ha respinto le domande formulate da Fiom Cgil dirette ad ottenere l'illegittimità dei contratti collettivi relativi al sito produttivo di Pomigliano d'Arco. In particolare, il contratto collettivo di lavoro di primo livello stipulato il 29 dicembre scorso da Fiat Spa con le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali di Fim, Uilm, Fismic, Ugl, Associazione quadri e capi Fiat e il contratto collettivo aziendale di secondo livello stipulato il 17 febbraio da Fabbrica Italia Pomigliano Spa con le organizzazioni sindacali territoriali di Napoli di Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione quadri e capi Fiat. LA VICENDA - La resa dei conti era cominciata il 18 aprile scorso quando i metalmeccanici della Cgil hanno presentato un'azione legale per contestare la costituzione di una nuova societá, la Fip, Fabbrica Italia Pomigliano. Secondo i legali del sindacato, la newco sarebbe stata voluta dalla Fiat per aggirare l'articolo 2112 del codice civile che vieta di creare nuove aziende con l'obiettivo di modificare i contratti. In più, sempre secondo la Fiom, l'intesa avrebbe avuto anche carattere antisindacale in quanto con il passaggio dalle Rsu alle Rsa, avrebbe permesso solo ai sindacati firmatari dell'accordo, e cioè Fim, Uilm, Fsmic e Ugl, di svolgere attività sindacali, mentre quelli dissenzienti non avrebbero alcuna rappresentanza in fabbrica. La decisione della Fiom di utilizzare la via giudiziaria è stata, però, contestata dalle altre sigle sindacali: Fim e Uilm, qualche giorno prima che si aprisse il dibattimento, lo scorso 18 giugno, hanno depositato un autonomo atto di intervento, spiegando che si trattava di "un atto dovuto per difendere le importanti ragioni sindacali di un accordo che ha assicurato lavoro e prospettive industriali allo stabilimento di Pomigliano". Fismic, invece si è costituita in giudizio con intervento volontario "a tutela esclusiva degli interessi dei lavoratori e degli accordi che sono stati approvati dalla maggioranza dei lavoratori attraverso i referendum", mentre l'Ugl ha depositato una memoria difensiva. Dal canto suo, Fiat ha sempre sostenuto la necessitá di nuove regole per garantire la competitivitá degli stabilimenti italiani, nuove regole in termini di flessibilitá, saturazione degli impianti, volumi prodotti, che richiedono alcune modifiche al contratto nazionale di categoria. Una necessità ribadita anche oggi da Raffaele De Luca, legale del Lingotto, secondo cui "è suggestione dire che la più grande organizzazione sindacale italiana non goda di diritti, quelli non sono in discussione. Quello che qui stiamo discutendo è altro, è il futuro dell'industria italiana per la quale senza quelle poche regole modificate non c'è storia". I LEGALI FIAT - "La sentenza ci soddisfa a metà": questo il primo commento degli avvocati Raffaele De Luca e Diego di Rutigliano, legali della Fiat, dopo la sentenza. "La prima parte riconosce piena legittimità delle nuove regole pensate per lo stabilimento di Pomigliano che l'azienda ritiene indispensabili per poter competere in un mercato sempre più globalizzato. La sentenza - aggiungono i legali - ha riconosciuto la legittimità delle deroghe ai contratti collettivi nazionali e la validità dell'impegno del gruppo Fiat e delle quattro organizzazioni sindacali firmatarie. La Fiom, al contrario, ha il mito dell'intangibilità del contratto collettivo nazionale di lavoro che invece è stato demolito dal giudice". "Al contrario riteniamo la seconda parte della sentenza incomprensibile in quanto contrasta apertamente - dicono gli avvocati - con l'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori che sancisce il diritto di rappresentanza sindacale soltanto alle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto il contratto". Sulla seconda parte della sentenza, ovvero quella relativa al comportamento antisindacale della Fiat, l'azienda farà ricorso. CAMUSSO - "La cosa più importante della sentenza è che il modello della divisione ha fallito e che viene restituita ai lavoratori la possibilità di decidere a quale sindacato appartenere". Il leader della Cgil, Susanna Camusso, commenta la sentenza del tribunale di Torino sul ricorso della Fiom-Cgil contro la Fiat. "Questo dovrebbe indurre tutti i firmatari dell'accordo separato a riflettere sul fatto che le strade che portano a separazioni ed esclusioni non funzionano", aggiunge il segretario generale della Cgil. "Ed è proprio per questa ragione - conclude - che è importante che ci siano regole condivise come quelle contenute nell'ipotesi di accordo del 28 giugno scorso firmato da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria" SACCONI - "Ad una prima analisi la sentenza conferma la legittimità dell'accordo di Pomigliano e questa è la cosa più importante". Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, commenta la sentenza. "A questo punto - aggiunge - la Fiom dovrebbe riflettere sulla strategia dell'autoisolamento e prendere la via della collaborazione con le altre organizzazioni sindacali e con la stessa Fiat nel nome degli investimenti e dell'occupazione". LANDINI - "La Fiat è stata condannata per comportamento antisindacale e questo è un fatto significativo" ha detto Maurizio Landini, segretario generale della Fiom. "Da tempo - aggiunge - avevamo denunciato che l'esclusione della Fiom dagli stabilimento Fiat era illegittima. Dobbiamo leggere il dispositivo della sentenza, dopodichè valuteremo se avviare delle cause individuali dei singoli lavoratori". BONANNI - "È una vittoria sul piano sindacale di chi ha ritenuto importante l'investimento ed ha puntato sull'accordo con la Fiat". Così il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, commenta la sentenza sul ricorso Fiom contro la newco Fiat di Pomigliano. "Ma per la Cisl - aggiunge - è anche una vittoria in sede giudiziaria perchè da oggi la Fiom, al contrario di ieri, non ha alcun alibi, visto che ha l'opportunità di rientrare nel gioco democratico ma dovrà rispettare gioco forza la volontà dei lavoratori e degli altri sindacati, assumendosi le proprie responsabilità sugli accordi che a maggioranza si faranno come pattuito dall'accordo interconfederale sottoscritto alcune settimane fa". Redazione online 16 luglio 2011(ultima modifica: 18 luglio 2011 11:12)
2011-07-04 MANOVRA, IL TESTO ARRIVA AL QUIRINALE. Giallo sui tagli alle rinnovabili Spunta la norma sul Lodo Mondadori Possibile blocco del risarcimento da 750 milioni dovuto da Fininvest. Confermata la stretta sulle pensioni MILANO - Il testo definitivo della manovra, "Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria", è stato trasmesso al Quirinale. Non senza punti controversi e relative polemiche. Primo tra tutti, il capitolo sulle "norme risarcimenti", che potrebbe interessare direttamente la sentenza sul Lodo Mondadori e provocare la sospensione del pagamento dei 750 milioni di euro dovuti dalla Fininvest alla Cir di Carlo De Benedetti. LODO MONDADORI - Anche se fosse confermato in appello dai giudici di Milano (la sentenza dovrebbe arrivare sabato 9 luglio), il verdetto di primo grado sul Lodo Mondadori potrebbe infatti vedere sospesa la sua esecutività da una norma inserita nella manovra. Più in dettaglio, si tratta di una modifica a due articoli del codice di procedura civile (il 283 e il 373) che obbliga il giudice (che finora ne aveva solo la facoltà) a sospendere l'esecutività della condanna nel caso di risarcimenti superiori ai 20 milioni di euro (10 in primo grado) dietro il pagamento di "idonea cauzione", in attesa che si pronunci in via definitiva la Cassazione. "Una disposizione palesemente immorale e incostituzionale" attacca il leader dell'Idv Antonio Di Pietro. "Scandalosa in una finanziaria che prefigura lacrime e sangue per il Paese" aggiunge la capogruppo democratica nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti. Una norma incostituzionale sostiene anche il presidente dell'associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, secondo il quale: "Se dovesse essere confermata si tratterebbe di una norma che nulla ha a che vedere con il tema dell'efficienza del processo civile, che determinerebbe una iniqua disparità di trattamento e che sarebbe, quindi, incostituzionale". IL DECRETO - Il testo finale del decreto, dove viene confermata la stretta sulla pensioni, è composto da 39 articoli e da due allegati. Si apre con gli stipendi dei politici e si chiude sul riordino dei giudici tributari. I provvedimenti saranno spiegati martedì in una conferenza stampa del ministro dell'Economia Giulio Tremonti alla quale partecipano anche i ministri Brunetta, Calderoli, Romani e Sacconi. PENSIONI - Confermato per il biennio 2012-2013 il blocco della rivalutazione delle pensioni "dei trattamenti pensionistici superiore a cinque volte il trattamento minimo di pensione Inps". "Per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il predetto trattamento minimo Inps l'indice di rivalutazione automatica delle pensioni è applicato nella misura del 45%". ENERGIE RINNOVABILI - Il taglio del 30% di "tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni" presenti in bolletta torna nel testo del decreto secondo le indiscrezioni battute dalle agenzie. Ma il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo smentisce: "Non mi risulta" e il ministro dello Sviluppo Paolo Romani precisa in una nota: "Nessun taglio". Allo scopo di ridurre il costo finale dell'energia per i consumatori e le imprese, recitava invece l'articolo 35 dell'ultima bozza circolata, "a decorrere dal primo gennaio 2012 tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni, comunque gravanti sulle componenti tariffarie relative alle forniture di energia elettrica e gas naturale, previste da norme di legge o da regolamenti sono ridotti del 30 per cento rispetto a quelli applicabili alla data del 31 dicembre 2010". L'entità degli incentivi, dei benefici e delle agevolazioni sarà rideterminata dal ministero dello Sviluppo su proposta dell'Autorità per l'energia entro 90 giorni. Sul "giallo" del testo inviato al Quirinale, l'opposizione va all'attacco: "Nonostante le smentite dei ministri Romani e Prestigiacomo, il testo contiene tagli - dice il senatore del Pd Salvatore Tomaselli -. Con questa misura, ancora una volta, il governo cede al populismo della Lega, danneggiando il settore delle rinnovabili con l'ennesimo colpo di mannaia dopo quanto avvenuto nelle settimane passate con il forte ridimensionamento degli incentivi al fotovoltaico". RISPARMIATORI - Il bollo che si applica alle comunicazioni relative al deposito di titoli può salire infatti fino a 380 euro se ha un ammontare complessivo a cinquantamila euro ed è gestito da una banca. L'importo varierà infatti in base al valore del "conto": dai 120 euro annuali per le comunicazioni di intermediari finanziari ai 150 per i conti inferiori ai 50 mila euro relativi a comunicazioni di depositi titoli presso banche, fino ai 380 euro annuali se si supera questa soglia SUPERBOLLO - A partire dal 2011, "per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose è dovuta una addizionale erariale della tassa automobilistica, pari ad euro 10 per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 225 chilowatt, da versare alle entrate del bilancio dello Stato". BANCHE E FINANZIARIE- Banche, assicurazioni e società finanziarie, dovrebbero vedersi imporre un'addizionale sull'Irap pari a 0,75 punti percentuali (aliquota in crescita dal 3,9 al 4,65%) al posto della tassazione separata al 35% sugli utili da trading bancario. VOLI DI STATO - I voli di Stato saranno limitati soltanto alle cinque massime cariche dello Stato, ossia al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio e al Presidente della Corte Costituzionale. Nell'articolo, si sancisce che le eccezioni a questa regola "devono essere specificatamente autorizzate, soprattutto con riferimento agli impegni internazionali e rese pubbliche sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, salvi i casi di segreto per ragioni di Stato". LA POLEMICA- Resta l'eco delle polemiche che hanno accompagnato il giallo dell'invio del decreto legge a Giorgio Napolitano. Domenica 3 luglio una nota della Presidenza della Repubblica aveva smentito le notizie diffuse dalla stampa. "Poiché molti organi di informazione continuano a ripetere che la manovra finanziaria approvata dal governo nella seduta di giovedì scorso sarebbe al vaglio della Presidenza della Repubblica già da venerdì - si leggeva nella nota - si precisa che a tutt'oggi (domenica, ndr) la Presidenza del Consiglio non ha ancora trasmesso al Quirinale il testo del decreto legge". E infatti fonti dell'esecutivo hanno poi spiegato che il testo non era stato ancora trasmesso, a ridosso del fine settimana, ma che sarebbe giunto al Colle per la firma già da lunedì. Redazione online 04 luglio 2011 22:20
IL DECRETO DI TREMONTI Manovra, il testo è al Quirinale Confermata la stretta sulle pensioni Blocco delle rivalutazioni delle pensioni per il biennio 2012-2013. Taglio agli incentivi sulle energie rinnovabili MILANO - Il testo definitivo della manovra è stato trasmesso al Quirinale. Il testo finale del decreto "disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria", dove viene confermata la stretta sulla pensioni, è composto da 39 articoli e da due allegati. Si apre con gli stipendi dei politici e si chiude sul riordino dei giudici tributari. I provvedimenti saranno spiegati martedì in una conferenza stampa del ministro dell'Economia Giulio Tremonti alla quale partecipano anche i ministri Brunetta, Calderoli, Romani e Sacconi PENSIONI - Confermato per il biennio 2012-2013 il blocco della rivalutazione delle pensioni "dei trattamenti pensionistici superiore a cinque volte il trattamento minimo di pensione Inps". "Per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il predetto trattamento minimo Inps l'indice di rivalutazione automatica delle pensioni è applicato nella misura del 45%". ENERGIE RINNOVABILI - Il taglio del 30% di "tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni" presenti in bolletta torna nel testo del decreto. "Allo scopo di ridurre il costo finale dell'energia per i consumatori e le imprese - dice l'articolo 35 - a decorrere dal primo gennaio 2012 tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni, comunque gravanti sulle componenti tariffarie relative alle forniture di energia elettrica e gas naturale, previste da norme di legge o da regolamenti sono ridotti del 30 per cento rispetto a quelli applicabili alla data del 31 dicembre 2010". L'entità degli incentivi, dei benefici e delle agevolazioni sarà rideterminata dal ministero dello Sviluppo su proposta dell'Autorità per l'energia entro 90 giorni. STANGATA SUI RISPARMIATORI - Il bollo che si applica alle comunicazioni relative al deposito di titoli può salire infatti fino a 380 euro se ha un ammontare complessivo a cinquantamila euro ed è gestito da una banca. L'importo varierà infatti in base al valore del "conto": dai 120 euro annuali per le comunicazioni di intermediari finanziari ai 150 per i conti inferiori ai 50 mila euro relativi a comunicazioni di depositi titoli presso banche, fino ai 380 euro annuali se si supera questa soglia SUPERBOLLO - A partire dal 2011, "per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose è dovuta una addizionale erariale della tassa automobilistica, pari ad euro 10 per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 225 chilowatt, da versare alle entrate del bilancio dello Stato". BANCHE E FINANZIARIE- Banche, assicurazioni e società finanziarie, dovrebbero vedersi imporre un'addizionale sull'Irap pari a 0,75 punti percentuali (aliquota in crescita dal 3,9 al 4,65%) al posto della tassazione separata al 35% sugli utili da trading bancario. VOLI DI STATO - I voli di Stato saranno limitati soltanto alle cinque massime cariche dello Stato, ossia al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio e al Presidente della Corte Costituzionale. Nell'articolo, si sancisce che le eccezioni a questa regola "devono essere specificatamente autorizzate, soprattutto con riferimento agli impegni internazionali e rese pubbliche sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, salvi i casi di segreto per ragioni di Stato". LA POLEMICA- Resta l'eco delle polemiche che hanno accompagnato il giallo dell'invio del decreto legge a Giorgio Napolitano. Domenica 3 luglio una nota della Presidenza della Repubblica aveva smentito le notizie diffuse dalla stampa. "Poiché molti organi di informazione continuano a ripetere che la manovra finanziaria approvata dal governo nella seduta di giovedì scorso sarebbe al vaglio della Presidenza della Repubblica già da venerdì - si leggeva nella nota - si precisa che a tutt'oggi (domenica, ndr) la Presidenza del Consiglio non ha ancora trasmesso al Quirinale il testo del decreto legge". E infatti fonti dell'esecutivo hanno poi spiegato che il testo non era stato ancora trasmesso, a ridosso del fine settimana, ma che sarebbe giunto al Colle per la firma già da lunedì. Redazione online 04 luglio 2011 14:24
2011-07-03 MANOVRA Assegni più leggeri da 8 a 150 euro La nuova mappa della previdenza Il costo della stretta: quattro miliardi e mezzo in due anni Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ROMA - La nuova stretta sulla previdenza costerà ai pensionati italiani almeno 4 miliardi e mezzo di euro nei prossimi due anni. Sempreché l'inflazione non continui ad aumentare, rendendo più doloroso il blocco, totale o parziale, della rivalutazione degli assegni superiori ai 1.428 euro lordi mensili. Il freno all'indicizzazione porterà nelle casse dello Stato 2,2 miliardi di euro l'anno: l'effetto sulle pensioni più basse sarà quasi impercettibile, ma sugli assegni più alti l'impatto sarà consistente. Per fare i suoi calcoli il governo ha immaginato un indice di rivalutazione delle pensioni dell'1,5% sia nel 2012 che nel 2013, anche se c'è il rischio concreto, visto l'attuale andamento dei prezzi, che l'indice debba essere rivalutato in misura maggiore. Se arrivasse al 2%, il risparmio sulle pensioni, e dunque il mancato recupero del potere d'acquisto per i pensionati, salirebbe a 3 miliardi di euro l'anno, 6 miliardi nel biennio. Clausola di salvaguardia Tenendo per buone le stime del governo, un pensionato che percepisce 1.500 euro lordi mensili dovrà rinunciare a 8 euro l'anno, che salgono a 60 euro nel caso di una pensione mensile di 2.000 euro, a circa 100 se l'assegno è di 2.500 euro, oltre 150 euro su una pensione di 3.500 euro. Sacrifici mitigati solo in parte da una clausola di salvaguardia inserita nel decreto, che rende il blocco della rivalutazione meno aspra rispetto a quelli varati nel 1992 dal governo di Giuliano Amato e nel 1996 dall'esecutivo guidato da Romano Prodi. Mentre allora il blocco fu totale per le pensioni più alte, questa volta un minimo di perequazione ci sarà per tutti. I 3,2 milioni di pensionati che ricevono un assegno da tre a cinque volte il minimo (476 euro), cioè tra 1.428 e 2.380 euro lordi mensili, subiranno solo un taglio del 55% dell'indicizzazione solo sulla quota eccedente i 1.428 euro. E così per i pensionati più ricchi: perequazione totale sui primi 1.428 euro, al 45% sulla quota tra 1.428 e 2.380 euro, nessuna rivalutazione sulla parte eccedente (invece del 75% come avviene oggi). In pensione più tardi Oltre alla perdita del potere d'acquisto, ci sarà da fare i conti con l'aumento dell'età pensionabile dovuto alle misure varate negli anni scorsi, e che hanno effetto già da quest'anno. Sui requisiti minimi per la pensione di anzianità giocheranno, infatti, sia il meccanismo delle quote, che già dal 2011 ha portato l'età minima a 61 anni (ma con almeno 36 anni di contributi), che le finestre mobili introdotte con la manovra triennale dell'anno scorso, mentre per le donne che lavorano nel settore pubblico nel 2012 l'età minima per la pensione di vecchiaia salirà di colpo da 60 a 65 anni. Dal 2014 in poi, per tutti, bisognerà considerare anche l'effetto dell'agganciamento automatico dell'età di pensione alle speranze di vita. E, dal 2020, anche per le donne che lavorano nel settore privato partirà l'aumento progressivo dell'età minima, da 60 a 65 anni.Di fatto, già da quest'anno, l'età minima della pensione di anzianità è aumentata di due anni per i lavoratori dipendenti e di due anni e mezzo per gli autonomi. C'è stato il passaggio da "quota 95" a "quota 96", cioè 61 anni di età invece di 60 con 35 anni di contributi. In più sono scattate le finestre mobili, che di fatto mangiano un altro anno alla pensione: l'assegno previdenziale, infatti, comincia ad arrivare 12 mesi dopo la maturazione dei requisiti minimi per i dipendenti, 18 mesi per gli autonomi. Dal 2013 si passerà a "quota 97" per i dipendenti e a "quota 98" per gli autonomi, quindi l'età minima salirà ancora di un anno rispetto a oggi. E nel 2014, un anno prima del previsto, entrerà in gioco il meccanismo dell'adeguamento automatico dell'età minima alle speranze di vita. In sede di prima applicazione l'aumento dell'età di pensione non potrà essere superiore a tre mesi. Dal 2018, però, scattano gli aggiornamenti triennali, che saranno pieni, e capaci di produrre effetti consistenti. Basti pensare che l'Istat ha calcolato che nel 2050, rispetto al 2007, le speranze di vita, a 65 anni, aumenteranno di 6,4 anni per gli uomini e 5,8 anni per le donne. Appuntamento al 2020 L'appuntamento successivo è fissato al 2020, anno in cui inizierà il percorso di progressivo adeguamento delle pensioni di vecchiaia delle donne nel privato, dagli attuali 60 ai 65 anni degli uomini. Dal 2020 ci vorrà un mese in più, dal 2021 due mesi, e così via, per arrivare a regime nel 2032. L'effetto di tutti questi provvedimenti inciderà in modo molto rilevante sulla spesa pubblica. Ai 4 miliardi e mezzo che saranno risparmiati nei prossimi due anni con la mancata rivalutazione, si devono aggiungere i risparmi attesi dall'agganciamento della pensione alle speranze di vita, modesti nei primi anni (2,1 miliardi di euro dal 2014 al 2020), ma molto rilevanti negli anni successivi: 13 miliardi di risparmio nel decennio 2020-2030, e ben 19 miliardi di euro dal 2030 al 2040. Più quello che si risparmierà con l'aumento dell'età di pensione delle donne e l'allungamento dell'età per effetto delle quote e delle finestre. La rivoluzione assistenziale Altri risparmi verranno dalla sistemazione del contenzioso previdenziale nel settore agricolo, prevista dal decreto appena varato dal governo. Ma in prospettiva gli effetti più consistenti sono attesi dalla riforma di tutto il meccanismo dell'assistenza, contemplata dalla delega per la revisione del sistema fiscale, e che si configura come una vera e propria rivoluzione. Il primo passo sarà la revisione degli indicatori della situazione economica dei contribuenti, l'indice di "bisogno" che regola le prestazioni assistenziali. Il vecchio Isee andrà in pensione, e sarà sostituito da un meccanismo che terrà in maggior conto la composizione del nucleo familiare. Poi il passaggio fondamentale sarà la revisione dei criteri per poter ricevere gli assegni. Saranno riconsiderati i parametri per le pensioni di invalidità e anche quelli per le pensioni di reversibilità che si tramandano ai coniugi, che sono 4,8 milioni e che costano 38 miliardi di euro l'anno (34 all'Inps, 4 all'Inpdap). Una cifra molto elevata, pari al doppio di quella che si spende in Francia e in Germania e al triplo di quanto costano, in media, le pensioni di reversibilità in Olanda. E non è tutto, perché la riforma prevede anche un ruolo diverso per l'Inps. Sarà l'agente pagatore e terrà il "fascicolo elettronico" di ciascun assistito. Ma a fare selezioni e controlli per l'accesso e il diritto alle prestazioni saranno Regioni e Comuni. Che dovranno rispettare criteri ben precisi, a meno di non volerci rimettere di tasca propria. Mario Sensini 03 luglio 2011 12:08
LA MANOVRA / Nello "Spazio Azzurro" anche i malumori della base del Pdl Bonanni: "Sul taglio alla rivalutazioni delle pensioni il governo chiarisca subito" Per il leader sindacale è "una norma socialmente ingiusta". E Vendola: "Patrimoniale sui poveri" Raffaele Bonanni Raffaele Bonanni MILANO - Una "norma socialmente ingiusta", una "patrimoniale sui poveri". Sindacati e opposizioni dicono no alle taglio delle rivalutazioni delle pensioni, provvedimento che colpisce un 13 milioni di cittadini, compresi quelli che percepiscono le rendite più basse e i molti casi unica fonte di reddito regolare nelle famiglie. Ma anche nello "Spazio Azzurro", il forum online dei sostenitori del Pdl (ma aperto a chiunque), emergono molti malumori per l'annunciata stretta sui trattamenti pensionistici e per il superbollo. "Ma bravi, va proprio nella direzione giusta! Dopo tanti annunci quello che avete partorito è stato il superbollo! Fate pietà!", scrive ad esempio Albano. "Deluso!!!!! che aspettiamo a eliminare i reali privilegi? Tetto alle pensioni d'oro, via alle prebende delle sanguisughe, tagli ai mantenuti della politica. Forza Alfano", dice invece Renato. Molti gli interventi dello stesso tono. BONANNI - Ma a pesaer è anche la posizione di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, in passato più "aperturista" nei confronti dell'esecutivo. Il governo ed il Parlamento, per Bonanni, "devono correggere il provvedimento che blocca la rivalutazione delle pensioni. Spiega il leader sindacale: "La norma della manovra economica che riduce la rivalutazione delle pensioni per la fascia da tre a cinque volte il trattamento minimo, tenendo conto dell'inflazione, rende ancora più vulnerabili quei pensionati che negli ultimi quindici anni hanno già visto ridursi il potere di acquisto delle loro pensioni. Non solo ci aspettiamo subito un chiarimento dal Governo, ma il Parlamento, nel percorso di approvazione della manovra stessa, potrà correggere questa palese iniquità, individuando nella riduzione dei livelli amministrativi, negli sprechi e nei costi impropri della politica, la copertura necessaria per dare soluzione ad un provvedimento ingiusto e socialmente non sostenibile". VENDOLA - "La manovra Berlusconi-Tremonti candida chi dirige le amministrazioni territoriali, presidenti di regione, di province e sindaci a diventare esclusivamente dei curatori fallimentari" ha affermato il presidente di Sinistra Ecologia Libertà Nichi Vendola. "La manovra era partita con gli effetti speciali degli annunci, che riguardano sempre il futuro, mai il presente, degli tagli alla casta e alla politica. E poi quando uno osserva il contenuto vero capisce - guardando ad esempio l'incredibile vicenda del blocco delle pensioni - che si tratta della patrimoniale sui ceti medio bassi del nostro Paese. È la patrimoniale sui poveri. Nient'altro". IL PD - Alla stretta sulle pensioni, denuncia il Pd, si aggiungerà il peso di una serie di misure che ricadranno sugli anziani. Secondo Stefano Fassina, responsabile per il Pd di Economia e lavoro, "si colpiscono le pensioni da 1.400 euro cioè 1.000 euro netti" ma questa "è sola una delle norme. Poi c'è il ticket che pesa soprattutto sui pensionati visto che più di altri ricorrono al servizio sanitario nazionale. E ancora, l'aumento da 34 a 120 euro del bollo sui titoli a partire dai 1.000 euro investiti; anche qui parliamo di piccoli risparmiatori spesso anziani". Da ultimo "c'è il colpo pesantissimo e insostenibile a Comuni, Province e Regioni, con 10 miliardi di tagli che vanno ad aggiungersi ai 13 miliardi dello scorso anno. Tutti gli amministratori, anche quelli leghisti, hanno già annunciato che dovranno tagliare i servizi sociali e assistenziali". MONTEZEMOLO -Anche Italia Futura, la fondazione di Luca Cordero di Montezemolo, ha bocciato la manovra e ha sollecitato l'opposizione a una sfida sulle riforme. "La manovra è quella che è", si legge in un post sul sito della fondazione firmato da Carlo Calenda, "il minimo sindacale, con alcune ridicole prese in giro sui costi della politica (dove si annunciano misure puramente simboliche) e una buona quantità di assegni post-datati: provvedimenti che avranno effetto solo dalla prossima legislatura e che rappresenteranno un alibi formidabile per chiunque governerà il paese dopo il 2013. Abbiamo forti dubbi che, nel medio periodo, questo risulterà sufficiente". "Ma per il momento e considerando la situazione della maggioranza, non era realistico aspettarsi qualcosa di più o di meglio". Redazione Online 02 luglio 2011(ultima modifica: 03 luglio 2011 09:20)
Risparmio, i soldi sul conto valgono di più L'aliquota unica del 20% premia il lungo termine L'imposta di bollo sul deposito titoli sale a 120 euro Code in banca (Fotogramma) Code in banca (Fotogramma) MILANO - Tra qualche anno un Fisco nuovo per le rendite finanziarie. Con un'aliquota unica del 20% che premia il risparmio lasciato sul conto corrente ma anche quello che trova il coraggio del lungo termine. Chi ha un dossier in banca, però, dovrà incassare in tempi veloci un notevole rafforzamento dell'imposta di bollo, introdotta nel 1992 e mai più modificata. Si passerebbe da 34,20 a 120 euro l'anno. E poi c'è il ritocco all'Irap per banche e assicurazioni (0,75 per cento) che ha sostituito il revival del fissato bollato sulle operazioni di Borsa e la tassa sul trading delle banche, improponibili perché in contrasto con regole già approvate e nuove tendenze dell'Unione europea. Queste sarebbero le novità fiscali più significative per gli investitori privati, che si stanno chiedendo in che modo la manovra entrerà in rapporto con i risparmi di famiglia. L'Irap non è direttamente affar loro, ma aspettarsi che in qualche modo i maggiori oneri per le banche arrivino a valle non è un esercizio di pessimismo eccessivo. E il Fisco nuovo come sarà? L'aliquota unica sulle rendite da capitale al 20% porterebbe in dote un notevole sgravio per i conti correnti di tutte le specie, il cui rendimento è tassato oggi al 27%, mentre diventerebbe più salato il conto erariale per azioni, obbligazioni, fondi e altri strumenti finanziari che oggi sopportano un'imposta del 12,5%. Da questo nuovo sistema sarebbero invece esclusi i titoli di Stato italiani (che resterebbero tassati al 12,5%), oltre a fondi pensione, forme di assistenza socio-sanitaria complementari e piani di risparmio a lungo termine. La previdenza integrativa, quindi, manterrebbe probabilmente l'attuale regime agevolato di tassazione. I piani di risparmio a lungo termine - una possibilità che per ora il nostro sistema non contempla - sarebbero invece una novità e un modo per invogliare l'investimento duraturo nel risparmio gestito, già sperimentata in altri Paesi europei e negli Stati Uniti. Come funzionano? Si tratta di conti dove è possibile depositare strumenti e titoli impegnandosi a mantenerli per cinque, dieci anni in cambio di un lauto sconto fiscale a fine corsa. Una proposta articolata in merito è stata messa sul tavolo nei mesi scorsi da Assogestioni, la Confindustria dei fondi guidata da Domenico Siniscalco. L'aumento dell'imposta di bollo sull'estratto conto del deposito titoli potrebbe essere invece una misura che entra in vigore velocemente. Oggi è pari a 34,20 euro annuali per tutti coloro che hanno in giacenza valori superiori a mille euro. L'aumento è notevole, fino a 120 euro. Vale a dire più del triplo. La mini stangata arriverebbe, come accade ora, contestualmente alla consueta comunicazione sullo stato dell'arte del dossier, che può essere trimestrale, semestrale o annuale. Giuditta Marvelli 03 luglio 2011 11:22
la protesta in VAL DI SUSA: 200 feriti tra i no tav Tav, battaglia al cantiere: feriti e arresti Dopo i cortei dei residenti, la guerriglia Una giornata di scontri violenti, lancio di pietre e lacrimogeni. I feriti tra le forze dell’ordine sono 188: "In azione Black bloc con impostazione paramilitare" NOTIZIE CORRELATE MULTIMEDIA: I video e le fotogallery delle proteste delle ultime settimane Napolitano: "Fermezza contro i violenti (3 luglio 2011) Beppe Grillo: "Tutti eroi a Val di Susa (3 luglio 2011) MILANO - Una lunga giornata di protesta e guerriglia. Lo schieramento contro la realizzazione del tratto della Tav in Val di Susa domenica mattina ha marciato compatto, esibendo una grande forza di numeri (circa 60-70mila persone secondo gli organizzatori) rimanendo pacifico nel ribadire il proprio no all’alta velocità e alla perforazione della montagna. Ma verso metà mattinata il clima è cambiato: alcuni gruppi di manifestanti sull’altro versante della valle hanno cercato di sfondare le recinzioni appena montate lungo il cantiere di Chiomonte. Ed è cominciata una guerriglia diventata via via più violenta, sfociata in veri e propri scontri con le forze dell’ordine (vedi alcuni momenti degli scontri in un video Youreporter). La situazione è tornata calma soltanto molte ore dopo, verso le 17, quando i manifestanti hanno cominciato a ripiegare. Poco dopo una delegazione di manifestanti, a braccia alzate, ha incontrato dirigenti e funzionari di polizia sul ponte della valle Clarea. Il bilancio degli scontri è grave: le forze dell’ordine lamentano 188 feriti. Anche tra i No Tav i ferito ammonterebbero a circa 200 persone. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha condannato con forza le violenze. GRUPPI IN AZIONE DAI BOSCHI - Gli scontri sono iniziati subito dopo il corteo pacifico dei No Tav (70 mila secondo gli organizzatori) con assalti partiti dai boschi soprastanti l’area del cantiere. I manifestanti sono arrivati già pronti allo scontro, molti di loro con maschere antigas prevedendo l’uso di lacrimogeni da parte della polizia. Secondo le forze, questi gruppi hanno attuato una sorta di tattica militare con attacchi, ripiegamenti dietro a barricate. I fronti sono stati tre: quello raggiunto dal corteo di Gaglione, quello di Ramats e il terzo di Exilles. Lungo assedio nel tardo pomeriggio poi alla centrale idrica difesa da carabinieri e agenti della Guardia di Finanza. Controlli da parte delle forze di polizia si sono sviluppati fino a tarda ora lungo i sentieri dei boschi attraverso i quali i manifestanti ripiegavano. GLI ARRESTI - Lunghe ore di scontri sono state scandite dai tentativi di assediare il cantiere. I manifestanti hanno tirato pietre, bastoni e grossi petardi, la polizia ha risposto con cariche lanci di lacrimogeni. A distanza dalla zona calda, migliaia di persone sono rimaste assiepate lungo le strade che portano all’area di cantiere. C’è stata difficoltà anche per il transito delle ambulanze. Nel pomeriggio un gruppo di manifestanti si è radunato per un comizio improvvisato da Beppe Grillo. "Siete degli eroi" ha detto tra le altre cose il leader del leader del Movimento 5 stelle ironizzando sull’allarme black bloc: "I black block sono in Parlamento". ARRESTI - Cinque persone, tutte trentenni, sono state arrestate: tre sono provenienti da Modena. Si tratterebbe secondo le definizioni della Questura di "anarco-insurrezionalisti, pluripregiudicati per reati specifici"; uno da Padova e uno da Bologna, "antagonisti con precedenti specifici". Sempre secondo la polizia in località La Maddalena erano presenti "circa 2000 aderenti ai centri sociali, 800 dei quali appartengono all’antagonismo radicale e resistente, che rappresenta l’ala più dura di questo coagulo a livello europeo di professionisti della protesta, mentre circa 300 provengono dall’estero: Francia, Spagna, Austria e Germania". Tutti gli arrestati - ha sottolineato la Questura - sono stati oggetto delle cure sanitarie del personale medico della polizia di Stato, e del personale del 118. Uno di loro, a seguito dei politraumi riscontrati (sospetta frattura del naso, contusioni al torace e al capo), dovrebbe essere trasportato in elicottero presso un nosocomio cittadino. Chiomonte I FERITI - Negli scontri, secondo la Questura, sono rimasti feriti 188 agenti. Tra loro ci sono un primo dirigente, 5 funzionari, 130 operatori dei reparti mobili; 37 carabinieri; 15 finanzieri. La Questura precisa che il bollettino dei feriti è destinato ad aumentare. Tra intossicati e feriti, gravi e meno gravi, presenti su 4 fronti, sono oltre 200 i No Tav rimasti feriti, affermano fonti mediche e pronto soccorso mobili. Tra i feriti anche uno studente veneziano di 19 anni, del Coordinamento studenti medi di Venezia e Mestre. Lo sostiene il consigliere comunale di Venezia Beppe Caccia. "Mi trovavo a pochi passi dal giovane veneziano - aggiunge - quando, a meno di quattro metri di distanza, un agente gli ha puntato addosso il dispositivo di lancio ed ha esploso un colpo. Il candelotto lo ha colpito tra il torace e l’addome. L’abbiamo portato a braccia fino alla baita No Tav di Giaglione, ma le sue condizioni sono apparse subito serie: faticava a respirare e a parlare". CANTIERE SOTTO ASSEDIO - I No Tav sono riusciti a entrare nell’area recintata e a rioccuparla almeno in parte ma per poco tempo. Mentre continuava la guerriglia ai quattro lati della recinzione, un gruppo di manifestanti è riuscito a sfondare la recinzione all’ingresso di strada dell’Avanà, la via asfaltata che conduce al punto più alto del cantiere e all’ Ecomuseo. Blindati sono scesi lungo la strada andando incontro ai No Tav. La battaglia si è svolta almeno su tre fronti, con le forze dell’ordine che da dietro alle reti d’acciaio sparavano lacrimogeni e usavano idranti e i No Tav tiravano bombe carte e pietre. Dagli scontri hanno preso le distanze gli amministratori dei comuni della Valle: "Solo se ci manteniamo pacifici possiamo pensare di riaprire le trattative" hanno detto a più riprese. Ma i gruppi antagonisti si erano staccati praticamente fin dall’inizio dalla sfilata autorizzata. Così la polizia respinge i No Tav Il racconto di B. Argentieri I DUE CORTEI - A migliaia si erano radunati a Exilles e a Giaglione, per poi marciare fino al cantiere di Chiomonte e protestare contro la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione. L’appello alla mobilitazione era stato lanciato dai leader dei comitati nazionali No Tav lunedì scorso, dopo che duemila uomini delle forze dell’ordine avevano sgomberato, il giorno prima, l’area della Maddalena, occupata per oltre un mese dal presidio permanente degli oppositori alla grande opera, permettendo così l’avvio dei lavori per la costruzione del tunnel geognostico preliminare alla linea ferroviaria. Le autorità hanno deciso di chiudere per sicurezza la A32 Torino-Bardonecchia, a quanto pare dopo il lancio di alcune pietre contro gli agenti di un presidio, ma finite sulla carreggiata, da parte di persone non identificate. La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi "NON SI FARA’ MAI" - " Per il leader del movimento No Tav Alberto Perino il bilancio è comunque positivo: "Abbiamo vinto", ha detto. "Li abbiamo assediati. Abbiamo raggiunto i punti più vicini del fortilizio. Siamo riusciti a smontare le recinzioni. Siamo riusciti ad andare via tutti. Questo era un assedio e l’assedio ha funzionato benissimo. Perché non dovremmo dire che abbiamo vinto? Adesso sanno che dovranno continuare così, che subiranno altre azioni meno grosse ma continue". Redazione Online 03 luglio 2011 22:15] la protesta in VAL DI SUSA: 200 feriti tra i no tav Tav, battaglia al cantiere: feriti e arresti Dopo i cortei dei residenti, la guerriglia Una giornata di scontri violenti, lancio di pietre e lacrimogeni. I feriti tra le forze dell'ordine sono 188: "In azione Black bloc con impostazione paramilitare" NOTIZIE CORRELATE MULTIMEDIA: I video e le fotogallery delle proteste delle ultime settimane Napolitano: "Fermezza contro i violenti (3 luglio 2011) Beppe Grillo: "Tutti eroi a Val di Susa (3 luglio 2011) MILANO - Una lunga giornata di protesta e guerriglia. Lo schieramento contro la realizzazione del tratto della Tav in Val di Susa domenica mattina ha marciato compatto, esibendo una grande forza di numeri (circa 60-70mila persone secondo gli organizzatori) rimanendo pacifico nel ribadire il proprio no all'alta velocità e alla perforazione della montagna. Ma verso metà mattinata il clima è cambiato: alcuni gruppi di manifestanti sull'altro versante della valle hanno cercato di sfondare le recinzioni appena montate lungo il cantiere di Chiomonte. Ed è cominciata una guerriglia diventata via via più violenta, sfociata in veri e propri scontri con le forze dell'ordine (vedi alcuni momenti degli scontri in un video Youreporter). La situazione è tornata calma soltanto molte ore dopo, verso le 17, quando i manifestanti hanno cominciato a ripiegare. Poco dopo una delegazione di manifestanti, a braccia alzate, ha incontrato dirigenti e funzionari di polizia sul ponte della valle Clarea. Il bilancio degli scontri è grave: le forze dell'ordine lamentano 188 feriti. Anche tra i No Tav i ferito ammonterebbero a circa 200 persone. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha condannato con forza le violenze. GRUPPI IN AZIONE DAI BOSCHI - Gli scontri sono iniziati subito dopo il corteo pacifico dei No Tav (70 mila secondo gli organizzatori) con assalti partiti dai boschi soprastanti l'area del cantiere. I manifestanti sono arrivati già pronti allo scontro, molti di loro con maschere antigas prevedendo l'uso di lacrimogeni da parte della polizia. Secondo le forze, questi gruppi hanno attuato una sorta di tattica militare con attacchi, ripiegamenti dietro a barricate. I fronti sono stati tre: quello raggiunto dal corteo di Gaglione, quello di Ramats e il terzo di Exilles. Lungo assedio nel tardo pomeriggio poi alla centrale idrica difesa da carabinieri e agenti della Guardia di Finanza. Controlli da parte delle forze di polizia si sono sviluppati fino a tarda ora lungo i sentieri dei boschi attraverso i quali i manifestanti ripiegavano. GLI ARRESTI - Lunghe ore di scontri sono state scandite dai tentativi di assediare il cantiere. I manifestanti hanno tirato pietre, bastoni e grossi petardi, la polizia ha risposto con cariche lanci di lacrimogeni. A distanza dalla zona calda, migliaia di persone sono rimaste assiepate lungo le strade che portano all'area di cantiere. C'è stata difficoltà anche per il transito delle ambulanze. Nel pomeriggio un gruppo di manifestanti si è radunato per un comizio improvvisato da Beppe Grillo. "Siete degli eroi" ha detto tra le altre cose il leader del leader del Movimento 5 stelle ironizzando sull'allarme black bloc: "I black block sono in Parlamento". ARRESTI - Cinque persone, tutte trentenni, sono state arrestate: tre sono provenienti da Modena. Si tratterebbe secondo le definizioni della Questura di "anarco-insurrezionalisti, pluripregiudicati per reati specifici"; uno da Padova e uno da Bologna, "antagonisti con precedenti specifici". Sempre secondo la polizia in località La Maddalena erano presenti "circa 2000 aderenti ai centri sociali, 800 dei quali appartengono all'antagonismo radicale e resistente, che rappresenta l'ala più dura di questo coagulo a livello europeo di professionisti della protesta, mentre circa 300 provengono dall'estero: Francia, Spagna, Austria e Germania". Tutti gli arrestati - ha sottolineato la Questura - sono stati oggetto delle cure sanitarie del personale medico della polizia di Stato, e del personale del 118. Uno di loro, a seguito dei politraumi riscontrati (sospetta frattura del naso, contusioni al torace e al capo), dovrebbe essere trasportato in elicottero presso un nosocomio cittadino. I FERITI - Negli scontri, secondo la Questura, sono rimasti feriti 188 agenti. Tra loro ci sono un primo dirigente, 5 funzionari, 130 operatori dei reparti mobili; 37 carabinieri; 15 finanzieri. La Questura precisa che il bollettino dei feriti è destinato ad aumentare. Tra intossicati e feriti, gravi e meno gravi, presenti su 4 fronti, sono oltre 200 i No Tav rimasti feriti, affermano fonti mediche e pronto soccorso mobili. Tra i feriti anche uno studente veneziano di 19 anni, del Coordinamento studenti medi di Venezia e Mestre. Lo sostiene il consigliere comunale di Venezia Beppe Caccia. "Mi trovavo a pochi passi dal giovane veneziano - aggiunge - quando, a meno di quattro metri di distanza, un agente gli ha puntato addosso il dispositivo di lancio ed ha esploso un colpo. Il candelotto lo ha colpito tra il torace e l'addome. L'abbiamo portato a braccia fino alla baita No Tav di Giaglione, ma le sue condizioni sono apparse subito serie: faticava a respirare e a parlare". CANTIERE SOTTO ASSEDIO - I No Tav sono riusciti a entrare nell'area recintata e a rioccuparla almeno in parte ma per poco tempo. Mentre continuava la guerriglia ai quattro lati della recinzione, un gruppo di manifestanti è riuscito a sfondare la recinzione all'ingresso di strada dell'Avanà, la via asfaltata che conduce al punto più alto del cantiere e all' Ecomuseo. Blindati sono scesi lungo la strada andando incontro ai No Tav. La battaglia si è svolta almeno su tre fronti, con le forze dell'ordine che da dietro alle reti d'acciaio sparavano lacrimogeni e usavano idranti e i No Tav tiravano bombe carte e pietre. Dagli scontri hanno preso le distanze gli amministratori dei comuni della Valle: "Solo se ci manteniamo pacifici possiamo pensare di riaprire le trattative" hanno detto a più riprese. Ma i gruppi antagonisti si erano staccati praticamente fin dall'inizio dalla sfilata autorizzata. Così la polizia respinge i No Tav Il racconto di B. Argentieri I DUE CORTEI - A migliaia si erano radunati a Exilles e a Giaglione, per poi marciare fino al cantiere di Chiomonte e protestare contro la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione. L'appello alla mobilitazione era stato lanciato dai leader dei comitati nazionali No Tav lunedì scorso, dopo che duemila uomini delle forze dell'ordine avevano sgomberato, il giorno prima, l'area della Maddalena, occupata per oltre un mese dal presidio permanente degli oppositori alla grande opera, permettendo così l'avvio dei lavori per la costruzione del tunnel geognostico preliminare alla linea ferroviaria. Le autorità hanno deciso di chiudere per sicurezza la A32 Torino-Bardonecchia, a quanto pare dopo il lancio di alcune pietre contro gli agenti di un presidio, ma finite sulla carreggiata, da parte di persone non identificate. La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi La Val di Susa torna a mobilitarsi "NON SI FARA' MAI" - " Per il leader del movimento No Tav Alberto Perino il bilancio è comunque positivo: "Abbiamo vinto", ha detto. "Li abbiamo assediati. Abbiamo raggiunto i punti più vicini del fortilizio. Siamo riusciti a smontare le recinzioni. Siamo riusciti ad andare via tutti. Questo era un assedio e l'assedio ha funzionato benissimo. Perché non dovremmo dire che abbiamo vinto? Adesso sanno che dovranno continuare così, che subiranno altre azioni meno grosse ma continue". Redazione Online 03 luglio 2011 22:15
TAV Napolitano condanna le violenze "Lo Stato vigili, solidarietà ai poliziotti" Il presidente della Repubblica: "Intervenire con la massima fermezza" NOTIZIE CORRELATE Tav, battaglia al cantiere: arresti e feriti (3 luglio 2011) Multimedia: tutti i video degli scontri (3 luglio 2011) Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa) Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa) MILANO - "Non si può tollerare che a legittime manifestazioni di dissenso cui partecipino pacificamente cittadini e famiglie si sovrappongano, provenienti dal di fuori, squadre militarizzate per condurre inaudite azioni aggressive contro i reparti di polizia chiamati a far rispettare la legge" afferma il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel commentare quanto è accaduto in Val di Susa. LA NOTA - "Quel che è accaduto in Val di Susa, per responsabilità di gruppi addestrati a pratiche di violenza eversiva, sollecita tutte le isituzioni e le componenti politiche democratiche a ribadire la più netta condanna, e le forze dello Stato a vigilare e intervenire ancora con la massima fermezza" afferma il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una nota. "Esprimo plauso e solidarietà alle forze dell'ordine - ha concluso Napolitano - che hanno subito un pesante numero di feriti, e confido che si accresca in Val di Susa, con chiari comportamenti da parte di tutti, l'impegno a isolare sempre di più i professionisti della violenza". Redazione online 03 luglio 2011 20:32
2011-07-02 LA MANOVRA / Nello "Spazio Azzurro" anche i malumori della base del Pdl Bonanni: "Sul taglio alla rivalutazioni delle pensioni il governo chiarisca subito" Per il leader sindacale è "una norma socialmente ingiusta". E Vendola: "Patrimoniale sui poveri" Raffaele Bonanni Raffaele Bonanni MILANO - Una "norma socialmente ingiusta", una "patrimoniale sui poveri". Sindacati e opposizioni dicono no alle taglio delle rivalutazioni delle pensioni, provvedimento che colpisce un 13 milioni di cittadini, compresi quelli che percepiscono le rendite più basse e i molti casi unica fonte di reddito regolare nelle famiglie. Ma anche nello "Spazio Azzurro", il forum online dei sostenitori del Pdl (ma aperto a chiunque), emergono molti malumori per l'annunciata stretta sui trattamenti pensionistici e per il superbollo. "Ma bravi, va proprio nella direzione giusta! Dopo tanti annunci quello che avete partorito è stato il superbollo! Fate pietà!", scrive ad esempio Albano. "Deluso!!!!! che aspettiamo a eliminare i reali privilegi? Tetto alle pensioni d'oro, via alle prebende delle sanguisughe, tagli ai mantenuti della politica. Forza Alfano", dice invece Renato. Molti gli interventi dello stesso tono. BONANNI - Ma a pesaer è anche la posizione di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, in passato più "aperturista" nei confronti dell'esecutivo. Il governo ed il Parlamento, per Bonanni, "devono correggere il provvedimento che blocca la rivalutazione delle pensioni. Spiega il leader sindacale: "La norma della manovra economica che riduce la rivalutazione delle pensioni per la fascia da tre a cinque volte il trattamento minimo, tenendo conto dell'inflazione, rende ancora più vulnerabili quei pensionati che negli ultimi quindici anni hanno già visto ridursi il potere di acquisto delle loro pensioni. Non solo ci aspettiamo subito un chiarimento dal Governo, ma il Parlamento, nel percorso di approvazione della manovra stessa, potrà correggere questa palese iniquità, individuando nella riduzione dei livelli amministrativi, negli sprechi e nei costi impropri della politica, la copertura necessaria per dare soluzione ad un provvedimento ingiusto e socialmente non sostenibile". VENDOLA - "La manovra Berlusconi-Tremonti candida chi dirige le amministrazioni territoriali, presidenti di regione, di province e sindaci a diventare esclusivamente dei curatori fallimentari" ha affermato il presidente di Sinistra Ecologia Libertà Nichi Vendola. "La manovra era partita con gli effetti speciali degli annunci, che riguardano sempre il futuro, mai il presente, degli tagli alla casta e alla politica. E poi quando uno osserva il contenuto vero capisce - guardando ad esempio l'incredibile vicenda del blocco delle pensioni - che si tratta della patrimoniale sui ceti medio bassi del nostro Paese. È la patrimoniale sui poveri. Nient'altro". IL PD - Alla stretta sulle pensioni, denuncia il Pd, si aggiungerà il peso di una serie di misure che ricadranno sugli anziani. Secondo Stefano Fassina, responsabile per il Pd di Economia e lavoro, "si colpiscono le pensioni da 1.400 euro cioè 1.000 euro netti" ma questa "è sola una delle norme. Poi c'è il ticket che pesa soprattutto sui pensionati visto che più di altri ricorrono al servizio sanitario nazionale. E ancora, l'aumento da 34 a 120 euro del bollo sui titoli a partire dai 1.000 euro investiti; anche qui parliamo di piccoli risparmiatori spesso anziani". Da ultimo "c'è il colpo pesantissimo e insostenibile a Comuni, Province e Regioni, con 10 miliardi di tagli che vanno ad aggiungersi ai 13 miliardi dello scorso anno. Tutti gli amministratori, anche quelli leghisti, hanno già annunciato che dovranno tagliare i servizi sociali e assistenziali". MONTEZEMOLO -Anche Italia Futura, la fondazione di Luca Cordero di Montezemolo, ha bocciato la manovra e ha sollecitato l'opposizione a una sfida sulle riforme. "La manovra è quella che è", si legge in un post sul sito della fondazione firmato da Carlo Calenda, "il minimo sindacale, con alcune ridicole prese in giro sui costi della politica (dove si annunciano misure puramente simboliche) e una buona quantità di assegni post-datati: provvedimenti che avranno effetto solo dalla prossima legislatura e che rappresenteranno un alibi formidabile per chiunque governerà il paese dopo il 2013. Abbiamo forti dubbi che, nel medio periodo, questo risulterà sufficiente". "Ma per il momento e considerando la situazione della maggioranza, non era realistico aspettarsi qualcosa di più o di meglio". Redazione Online 02 luglio 2011 19:19
MANOVRA E PREVIDENZA Stretta sull e pensioni, revisioni tagliate a partire dai 1.400 euro I risparmi sulla previdenza di oltre 13 milioni di cittadini. Rivisti i criteri per la reversibilità e l'invalidità ROMA - Altro che pensioni d'oro. Le forbici della manovra colpiranno gli assegni previdenziali anche di importo più modesto, quelle da 1.400 euro al mese, per intenderci. E riguarderanno oltre 13 milioni di cittadini. Ma non basta, perché una vera e propria rivoluzione che avrà conseguenze anche sul sistema previdenziale, ad esempio con la revisione delle pensioni di reversibilità. BIENNIO 2012-2013 - Il decreto per la correzione dei conti pubblici prevede la mancata rivalutazione per il biennio 2012-2013 delle pensioni superiori a cinque volte il minimo, cioè 2.300 euro al mese (il minimo della pensione Inps 2011 è di 476 euro al mese), mentre quelle più basse, comprese tra 1.428 e 2.380 euro mensili, saranno rivalutate per tener conto dell'inflazione, ma solo in misura del 45%. A ciò si aggiunge l'allungamento dell'età minima di pensione, che dal 2014 salirà di almeno tre mesi con l'anticipo dell'agganciamento automatico alle speranze di vita. La riforma dell'assistenza viaggia su un binario diverso: lo scopo è quello di tagliare i sussidi ai furbi e dare più soldi a chi ha veramente bisogno. Ma per arrivare a quell'obiettivo bisognerà razionalizzare e rivedere tutto il sistema delle prestazioni assistenziali, con conseguenze anche sul fronte previdenziale. La delega per la riforma dell'assistenza, che a differenza di quella fiscale, dovrà essere attuata in due anni e non tre, prevede, infatti, la revisione dei criteri per le invalidità, ma anche degli indicatori della situazione economica di ciascun cittadino e dei "requisiti reddituali e patrimoniali" che servono per l'erogazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali. REVERSIBILITA' - E saranno rivisti anche i principi attuali per l'assegnazione delle pensioni di reversibilità tramandate ai coniugi, e che costano ogni anno la bellezza di 34 miliardi di euro. Il riordino dell'assistenza partirà con la razionalizzazione delle prestazioni, eliminando tutte le sovrapposizioni tra i diversi strumenti previdenziali e assistenziali e quelli fiscali che, impropriamente, contribuiscono a sostenere i cittadini meno abbienti. Il secondo passaggio sarà la riorganizzazione delle competenze tra l'Inps, le Regioni e i Comuni. L'Inps sarà agente pagatore e controllore, mentre la prestazione dei servizi sarà lasciata agli enti locali. Le Regioni avranno un fondo per finanziare l'indennità di accompagnamento agli invalidi da ripartire tra di loro secondo standard ben precisi. Mentre ai Comuni, singoli o in forma associata, sarà trasferito il sistema della carta acquisti, con lo scopo di identificare i beneficiari e di integrare le risorse, con fondi propri o convogliando sulla carta acquisti le erogazioni liberali.
ASSISTENZA - La spesa pubblica per l'assistenza e la previdenza, a legislazione vigente, aumenterebbe dai 300 miliardi di euro attuali a 338 miliardi nel 2014. Una crescita fortissima, alimentata da furbizie di ogni tipo, cui il governo ha deciso di porre fine. Per far in modo, c'è scritto nella delega, "di riqualificare ed integrare le prestazioni a favore dei soggetti autenticamente bisognosi". Ovviamente spendendo meno. E sfruttando ogni volta che è possibile il volontariato ed il settore no profit, al quale andrebbero destinati "in via prioritaria" i finanziamenti per le iniziative e gli interventi sociali. Purché, naturalmente, sia più efficace e conveniente, dal punto di vista economico. Mario Sensini 02 luglio 2011 14:42
IINTERVISTA Al ministro del Welfare Sacconi: "Manovra, nessuna bomba a orologeria" Faremo le riforme La rabbia dei pensionati? Se scatta l'inflazione rivedremo le misure. Interventi 2011-2012 concordati con la Ue Maurizio Sacconi Maurizio Sacconi ROMA - Difende la manovra, dice che i tagli alla politica ci saranno, benedice l'accordo tra Confindustria e sindacati ed esclude un intervento legislativo a meno che non sia richiesto dalle parti. Per il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi c'è anche un filo conduttore tra il via libera del governo ai provvedimenti di stabilità e l'investitura di Angelino Alfano a segretario del Popolo della libertà, una doppietta che dimostra l'esistenza di una "classe dirigente e di una forte leadership". Le critiche maggiori alla manovra da 47 miliardi riguardano il timing visto che quasi tutto è spostato al 2013-2014, quando ci sarà un altro governo... "Questa articolazione temporale è stata concordata con la Commissione europea in base all'andamento di finanza pubblica e in funzione del pareggio di bilancio del 2014. Gli interventi nel 2011 e del 2012 sono di semplice manutenzione perché hanno avuto efficacia le manovre già fatte. Per il 2013 e 2014 sono state predisposte riforme che ora si tratta di applicare e cifrare con l'aggiunta di ulteriori interventi e soprattutto della riforma fiscale. Quindi non ha senso la teoria di Bersani sulla "bomba ad orologeria" e sugli impegni post elettorali". Molte poste importanti però sono ancora da definire. "Incide in parte sulla manovra la delega sulla riforma fiscale e dell'assistenza. Riguarda sia la rimodulazione delle aliquote fiscali - in favore del lavoro, della famiglia numerosa e dell'impresa che innova - che il disboscamento dei 161 miliardi di agevolazioni fiscali che va correlato con la riorganizzazione delle prestazioni sociali". In che modo avverrà? "L'intervento strutturale riguarda quattro grandi aggregati della spesa pubblica. Omologando l'età di pensione di uomini e donne, anche se dopo il 2030, si stabilizzano definitivamente i conti previdenziali. La sanità cresce di 2 miliardi dal 2012, molto meno dei vecchi ritmi perché entrano in vigore i costi standard legati alla riforma del federalismo fiscale. La stessa finanza locale può essere contenuta grazie ai fabbisogni standard del federalismo municipale destinato ad accorpare anche le funzioni dei Comuni, che, peraltro, quando sono virtuosi, potranno fare più investimenti. E poi c'è il pubblico impiego che prevede sì il blocco a livello centrale ma consente la contrattazione a livello locale per redistribuire la metà delle economie prodotte dalle razionalizzazioni". Standard & Poor's ha osservato che "restano rischi sostanziali per la riduzione del debito con deboli prospettive di crescita". Se l'aspettava? "A dire la verità l'agenzia di rating ha fatto anche molti apprezzamenti. Osservo solo che la Francia l'anno scorso è cresciuta più di noi dello 0,3% a fronte di un rapporto deficit/Pil quasi doppio del nostro. Credo che per l'Italia una politica del genere non sarebbe accettata né dai mercati né dall'Unione. Sono convinto che la maggiore crescita può arrivare dalla capacità delle nostre imprese di raggiungere i consumatori lontani. Per questo abbiamo unificato nella rete diplomatica i servizi dell'ex Ice". Il Sole 24 Ore parla addirittura di una manovra che sterza a sinistra e rinuncia alle liberalizzazioni. "Un commentatore non fa il giornale. Ci sono due importanti liberalizzazioni. Quella del collocamento per sbloccare i nostri 85 operatori privati contro i 10 mila della Germania e i 20 mila del Regno Unito e del Giappone e favorire così l'incontro tra domanda e offerta. E gli orari dei negozi nelle città d'arte e turistiche, una misura sperimentale che poi verificheremo con le categorie". Perché non avete inglobato nel decreto anche la legge sulla concorrenza? "Stiamo ragionando sulla riforma delle professioni visto che in Italia c'è un problema di eccesso e non di accesso nelle professioni, nonché di garantirne la migliore qualità". Per alcuni in questa manovra manca un cambiamento di paradigma. "Alcuni commentatori odierni non l'hanno letta e non gli è piaciuta". Secondo indiscrezioni il Cavaliere avrebbe definito la manovra una cosa "da ragioniere". Conferma? "Mai sentita una frase del genere. La fantasia di alcuni giornalisti non ha limiti". I tagli alla politica però li avete rimandati alle calende greche... "Non è assolutamente vero. Ci sono misure di carattere strutturale, cambia proprio l'assetto dei costi delle funzioni pubbliche. E ragionevolmente per sempre". Ma cosa cambia in concreto? "L'impiego dei mezzi, tutto l'assetto della remunerazioni delle funzioni pubbliche elettive e non. Chiedo che questo pacchetto venga letto bene quando verrà presentato. Non deve essere confusa con l'insieme la possibile applicazione nella prossima legislatura di decisioni che peraltro spettano solo alle Camere nella loro autonomia". Molte le proteste. C'è la rabbia dei pensionati contro lo stop all'adeguamento automatico del costo della vita. "Anche qui ci vuole chiarezza: lo stop agisce solo sullo scaglione superiore delle pensioni almeno cinque volte superiori al minimo". Se scatta l'inflazione diventa un bella mazzata... "Se così sarà vorrà dire che ci ripenseremo, non sono misure eterne. In altri Paesi ci sono stati licenziamenti di migliaia di dipendenti pubblici, decurtate le buste paga del 20% ed altro ancora!". Accordo Confindustria-sindacati. C'è un collegamento con la manovra? "Certo. E non solo perché nella manovra c'è la proroga della detassazione del salario di produttività così come nella legge delega di riforma fiscale c'è la strutturalità di questa misura. Un provvedimento per far sì che le parti utilizzino il contratto aziendale che è lo strumento più idoneo per sostenere la crescita dell'impresa attraverso la migliore utilizzazione degli impianti garantendo ai lavoratori incrementi salariali collegati ai risultati e alla maggiore efficienza. Per promuoverli il governo Zapatero ha addirittura adottato un decreto legge senza accordo tra le parti". Resta aperta ancora la questione Fiat. Chi ha ragione, Marchionne o la Marcegaglia? "Alla fine credo dicano la stessa cosa. L'accordo si rivolge al futuro però la risposta della Cgil e della Fiom sulla retroattività - e quindi sugli accordi Fiat - è da azzeccagarbugli, non da sindacato. Se è vero che quell'intesa consente da domani mattina di fare un accordo come quelli di Pomigliano e Mirafiori diventa davvero assurdo ritenerli ancora oggetto di conflitto. Ci vuole buon senso". Potrebbe intervenire anche lei come ministro per sbloccare la situazione? "Tocca alle parti innanzitutto trovare la soluzione. Se non di merito, di metodo, di rispetto per quelle intese, per gli investimenti pianificati, per l'occupazione e gli aumenti salariali. Una norma di legge può essere ipotizzata solo se chiesta dalle parti". Il capo dello Stato chiede non ci siano forzature sulla successione a Draghi. "Ha ragione. E ha fatto bene a chiedere di evitare ogni polemica pubblica. Tutti devono essere sobri, nessuno ha contestato la qualità dei candidati". La nomina di Alfano è davvero l'inizio di una nuova fase? "Lo è davvero. Chi ha partecipato come me a questa assemblea sa che oggi è accaduto qualcosa di importante. Sarà il tempo a determinarne il valore. Intanto il nuovo segretario politico è partito con il piede giusto: l'ambizione di costruire l'unità politica di tutti i moderati e i riformisti che si riconoscono nel popolarismo europeo". Roberto Bagnoli 02 luglio 2011 09:47
e sulla manovra "Il governo rischia di essere troppo ottimista sulla lotta all'evasione" "Restano rischi per la crescita debole" Nota di Standard & Poor's: "Restano sostanziali rischi per il piano di riduzione del debito" Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Benvegnù-Guaitoli) Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (Benvegnù-Guaitoli) MILANO - Nonostante la manovra correttiva dei conti pubblici, "restano sostanziali rischi per il piano di riduzione del debito principalmente a causa della debole crescita". Lo dice l'agenzia di rating Standard & Poor's in una nota. TAGLIO - La possibilità che e Standard & Poor's tagli il rating sovrano sull'Italia resta una su tre, nonostante le misure correttive relative al periodo 2011-2014. IL COMMENTO ALLA MANOVRA - Standard & Poors tuttavia plaude alle misure per contenere gli aumenti salariali nel settore pubblico e la spesa pensionistica contenute nella manovra correttiva. L'agenzia di rating avverte: "Il governo rischia di essere troppo ottimista sull'efficacia delle misure contro l'evasione fiscale", e "un lungo stallo politico potrebbe contribuire a far sforare i conti pubblici". Secondo l'agenzia di rating, "se messe in pratica, le misure per anticipare l'età del pensionamento nel 2014 anzichè nel 2015 rinforzano l'opinione che l'Italia ha passività fra le più basse in Europa legate all'invecchiamento della popolazione". Bene anche gli accordi stretti fra i sindacati e Confindustria, definiti da S&P un "importante passo in avanti verso la flessibilità salariale". LA CONVOCAZIONE - La Consob ha convocato per la prossima settimana le agenzie di rating Standard & Poor's e Moody's. Lo ha appreso l'agenzia di stampa Ansa interpellando il portavoce della Commissione di vigilanza sulla Borsa. Le convocazione hanno ad oggetto proprio la nota di S&P sulla manovra correttiva e la decisione di giovedì della settimana scorsa di Moody's di mettere sotto osservazione il rating di 16 banche italiane. In particolare, S&P dovrà chiarire la decisione di pubblicare la propria nota prima che il testo definitivo del dl della manovra sia pubblicato in Gazzetta Ufficiale, e alle ore 13, cioè a mercati aperti. La Consob ha anche interessato della questione la nuova super Consob europea, l'Esma, che dovrebbe affrontare la vicenda in una riunione a Parigi la prossima settimana. Redazione online 01 luglio 2011 20:27
crescono le entrate totali del 3,8% Istat: migliora il rapporto deficit-Pil Nel primo trimestre dell'anno è sceso al 7,7% contro l'8,5% dello stesso periodo del 2010 MILANO - Nel primo trimestre del 2011 il rapporto tra deficit e Pil è stato pari al 7,7%, in miglioramento di 0,8 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2010 (quando era pari all'8,5%). Lo rileva l'Istat diffondendo i dati grezzi sull'indebitamento delle Amministrazioni pubbliche. ENTRATE - Le entrate totali nel primo trimestre del 2011 sono aumentate del 3,8% su base annua, in accelerazione rispetto a quanto rilevato nel corso dei precedenti trimestri. Sul risultato ha inciso soprattutto il rialzo delle imposte in conto capitale. Lo comunica sempre l'Istat, sottolineando che la loro incidenza su Pil è salita al 40,6% rispetto al 40,2% registrato nel corrispondente trimestre del 2010. Redazione online 01 luglio 2011 11:16 DISPOSIZIONI URGHENTI TAGLI : COSTI della POLITICA BOZZA RIFORMA FISCALE
IL PROVVEDIMENTO La manovra voce per voce Taglio ai costi della politica, via libera alla delega fiscale superbollo solo sulle auto di lusso oltre i 225 kw NOTIZIE CORRELATE Manovra, tutte le misure (1 luglio 2011) Meno tasse ai giovani imprenditori. Cosa cambia con la manovra (1 luglio 2011) Taglio ai costi della politica, via libera alla delega fiscale, intervento sul regime fiscale delle imprese, stretta sugli impiegati pubblici, election day per ridurre le "spese della democrazia". Sono alcuni dei punti che compongono la manovra da 47 miliardi di euro approvata dal Consiglio dei ministri di giovedì. Ecco una panoramica dei contenuti del provvedimento, quali si ricavano dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, più alcune indiscrezioni attendibili. ENTITA' - La manovra ha un valore globale di 47 miliardi di euro, così suddivisi: 1,5 miliadi nel 2011, 5,5 nel 2012, 20 miliardi nel 2013 e nel 2014. DELEGA ALLA RIFORMA FISCALE - Nessun aumento dell'Iva ma soltanto la "revisione graduale delle attuali aliquote, tenendo conto degli effetti inflazionistici prodotti da un aumento". È quanto prevede la bozza del ddl delega per la riforma del fisco. Tre aliquote Irpef, del 20%, 30% e 40%, che saranno finanziate, tra le altre voci, anche attraverso l'eliminazione di alcune agevolazioni fiscali. Per quanto riguarda le rendite, l'obiettivo di portarle a una tassazione del 20% (escludendo però i titoli di Stato). La riforma si disegnerà da qui ai prossimi tre anni. RISPARMI - Riduzione del personale degli uffici Ice di almeno 200 unità (attualmente l'Istituto per il commercio estero impegna 1200 persone, 600 in Italia e 600 all'estero). Gli uffici Ice in Italia, attualmente 14, scenderanno a 2, uno a Roma e uno a Milano. Il finanziamento pubblico ai partiti sarà decurtato di un altro 10%, si istituirà l'election day, che prevede l'accorpamento delle elezioni nazionali e amministrative (esclusi invece i referendum, che per Costituzione devono essere autonomi). Per quanto riguarda gli "aerei blu", saranno riservati al capo dello Stato, al presidente della Camera, a quello del Senato, a quello del Consiglio e al presidente della Corte Costituzionale, mentre gli altri ministri ne potranno usufruire solo per viaggi istituzionali all'estero. Per quanto riguarda le auto blu, vanno usate e rottamate quelle che ci sono ora. In futuro ne avranno diritto i presidenti, ma non quello della Corte Costituzionale e comunque non si potranno usare quelle superiore a 1.600 di cilindrata, fatte salve le esigenze di sicurezza. Gli stipendi dei parlamentari saranno parificati a quelli europei. STRETTA SUI DIPENDENTI PUBBLICI - Stretta sulle assenze dei dipendenti della pubblica amministrazione. Controlli immediati se la "malattia" si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative. SUPERBOLLO AUTO - Sparita l'ipotesi di tassa sui Suv, resta una maggiorazione di imposta sui superbolidi, quelli oltre i 225 kw, pari a 301 cavalli (tra cui anche l'Audi A8 di Berlusconi). FISCALITA' DELLE IMPRESE - Sarà istituito un forfait fiscale al 5%, (per Tremonti "il più conveniente d'Europa"), che riguarda le imprese fatte dai giovani fino a 35 anni per cinque anni Redazione online 30 giugno 2011(ultima modifica: 01 luglio 2011 14:20)
2011-06-24 SINDACATI E CONFINDUSTRIA Contratti, l'accordo è più vicino Marcegaglia: "Si conta di chiudere martedì". La Camusso: "Abbiamo fatto una buona discussione, utile" NOTIZIE CORRELATE Marcegaglia: "Troppi ritardi, le imprese faranno da sole" (8 maggio 2011) L'incontro tra Emma Marcegaglia e i segretari generali di Uil Luigi Angeletti, Cisl Raffaele Bonanni e Cgil Susanna Camusso (Ansa) L'incontro tra Emma Marcegaglia e i segretari generali di Uil Luigi Angeletti, Cisl Raffaele Bonanni e Cgil Susanna Camusso (Ansa) MILANO - Sindacati e Confindustria puntano a chiudere un accordo unitario sui contratti nel prossimo incontro previsto per martedì pomeriggio. Lo ha indicato la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, spiegando che "c'è la volontà di tutti" per farlo. Si firmerà martedì? "Si firmerà martedì se sarà possibile", dice la leader degli industriali. Ottimismo anche da parte del leader della Cgil, Susanna Camusso, al termine del tavolo con Confindustria, Cisl e Uil. "Abbiamo fatto una buona discussione, utile, che ha permesso di ragionare sulla possibilità di un accordo, sulla misurazione della rappresentanza e l'efficacia della contrattazione". ANGELETTI - "Le distanze si sono ridotte al punto da farci prefigurare una soluzione condivisa" su rappresentanza ed esigibilità dei contratti, ha detto il segretario generale della Uil Luigi Angeletti, lasciando la sede di Confindustria. CENTRELLA - Anche Giovanni Centrella, segretario generale dell'Ugl, è ottimista: "Si sta ragionando per raggiungere in tempi brevi un accordo che valga per tutti". Per il sindacalista "la calendarizzazione di un nuovo incontro per martedì prossimo dimostra che c'è la volontà di trovare soluzioni condivise e veloci. Nell'augurarci che si riesca ad arrivare alla fine di questo percorso senza alcun ostacolo, - conclude Centrella - consideriamo strategico per il futuro del Paese e indispensabile per il bene dei lavoratori un sistema di regole capace di aprire una nuova stagione nelle relazioni sindacali e industriali". Redazione online 24 giugno 2011
2011-06-16 il ministro della Funzione pubblica a Radio24 dopo averli definiti "l'Italia peggiore" La retromarcia di Brunetta: "I precari sono vittime, io ce l'ho con casta romana" "Privilegiati di cui Roma è piena. Io lavoro per precari veri. La contestatrice? Guadagna 1.800 euro al mese" MILANO - I precari sono "vittime del sistema" mentre 'l'Italia peggiore sono la "casta di privilegiati molto romani" che cerca solo visibilità mediatica. Lo ha sottolineato il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, precisando il senso delle sue parole al centro delle polemiche sui precari. "Io faccio il professore di economia del lavoro - ha detto Brunetta intervenendo su Radio24 - è da una vita che mi interesso di problemi del lavoro: le pare che io sia così stupido da dire che le vittime di un sistema che non funziona, in cui i padri sono troppo egoisti, le vittime siano loro l'Italia peggiore? Lei pensa che sia così stupido?". "Io ce l'ho - ha spiegato il ministro - con quella casta di privilegiati "molto romani". Guardi i nomi nelle interviste di questa mattina sui giornali", nomi come Maurizia Russo Spena, figlia di Giovanni ex senatore del Prc. "Roma è piena di questo tessuto di persone - ha aggiunto - e io mi preoccupo di più dei precari dei call center, dei precari nel settore privato che non riescono ad avere un contratto a tempo indeterminato e non hanno parola". "Io mi preoccupo di loro - ha concluso Brunetta - e sto lavorando per dare una soluzione ai loro problemi, mentre mi preoccupo di meno dei tanti organizzati, molto spesso in ambito romano, che vengono con telecamerine e striscioni per avere visibilità mediatica". Il confronto MILANO - "Ho visto i giornali - ha sottolineato Brunetta - e la cosa più divertente è stata l'intervista alla "leader" (Maurizia Russo Spena, ndr) di quel movimento di precari che è venuto a contestarmi o a pormi delle domande: guadagna 1.800 euro al mese da 5 anni, con contratti a termine presso un'agenzia del ministero del Lavoro. Non mi sembra molto precaria". "C'è tanta ipocrisia in questo mondo - ha affermato il ministro della Funzione pubblica - e si fa presto a giudicare una frase rivolta a un modo barbaro di fare politica. Se tra 20 anni governeranno probabilmente gli altri, la sinistra, è questo il modo di costruire il dialogo tra forze sociali e chi governa: striscioni, insulti, agguati mediatici? Chi di agguato colpisce poi di agguato ferisce - ha concluso - e la prossima volta magari contesteranno la Camusso, Bersani, porgendogli le stesse domande. Stiamo attenti a non capire l'imbarbarimento di questa fase della nostra vita politica". AVVENIRE, CHI NON ASCOLTA PRENDE SBERLE - "Chi non sa ascoltare le persone - che non sono certo il Paese "peggiore" - oggi si candida solo a ricevere altre sberle. Metaforiche, s'intende. Ma non per questo meno pesanti". Il quotidiano cattolico Avvenire commenta l'episodio. "Le contestazioni agli esponenti politici sono non di rado dure, in passato ve ne sono state pure di violente - scrive il quotidiano della Cei in un corsivo non firmato, quindi attribuibile alla direzione -. Ma i timori, legittimi, che possano accadere non giustificano gli insulti e le fughe sdegnate di fronte a semplici domande". Secondo Avvenire, "per un politico la capacità di ascolto è una delle prime virtù da coltivare. Per un ministro, poi, è addirittura un dovere". Per il giornale dei vescovi, comunque, "ora gli insulti che a sua volta il ministro riceve su internet sono parimenti criticabili". Ma il consiglio che rivolge a Brunetta è che "anziché insistere nell'errore, meglio scusarsi e aprirsi al confronto. Questa sì sarebbe un'Italia migliore". Redazione online 16 giugno 2011
2011-05-08 Assise generali di Confindustria a Bergamo La Marcegaglia: "La sentenza Thyssen può allontanare gli investimenti esteri" "È un tema che va guardato con grande attenzione, nel massimo rispetto per la sicurezza sul lavoro" Assise generali di Confindustria a Bergamo La Marcegaglia: "La sentenza Thyssen può allontanare gli investimenti esteri" "È un tema che va guardato con grande attenzione, nel massimo rispetto per la sicurezza sul lavoro" ROMA - Emma Marcegaglia chiama gli industriali alla conta, misura il consenso, cerca un mandato pieno dalla platea di 5.700 imprenditori alle Assise generali di Confindustria a Bergamo. Che sono stati chiamati a votare punto su punto, scegliendo tra varie opzioni (il voto è avvenuto con un messaggio sms), le proposte che la presidente di Confindustria poi rilancerà, come preannunciato, in una agenda di priorità da proporre alla politica. SENTENZA THYSSEN - Uno dei temi caldi toccati da Emma Marcegaglia nel suo intervento è legato alla condanna a 16 anni per Harald Espenhahn per il rogo della Thyssen. "È un unicum in Europa. Una cosa di questo tipo se dovesse prevalere allontanerebbe investimenti esteri mettendo a repentaglio la sopravvivenza del sistema produttivo. È un tema che va guardato con grande attenzione, nel massimo rispetto per la sicurezza sul lavoro, ma una cosa di questo tipo se dovesse prevalere allontanerebbe gli investimenti dall'Italia", ha detto il presidente di Confindustria nel corso della conferenza stampa. La Marcegaglia ha poi sottolineato che le Assise hanno ribadito "il massimo impegno per la sicurezza, ogni morte sul lavoro è una sconfitta". RIFORME - La Marcegaglia ha poi rivolto un invito al governo: "Chiediamo poche riforme chiare, non sussidi, non incentivi, non aiuti. Chiediamo invece grandi riforme che permettano allo Stato di ridursi e di funzionare meglio". E ancora: "Lo Stato privatizzi la gestione dell'Ice. Noi, come Confindustria, ci candidiamo a prenderla in considerazione". SINDACATO - Sul fronte della dialettica con il sindacato la Marcegaglia ha detto che "non siamo interessati a dividere il sindacato come ha detto il segretario della Cgil Camusso anzi, tutto il contrario". 07 maggio 2011
LE ASSISE DI CONFINDUSTRIA Il modello Manchester LE ASSISE DI CONFINDUSTRIA Il modello Manchester La buona notizia è che a Bergamo la Confindustria ha cominciato a farsi le domande giuste. Poi che non abbia ancora elaborato risposte compiute è tutto sommato secondario. L'importante, per ora, è che il malessere degli industriali e l'afasia della rappresentanza siano stati diagnosticati con sufficiente perizia e che si sia individuata la strada da percorrere per porvi rimedio. Perché il vero problema con il quale gli industriali devono fare i conti non è tanto e solo "la distrazione del premier", che non ama passare le serate di Arcore consultando gli atlanti di politica industriale, ma il fatto che siamo entrati nell'epoca dello "zero budget", dell'impossibilità dichiarata dell'esecutivo di spendere. È evidente che di fronte a questa discontinuità l'azione di rappresentanza debba essere sostanzialmente ridisegnata. No budget, no lobby. E a Bergamo la Confindustria ha iniziato a farlo con la logica del "piuttosto che aspettare la politica, cominciamo noi". Che altro ragionamento, se non questo, c'è dietro la coraggiosa proposta di prendersi in carico l'Istituto del commercio estero (Ice), uno strumento decisivo per l'affermazione dell'export italiano? Ma una dietro l'altra dal palco sono arrivate diverse altre idee, tutte in linea con la nuova filosofia sussidiaria. Gli industriali si sono candidati a investire per favorire la diffusione della lingua inglese, a organizzare un mall a Berlino per i marchi del made in Italy di fascia media, a finanziare cattedre di mobilità per far rientrare nel Paese i migliori ricercatori. Non sottolineare il cambio di cultura che sta dietro quest'assunzione di responsabilità sarebbe a questo punto un'omissione. La seconda novità di Bergamo riguarda il modo di operare di Confindustria. Oggi quella presieduta da Emma Marcegaglia si presenta come un'organizzazione a delega eccessivamente lunga, incomprensibile nell'epoca di Facebook e Twitter come si è visto persino dal resoconto pubblico dei lavori di ieri. C'è un centro romano pletorico e molte duplicazioni di strutture, la vita interna si svolge lungo cerimoniali e procedure che non hanno più ragione d'esistere e via via si è formato un ceto di "professionisti della rappresentanza" - come li ha definiti dal palco l'ex direttore generale Stefano Parisi -, continuamente a caccia di una presidenza. Per non parlare dei convegni che animano i borghi di S. Margherita Ligure o Capri e durante i quali gli imprenditori, giovani o attempati che siano, servono solo a misurare gli applausi del politico di turno. Ridisegnare Confindustria non è un'operazione che si possa chiudere in 24 ore, però a Bergamo è parso chiaro che la riforma passa da un rinnovato protagonismo di territori e categorie. Ascolto è stata la parola chiave dell'Assise, dovrebbe diventarlo anche nella routine della confederazione.Se queste sono state le confortanti primizie emerse nell'adunata di ieri è sulle tendenze del modello capitalistico italiano post-Grande Crisi che ancora non pare sia maturata un'analisi condivisa. Si sentono discorsi diversi. La sottolineatura dell'orgoglio del manifatturiero che fa dire a mo' di battuta al presidente di Assolombarda, Alberto Meomartini, che "noi dovremmo tifare per Manchester più che per Barcellona". La richiesta ai Piccoli di muoversi, di battere la sindrome dell'appagamento e costruire aziende più grandi che possano competere con maggiori chance sul mercato globale. L'enfasi più che giustificata sui temi della ricerca che in Italia avrebbe bisogno di investimenti per almeno un miliardo di euro. Si dicono cose diverse e non necessariamente in contraddizione tra loro, ma si parla poco di rispecializzazione del modello Italia e altrettanto poco di capitalismo delle reti. Se riprenderemo a crescere molto dipenderà dalla capacità che avremo di creare una nuova catena del valore lungo l'asse fornitura-fabbrica-logistica-distribuzione. Alcuni prodotti tipicamente nostri vanno reinventati, altri vanno portati in tempi certi sugli scaffali giusti di Paesi nuovi. Nella descrizione di questo sforzo si può leggere l'oroscopo dell'industria italiana. Dario Di Vico 08 maggio 2011
2011-05-06 FIAT Ex Bertone, via libera al l'accordoper la Fiom firmano le Rsu A Melfi undici "ribelli" scrivono a Landini e Camusso, "basta con la logica dei no" FIAT Ex Bertone, via libera al l'accordoper la Fiom firmano le Rsu A Melfi undici "ribelli" scrivono a Landini e Camusso, "basta con la logica dei no" Un corteo degli operai di Melfi Un corteo degli operai di Melfi MILANO - E' stato firmato l'accordo che consentirà l'investimento della Fiat alla ex Bertone, oggi Officine Automobilistiche Grugliasco. L'intesa, che prevede dal primo gennaio 2012 l'applicazione del contratto di primo livello di Pomigliano, è stata sottoscritta da Fim, Uilm e Fismic, mentre per la Fiom hanno firmato le Rsu. Il sì all'accordo arriva all'indomani del referendum in cui i voti favorevoli sono stati l'88,9%. Alla ex Bertone sono occupati circa 1100 lavoratori in cassa integrazione da sei anni. FIOM, LA LETTERA DEI "RIBELLI" -L'accordo sull'organizzazione del lavoro allo stabilimento Fiat di Melfi è "trasparente" e "poteva e doveva essere firmato": in una lettera inviata al segretario generale della Fiom, Maurizio Landini e al numero uno della Cgil, Susanna Camusso, 11 delegati "ribelli" della Fiom di Melfi (su un totale di 18 ) hanno chiesto di convocare una riunione per chiarire la posizione da tenere nello stabilimento . "Intendiamo evidenziare - si legge - l'atteggiamento contraddittorio tenuto sulla vicenda dal gruppo dirigente locale e nazionale della Fiom. Atteggiamento che ha messo in forte difficoltà la Rsu al cospetto dei lavoratori. Si tratta di un accordo trasparente, perfettibile certo, ma è un accordo che poteva e doveva essere firmato e che la Rsu ha deciso responsabilmente di firmare anche perchè legittimata a farlo, salvo poi subire la ritirata tattica imposto dal gruppo dirigente Fiom che non si capisce bene a chi risponda. Spiace ammettere che ancora una volta ha vinto la logica del no a prescindere dal merito delle questioni e, fatto ancora più grave, la dirigenza della Fiom ha di fatto esautorato la sua Rsu, violando il principio democratico della rappresentanza. Questa è la famosa democrazia sindacale di cui parla Landini? È il caso di ricordare al compagno Landini che la Rsu alla Sata si elegge e non si nomina e che i delegati rispondono soprattutto ai lavoratori-elettori". Infine i delegati hanno ribadito la richiesta di firmare l'accordo. "Landini e la Fiom - è scritto - non hanno sempre sostenuto che è la base quella che decide? È bene ricordare che ben 11 Rsu su 18 hanno dato indicazione contrarie a quello che è stato sostenuto nelle assemblee. Se è questa la democrazia che oggi viene indicata rifletteremo sul nostro futuro". 04 maggio 2011(ultima modifica: 05 maggio 2011)
DECRETO SVILUPPO: "Vantaggi fiscali per chi assume nel Sud" Tremonti, ecco le sanzioni per chi esagera sui controlli fiscali Lettera dell' Agenzia delle Entrate: "Comportiamoci tutti, come funzionari del Fisco, così come vorremmo essere tutti trattati come contribuenti" * NOTIZIE CORRELATE * La lettera dell'Agenzia della Entrate firmata dal direttore Befera (pdf) DECRETO SVILUPPO: "Vantaggi fiscali per chi assume nel Sud" Tremonti, ecco le sanzioni per chi esagera sui controlli fiscali Lettera dell' Agenzia delle Entrate: "Comportiamoci tutti, come funzionari del Fisco, così come vorremmo essere tutti trattati come contribuenti" Il ministro dell'Economia Il ministro dell'Economia MILANO - Una circolare dell'Agenzia delle Entrate per spiegare "quali sono le sanzioni per chi esagera con i controlli fiscali" sulle imprese. L'ha preannunciata il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nella conferenza stampa a Palazzo Chigi per la presentazione del Dl sullo Sviluppo. "Un conto è chiedere le tasse , un altro è essere coerenti con la legge" ha aggiunto il ministro che alcune settimane fa aveva promesso di adoperarsi contro "l'oppressione" fiscale, gli eccessi che generano "costi, tempo perso, stress, e occasioni di corruzione". LA LETTERA AI DIPENDENTI - Il direttore Attilio Befera ha infatti richiamato i propri dipendenti al rispetto di un rapporto leale, serio, rispettoso con i contribuenti in una lettera pubblicata sul sito istituzionale: niente soprusi o vessazioni nei controlli. Anche perché danneggiano la credibilità di un fisco che vuole trasparenza e che quindi deve dare rispetto. Arroganza e soprusi provocano invece "un devastante danno di immagine" - si legge nella lettera - tanto da "finire quasi per apparentare l'azione del fisco a quella di estorsori". Arrivano così le sanzioni per gli ispettori del fisco che eccedono il loro ruolo: se i comportamenti sono gravi, "gravi saranno anche le relative sanzioni, nessuna esclusa". Lo stesso ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha parlato di una prossima circolare con le sanzioni. "Uscirà una circolare dell'Agenzia delle Entrate che spiegherà quali saranno le sanzioni per chi esagera", ha detto. Il direttore Befera ricorda di aver già richiamato alla "correttezza ed efficienza" ma di continuare a ricevere "segnalazioni nelle quali si denunciano modi di agire che mi spingono adesso a richiamare ognuno alle proprie responsabilità e ribadire ancora una volta che la nostra azione di controllo può rivelarsi realmente efficace solo se è corretta". LE INDICAZIONI - Il numero uno delle Entrate fornisce anche indicazioni pratiche. "Se un accertamento non ha solido fondamento - spiega - non va fatto e se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudo infrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la verifica stessa sembri essersi chiusa negativamente. Insomma, se il contribuente ha dato prova sostanziale di buona fede e di lealtà nel suo rapporto con il Fisco, ripagarlo con la moneta dell'accanimento formalistico significa venire meno a un obbligo morale di reciprocità, ed essere perciò gravemente scorretti nei suoi confronti". E aggiunge, queste non sono osservazioni, ma obblighi precisi. In fondo - conclude - "la regola da seguire è molto semplice. È una regola di rispetto: comportiamoci tutti, come funzionari del Fisco, così come vorremmo essere tutti trattati come contribuenti". FISCO CON LO SCONTO AL SUD - Il drecreto contiene poi le misure per l'occupazione nel Sud, con l'introduzione del credito di imposta per le imprese che assumono nel Mezzogiorno. "Pensiamo di poter avere la fiscalità di vantaggio: è l'unico modo di spendere i soldi europei - ha detto Tremonti - . Nel 2011 rischiamo di perdere 5 miliardi. Il tasso di utilizzo dei fondi è scandalosamente basso. E se non spendiamo i fondi, questi tornano a Bruxelles". Anche il social housing, l'edilizia sociale, "sarà concentrata al Sud". BANCA PER IL MEZZOGIORNO, "NASCE UN GIGANTE" - Semaforo verde della Banca d'Italia per la Banca del Mezzogiorno. E per Tremonti, "da oggi inizia un percorso operativo per strutturare le banche popolari e i crediti cooperativi. Si tratta di oltre 7000 sportelli, è una cosa molto importante, nasce un gigante. Abbiamo apprezzato il lavoro della Banca d'Italia". Berlusconi elogia Tremonti: superlavoro LA MANOVRA? "OGGI HO PARLATO DI SVILUPPO" - "Oggi abbiamo fatto un provvedimento economico, ne saranno fatti una serie. E poi ci saranno i provvedimenti sul bilancio pubblico" ha detto infine Tremonti replicando alle domande sulla possibile manovra correttiva da 7-8 miliardi di euro. TETTO AI BONUS DEI BANCHIERI - Nel drecreto è stato poi stabilito che la Banca d'Italia potrà mettere tetti ai bonus dei manager bancari, ossia fissare dei limiti sulla parte variabile che in genere costituisce la voce rilevante della retribuzione dei banchieri. LA RICERCA - Il credito imposta per la ricerca viene "introdotto per due anni ed è sperimentale. La copertura è operata con una tecnica non a carico delle imprese stesse, ma si tratta di una forma di prelievo volontario di grande interesse". 05 maggio 2011
2011-05-01 IL VIA ALLE DALLE 16 1° maggio, Concertone per l'Unità d'Italia Tema dei 150 anni per l'appuntamento in piazza San Giovanni. Sul palco musica e impegno con Dalla, De Gregori, Marcorè, Morricone e Gino Paoli IL VIA ALLE DALLE 16 1° maggio, Concertone per l'Unità d'Italia Tema dei 150 anni per l'appuntamento in piazza San Giovanni. Sul palco musica e impegno con Dalla, De Gregori, Marcorè, Morricone e Gino Paoli ROMA - Fervono i preparativi per il classico appuntamento con il Concertone del Primo Maggio, al via domenica alle 16.00 circa da Piazza San Giovanni a Roma. Nel 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia, la Storia, la patria e il lavoro sono le parole chiave dell'edizione 2011, mentre Roma registra il tutto esaurito in concomitanza con la beatificazione di papa Wojtyla. Dalla e De Gregori (Barbaglia) Dalla e De Gregori (Barbaglia) MUSICA E IMPEGNO - Per la prima volta sul palco del Concertone di San Giovanni saranno insieme Lucio Dalla e Francesco De Gregori. La musica sinfonica la farà da padrone. Grande protagonista del Primo maggio sarà infatti l' Orchestra Roma Sinfonietta. Un contributo speciale verrà da Ennio Morricone che ha composto per l'occasione l'inedito "Elegia per l'Italia". Gino Paoli intonerà il "Và Pensiero". Il Leitmotiv quest'anno sarà l'Unità e i 150 anni e il tema artistico è: "La storia siamo noi. La storia, la patria, il lavoro". Il cast va da Daniele Silvestri ai Modena City Ramblers passando per Luca Barbarossa, Caparezza e Beppe Servillo. Esordisce alla conduzione il comico, attore e presentatore Neri Marcorè, mentre le sette ore di musica saranno inaugurate da Eugenio Finardi. Sul palco daranno il loro contributo, tra gli altri, Ascanio Celestini e Andrea Camilleri. La manifestazione si apre e si chiude con l'Inno di Mameli, mentre non può mancare "Bella ciao". La diretta televisiva si apre alle 16.00 su Raitre e riprende alle 20.00 con l'esibizione di Neri Marcorè in "Dolcenera" di Fabrizio de Andrè. L'allestimento del palco in piazza San Giovanni (Blowup) L'allestimento del palco in piazza San Giovanni (Blowup) LA MOBILITA' - Per consentire lo svolgimento dell'evento, cui prenderanno parte migliaia di persone, sarà chiusa al traffico la zona delimitata da via Carlo Felice, piazza di Porta San Giovanni e via Emanuele Filiberto, mentre sarà consentito transitare sulle direttrici: via Amba Aradam, piazza San Giovanni in Laterano, via Merulana; via Nola piazza e via Santa Croce in Gerusalemme; via Magna Grecia, piazzale Appio, via Appia e via La Spezia. Ecco quindi, in una nota di Roma Servizi per la Mobilità, il piano tpl: IL SERVIZIO DI TRASPORTO PUBBLICO - Le linee 3, 16, 360, 590, 665 saranno in servizio con fasce orarie dalle 8,30 alle 13 e dalle 16,30 alle 21; le linee 81, 85, 87, invece, inserite nel programma di intensificazione per l'evento di beatificazione di Giovanni Paolo II, saranno in funzione dalle 5,30 alle 21. Come misura di sicurezza, infine, a partire dalle 15 di domenica 1 maggio è prevista la chiusura delle stazioni "San Giovanni" e "Manzoni" della linea A della metropolitana. LE DEVIAZIONI E LE LIMITAZIONI - Dalle 8,30 a fine servizio le linee diurne 3, 16, 81, 85, 87, 360, 590 di Atac e la linea 218 di Roma Tpl dovranno cambiare itinerario, la linea diurna 665 sarà limitata. Inoltre, per consentire la pulizia dell'area di piazza San Giovanni, da inizio servizio fino alle 5 di domenica 2 maggio devieranno le notturne n1, n10, n11. Redazione online 30 aprile 2011(ultima modifica: 01 maggio 2011)
2011-04-17 Dopo la condanna a 16 anni dell'amministratore: non vogliamo diventare un pretesto Lo sfogo dei vertici della Thyssen "Ora sarà difficile lavorare in Italia" I dirigenti tedeschi: non siamo assassini, gli industriali reagiscano Dopo la condanna a 16 anni dell'amministratore: non vogliamo diventare un pretesto Lo sfogo dei vertici della Thyssen "Ora sarà difficile lavorare in Italia" I dirigenti tedeschi: non siamo assassini, gli industriali reagiscano TORINO - "Scusateci, ma abbiamo l'ordine di accompagnarvi fuori dal tribunale". Gli addetti alla sicurezza si sono avvicinati al presidente Klaus Schmitz e agli altri dirigenti di Thyssenkrupp Italia Spa mentre il giudice stava ancora leggendo la sentenza. Sono usciti di soppiatto, senza farsi notare. "C'era una situazione molto emotiva, non capisco come qualcuno possa negarlo". Due operai si stringono in un abbraccio all'esterno dell'acciaieria ThyssenKrupp (Ansa) Due operai si stringono in un abbraccio all'esterno dell'acciaieria ThyssenKrupp (Ansa) Il giorno dopo, visto dall'altra parte. Quella dei "tedeschi", come venivano chiamati dagli operai dello stabilimento di Torino, che da venerdì sera detengono un primato non invidiabile per una società che si è sempre dichiarata all'avanguardia nella sicurezza sul lavoro. Harald Espenhahn, il capo assoluto, il loro amministratore delegato, è diventato il primo dirigente d'azienda europeo a essere condannato per omicidio volontario. Sulla coscienza, i sette operai della linea 5, bruciati vivi la notte del 6 dicembre 2007. Tecnicamente, un assassino. Uno schiaffo all'orgoglio e alla coscienza. La casa madre ha dato ordini precisi, non dire niente, la consegna del silenzio per riprendersi dallo stordimento. "Noi vogliamo vedere come reagisce il vostro Paese a questa sentenza, e poi, nell'ambito che ci compete, daremo il nostro contributo alla discussione". Le frasi restano sospese a mezz'aria, private dell'ufficialità. Schmitz avrebbe una gran voglia di parlare, questione d'orgoglio, rappresenta un gruppo che in Italia ha 6.521 dipendenti, 29 aziende più un'altra ventina di affiliate, nel 2010 ha fatto investimenti per 58 milioni di euro nel nostro Paese. Intorno a lui, gli altri dirigenti fanno cenni di assenso con il capo, non si sentono assassini, capiscono che quella di venerdì scorso non è una sentenza come le altre, ma uno spartiacque. "Il problema è sapere quale sarà la giurisprudenza in tema di sicurezza sul lavoro. Noi restiamo in Italia, ma dopo la situazione che si è venuta a creare con il verdetto di Torino sarà difficilissimo lavorare da voi. Ci aspettiamo una riflessione su queste condanne, ma per ora non vogliamo rimanere coinvolti nel dibattito". C'è molta rabbia, nella comitiva tedesca in attesa di imbarcarsi sui voli per Roma e per la Germania. Nessuno sperava in una assoluzione. Ma quel dolo eventuale, ovvero l'accettazione del rischio conseguente alla scelta di non investire sulla sicurezza antincendio, pesa come un macigno. I dirigenti di Thyssenkrupp si sentono l'oggetto di un esperimento giuridico, faticano a comprendere come sia potuto toccare alla loro azienda, anche se la contabilità delle vittime del rogo sarebbe già una prima risposta. "Noi siamo una delle aziende più importanti d'Italia. Siamo regolarmente associati a Confindustria, e abbiamo bisogno di avere garanzie per il nostro futuro. Confindustria ci deve rappresentare, deve reagire a questa sentenza. Dall'associazione degli industriali italiani ci aspettiamo tutela e passi ufficiali". In sottofondo, senza che venga mai dichiarata ma comunque palpabile, la sgradevole sensazione di sentirsi stranieri in terra straniera, e per questo sottoposti a un trattamento che i vertici della multinazionale giudicano di particolare durezza. "Purtroppo in Italia ci sono state tante tragedie sul lavoro, tante morti bianche. Ma questa sorte giudiziaria è toccata solo a noi. Il punto cruciale è questo: non vorremmo diventare un pretesto, noi come azienda, e Espenhahn come persona. Con un verdetto di questo tipo, alcune persone pensano di poter cambiare l'attitudine di questo Paese in tema di sicurezza sul lavoro. Proprio per questo, prima di decidere come comportarci in futuro e quali strategie adottare, abbiamo bisogno di capire come l'Italia valuta la sentenza e la novità che ha introdotto". La consapevolezza di muoversi su un terreno molto ripido è ben presente in Schmitz e nei suoi principali collaboratori, che vivono e lavorano a Roma, sono ben introdotti negli ambienti della Capitale. La strage del dicembre 2007 ebbe un impatto fortissimo sull'opinione pubblica italiana e nessuno dei dirigenti tedeschi ne vuole sminuire la portata. "Se la situazione generale continuerà ad essere segnata dalla forte emotività che ha caratterizzato il processo di Torino, è chiaro che il problema rimane, e ci obbliga a interrogarci sul nostro futuro. A nostro giudizio molte persone, a cominciare dai vertici di Confindustria, dovrebbero riflettere a lungo sulle conseguenze di questa sentenza". Avrebbero tanta voglia di dire altro, di proseguire lo sfogo, i tedeschi di Thyssenkrupp Italia. Ma l'altoparlante dell'aeroporto di Caselle ha cominciato a chiamare gli imbarchi per i voli di ritorno. Meglio fare in fretta. Via, da quella sentenza, dalle immagini di quei sette operai arsi vivi che li fissavano da ogni angolo dell'aula, e da Torino, città considerata ostile. Marco Imarisio 17 aprile 2011
LA SENTENZA THYSSEN VIte spezzate e colpe dei manager LA SENTENZA THYSSEN VIte spezzate e colpe dei manager Una condanna pesante. Per un'accusa altrettanto pesante: omicidio volontario. Non era mai successo che per morti sul lavoro si ritenessero responsabili di una colpa così grave i manager dell'impianto dove si era verificata la tragedia. E in modo così netto e definito. La sentenza con la quale ieri sera la Corte d'assise di Torino ha riconosciuto l'omicidio volontario con dolo eventuale per i sette morti alla Thyssen di Torino nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, è di quelle che faranno la storia e la giurisprudenza. Ogni giorno in Italia tre lavoratori non tornano a casa a causa di incidenti. Poco importa se quel numero (troppo lentamente) sta calando. Quella strage silenziosa che si consuma giorno dopo giorno raccontata da stanche cronache, animate solo quando la tragedia è particolarmente cruenta o da un numero delle vittime insolitamente alto, ieri sera con la sentenza torinese è come se avesse trovato anch'essa un minimo di giustizia. Troppe volte in altre occasioni le morti sono scivolate nel disinteresse e nell'oblio. Anche quella della Thyssen è sembrata seguire lo stesso destino quando lo scorso autunno nelle aule semideserte il pubblico ministero Raffele Guariniello fece quella richiesta di condanna per sedici anni e mezzo di reclusione per l'amministratore delegato dell'impianto Harald Espenhahn. I parenti delle vittime si sentirono soli in quell'aula. Accusarono tutti, sindacati, forze politiche, anche la città di averli dimenticati. Le parole del pubblico ministero che ricordarono quella notte di dicembre, quando la fuoriuscita di olio bollente prese fuoco e arrivò a bruciare sette vite, risuonarono nell'aula semivuota. La requisitoria raccontò di quelle spese per la sicurezza antincendio cancellate per un impianto che tanto era destinato alla chiusura. Raccontò di quel disinteresse per incidenti pure possibili. Quasi che i reati in materia di sicurezza sul lavoro non esistessero. Quasi che la giustizia non esistesse. Non è stato così. Faranno discutere le pene comminate, la loro severità o meno della decisione. Farà discutere il tipo di accusa, omicidio volontario con dolo eventuale. Ma quello che è avvenuto ieri nel Tribunale di Torino è un precedente importante. Ci dice che in un'Italia in perenne ricerca di riforme su ogni aspetto della vita civile, gli strumenti attuali già permettono di cercare e trovare giustizia. Certo, la sentenza non servirà a ridare la vita a quei sette operai che l'hanno persa. Ed è l'altro insegnamento. In tema di sicurezza del lavoro la severa prevenzione resta la strada maestra per fare sì che ogni giorno anche quei tre lavoratori che oggi non tornano a casa a causa di incidenti possano invece ritrovarsi ancora tra i loro cari. Daniele Manca 16 aprile 2011
2011-04-16 "L'obiettivo del ricorso è di rendere nulli gli accordi di Pomigliano" Fiom: "Pronta azione legale contro Fiat" Landini: "La costituzione delle newco da parte del Lingotto viola le norme italiane ed europee" "L'obiettivo del ricorso è di rendere nulli gli accordi di Pomigliano" Fiom: "Pronta azione legale contro Fiat" Landini: "La costituzione delle newco da parte del Lingotto viola le norme italiane ed europee" MILANO - "La prossima settimana, molto probabilmente già lunedì, la Fiom nazionale depositerà a Torino un'azione legale nei confronti della Fiat". Lo ha annunciato il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, nel corso di una conferenza stampa, in occasione dell'assemblea nazionale dei delegati della Cgil. Due sono le principali ragioni, la costituzione delle newco da parte del Lingotto violerebbe norme italiane ed europee e avrebbe carattere antisindacale "volta ad estromettere la Fiom". RICORSO - "L'obiettivo del ricorso è di rendere nulli gli accordi di Pomigliano", spiega la Fiom. Le newco previste, infatti, violerebbero - precisa il sindacato - le regole in materia di trasferibilità di impresa che implicano la trascinabilità dei diritti dei lavoratori. Redazione online 16 aprile 2011
il rogo del 6 dicembre 2007 provocò la morte di 7 operai Sentenza Thyssen: dure condanne La Corte d'Assise di Torino: 16 anni e mezzo di carcere all'amministratore delegato Espenhahn il rogo del 6 dicembre 2007 provocò la morte di 7 operai Sentenza Thyssen: dure condanne La Corte d'Assise di Torino: 16 anni e mezzo di carcere all'amministratore delegato Espenhahn Un momento del processo di Torino (Fotogramma) Un momento del processo di Torino (Fotogramma) MILANO - La Corte d'Assise di Torino ha condannato a 16 anni e mezzo per omicidio volontario l'amministratore delegato della ThyssenKrupp Harald Espenhahn. Dopo 94 udienze per i familiari dei sette operai morti la notte del sei dicembre 2007 a causa di un incendio sulla linea cinque delle acciaierie ThyssenKrupp di Torino è stato il giorno della giustizia. "È una svolta epocale, non era mai successo che per una vicenda del lavoro venisse riconosciuto il dolo eventuale" ha dichiarato il pm Raffaele Guariniello, al termine della lettura della sentenza del processo Thyssenkrupp, tra le lacrime e gli applausi dell'aula 1 del Tribunale di Torino, gremita da parenti ed ex dipendenti della multinazionale. "Diciamo che una condanna non è mai una vittoria - ha proseguito Guariniello - né una festa, però questa condanna può significare molto per la salute e la sicurezza dei lavoratori". Il pm ha poi concluso: "Credo che da oggi in poi i lavoratori possano contare molto di più sulla sicurezza". Accanto ai pm Guariniello e Traverso, ad attendere la sentenza era seduto anche il procuratore capo, Giancarlo Caselli. LA SENTENZA - Al banco degli imputati, oltre all'amministratore delegato Harald Espenhahn, 45 anni di Essen, condannato per omicidio, c'erano anche Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento torinese, Gerald Priegnitz, membro del comitato esecutivo dell'azienda, assieme a Marco Pucci, e un altro dirigente Daniele Moroni, accusati a vario titolo di omicidio e incendio colposi (con colpa cosciente) oltre che di omissione delle cautele antinfortunistiche. Per Gerald Priegnitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, confermate le richieste dell'accusa: sono stati condannati a 13 anni e 6 mesi. Solo per Daniele Moroni la Corte ha aumentato la pena a 10 anni e 10 mesi, i pm avevano infatti chiesto 9 anni. È la prima volta che in un processo per morti sul lavoro gli imputati sono stati condannati a pene così alte. La società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Spa, chiamata in causa come responsabile civile, è stata inoltre condannata al pagamento della sanzione di 1 milione di euro, all'esclusione da agevolazioni e sussidi pubblici per 6 mesi, al divieto di pubblicizzare i suoi prodotti per sei mesi, alla confisca di 800mila euro, con la pubblicazione della sentenza sui quotidiani nazionali "La Stampa", "La Repubblica" e il "Corriere della Sera". Il processo Il processo Il processo Il processo Il processo Il processo Il processo Il processo DIFESA - "Siamo totalmente insoddisfatti. Ha influito tutto questo pressing mediatico" ha detto invce Cesare Zaccone, uno dei legali della difesa, indicando i numerosi giornalisti presenti in aula, appena pronunciata la sentenza. "Siamo insoddisfatti - ha ribadito - in particolare per la dichiarazione della subvalenza delle attenuanti rispetto al risarcimento del danno questa è una cosa mai vista prima. Andremo in appello ma non credo otterremo molto di più". PARTI CIVILI stata anche la prima volta in cui a costituirsi parte civile è stato un numero così alto di lavoratori, 48, alcuni ricollocati in altre aziende o enti, altri in cerca di lavoro. Anche Comune e Provincia di Torino, Regione Piemonte, Cgil e gli altri sindacati e varie associazioni come Medicina democratica si sono costituite parte civile. A tre anni dalla strage in cui hanno perso la vita Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino e Antonio Schiavone, una sentenza della magistratura italiana ha stabilito che Espenhahn, come sosteneva l'accusa, aveva deciso di posticipare i lavori per la messa in sicurezza dello stabilimento di Torino a una data successiva a quella della prevista chiusura e del trasferimento a Terni. E aveva deciso quindi, in modo consapevole, di tralasciare i gravi rischi a cui avrebbe sottoposto i lavoratori. APPLAUSI - Un lungo applauso si è levato dall'aula del tribunale di Torino al termine delle lettura della sentenza per il rogo della Thyssen. I parenti delle vittime hanno urlato: "Bravo Guariniello" rivolgendo parole di solidarietà al pm a capo del team dell'accusa. "Adesso gli avvocati non ridono più" ha commentato uno dei parenti presenti. "Sono soddisfatta" ha detto una delle madri piangendo "mio figlio non me lo ridaranno più, ma almeno in tribunale è stata fatta giustizia. I ragazzi se lo meritavano". SOCIETA' - La condanna dell'ad Espenhahn in primo grado per "omicidio con dolo eventuale" è per la ThyssenKrupp "incomprensibile e inspiegabile", secondo una nota della società dopo la sentenza. La ThyssenKrupp "esprime ai familiari delle vittime il suo più profondo cordoglio e rinnova il suo grande rammarico per il tragico infortunio avvenuto in uno dei suoi stabilimenti. Nelle sue linee guida, il Gruppo conferma che la sicurezza sul posto di lavoro è un obiettivo aziendale di assoluta importanza, pari alla redditività e alla qualità dei prodotti, e che si deve provvedere con ogni mezzo a garantire la stessa. Una tragedia simile non si dovrà ripetere mai più". SACCONI - "La sentenza ha accolto il solido impianto accusatorio e costituisce un rilevante precedente. Essa dimostra peraltro che l'assetto sanzionatorio disponibile è adeguato anche nel caso delle violazioni più gravi". Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha commentato la sentenza. "Questa tragedia impone soprattutto una più diffusa ed efficace azione preventiva perché anche la sentenza più rigorosa non può compensare la perdita di vite umane e il grande dolore che ha prodotto - ha aggiunto Sacconi in una nota - la via maestra rimane la collaborazione bilaterale paritetica tra aziende e organizzazioni dei lavoratori accompagnata da una idonea attività di vigilanza". COTA - "I piemontesi sentono ancora il dolore di quella tragedia - ha dichiarato il Presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota - e in questo giorno sono vicini alle famiglie delle vittime. È importante che sia arrivata una sentenza in un tempo ragionevole pur in un processo così complesso". Redazione online 15 aprile 2011(ultima modifica: 16 aprile 2011)
L'abbraccio dei parenti delle vittime al pm "Abbiamo avuto giustizia, ma del mio ragazzo resta solo una foto" Il magistrato Raffaele Guariniello: è un verdetto storico, un punto d'arrivo non solo per me e per questa gente L'abbraccio dei parenti delle vittime al pm "Abbiamo avuto giustizia, ma del mio ragazzo resta solo una foto" Il magistrato Raffaele Guariniello: è un verdetto storico, un punto d'arrivo non solo per me e per questa gente TORINO - Nino Santino fatica, come sempre. Si fa largo con le braccia, annaspa, spinge, brandisce la sua giacca stazzonata come un cuneo. E infine raggiunge l'altra parte dell'aula per abbracciare il suo opposto, quell'uomo così lontano da lui, che sembra quasi lontano da tutto. Raffaele Guariniello, il magistrato dai modi algidi, dall'eloquio aristocratico. "Grazie" gli dice. E poi lo sommerge con la sua emotività, lo stringe a sé, lo bacia e lo ribacia, gli mette le mani sulla faccia. "Anche a nome di mio figlio...".
I parenti delle vittime mentre ascoltanto la sentenza (LaPresse) I parenti delle vittime mentre ascoltanto la sentenza (LaPresse) La frase resta sospesa nell'aria bollente dell'aula bunker. Guariniello subisce con stoicismo quello che per lui è un supplizio, il suo conclamato timore del contatto fisico con altri esseri umani è una costante fonte di anedottica. "Una condanna non è mai una festa o vittoria per nessuno", risponde il pubblico ministero cercando di sottrarsi a ulteriori abbracci, "sarebbe stato meglio se questo processo non ci fosse mai stato". Invece s'è dovuto fare, e sono stati due anni di udienze senza pietà. Adesso che il giudice Maria Iannibelli ha finito di leggere una sentenza storica, gli estremi si toccano. Nino Santino era diventato un'icona di questa tragedia. Le sue urla alla manifestazione del 10 dicembre 2007, tre giorni dopo la tragedia, avevano dato la misura del male, e della solitudine che circondava le famiglie delle vittime, in una Torino che si era mostrata assente, distratta. Malediceva tutti, con la sua cadenza meridionale, chiedeva a Dio di restituirgli il suo Bruno, il più giovane degli operai della linea 5, il più lento a morire. Oggi si è vestito come allora, con una maglietta sopra il maglione, l'immagine di un ragazzo che sorride.
Sulla faccia incorniciata da una barba incolta ha i segni di questi anni, non solo l'assenza, ma anche la storia di un processo e di una situazione di vita dura, che ha messo le famiglie davanti a scelte dolorose. "Se potessi tornare indietro, non accetterei mai gli indennizzi della Thyssen. Ma ne avevamo bisogno, non potevamo fare senza. Quei soldi ci hanno diviso, hanno separato le famiglie delle vittime dagli altri operai. Ma oggi almeno, abbiamo avuto giustizia, e sinceramente non ci speravamo". È il riassunto di un processo che ha avuto momenti amari, con famiglie unite dalla tragedia che si dividevano per questioni materiali, e un gruppo di pm che andava avanti consapevole di cavalcare un azzardo giuridico. In questa sera di bolgia, nella calca sudata dell'aula bunker, i due volti che rappresentano il senso di questa sentenza sono quello affannato dell'ex operaio Fiat rimasto senza un figlio e quello senza espressione del magistrato considerato un rompiscatole, ma l'unico forse a occuparsi di certi temi in Italia.
La commozione in aula (LaPresse) La commozione in aula (LaPresse) La storia dei Santino è quasi un Bignami di quelle delle altre famiglie rimaste senza un figlio. Immigrati, arrivati da Roccapalomba, in provincia di Palermo. Lui operaio Fiat, poi cassintegrato, poi pensionato. I suoi due figli, Luigi e Bruno, assunti nel marzo 2003 alla fabbrica dei tedeschi, loro la chiamavano così, per quello che sembrava un avanzamento sociale. Uno stabilimento moderno, che presto non si è rivelato tale, passato dalle assunzioni alla chiusura. Anche oggi Nino maledice un barista di Cherasco che esitava a cedere l'attività al figlio e alla sua fidanzata. Volevano andarsene tutti, Bruno era già tornato a casa "sbollentato" dagli sbuffi d'olio, aveva paura. Non c'era quasi più nessuno in quella fabbrica, solo gli ultimi disperati. "Io campo con la pensione di mio figlio, non le sembra già questa una cosa contronatura? Dicono che il tempo guarisce dal dolore, ma è vero solo nei film. Doveva sposarsi, doveva darmi dei nipoti. Adesso è questa foto sulla maglietta, nient'altro". Guariniello osa un gesto inedito, gli mette una mano sulla spalla. Coraggio, gli dice. La sua apparente distanza è sempre e solo stata un espediente per gestire l'aspetto emotivo di storie terribili, come lo sono sempre quelli dei morti di lavoro, di disastro ambientale. Non è un aristocratico, suo papà faceva il sarto a Salerno, sua madre era una casalinga di Alessandria. Spesso deriso per quelle che erano considerate fissazioni, per iniziative giudiziarie poco ortodosse, sempre ossessionato dalla sicurezza sul lavoro. Nino Santino, ormai in lacrime per la tensione, non smette di abbracciarlo, e intanto gli fa largo verso l'uscita come se stesse proteggendo una Madonna pellegrina. Marco Imarisio 16 aprile 2011
2011-04-14 la maggior parte delle morti avvengono a causa di cadute dall'alto Morti sul lavoro in forte crescita: +25% nei primi 3 mesi dell'anno rispetto al 2010 Lo rileva uno studio della Vega Engineering: la Lombardia è la regione con più decessi la maggior parte delle morti avvengono a causa di cadute dall'alto Morti sul lavoro in forte crescita: +25% nei primi 3 mesi dell'anno rispetto al 2010 Lo rileva uno studio della Vega Engineering: la Lombardia è la regione con più decessi La raffineria Saras di Sarroch dove recentemente è avvenuto un incidente mortale sul lavoro (Milestone Media) La raffineria Saras di Sarroch dove recentemente è avvenuto un incidente mortale sul lavoro (Milestone Media) MILANO - Aumentano nuovamente nei primi tre mesi dell'anno le morti sul lavoro. Sono infatti 114 i decessi sul lavoro da gennaio a marzo, contro i 91 del primo trimestre 2010. Lo rileva l’Osservatorio Sicurezza sul lavoro di Vega Engineering che da oltre due decenni lavora nel settore della formazione e della sicurezza. Si evidenza quindi un'inversione di tendenza rispetto al 2010, anno il quale, secondo gli ultimi dati Inail, aveva visto una flessione dell'1,9% degli infortuni in complesso rispetto al 2009 (da 790 mila casi a 775 mila casi); una flessione del 6,9% degli infortuni mortali (da 1053 a 980). LE REGIONI PIU' COLPITE - Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte sono le regioni con più decessi, seguite da Sicilia, Campania e Veneto. In rapporto al numero di occupati, invece, ad indossare la maglia nera è sempre la Valle D’Aosta. Milano la provincia maggiormente colpita, seguita da Torino, Catania, Bologna e Napoli. Nel settore agricolo si è verificato il 35,1% delle morti bianche, seguito da quello delle costruzioni (21,9 % delle vittime). La fascia d’età maggiormente a rischio è invece quella che va dai 40 ai 49 anni con 29 vittime (25,7 %del totale). Dalla ricerca poi emerge che le morti bianche non conoscono spazi vuoti neppure nel fine settimana perché tra venerdì e domenica viene accertato circa il 30% delle tragedie. Significativo il dato relativo a come avvengono gli incidenti mortali: il 28,1% sono causati dalla caduta di persone, mentre il 25,4% sono prodotti dallo schiacciamento conseguente ad oggetti caduti dall'alto. Redazione online 14 aprile 2011
2011-04-13 E sul nucleare: "Il governo è in una fase di riflessione" Tremonti: imprenditori, solitudine finita Marcegaglia: prima risolvere i problemi Botta e risposta tra il ministro dell'Economia e la presidente degli industriali. Il governo vara il piano reti * NOTIZIE CORRELATE * Marcegaglia: "Noi imprenditori ci sentiamo soli" (10 aprile 2011) E sul nucleare: "Il governo è in una fase di riflessione" Tremonti: imprenditori, solitudine finita Marcegaglia: prima risolvere i problemi Botta e risposta tra il ministro dell'Economia e la presidente degli industriali. Il governo vara il piano reti Emma Marcegaglia e il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (Ansa) Emma Marcegaglia e il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (Ansa) ROMA - Domenica il presidente degli industriali italiani, Emma Marcegaglia, aveva denunciato la lontananza delle istituzioni dal mondo imprenditoriale. A distanza di tre giorni il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, liquida la questione con una battuta: "la solitudine come vedete è durata pochi giorni". Tremonti lo ha detto dopo aver presentato il decreto attuativo per le agevolazioni alle reti di imprese, una riunione a cui era presente la stessa Marcegaglia. "Il decreto sulle reti di impresa, il fondo delle pmi ed il nuovo fondo della Cassa depositi e prestiti - ha sottolineato il ministro - convincerà anche la nostra Confindustria la cui solitudine, come vedete, è durata pochi giorni". La Marcegaglia, che pure aveva apprezzato la scelta delle agevolazioni ("è certamente un'iniziativa positiva, che viene incontro ad alcune esigenze delle imprese") ha però ribadito il commento di domenica: "Gli imprenditori non si sentiranno più soli quando saranno risolti i problemi, quando ci saranno provvedimenti a sostegno della crescita e dello sviluppo". IL NUCLEARE - In giornata Tremonti aveva parlato anche dell'ipotesi di un ritorno dell'Italia al nucleare. "Come ha detto il governo c'è una fase di riflessione" ha commentato al termine del Consiglio dei ministri. Poi Tremonti ha aggiunto: "Sul contenuto dei trattati europei, e sul loro eventuale aggiornamento, va tenuto presente che sul nucleare è evidente che ci sono paesi dove hai benefici locali, come la bolletta bassa, ma i rischi sono generali, perchè se succede qualcosa va a tutti". Redazione online 13 aprile 2011
"La situazione del nostro debito non è drammatica se l'Italia cresce del 2%" "La politica crei condizioni per sviluppo" L'appello del governatore di Bankitalia, Mario Draghi: "Nel Risorgimento erano innate in tutta la società" * NOTIZIE CORRELATE * IL DOCUMENTO: Il testo integrale dell'intervento del governatore "La situazione del nostro debito non è drammatica se l'Italia cresce del 2%" "La politica crei condizioni per sviluppo" L'appello del governatore di Bankitalia, Mario Draghi: "Nel Risorgimento erano innate in tutta la società" Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi (Lapresse) Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi (Lapresse) MILANO - "La politica economica deve saper creare quell'ambiente istituzionale in cui la capacità dell'economia di svilupparsi possa dispiegarsi appieno". Lo ha detto a Torino, intervendo al biennale della democrazia, il governatore della banca d'Italia Mario Draghi ricordando come dopo il Risorgimento, l'Italia seppe tramutarsi da economia ai margini dei processi di modernizzazione in atto in Europa nel 1861 in un paese fra i più ricchi del mondo. "Questa capacità di sviluppo - ha detto Draghi - impetuosa alla fine dell'Ottocento e poi ancora dopo la seconda guerra mondiale, risiedeva in ultima analisi nelle persone: negli imprenditori e nei lavoratori italiani; va ritrovata, per sciogliere i nodi che stringono le nostre prospettive di crescita". CRESCITA E DEBITO - Quanto alla situazione economica dei nostri giorni, il governatore ha spiegato che è la crescita il fattore cruciale per l'Italia sia per la riduzione del debito con il nuovo ritmo imposto dall'Unione europea, sia per recuperare il terreno perso con la crisi finanziaria. "Se continueremo a crescere al ritmo dell'1% impiegheremo 5 anni per tornare a livelli precrisi" ha detto. Mentre invece "la riduzione del debito richiesta all'Italia, secondo le nuove norme europee, non è drammatica se il Paese cresce al 2%" ha sottolineato Draghi. Secondo il Patto di stabilità riformato, che deve essere approvato dal Parlamento europeo dopo l'ok del consiglio europeo, i Paesi con debito oltre il 60% del Pil dovranno ridurre l'eccedenza di un ventesimo all'anno. Parlando del settore bancario, Draghi ha ripetuto di essere soddisfatto degli aumenti di capitale recentemente annunciati da alcune delle maggiori banche italiane, tra cui Intesa Sanpaolo. Redazione Online 13 aprile 2011
2011-04-12 marchionne lo aveva già preannunciato Fiat sale dal 25% al 30% di Chrysler Il Lingotto: raggiunto il secondo degli step previsti dall'accordo con la casa di Detroit marchionne lo aveva già preannunciato Fiat sale dal 25% al 30% di Chrysler Il Lingotto: raggiunto il secondo degli step previsti dall'accordo con la casa di Detroit L'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne (Imagoeconomica) L'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne (Imagoeconomica) MILANO - Come reso noto dal suo amministratore delegato Sergio Marchionne, la Fiat è salita dal 25 al 30% delle quote azionarie di Chrysler. Lo annuncia il Lingotto, in una nota nella quale precisa che è stato raggiunto il secondo degli step previsti dall'accordo con la casa di Detroit. PROSSIMO PASSO - Lunedì nel corso di un evento riguardante il marchio Jeep che si era tenuto a Balocco, l'amministratore delagato della Fiat Sergio Marchionne aveva preannunciato che l'aumento al 30% era questione di pochissimo tempo: "Praticamente e' tutto fatto" erano state le sue parole. La prossima variazione prevista dagli accordi in Usa è la salita al 35% nella quota azionaria della casa americana. Redazione online 12 aprile 2011
fondo monetario: troppi senza lavoro, soprattutto giovani, è allarme sociale Nel mondo 205 milioni di disoccupati Rialzate le stime sul Pil italiano: "Ripresa resta debole". E sul debito: Roma più vicina di altri in Ue sui target * NOTIZIE CORRELATE * Il sito del Fondo monetario internazionale * Trichet: "Disoccupazione, livelli troppo elevati" (9 aprile 2011) * "Il nostro tempo è adesso" I precari in corteo (9 aprile 2011) fondo monetario: troppi senza lavoro, soprattutto giovani, è allarme sociale Nel mondo 205 milioni di disoccupati Rialzate le stime sul Pil italiano: "Ripresa resta debole". E sul debito: Roma più vicina di altri in Ue sui target DOminique Strauss-Kahn, presidente del Fondo monetario DOminique Strauss-Kahn, presidente del Fondo monetario MILANO - Il Pil italiano crescerà nel 2011 dell'1,1%, ovvero 0,1 punti percentuali in più rispetto alla stima di gennaio. Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) nel World Economic Outlook. Nel 2012 l'economia italiana crescerà dell'1,3% (stima invariata rispetto a gennaio). "In Italia la ripresa è prevista rimanere debole, con i problemi di competitività che limitano che limitano la crescita dell'export e il risanamento fiscale che pesa sulla domanda privata". DEBITO PUBBLICO - Sul debito, invece, l'Italia è più vicina di altri paesi europei a raggiungere l'obiettivo di un deficit sotto il 3% nel 2013, ma servono ulteriori misure". CONTI PUBBLICI E PETROLIO - I rischi al ribasso sull'economia mondiale, peraltro, restano anche se sono diminuiti. Fra questi il possibile aumento dei prezzi del petrolio, lo stato delle finanze pubbliche delle economie avanzate, squilibri nel mercato immobiliare e il surriscaldamento delle economie emergenti. La ripresa economica mondiale procede a diverse velocità, con il Pil delle economie avanzate che crescerà nel 2011 del 2,4% e nel 2012 del 2,6% mentre quello delle economie emergenti metterà a segno un +6,5% sia quest'anno sia il prossimo. Il Fondo taglia di 0,1 punti percentuali le stime di crescita delle economie avanzate nel 2011 rispetto alle previsioni di gennaio. La Cina fa la parte del leone, con un Pil in crescita del 9,6% nel 2011 e del 9,5% nel 2012 (stime invariate rispetto a gennaio). L'economia indiana rallenta, con il Pil tagliato di 0,2 punti percentuali sia nel 2011 sia nel 2012 rispettivamente a +8,2% e +7,8%. MEGLIO EUROLANDIA DI USA - Per quanto riguarda l'economia mondiale, l'economia americana crescerà nel 2011 del 2,8%, ovvero 0,2 punti percentuali in meno rispetto alle stime di gennaio. Nel 2012 il pil statunitense si espanderà del 2,9% (+0,2 punti percentuali rispetto a gennaio). Il Fondo rivede invece al rialzo le stime per Eurolandia che crescerà del +1,6% nel 2011 e del +1,8% nel 2012. In ambedue i casi il ritocco al rialzo è dello 0,1 percentuali. "205 MILIONI DI DISOCCUPATI" - Ma nell'Outlook dell'istituto di Washington la preoccupazione più rilevante è quella per i senza lavoro: un esercito di 205 milioni di persone. "Il tasso di disoccupazione è molto elevato - scrivono gli economisti - e va ridotto anche perché pone sfide economiche e sociali. Al mondo ci sono 205 milioni di disoccupati, 30 milioni in più rispetto al 2007". Il Fondo stima per Eurolandia una disoccupazione al 9,9% nel 2011 e al 9,6% nel 2012. L'Italia è sotto la media europea con una disoccupazione all'8,6% nel 2011 e all'8,3% nel 2012. "La disoccupazione pone questioni amplificate nelle economie emergenti e in via di sviluppo dagli elevati prezzi alimentari - scrive l'Fmi - A incontrare le maggiori difficoltà sono i giovani: in media nei paesi dell'Ocse il tasso di senza lavoro fra i giovani di età compresa fra i 15 e i 24 anni è due volte e mezzo quello degli altri gruppi. La disoccupazione fra i giovani aumenta durante le recessioni e in questa occasione l'aumento è stato più che in passato". Secondo il Fmi le tre linee di difesa contro un'elevata disoccupazione sono politiche macroeconomiche di sostegno, il rilancio del settore finanziario e misure specifiche per il mercato del lavoro. GIAPPONE, STIME TAGLIATE- Anche le previsioni di crescita economica del Giappone sono state riviste al ribasso nel 2011, a causa dei danni dovuti al terremoto, ma all'opposto ritoccate al rialzo sul 2012 a riflesso dell'attesa spinta che dovrebbe derivare dalla ricostruzione. Secondo il Fondo monetario internazionale restano "elevate incertezze" su quelle che saranno le effettive ricadute economiche del cataclisma, specialmente sulle fughe di radiazioni alla centrale nucleare di Fukushima. Tuttavia "dando per scontato che i problemi sulle penurie di elettricità e che la crisi nucleare vengano risolti in pochi mesi", quest'anno il Pil dell'Arcipelago dovrebbe aumentare dell'1,4 per cento, mentre nel prossimo del 2,1 per cento. Valori contenuti nell'ultimo World Economic Outlook e se nel primo caso il dato è stato rivisto al ribasso di 0,2 punti dalle stime fornite nel gennaio scorso, sul 2012 invece è stato rivisto al rialzo di 0,3 punti. Redazione online 11 aprile 2011
DOPO LE PAROLE DI MARCEGAGLIA "Lasciati soli su Mirafiori e Pomigliano" L'accusa di Marchionne: "C'è mancanza di coesione" * NOTIZIE CORRELATE * Marcegaglia: "Governo assente, imprenditori lasciati soli" (10 aprile 2011) DOPO LE PAROLE DI MARCEGAGLIA "Lasciati soli su Mirafiori e Pomigliano" L'accusa di Marchionne: "C'è mancanza di coesione" L'Ad Fiat Sergio Marchionne (Ansa) L'Ad Fiat Sergio Marchionne (Ansa) MILANO - Nel solco tracciato da Emma Marcegaglia, anche l'ad di Fiat Sergio Marchionne si scaglia contro il governo: "Nella battaglia per Mirafiori e Pomigliano siamo stati lasciati soli". Il manager è intervenuto a Balocco (Vercelli), alla presentazione della nuova jeep. Ed ha risposto a chi gli domandava un commento alle parole della leader di Confindustria, che domenica in un messaggio video ha denunciato l'assenza di politiche imprenditoriali concrete da parte dell'esecutivo: "Non so neanche come rispondere - ha aggiunto Marchionne - le difficoltà che stiamo incontrando alla Fiat riflettono una mancanza di coesione. La battaglia per Mirafiori e Pomigliano parla chiaro: ci hanno lasciati soli". L'ANNUNCIO - Marchionne ha anche annunciato l'inevitabile avanzata nel capitale Chrysler: "A giorni saliremo al 30%. È questione di giorni, mancano solo pochi dettagli, non dipende da noi potremo chiederlo anche domani". Mentre per raggiungere il 51% del gruppo Usa, Marchionne ha detto: "Non so se ce la farò quest'anno, l'intenzione c'è. Dipende se riusciremo a rifinanziare il debito con il governo". Un annuncio che ha avuto immediate ripercussioni in Borsa, con la Fiat che è così risalita dai minimi toccati nei giorni scorsi. Il titolo, in difficoltà con tutto il comparto dopo i decisi cali alla borsa di Tokyo a causa dei ritardi nella ripresa delle produzione dopo il sisma e del giudizio sell emesso da Citigroup su Toyota, rimane venduto e perde l'1,06% a 6,53 euro per azione, in parziale recupero dai minimi, quando aveva sfiorato una perdita dell'1,4%. Marchionne ha anche confermato che il marchio Alfa Romeo sbarcherà negli Usa nel 2012, smentendo così indiscrezioni che volevano uno slittamento di un anno. LA BERTONE - Marchionne ha poi ricordato che per raggiungere un'intesa sulla ex Bertone "ci sono pochi giorni" o salta tutto. "Non possiamo creare due stati nella Fiat. Bisogna trovare un accordo". Per l'ad non sono prevedibili margini di compromesso e a suo parere non c'è alcuna situazione di impasse: "Fiat è stata di una chiarezza incredibile. Abbiamo un contratto che è stato votato dalla maggioranza e approvato dalla maggioranza dei dipendenti". "I piani alternativi - ha proseguito Marchionne - ci sono, li abbiamo sia in Italia sia altrove. Preferirei fare la vettura in Italia, sono ottimista sul fatto che la vettura si possa fare nel nostro Paese". Sull'amministrazione straordinaria l'ad ha concluso dicendo: "Non ho altre idee per il momento". Quanto alla Fiom si è limitato a dire: "Lascio giudicare ai dipendenti della ex Bertone. Sarebbe un vero peccato per loro. Ognuno è libero di fare le proprie scelte". LA CORREZIONE DI ROTTA - In tarda mattinata, Marchionne ha poi corretto il tiro: "Il governo ha fatto quello che poteva. Il ministro Sacconi ha fatto il massimo in quelle condizioni, ha cercato di inquadrare il discorso nel modo giusto. Quindi in questo senso non siamo stati soli". E anche i sindacati non sono stati completamente contrari: "C'è stata una parte del sindacato - ha spiegato - che ovviamente ci ha appoggiato. Bonanni, Angeletti e altri hanno capito l'importanza della nostra mossa e ci sono stati vicini. È il sistema che continua a costringere la Fiat a difendersi per il suo piano di investimenti nel Paese. Lo trovo assolutamente ridicolo e strano, non mi è mai successo niente del genere nella vita, in questo senso siamo soli, spero che non succeda con altri investitori stranieri che vengono in Italia, cerchiamo piuttosto di incoraggiarli anziché maltrattarli". Redazione online 11 aprile 2011
DOPO LE PAROLE DI MARCEGAGLIA "Lasciati soli su Mirafiori e Pomigliano" L'accusa di Marchionne: "C'è mancanza di coesione" * NOTIZIE CORRELATE * Marcegaglia: "Governo assente, imprenditori lasciati soli" (10 aprile 2011) DOPO LE PAROLE DI MARCEGAGLIA "Lasciati soli su Mirafiori e Pomigliano" L'accusa di Marchionne: "C'è mancanza di coesione" L'Ad Fiat Sergio Marchionne (Ansa) L'Ad Fiat Sergio Marchionne (Ansa) MILANO - Nel solco tracciato da Emma Marcegaglia, anche l'ad di Fiat Sergio Marchionne si scaglia contro il governo: "Nella battaglia per Mirafiori e Pomigliano siamo stati lasciati soli". Il manager è intervenuto a Balocco (Vercelli), alla presentazione della nuova jeep. Ed ha risposto a chi gli domandava un commento alle parole della leader di Confindustria, che domenica in un messaggio video ha denunciato l'assenza di politiche imprenditoriali concrete da parte dell'esecutivo: "Non so neanche come rispondere - ha aggiunto Marchionne - le difficoltà che stiamo incontrando alla Fiat riflettono una mancanza di coesione. La battaglia per Mirafiori e Pomigliano parla chiaro: ci hanno lasciati soli". L'ANNUNCIO - Marchionne ha anche annunciato l'inevitabile avanzata nel capitale Chrysler: "A giorni saliremo al 30%. È questione di giorni, mancano solo pochi dettagli, non dipende da noi potremo chiederlo anche domani". Mentre per raggiungere il 51% del gruppo Usa, Marchionne ha detto: "Non so se ce la farò quest'anno, l'intenzione c'è. Dipende se riusciremo a rifinanziare il debito con il governo". Un annuncio che ha avuto immediate ripercussioni in Borsa, con la Fiat che è così risalita dai minimi toccati nei giorni scorsi. Il titolo, in difficoltà con tutto il comparto dopo i decisi cali alla borsa di Tokyo a causa dei ritardi nella ripresa delle produzione dopo il sisma e del giudizio sell emesso da Citigroup su Toyota, rimane venduto e perde l'1,06% a 6,53 euro per azione, in parziale recupero dai minimi, quando aveva sfiorato una perdita dell'1,4%. Marchionne ha anche confermato che il marchio Alfa Romeo sbarcherà negli Usa nel 2012, smentendo così indiscrezioni che volevano uno slittamento di un anno. LA BERTONE - Marchionne ha poi ricordato che per raggiungere un'intesa sulla ex Bertone "ci sono pochi giorni" o salta tutto. "Non possiamo creare due stati nella Fiat. Bisogna trovare un accordo". Per l'ad non sono prevedibili margini di compromesso e a suo parere non c'è alcuna situazione di impasse: "Fiat è stata di una chiarezza incredibile. Abbiamo un contratto che è stato votato dalla maggioranza e approvato dalla maggioranza dei dipendenti". "I piani alternativi - ha proseguito Marchionne - ci sono, li abbiamo sia in Italia sia altrove. Preferirei fare la vettura in Italia, sono ottimista sul fatto che la vettura si possa fare nel nostro Paese". Sull'amministrazione straordinaria l'ad ha concluso dicendo: "Non ho altre idee per il momento". Quanto alla Fiom si è limitato a dire: "Lascio giudicare ai dipendenti della ex Bertone. Sarebbe un vero peccato per loro. Ognuno è libero di fare le proprie scelte". LA CORREZIONE DI ROTTA - In tarda mattinata, Marchionne ha poi corretto il tiro: "Il governo ha fatto quello che poteva. Il ministro Sacconi ha fatto il massimo in quelle condizioni, ha cercato di inquadrare il discorso nel modo giusto. Quindi in questo senso non siamo stati soli". E anche i sindacati non sono stati completamente contrari: "C'è stata una parte del sindacato - ha spiegato - che ovviamente ci ha appoggiato. Bonanni, Angeletti e altri hanno capito l'importanza della nostra mossa e ci sono stati vicini. È il sistema che continua a costringere la Fiat a difendersi per il suo piano di investimenti nel Paese. Lo trovo assolutamente ridicolo e strano, non mi è mai successo niente del genere nella vita, in questo senso siamo soli, spero che non succeda con altri investitori stranieri che vengono in Italia, cerchiamo piuttosto di incoraggiarli anziché maltrattarli". Redazione online 11 aprile 2011
I TANTI TALENTI COSTRETTI A EMIGRARE Generazioni perdute I TANTI TALENTI COSTRETTI A EMIGRARE Generazioni perdute La manifestazione dei precari di sabato scorso ha ricordato agli italiani che il loro è un Paese che riserva ai giovani una condizione di estremo sfavore. Ma non solo perché trovare un lavoro stabile è un'impresa disperata. Anche perché (e forse tra i due fenomeni c'e una relazione) ai posti che si dicono di responsabilità - cioè nei posti che contano - si arriva, bene che vada, tra i 50 e i 60 anni, e ci si resta per decenni. Tutta la classe dirigente italiana è organizzata in un sistema di compatte oligarchie di anziani che per conservare e accrescere i propri privilegi sono decisi a sbarrare l'ingresso a chiunque. A cominciare dal capitalismo industriale-finanziario il quale, almeno in teoria, dovrebbe essere il settore più dinamico e innovativo della società, ma dove invece i Consigli d'amministrazione assomigliano quasi sempre a un club esclusivo di maschi anziani. Anche il sistema politico e i partiti non scherzano. I leader più importanti non solo stanno in politica da almeno tre o quattro decenni, ma in media è da almeno 20-25 anni che occupano posizioni di vertice. La muraglia invalicabile dietro la quale prospera la gerontocrazia italiana ha un nome preciso: l'ostracismo alla competizione e al merito. In Italia il sapere e il saper fare contano pochissimo. Moltissimo invece contano le amicizie, il tessuto di relazioni, l'onnipresente famiglia, e soprattutto l'assicurazione implicita di non dar fastidio, di aspettare il proprio turno, di rispettare gli equilibri consolidati: vale a dire ciò che fanno o decidono i vecchi. È così che l'Italia sta mandando letteralmente al macero una generazione dopo l'altra. Ma non tutti si rassegnano a subire la frustrazione di dover passare i migliori anni della propria vita ad arrancare dietro un posto di seconda fila, precario e mal pagato. A partire almeno dagli Anni 90, infatti, decine di migliaia di giovani, donne e uomini, hanno trovato modo di lasciare la Penisola e di ottenere un lavoro fuori dai nostri confini. Non è vero che l'emigrazione italiana è finita. Certo, ora non sono più le "braccia", sono i "cervelli"; ma la sostanza del fenomeno non cambia. Sono giovani di talento che per avere un futuro hanno dovuto andarsene dal Paese. E che nelle università, negli uffici finanziari, nelle case di commercio, nelle banche, nei centri di ricerca, negli ospedali, nelle imprese industriali di mezzo mondo, mostrano come il nostro sistema d'istruzione, pur con i centomila difetti che sappiamo, sia tuttavia ancora capace di produrre una formazione d'eccellenza. Sono giovani di talento che fuori d'Italia hanno avuto modo di farsi apprezzare, di costruirsi carriere e posizioni spesso di rilievo. È un'emigrazione di qualità, insomma. Ma è anche un'emigrazione che non dimentica, non riesce a dimenticare, il proprio Paese. Un'emigrazione che per mille segni mostra quanta voglia avrebbe di poter essere utile all'Italia. Che senso ha allora, mi chiedo, che un'Italia di vecchi, un Paese disperatamente in declino, non pensi a ricorrere in qualche modo a questa riserva collaudata di energia e di competenze? Stabilizzare centinaia di migliaia di lavoratori precari è un obiettivo sacrosanto ma è certamente un obiettivo non facile. Richiede interventi economici e giuridici complessi. Ci si deve assolutamente provare, ma ciò non toglie che allo stesso tempo non si possano anche studiare procedure di favore e incentivi allo scopo di immettere un certo numero di italiani di talento che si trovano oggi all'estero, per esempio in posizioni medio-alte della Pubblica amministrazione, degli Enti locali, delle Asl. Nelle Università qualcosa del genere si è tentato ma è naufragato per le inevitabili resistenze corporative. Il che dimostra che ciò che soprattutto servirebbe per muoversi nella direzione ora detta sarebbe un impulso forte e coordinato dal centro. Cioè un'iniziativa politica che desse il segnale che il Paese vuole cambiare rotta, farla finita con abitudini che ci soffocano, prendere con coraggio strade nuove, muoversi finalmente con immaginazione senza lasciarsi frenare dal burocratismo, dalle vecchie oligarchie, dal passato. Conosco l'obiezione: e cioè che per fare tutto questo ci vorrebbe una vera leadership politica, un governo. È proprio così: ci vorrebbe un governo. Ernesto Galli della Loggia 11 aprile 2011
MOTORI Il Wall Street Journal e la Cinquecento alla conquista dell'America Il prestigioso giornale Usa promuove l'utilitaria Fiat: "Auto elegante e piacevole" MOTORI Il Wall Street Journal e la Cinquecento alla conquista dell'America Il prestigioso giornale Usa promuove l'utilitaria Fiat: "Auto elegante e piacevole" Marchionne ha presentato la 500 negli Usa Marchionne ha presentato la 500 negli Usa MILANO - Il Wall Street Journal promuove la Cinquecento, convinto che l'utilitaria che segna il ritorno della Fiat sul mercato statunitense, in quanto elemento di stile destinato soprattutto ad un pubblico femminile, "troverà una audience negli Stati Uniti". È questa la conclusione cui giunge Dan Neil, il columnist auto del quotidiano finanziario della Grande Mela, che lo scrive nell'edizione del weekend del Wsj. ELEGANTE- Neil, che ha provato la Cinquecento in South Carolina, la trova elegante e piacevole da guidare, grazie alla sua ripresa, ma trova che manchi un po' di potenza per l'autostrada. Il critico auto aspetta quindi la commercializzazione del modello Abarth, con un motore turbo da 170 cavalli. Rispetto a quello europeo, il modello in vendita negli Usa presenta sedili più grandi e pesa qualche decina di chili in più, aumentandone un pò i consumi, rileva Neil. (Fonte: Ansa). 10 aprile 2011(ultima modifica: 11 aprile 2011)
2011-04-11 "Lasciati solo su Mirafiori e Pomigliano" L'accusa di Marchionne: "C'è mancanza di coesione" * NOTIZIE CORRELATE * Marcegaglia: "Governo assente, imprenditori lasciati soli" (10 aprile 2011) DOPO LE PAROLE DI MARCEGAGLIA "Lasciati solo su Mirafiori e Pomigliano" L'accusa di Marchionne: "C'è mancanza di coesione" L'Ad Fiat Sergio Marchionne (Ansa) L'Ad Fiat Sergio Marchionne (Ansa) MILANO - Nel solco tracciato da Emma Marcegaglia, anche l'ad di Fiat Sergio Marchionne si scaglia contro il governo: "Nella battaglia per Mirafiori e Pomigliano siamo stati lasciati soli". Il manager è intervenuto a Balocco (Vercelli), alla presentazione della nuova jeep. Ed ha risposto a chi gli domandava un commento alle parole della leader di Confindustria, che domenica in un messaggio video ha denunciato l'assenza di politiche imprenditoriali concrete da parte dell'esecutivo: "Non so neanche come rispondere - ha aggiunto Marchionne - le difficoltà che stiamo incontrando alla Fiat riflettono una mancanza di coesione. La battaglia per Mirafiori e Pomigliano parla chiaro: ci hanno lasciati soli". L'ANNUNCIO - Marchionne ha anche annunciato l'inevitabile avanzata nel capitale Chrysler: "A giorni saliremo al 30%. È questione di giorni, mancano solo pochi dettagli, non dipende da noi potremo chiederlo anche domani". Mentre per raggiungere il 51% del gruppo Usa, Marchionne ha detto: "Non so se ce la farò quest'anno, l'intenzione c'è. Dipende se riusciremo a rifinanziare il debito con il governo". Un annuncio che ha avuto immediate ripercussioni in Borsa, con la Fiat che è così risalita dai minimi toccati nei giorni scorsi. Il titolo, in difficoltà con tutto il comparto dopo i decisi cali alla borsa di Tokyo a causa dei ritardi nella ripresa delle produzione dopo il sisma e del giudizio sell emesso da Citigroup su Toyota, rimane venduto e perde l'1,06% a 6,53 euro per azione, in parziale recupero dai minimi, quando aveva sfiorato una perdita dell'1,4%. Marchionne ha anche confermato che il marchio Alfa Romeo sbarcherà negli Usa nel 2012, smentendo così indiscrezioni che volevano uno slittamento di un anno. LA BERTONE - Marchionne ha poi ricordato che per raggiungere un'intesa sulla ex Bertone "ci sono pochi giorni" o salta tutto. "Non possiamo creare due stati nella Fiat. Bisogna trovare un accordo". Per l'ad non sono prevedibili margini di compromesso e a suo parere non c'è alcuna situazione di impasse: "Fiat è stata di una chiarezza incredibile. Abbiamo un contratto che è stato votato dalla maggioranza e approvato dalla maggioranza dei dipendenti". "I piani alternativi - ha proseguito Marchionne - ci sono, li abbiamo sia in Italia sia altrove. Preferirei fare la vettura in Italia, sono ottimista sul fatto che la vettura si possa fare nel nostro Paese". Sull'amministrazione straordinaria l'ad ha concluso dicendo: "Non ho altre idee per il momento". Quanto alla Fiom si è limitato a dire: "Lascio giudicare ai dipendenti della ex Bertone. Sarebbe un vero peccato per loro. Ognuno è libero di fare le proprie scelte". LA CORREZIONE DI ROTTA - In tarda mattinata, Marchionne ha poi corretto il tiro: "Il governo ha fatto quello che poteva. Il ministro Sacconi ha fatto il massimo in quelle condizioni, ha cercato di inquadrare il discorso nel modo giusto. Quindi in questo senso non siamo stati soli". E anche i sindacati non sono stati completamente contrari: "C'è stata una parte del sindacato - ha spiegato - che ovviamente ci ha appoggiato. Bonanni, Angeletti e altri hanno capito l'importanza della nostra mossa e ci sono stati vicini. È il sistema che continua a costringere la Fiat a difendersi per il suo piano di investimenti nel Paese. Lo trovo assolutamente ridicolo e strano, non mi è mai successo niente del genere nella vita, in questo senso siamo soli, spero che non succeda con altri investitori stranieri che vengono in Italia, cerchiamo piuttosto di incoraggiarli anziché maltrattarli". Redazione online 11 aprile 2011
I TANTI TALENTI COSTRETTI A EMIGRARE Generazioni perdute I TANTI TALENTI COSTRETTI A EMIGRARE Generazioni perdute La manifestazione dei precari di sabato scorso ha ricordato agli italiani che il loro è un Paese che riserva ai giovani una condizione di estremo sfavore. Ma non solo perché trovare un lavoro stabile è un'impresa disperata. Anche perché (e forse tra i due fenomeni c'e una relazione) ai posti che si dicono di responsabilità - cioè nei posti che contano - si arriva, bene che vada, tra i 50 e i 60 anni, e ci si resta per decenni. Tutta la classe dirigente italiana è organizzata in un sistema di compatte oligarchie di anziani che per conservare e accrescere i propri privilegi sono decisi a sbarrare l'ingresso a chiunque. A cominciare dal capitalismo industriale-finanziario il quale, almeno in teoria, dovrebbe essere il settore più dinamico e innovativo della società, ma dove invece i Consigli d'amministrazione assomigliano quasi sempre a un club esclusivo di maschi anziani. Anche il sistema politico e i partiti non scherzano. I leader più importanti non solo stanno in politica da almeno tre o quattro decenni, ma in media è da almeno 20-25 anni che occupano posizioni di vertice. La muraglia invalicabile dietro la quale prospera la gerontocrazia italiana ha un nome preciso: l'ostracismo alla competizione e al merito. In Italia il sapere e il saper fare contano pochissimo. Moltissimo invece contano le amicizie, il tessuto di relazioni, l'onnipresente famiglia, e soprattutto l'assicurazione implicita di non dar fastidio, di aspettare il proprio turno, di rispettare gli equilibri consolidati: vale a dire ciò che fanno o decidono i vecchi. È così che l'Italia sta mandando letteralmente al macero una generazione dopo l'altra. Ma non tutti si rassegnano a subire la frustrazione di dover passare i migliori anni della propria vita ad arrancare dietro un posto di seconda fila, precario e mal pagato. A partire almeno dagli Anni 90, infatti, decine di migliaia di giovani, donne e uomini, hanno trovato modo di lasciare la Penisola e di ottenere un lavoro fuori dai nostri confini. Non è vero che l'emigrazione italiana è finita. Certo, ora non sono più le "braccia", sono i "cervelli"; ma la sostanza del fenomeno non cambia. Sono giovani di talento che per avere un futuro hanno dovuto andarsene dal Paese. E che nelle università, negli uffici finanziari, nelle case di commercio, nelle banche, nei centri di ricerca, negli ospedali, nelle imprese industriali di mezzo mondo, mostrano come il nostro sistema d'istruzione, pur con i centomila difetti che sappiamo, sia tuttavia ancora capace di produrre una formazione d'eccellenza. Sono giovani di talento che fuori d'Italia hanno avuto modo di farsi apprezzare, di costruirsi carriere e posizioni spesso di rilievo. È un'emigrazione di qualità, insomma. Ma è anche un'emigrazione che non dimentica, non riesce a dimenticare, il proprio Paese. Un'emigrazione che per mille segni mostra quanta voglia avrebbe di poter essere utile all'Italia. Che senso ha allora, mi chiedo, che un'Italia di vecchi, un Paese disperatamente in declino, non pensi a ricorrere in qualche modo a questa riserva collaudata di energia e di competenze? Stabilizzare centinaia di migliaia di lavoratori precari è un obiettivo sacrosanto ma è certamente un obiettivo non facile. Richiede interventi economici e giuridici complessi. Ci si deve assolutamente provare, ma ciò non toglie che allo stesso tempo non si possano anche studiare procedure di favore e incentivi allo scopo di immettere un certo numero di italiani di talento che si trovano oggi all'estero, per esempio in posizioni medio-alte della Pubblica amministrazione, degli Enti locali, delle Asl. Nelle Università qualcosa del genere si è tentato ma è naufragato per le inevitabili resistenze corporative. Il che dimostra che ciò che soprattutto servirebbe per muoversi nella direzione ora detta sarebbe un impulso forte e coordinato dal centro. Cioè un'iniziativa politica che desse il segnale che il Paese vuole cambiare rotta, farla finita con abitudini che ci soffocano, prendere con coraggio strade nuove, muoversi finalmente con immaginazione senza lasciarsi frenare dal burocratismo, dalle vecchie oligarchie, dal passato. Conosco l'obiezione: e cioè che per fare tutto questo ci vorrebbe una vera leadership politica, un governo. È proprio così: ci vorrebbe un governo. Ernesto Galli della Loggia 11 aprile 2011
INDUSTRIA ALIMENTARE Parmalat, bocciato ricorso Lactalis L'assemblea sarà a fine giugno. La riunione era stata rinviata in base alle nuove norme anti-scalate estere * NOTIZIE CORRELATE * Parmalat-Lactalis, il destino in cancelleria di M. Sideri (10 aprile 2011) * Il faro dell' Europa sul decreto "antiscalata" di S. Tamburello (9 aprile 2011) * Parmalat: assemblea rinviata a giugno (1 aprile 2011) INDUSTRIA ALIMENTARE Parmalat, bocciato ricorso Lactalis L'assemblea sarà a fine giugno. La riunione era stata rinviata in base alle nuove norme anti-scalate estere (Ansa) (Ansa) MILANO - Il Tribunale di Parma ha respinto l'istanza di sospensione presentata da Lactalis contro la delibera del cda di Parmalat che ha rinviato l'assemblea. Lo dice una nota del gruppo alimentare precisando che il tribunale ha confermato il decreto del presidente del tribunale del 4 aprile. Venerdì 1 aprile il consiglio di amministrazione del gruppo alimentare aveva convocato una nuova asssemblea per il 25-27-28 giugno avvalendosi di quanto previsto dalla normativa varata dal governo a fine marzo a tutela dei settori strategici. SCALATA PIU' DIFFICILE - La decisione della magistratura parmense rende più difficile la conquista della Parmalat da parte dei francesi di Lactalis: la scelta di rinviare l'assemblea, avvalendosi delle nuove norme, era del resto stata presa proprio per questo, ossia per dare più tempo a un'eventuale cordata italiana di costituirsi e di sbarrare la strada all'operazione transalpina. Ormai l' ipotesi più accreditata è quella di una discesa in campo delle banche, capitanate da Intesa Sanpaolo, e della Cassa depositi e prestiti. Gran Latte, la società con cui la Legacoop controlla l' 80% di Granarolo, secondo alcune ipotesi allo studio dovrebbe poi vendere la società alla stessa Parmalat, per raccogliere la somma necessaria per partecipare al progetto. A quel punto la palla passerebbe in mano ai francesi che dovrebbero decidere se allearsi agli italiani, finendo però sostanzialmente in minoranza. Su tutto però pende ancora la decisione dell'Unione europea sul decreto anti-scalata: Bruxelles ha già fatto sapere che non accetterà norme restrittive della concorrenza Redazione online 11 aprile 2011
2011-04-09 Il vertice ecofin "Troppi disoccupati, livelli inaccettabili" Il presidente della Bce, Trichet: "Situazione ancora molto critica. Su crescita impatto Giappone e Nordafrica" * NOTIZIE CORRELATE * La Bce alza i tassi e li porta all'1,25%: mutui più cari (7 aprile 2011) Il vertice ecofin "Troppi disoccupati, livelli inaccettabili" Il presidente della Bce, Trichet: "Situazione ancora molto critica. Su crescita impatto Giappone e Nordafrica" Jean-Claude Trichet Jean-Claude Trichet MILANO - Nell'Eurozona "abbiamo ancora un livello di disoccupazione inaccettabile". L'allarme è stato lanciato dal presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, nel corso della conferenza stampa finale dell'Ecofin informale svoltosi a Budapest. SITUAZIONE CRITICA - Trichet ha quindi sottolineato come sia in atto una ripresa dell'occupazione nell'insieme dell'Eurozona, ma come in alcuni Paesi, vedi la Spagna, la situazione sia ancora molto critica, nonostante le misure prese. "Pre rafforzare la crescita e aumentare i livelli di occupazione - ha detto il presidente della Bce - bisogna andare avanti con il risanamento dei conti pubblici e le riforme strutturali. E questo, comunque, vale per tutti i Paesi, senza eccezione". IMPATTO NORDAFRICA E GIAPPONE - E nel frattempo non ci sono buone notizie sulla crescita economica: "La ripresa dell'attività nell'Eurozona continua, ma restano molte incertezze", ha detto Trichet, sottolineando "i rischi legati alla situazione in cui versano alcuni segmenti dei mercati finanziari e l'impatto sulla crescita sia delle crisi in Nordafrica sia del dramma accaduto in Giappone". Anche per il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, la ripresa dell'economia reale prosegue, "anche se in maniera diversificata tra Paese e Paese". Il presidente dell'Ecofin, il ministro delle finanze ungherese Matolcsy Gyorgy, ha quindi detto di aver condiviso l'analisi fatta all'Ecofin dal segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria: "La crisi non è ancora alle nostre spalle e i rischi per la ripresa restano significativi. Per questo - ha sottolineato il presidente dell'Ecofin - tutti gli Stati membri devono proseguire con le riforme strutturali per eliminare gli squilibri macroeconomici e per creare crescita e occupazione". IL SUCCESSORE - Intanto però continuano le grandi manovre per la successione al francese alla guida delal Bce: "La decisione sarà presa entro fine giugno", ha annunciato il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, sempre da Budapest per la riunione dell'Ecofin. Redazione online 09 aprile 2011
Cgia: "Boom della loro presenza nel nord-Ovest" Lavoro, quasi 4 milioni di precari A seguito della crisi Trentino ed Emilia epicentro del precariato. Ma in valori assoluti il Meridione è al top Cgia: "Boom della loro presenza nel nord-Ovest" Lavoro, quasi 4 milioni di precari A seguito della crisi Trentino ed Emilia epicentro del precariato. Ma in valori assoluti il Meridione è al top La manifestazione dei precari a Napoli (Gennaro) La manifestazione dei precari a Napoli (Gennaro) MILANO - Che siano un esercito senza rappresentanza (e per questo scendono in piazza) era assodato. Che loro fila s'ingrossino sempre più nelle aree più produttive del Paese è in parte una sorpresa. Che in valori assoluti il Meridione recita il ruolo incontrastato come contenitore dei lavoratori senza tutele è invece un dato conclamato. Ma che ormai sfiorino in 4 milioni e i numeri siano impietosi soprattutto in Trentino Alto Adige (+20,7% di precari dal 2008, nonostante la sua forte autonomia) ed Emilia Romagna (+20,3%, dove per anni il sistema delle cooperative ha cercato di frenare il fenomeno fino allo smottamento di questo ultimo triennio) conferma che il lavoro in Italia è il problema numero uno. L'ANALISI – Chi lavora nel turismo (ristorazione e alberghi), chi nei servizi pubblici e sociali: ecco l'identikit-principe del precario di oggi. Va da sé che anche altre categorie professionali non siano esenti da fenomeni di mancanza di tutele e di "progettualità contrattuale". Ma – riporta uno studio della Cgia di Mestre (l'associazione artigiani piccole imprese) – nella ristorazione è precario oltre un lavoratore su tre (il 35,5%, anche se il dato va depurato della forte stagionalità di questo particolare comparto), come nei servizi sociali e alla persona (il 33,4% e qui il preoccupante stato dei conti pubblici influisce pesantemente), mentre nell'agricoltura sono "precari" 28 lavoratori su 100. FORMAZIONE E RETRIBUZIONE – Dice Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia, che il motivo di principale criticità è il basso livello di studio: "sono coloro che rischiano maggiormente di essere espulsi dal mercato del lavoro (oltre il 38% dei precari ha solo la licenza media, ndr.) perché nella stragrande maggioranza dei casi svolgono mansioni pesanti dal punto di vista fisico". Quelli che gli economisti definirebbero "labour intensive", non mestieri ad alto valore aggiunto, quindi più a rischio, data la concorrenza a livello globale e i fenomeni migratori che essa comporta. Ma precario è anche sinonimo di bassa retribuzione: tra gli under 35 è mediamente pari a 1.068 euro, inferiore di circa il 25% rispetto alla retribuzione di chi ha un contratto stabile e a tempo indeterminato. QUESTIONE MERIDIONALE – Da Salvemini in poi in tanti si sono interrogati sul ritardo economico e produttivo delle regioni del centro-Sud. Logico che ciò si traduca anche in "tensione occupazionale" e il precariato diventa la norma, non l'eccezione. Sono oltre 2,3 milioni i lavoratori senza stabilità e tutele (il 56% del dato nazionale) tra Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Ma qui un dato sembra andare contro-corrente: scrive la Cgia di Mestre che i precari sono diminuiti in queste regioni in media del 4% dal 2008. Un paradossale virtuosismo? Non proprio, spiega un report di Confartigianato, perché "il tasso di inattività nelle regioni meridionali – nella fascia di popolazione compresa tra i 25 e i 54 anni – è schizzato quasi al 20%". In altri termini un adulto su cinque nel Mezzogiorno è senza alcun lavoro, con punte del 43,3% in Campania, del 40,7% in Calabria e del 38,7% in Sicilia. Come dire: i precari sono sì diminuiti, ma perché ora sono disoccupati. Fabio Savelli 09 aprile 2011
La manifestazione I precari oggi in piazza: stop a raccomandazioni e clientele Cortei in tutt'Italia: al fianco degli organizzatori Pd e Cgil, ma non la Cisl * NOTIZIE CORRELATE * "Il nostro tempo è adesso". I precari in piazza De Leo (9 aprile 2011) La manifestazione I precari oggi in piazza: stop a raccomandazioni e clientele Cortei in tutt'Italia: al fianco degli organizzatori Pd e Cgil, ma non la Cisl ROMA - "Vogliamo tutto un altro Paese, non più schiavo di rendite, raccomandazioni e clientele". Il mondo dei precari scende oggi in una cinquantina di piazze animato dal comitato promotore "Il nostro tempo è adesso". Le sponsorizzazioni non cercate dagli organizzatori alla fine sono arrivate lo stesso: a loro fianco si sono schierati Pd, Cgil, Italia dei Valori e Udc della Campania mentre Fli ricorda che da pochi giorni è stata presentata alla Camera una proposta per difendere i precari. Anche dalla Chiesa è arrivato un sostegno indiretto. Per il cardinale Angelo Bagnasco, presidente Cei, "il precariato deve essere una fase transitoria il più breve possibile". Per la maggioranza solo il ministro della Gioventù Giorgia Meloni si è detto d'accordo con le ragioni della manifestazione "ma stando attenti a non pretendere solo di entrare nella cittadella dei tutelati". Sindacato diviso anche su questo fronte. "Noi non siamo stati contattati - ha affermato il leader della Cisl Raffaele Bonanni - ci stiamo comunque muovendo con altre associazioni per una proposta che possa davvero aggregare i giovani". Nel merito delle proposte ha fatto discutere quella lanciata sul Corriere della Sera da Pietro Ichino, Luca di Montezemolo e Nicola Rossi. "E' davvero importante che un ex presidente di Confindustria come Montezemolo - ha commentato Salvo Barrano, 35 anni, uno degli organizzatori per conto dell'associazione nazionale geologi - si sia sintonizzato sulla nostra lunghezza d'onda, nello specifico invece pensiamo sia sbagliato puntare tutto sul contratto unico". Per i precari anche la "flessibilità è un valore" e la loro idea è di avere una "buona protezione sociale anche per i lavoratori autonomi e i milioni di partite Iva". E se il premier Silvio Berlusconi ha invitato ieri i giovani a guardare al futuro "con il sole in tasca", il comitato "Il nostro tempo è adesso" gli ha risposto che "è lui ad umiliare i giovani e il Paese, per l'assoluta incapacità di fronteggiare la crisi economica gli chiediamo di farsi da parte". Guai anche per la Cgil. Un gruppo di attivisti "Uniti contro la crisi" che oggi partecipano alla protesta, ha disteso uno striscione davanti alla sede di Corso Italia: "Camusso, la vita non aspetta i licenziati della Cgil". Roberto Bagnoli 09 aprile 2011
dalle 15 in piazza della repubblica fino al colosseo "Il nostro tempo è adesso" I precari vanno in corteo A Roma e in altre 30 città d'Italia la protesta di studenti, disoccupati, stagisti, ricercatori, free lance: oggi vogliamo risposte e nessuna bandiera di partito * NOTIZIE CORRELATE * Blitz dei precari alla sede Inps De Leo (7 apr'11) * Un mese fa la protesta con le tende dell'Ubs (11 mar 11) * Call center, addio all'ultimo rifugio dei precari (16 feb 11) * Lazio, migliaia di nuovi precari da gennaio (10 dic 10) * Il comitato di precari "Il nostro tempo è adesso" * Il video messaggio di Susanna Camusso ai precari * Su You Tube le ragioni della protesta dei precari dalle 15 in piazza della repubblica fino al colosseo "Il nostro tempo è adesso" I precari vanno in corteo A Roma e in altre 30 città d'Italia la protesta di studenti, disoccupati, stagisti, ricercatori, free lance: oggi vogliamo risposte e nessuna bandiera di partito Il blitz dei precari alla sede Inps di Roma di pochi giorni fa (AgfRoma) Il blitz dei precari alla sede Inps di Roma di pochi giorni fa (AgfRoma) ROMA - Attenzione: questa volta i "bamboccioni" fanno sul serio. Gli eterni giovani, senza diritti né certezze lavorative, scendono in piazza per lanciare alla politica un messaggio forte e chiaro: "Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta". È questo lo slogan – e il nome del comitato promotore – della manifestazione che sabato pomeriggio mobilita l'Italia intera. Quella dei precari, dei disoccupati, il popolo delle partite Iva, gli studenti, gli stagisti, i ricercatori, i free lance che sfilano per le strade di Roma e di un'altra trentina di città italiane (e non solo), per riprendersi il presente, ancor prima del futuro, ed il Paese, partendo dal lavoro. DISOCCUPAZIONE FUORI CONTROLLO - Sono "oltre 2 milione i Neet in Italia, ovvero i giovani che non studiano non lavorano e non si formano; sfiora il 30% la disoccupazione giovanile", sottolinea Salvo Barrano, archeologo free lance tra i 14 promotori della manifestazione. Tra loro anche Ilaria Lani, responsabile Politiche giovanili della Cgil: "Siamo in una condizione di stabile precarietà" che coinvolge già "due generazioni di lavoratori segnati da contratti a termine, senza diritti e con retribuzioni da fame. Servono risposte adesso". Lo "speech corner" a Porta Portese per i precari (Omniroma) Lo "speech corner" a Porta Portese per i precari (Omniroma) CAMUSSO A ROMA - A Roma è in programma l’evento principale con una street parade rumorosa e colorata in vero "Torretta Style". "Vogliamo essere ironici e dissacranti: siamo tutti giovani, studenti, precari, non precari e cittadini. L'unica cosa che non vogliamo sono le bandiere di partito" spiega Luca De Zolt, organizzatore dell’evento romano. Il corteo parte alle ore 15 da piazza della Repubblica e attraversa l’Esquilino per arrivare al Colosseo. "Abbiamo scelto un percorso nuovo – aggiunge De Zolt - che passa attraverso il quartiere Esquilino, perché tutta la città ci possa vedere e partecipare". Al Colosseo sarà allestito un palco per musica e interventi (previsto quello del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso che già con un videomessaggio è scesa in campo con i giovani). VIP E POLITICA– L'iniziativa è nata sul web, grazie al passaparola tra la "generazione precaria". Ha coinvolto anche personaggi famosi: Ascanio Celestini, Dario Vergassola, Dario Fo, Margherita Hack, Sabina Guzzanti, Subsonica e tutto il cast del film Boris che sfilerà a Roma. In piazza ci saranno anche i precari dell'Ispra (i primi a salire sul tetto per evitare il licenziamento), il comitato "Se non ora quando" (protagonista delle manifestazioni da un milione di persone del 13 febbraio scorso per rivendicare la dignità delle donne) ed il fronte dell'opposizione: Pd, Idv, Verdi, Pdci-Federazione della sinistra. BAGNASCO: PRECARI SENZA FUTURO- Al fianco dei giovani, senza se e senza ma, si schiera la Cei: "Il precariato lavorativo sia solo una fase transitoria", ammonisce il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, per aprire le porte ad un lavoro "a tempo indeterminato" e "dare anche la possibilità di un futuro, di un progetto di vita". Tra i partecipanti al corteo anche il cast di "Boris", nella foto Pietro Sermonti (Ansa) Tra i partecipanti al corteo anche il cast di "Boris", nella foto Pietro Sermonti (Ansa) "BERLUSCONI SI FACCIA DA PARTE" – I precari accusano il governo "che ha deciso di sacrificare una o più generazioni sull'altare degli interessi di qualcuno, della rendita e della speculazione". E chiedono al premier Silvio Berlusconi di "farsi da parte": "Non ha affrontato la crisi – dicono - ci ha umiliati e trascinati in un baratro di povertà e disoccupazione". I precari, chiedono un Paese diverso che "permetta a tutti di studiare, di lavorare, di inventare" e che, quindi, "investa sulla ricerca e sulle giovani generazioni, invece di relegarle ai margini del sistema produttivo, mortificandone le competenze e cancellando ogni possibilità di realizzazione personale". MELONI: SERVE PIU' CORAGGIO - "Dite che è giunto il tempo per la nostra generazione di prendere spazi e alzare la voce. Per questo scendete in piazza il 9 aprile. Sono d'accordo" scrive Giorgia Meloni, ministro della Gioventù, in una lettera aperta ai precari. "Ma dopo aver letto il vostro manifesto, ho qualche timore – aggiunge -. Non possiamo scendere in piazza per difendere non i nostri diritti, ma quelli della generazione precedente che ce li ha scippati. Proprio come pochi mesi fa quando gli studenti hanno manifestato in difesa dei privilegi dei baroni. È inutile rimpiangere un sistema che non ci possiamo più permettere, ma è possibile impegnarsi per costruirne un nuovo. La battaglia sarà dura. Io sono vostra disposizione per affrontare insieme il programma di un'agenda concreta" conclude Meloni. Carlotta De Leo 09 aprile 2011
2011-04-08 In un incontro con autorità civili e militari a Genova Il cardinal Bagnasco: "l lavoro precario sia solo una fase transitoria" Il presidente della Cei: "Lo scopo ultimo della politica è la giustizia" In un incontro con autorità civili e militari a Genova Il cardinal Bagnasco: "l lavoro precario sia solo una fase transitoria" Il presidente della Cei: "Lo scopo ultimo della politica è la giustizia" Il cardinale Angelo Bagnasco (Ansa) Il cardinale Angelo Bagnasco (Ansa) GENOVA - "Ci si augura che il precariato sia sempre una fase estremamente transitoria, il più possibile breve per poter diventare lavoro a tempo indeterminato e per dare anche la possibilità di un futuro, di un progetto di vita". Così l'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, Angelo Bagnasco, ha risposto a chi gli chiedeva un commento in vista delle manifestazioni dei precari prevista in Italia per sabato. A margine di un incontro con autorità civili e militari presso il Municipio III Bassa Valdisagno, il porporato ha aggiunto: "il tema del lavoro è un problema noto e molto grave. È sempre necessario affrontarlo con grande determinazione ed efficacia, anche se le difficoltà sono oggettive sia al livello italiano sia europeo. Dall'altra parte - ha concluso il cardinale Bagnasco - il tema del precariato se per un verso è stato ed è a volte una possibilità, come dire "meglio che niente", dall'altro lato se il precariato diventasse stabile non raggiungerebbe lo scopo che si è prefisso". GIUSTIZIA - "Scopo della politica è la giustizia. Questo discorso, questo richiamo andrebbe fatto soprattutto ai livelli più alti, dove si legifera" ha aggiunto Bagnasco. "Fa sempre bene a tutti noi - ha aggiunto il porporato - anche per i pareri richiesti e le decisioni, ricordare sempre lo scopo ultimo della politica a tutti i livelli e in tutte le forme che è la giustizia, vale a dire riconoscere a ciascuno il suo, il proprio diritto insieme al proprio dovere, in modo che una porzione della nostra città, la città intera, la regione, il paese possano meglio e sempre meglio corrispondere a quel desiderio di benessere che non è innanzitutto l'uso delle cose, ma è innanzitutto e sempre a livello interiore, morale e spirituale". Redazione online 08 aprile 2011
EMERGENZA OCCUPAZIONE L'esercito dei precari scende in piazza sabato giornata dei lavoratori senza tutele Cortei in 29 città italiane, a Roma street parade con Dario Fo. Dalla Cgil a Vendola, il sostegno ai giovani: "Ammortizzatori contro la discontinuità contrattuale" * NOTIZIE CORRELATE * Un mese fa la protesta con le tende dell'Ubs (11 mar 11) * Call center, addio all'ultimo rifugio dei precari (16 feb 11) * Lazio, migliaia di nuovi precari da gennaio (10 dic 10) * In piazza anche i precari del giornalismo * Il comitato di precari "Il nostro tempo è adesso" * Il video messaggio di Susanna Camusso ai precari * Su You Tube le ragioni della protesta dei precari EMERGENZA OCCUPAZIONE L'esercito dei precari scende in piazza sabato giornata dei lavoratori senza tutele Cortei in 29 città italiane, a Roma street parade con Dario Fo. Dalla Cgil a Vendola, il sostegno ai giovani: "Ammortizzatori contro la discontinuità contrattuale" Una protesta degli studenti romani a sostegno dei precari (foto Ansa) Una protesta degli studenti romani a sostegno dei precari (foto Ansa) ROMA - "A.A.A Affittasi cinque canadesi (tre posti cadauna) in graziosa tendopoli zona Ponte Milvio. Ottimo per esperienza di co-housing". Rispolverano le tende come nella manifestazione cobas di un mese fa i precari del comitato "Il nostro tempo è adesso". E scelgono l’ironia per spiegare le difficoltà di trovare una casa, un lavoro e un prestito bancario quando il contratto è intermittente e da fame. Proprio per rivendicare diritti e raccontare una "emergenza generazionale troppo spesso taciuta", i precari hanno organizzato per sabato 9 aprile una mobilitazione nazionale che coinvolgerà 29 città in Italia (dalla Capitale a Bologna e Napoli, da Palermo a Milano) e alcune piazze all’estero (Bruxelles, Washington e in Spagna) "dove i cervelli sono dovuti scappare". STREET PARADE ROMANA - A Roma è in programma l’evento principale con una street parade. "Il corteo parte alle 15 da piazza della Repubblica e attraversa l’Esquilino per arrivare al Colosseo – spiega Luca De Zolt, organizzatore dell’evento romano – Abbiamo scelto un percorso nuovo perché tutta la città ci possa vedere e partecipare". Al Colosseo sarà allestito un piccolo palco con interventi e musica. "Chiediamo il contributo di tutti gli artisti per la giornata di sabato – aggiunge – La nostra manifestazione è auto-organizzata e abbiamo bisogno di testimonial per far sentire la nostra voce". Alla mobilitazione hanno aderito anche la Cgil (Susanna Camusso ha registrato un videomessaggio , vedi il link), i giovani del Pd, Sel e Idv e Nichi Vendola. "Speriamo di avere in piazza anche tutti i leader politici sensibili al tema – aggiunge De Zolt – e vorremo essere ascoltati dal Presidente Giorgio Napolitano che ha a cuore il problema del precariato". Manifestanti con le tende (foto Ansa) Manifestanti con le tende (foto Ansa) VIP IN PIAZZA CON BORIS – L’appuntamento di sabato è stato anticipato da flash mob e pacifiche azioni di guerrilla urbana per spiegare le ragioni della protesta e raccolte nel canale Youtube. Al corteo della Capitale non mancheranno i volti noti. Il cast del film "Boris" ha dato piena adesione alla mobilitazione con Pietro Sermonti, Caterina Guzzanti e Ninni Bruschetta che sono diventati testimonial dell’iniziativa. Con loro anche tanti altri artisti: Ascanio Celestini, Daniele Silvestri, Valerio Mastandrea, Dario Fo e Franca Rame, il Trio Medusa, Dario Vergassola, Sabina Guzzanti, Margherita Hack, la scrittrice Silvia Avallone e tanti altri. Striscione di protesta dei precari davanti alla Regione Lazio (foto Ansa) Striscione di protesta dei precari davanti alla Regione Lazio (foto Ansa) "NON SIAMO BAMBOCCIONI" – Alla base della mobilitazione un comitato composto da reti che, in diversi ambiti, si battono contro lo sfruttamento del precariato (stagisti, ricercatori universitari, professionisti e lavoratori tradizionali). Insieme hanno lanciato un appello e, successivamente, organizzato la manifestazione. "Ci hanno accusato di essere bamboccioni senza umiltà ma non è vero – spiega Maria Pia Pizzolante, del comitato organizzatore -. Non siamo viziati e abbiamo umiltà da vendere visto che abbiamo fatto mille lavori, spesso anche in nero. Vogliamo il diritto alla giusta retribuzione, alla maternità, alla malattia, alle ferie. Abbiamo studiato e crediamo nella formazione. Noi siamo il futuro e vogliamo un welfare che guardi ai giovani". LE COLPE DEL SINDACATO E DELLA SINISTRA - "La questione del lavoro deve essere centrale, una priorità dell’agenda politica – spiega Ilaria Lani, sindacalista Cgil -. In questo Paese sono proprio i giovani che hanno pagato di più la crisi economica con tassi di disoccupazioni elevati. I governi non hanno saputo dare risposte su welfare e formazione: la discontinuità contrattuale deve essere riequilibrata con indennità e ammortizzatori. È vero, ci sono state difficoltà anche del sindacato nel suo ruolo di proposta e difesa dei giovani". Qualche colpa ce l’hanno anche i precedenti governi di sinistra: "E’ vero che la legge 30 ha introdotto peggiori condizioni di lavoro per noi giovani – aggiunge – ma oggi abrogarla non è sufficiente. Oggi la questione è dare nuove regole per garantire stabilità e nuovi diritti per tutti. È arrivato il momento di chiedere alla politica e ai sindacati di fare la loro parte per risolvere il problema". Roma, ricercatori precari protestano (foto Lapresse) Roma, ricercatori precari protestano (foto Lapresse) LE CIFRE DELL’EMERGENZA – Un pò di numeri. In Italia, con la crisi il tasso di disoccupazione giovanile è tornato a crescere: a dicembre 2010, 29,8% per gli uomini e 29,4% per le donne (con un picco del 40.6% per le giovani del Mezzogiorno). Ogni anno sono 45 mila i laureati che lasciano l'Italia, il loro disamore per il nostro Paese costa annualmente - stima l'Ocse - 6 milioni di dollari. Sono solo il 30% le giovani famiglie che riescono ad acquistare una casa. Una piaga che colpisce anche il mondo del giornalismo: i precari delle redazioni (co.co.co) guadagnano anche 5 euro per un pezzo pubblicato, e sul web il compenso può scendere anche alla metà. Non a caso, anche i giornalisti romani parteciperanno al corteo del 9 aprile. VERSO LO SCIOPERO GENERALE - La mobilitazione del 9 aprile è legata a doppio filo con le manifestazioni degli studenti e degli universitari dell’autunno scorso, ed è una tappa di avvicinamento allo sciopero generale promosso dalla Cgil per il prossimo 6 maggio. Per questo gli organizzatori si aspettano un’ampia partecipazione, "contando su passaparola lungo la Penisola per portare in piazza amici e coetanei". Carlotta De Leo 05 aprile 2011
2011-04-01 INattivi in aumento Disoccupazione all'8,4% nel 2010 Al Sud 4 donne giovani su 10 senza lavoro L'Istat: disoccupati al massimo dal 2004. Un anno fa erano il 7,8%. Leggero calo in febbraio INattivi in aumento Disoccupazione all'8,4% nel 2010 Al Sud 4 donne giovani su 10 senza lavoro L'Istat: disoccupati al massimo dal 2004. Un anno fa erano il 7,8%. Leggero calo in febbraio (LaPresse) (LaPresse) MILANO - Sempre più disoccupati in Italia. Il tasso di disoccupazione nel 2010 si è infatti attestato all'8,4%, contro il 7,8% del 2009, il dato più alto dall'inizio delle serie storiche cioè dal 2004. Lo rileva l'Istat. INATTIVI - Il tasso di disoccupazione a febbraio 2011, rileva sempre l'Istat, è invece calato dall'8,6% di gennaio all'8,4%. Registrata quindi una diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto a gennaio e di 0,1 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione giovanile scende inoltre al 28,1% con una diminuzione congiunturale di 1,3 punti percentuali. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumentano dello 0,1% (21 mila unità) rispetto al mese precedente. Il tasso di inattività, dopo la crescita dei tre mesi precedenti, resta stabile al 38%. Scende, sempre a febbraio, dal 10% al 9,9% il tasso di disoccupazione anche nell'Eurozona: il dato, che conferma la stima "flash" già diffusa, è in lieve calo anche per quanto riguarda l'Ue a 27 Paesi (9,5% contro 9,6% in gennaio). DISOCCUPAZIONE FEMMINILE - Al Sud quasi una donna su due nella fascia tra i 15 e i 24 anni, ossia il 42,4% della popolazione femminile, è disoccupata. Ancora più rilevante il divario tra maschi e femmine per quanto riguarda il tasso di inattività: sempre nel Mezzogiorno è pari al 48,8% ma da parte delle donne il livello di mancata partecipazione al mercato del lavoro raggiunge il livello del 62,8%. Anche al Nord e al Centro la percentuale di donne senza lavoro è molto più alta rispetto a quella degli uomini: al Nord è del 27,3% e al Centro del 31,3%. Complessivamente, il tasso di disoccupazione femminile è del 32,9%, contro il 27,7% di quella maschile. Redazione online 01 aprile 2011
Dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Auto in picchiata in Italia: -30% mentre la Chrysler vola negli Usa In Italia -31,9% immatricolazioni Fiat rispetto allo stesso mese del 2010 Dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Auto in picchiata in Italia: -30% mentre la Chrysler vola negli Usa In Italia -31,9% immatricolazioni Fiat rispetto allo stesso mese del 2010 (Ap) (Ap) ROMA - Picchiata a marzo per il mercato dell'auto in Italia. Il mese scorso - secondo i dati diffusi dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti - le nuove immatricolazioni di vetture hanno sfiorato una flessione del 30%, segnando un calo del 27,57% a 187.687 unità, contro le 259.115 del marzo 2010. A febbraio il calo era stato del 20,49%. FIAT - Fiat Group Automobiles ha immatricolato a marzo 55 mila vetture, il 31,9% in meno rispetto allo stesso mese del 2010. La quota è del 29,35 per cento, 1,9 punti percentuali in meno nel confronto con marzo dell'anno scorso ma il risultato è in miglioramento rispetto allo scorso mese di febbraio, quando si era ottenuta una quota del 28,4%. VOLA LA CHRYSLER NEGLI USA - Volano invece le vendite di Chrysler negli Usa a marzo. Le immatricolazioni vedono un incremento del 31% con 121.730 veicoli venduti. Nel mese di marzo dell'anno scorso Chrysler aveva venduto 92.363 veicoli. Il risultato di oggi è stato il migliore nel mese di marzo dal 2008 e il più alto in assoluto per qualsiasi mese a partire dal maggio 2008. Le vendite al dettaglio del Gruppo Chrysler nel primo trimestre del 2011 hanno mostrato un aumento del 51% rispetto allo stesso periodo del 2010. TRIMESTRE - In Italia il bilancio per quanto riguarda l'ultimo trimestre vede 149 mila vetture immatricolate, il 29,1 per cento in meno rispetto ai primi tre mesi dell'anno scorso. La quota è del 29 per cento, con un calo di 2,4 punti percentuali nel confronto con il 2010. Le auto immatricolate da Fiat in marzo sono state quasi 39 mila, il 39,8 per cento in meno rispetto a un anno fa. Il marchio ottiene così una quota del 20,7 per cento che - nonostante sia in calo nel confronto con marzo 2010 - è allineata con quella degli ultimi mesi. Nel trimestre Fiat ha consegnato oltre 105 mila vetture, il 36,2 per cento in meno dell'anno scorso, ottenendo una quota del 20,5 per cento, in calo di 4,2 punti percentuali rispetto al 2010. LE AUTO PIÙ VENDUTE - Le posizioni di vertice della classifica delle auto più vendute in Italia sono ancora una volta occupate da prodotti Fiat. Al primo posto si piazza la Punto, che è prima anche nel segmento B con una quota del 22,3%. Alle sue spalle la Panda, che risulta anche la più venduta nel segmento A con il 39,3 per cento di quota. Ottimi risultati anche dalla 500 (15,6 per cento nel segmento A) che con i suoi risultati di vendita sommati a quelli della Panda permette al brand Fiat di detenere il 54,9 per cento di quota nel segmento delle city car. Cubo e Doblò dominano le vendite tra i multispazio, ottenendo insieme una quota del 64,1 per cento. Il brand Lancia ha venduto a marzo oltre 9 mila vetture, il 22 per cento in meno rispetto all'anno scorso. Grazie a questo calo inferiore rispetto a quello complessivo ottenuto dal mercato, il marchio può migliorare la quota: 4,9 per cento rispetto al 4,5 di un anno fa. Decisamente positivo il trend del 2011 per Lancia, che è passata dal 4,3 per cento di quota in gennaio, al 4,5 per cento di febbraio fino all'attuale 4,9 per cento. Nel primo trimestre dell'anno, il marchio ha immatricolato quasi 23.500 auto, il 21,9 per cento in meno rispetto al 2010 e ha ottenuto una quota del 4,6 per cento, in crescita di 0,1 punti percentuali nel confronto con l'anno scorso. Ancora una volta il risultato ottenuto da Alfa Romeo è decisamente positivo. Con oltre 7 mila immatricolazioni a marzo, il marchio aumenta i volumi di vendita del 51,2 per cento ottenendo una quota del 3,8 per cento, in crescita di 2 punti percentuali rispetto a marzo 2010. Altrettanto positivo il risultato ottenuto nel trimestre: quasi 20 mila le Alfa Romeo immatricolate, il 37,5 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. La quota è del 3,9 per cento, 1,7 punti percentuali in più in confronto al primo trimestre 2010. A trainare le vendite del brand è la Giulietta che si conferma nelle posizioni di vertice del segmento C con il 14,5 per cento di quota e con oltre 26 mila immatricolazioni in Italia dal lancio a oggi. (Fonte: Ansa). 01 aprile 2011
Retribuzioni - Da Montezemolo a Tronchetti, a Geronzi I 25 manager più pagati d'Italia La maxiliquidazione di Profumo Retribuzioni - Da Montezemolo a Tronchetti, a Geronzi I 25 manager più pagati d'Italia La maxiliquidazione di Profumo Alessandro Profumo, ex amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo, ex amministratore delegato di Unicredit MILANO - Alessandro Profumo, Luca Cordero di Montezemolo, Marco Tronchetti Provera, Cesare Geronzi e Paolo Scaroni. Sono loro i cinque top manager più pagati a Piazza Affari nel 2010, in base ai dati finora pubblicati dalle più importanti società quotate in Borsa. Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit fino allo scorso settembre, guida indisturbato la classifica con un compenso di 40,6 milioni, di cui 38 milioni come liquidazione: 36,5 alla voce incentivo all'esodo e 1,5 milioni per un patto di non concorrenza. In un accordo complessivo in cui - si legge in una relazione del gruppo - Unicredit si è impegnata a versare in beneficenza due milioni. Destinataria l'associazione di don Colmegna. Al secondo posto, nella classifica di presidenti e amministratori delegati le cui società hanno già pubblicato i bilanci o le relazioni con tanto di tabella sui compensi, c'è l'ex presidente di Fiat, Luca Cordero di Montezemolo. I milioni in questo caso sono 8,7, dovuti in gran parte non alla buonuscita di Fiat (1,03 milioni) ma all'incarico, ancora ricoperto, di presidente della Ferrari (7,5 milioni). Medaglia di bronzo a Marco Tronchetti Provera, presidente di Pirelli, che arriva a sfiorare i 6 milioni, di cui 2,4 da percepire nel corso del 2011. Segue in classifica Cesare Geronzi, che somma la presidenza di Mediobanca prima a quella delle Generali poi. L'assegno totale, per un anno e mezzo (il bilancio di Piazzetta Cuccia va da luglio a giugno), vale più di 5 milioni. Chiude la "top five" l'amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni, con un "cedolino" annuale da 4,4 milioni. Il "ranking" prosegue con decine di milionari. Fino alla posizione 25, cui arriva la classifica qui sopra, ma anche oltre. E tra le società che ancora mancano all'appello delle pubblicazioni ci sono nomi molto grandi, da cui è presumibile attendersi nuovi super compensi. Le retribuzioni, comunicate direttamente dalle società, possono contenere delle voci calcolate sulla base dei risultati degli anni passati, o inquadrarsi all'interno di complicati piani di incentivazioni a lungo termine, o ancora includere benefici non monetari come auto e polizze. E, naturalmente, possono essere arricchite da cospicui schemi di stock option: i milioni crescerebbero ancora. Non ci sono solo i numeri, però. La classifica dei paperoni di Piazza Affari, per esempio, a oggi è dominata dagli uomini: nessuna donna nella "top 25". La lista è provvisoria, certo, ma è probabile che non molto cambierà una volta che si conosceranno i dati di tutte le blue chip italiane. Giovanni Stringa 01 aprile 2011-03-25 LA REUTERS: DOPO LA FUSIONE CON CHRYSLER "Il gruppo Fiat intende spostarsi in Usa" La replica: "Ancora nessuna decisione" Il Lingotto: molto dipende dal progetto Fabbrica Italia * NOTIZIE CORRELATE * Marchionne: "Nessuno accusi la Fiat di abbandonare l'Italia" (15 febbraio 2011) * Il report della Reuters LA REUTERS: DOPO LA FUSIONE CON CHRYSLER "Il gruppo Fiat intende spostarsi in Usa" La replica: "Ancora nessuna decisione" Il Lingotto: molto dipende dal progetto Fabbrica Italia Sergio Marchionne (Ansa) Sergio Marchionne (Ansa) MILANO - L'ipotesi venne già smentita a suo tempo dall'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne: "Nessuno può accusare la Fiat di voler abbandonare l'Italia", aveva affermato Marchionne in un'audizione alla Camera lo scorso 15 febbraio. "Se il cuore della Fiat resterà a Torino, la testa deve essere in più posti: a Torino per gestire le attività europee, a Detroit per quelle americane, ma anche in Brasile e, in futuro, una in Asia", aveva detto l'ad del Lingotto. Stessi concetti ribaditi anche dal presidente Fiat, John Elkann, che aveva rinviato ogni decisione in merito al 2014. Storia chiusa? Non secondo la Reuters, che venerdì ha rilanciato l'ipotesi che la Fiat avrebbe intenzione di spostare il quartiere generale del gruppo negli Usa dopo la fusione con Chrysler. LA REPLICA - La scelta sulla sede legale non è ancora stata presa. Dopo le indiscrezioni della Reuters, la replica della Fiat è stata affidata a una nota in cui si legge che la sede sarà scelta in base ad alcuni elementi di fondo: "Il primo è il grado di accesso ai mercati finanziari, indispensabile per gestire un business che richiede grandi investimenti e ingenti capitali. Il secondo ha a che fare con un ambiente favorevole allo sviluppo del settore manifatturiero e quindi anche con il progetto Fabbrica Italia". Il gruppo del Lingotto aggiunge che il problema della governance si porrà dopo il risanamento e la quotazione della Chrysler, "quando il gruppo avrà due entità legali che coesistono, quotate in due mercati diversi". Le informazioni del report Reuters, conclude la nota, si basano su informazioni non attuali REPORT - Tornando al lungo report della Reuters , in esso vengono ricostruiti anche i temi al centro del dibattito negli ultimi tempi, tra cui l'ipotesi della quotazione in Borsa della Ferrari. Reuters parla di "rock star appeal" di Marchionne al Salone di Ginevra e paragona il manager del Lingotto all'Elvis Presley del settore auto. Secondo l'agenzia di stampa, l'ad Fiat pensa di mantenere a Torino la gestione delle operazioni europee e di creare un centro in Asia, mentre sulla sede legale del quartier generale la scelta - secondo fonti citate dalla Reuters - cadrebbe sul Paese dove il regime di tassazione è più conveniente: gli Stati Uniti. Nel report si parla anche della possibilità di quotazione della Ferrari: Marchionne valuterebbe la casa di Maranello circa 5 miliardi di euro, secondo una fonte vicina al manager. CHRYSLER - Per quanto riguarda i rapporti con Chrysler, la Reuters ricorda che Marchionne ha definito "Christmas wishes" (auguri di Natale) i suoi obiettivi di aumentare la quota Fiat in Chrysler al 51% entro quest'anno e di portare la società Usa in Borsa. Prima la casa di Detroit dovrà ripagare i suoi prestiti ai governi di Stati Uniti e Canada. Un pacchetto di rifinanziamento è attualmente all'esame del consiglio di amministrazione di Chrysler, mentre la società è ancora in trattativa con il dipartimento dell'Energia degli Usa per ottenere tassi più favorevoli. Finché non avrà la maggioranza di Chrysler, Marchionne non investirà nella società Usa soldi Fiat. Reuters ricorda che l'obiettivo delle due società è di vendere 6,6 milioni di veicoli nel 2014 dopo l'integrazione. L'ad del Lingotto viene definito un uomo isolato nel gruppo Fiat, dove può contare esclusivamente sull'appoggio di John Elkann e, per quanto riguarda la sua successione, si ricorda che nella conference call di gennaio il manager Fiat ha detto: "Ho intenzione di restare qui finché non avremo fatto tutto". Redazione online 25 marzo 2011
2011-03-10 I DATI ISTAT La produzione industriale in negativo Calo dell'1,5% (dato destagionalizzato) rispetto a dicembre. Su base annua indice a +0,6% I DATI ISTAT La produzione industriale in negativo Calo dell'1,5% (dato destagionalizzato) rispetto a dicembre. Su base annua indice a +0,6% MILANO - La produzione industriale a gennaio torna in negativo, l'indice ha registrato un calo dell'1,5% (dato destagionalizzato) rispetto a dicembre, mentre ha segnato un aumento dello 0,6%, considerando il dato corretto per gli effetti di calendario, rispetto a gennaio del 2010 (+3,8% il grezzo). Lo rileva l'Istat, aggiungendo che la "netta" diminuzione sul congiunturale arriva dopo due mesi di segni positivi. Nella media del trimestre novembre-gennaio l'indice è inferiore dello 0,1% rispetto ai tre mesi immediatamente precedenti. La produzione industriale a livello congiunturale mostra, quindi, sottolinea l'Istat, un andamento "stagnate". Guardando ai raggruppamenti principali d'industrie, i maggiori contributi alla crescita tendenziale dell'indice generale (calcolato sui dati grezzi) vengono dalla componente dei beni strumentali (+2,5 punti percentuali) e da quella dei beni intermedi (+2,0 punti percentuali). Tornando ai dati annui corretti per gli effetti di calendario, con riferimento ai settori d'attività economica, nel mese di gennaio gli incrementi più marcati hanno interessato la fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (+13,9%), della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+11,0%) e della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo esclusi macchine e impianti (+9,9%). Le principali diminuzioni riguardano invece, i settori relativi alla fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (-11,1%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-10,3%) e dell'attività estrattiva (-8,8%). (Fonte Ansa) 10 marzo 2011
2011-03-03 La decisione comunicata nel corso dell'attivo dei delegati a Modena Cgil, sciopero generale il 6 maggio L'annuncio del segretario generale, Susanna Camusso. Lavoro, sviluppo e precariato al centro della protesta La decisione comunicata nel corso dell'attivo dei delegati a Modena Cgil, sciopero generale il 6 maggio L'annuncio del segretario generale, Susanna Camusso. Lavoro, sviluppo e precariato al centro della protesta Susanna Camusso (Ansa) Susanna Camusso (Ansa) MODENA - Lo sciopero generale della Cgil sarà il 6 maggio. Lo ha annunciato il segretario generale Susanna Camusso, parlando all'attivo dei delegati di Modena. "Partiamo fin da ora con una serie di iniziative - ha detto Camusso -. Sarà una grande mobilitazione per tutto il Paese". Lo sciopero sarà di quattro ore ed è previsto che vi siano diverse manifestazioni a livello territoriale. "LAVORO, SVILUPPO E PRECARIATO" - La decisione di indire la protesta era stata già presa la scorsa settimana durante una riunione del comitato direttivo nazionale della Cgil che aveva dato mandato alla segreteria confederale di decidere la data e le modalità dello sciopero secondo la richiesta dello stesso segretario generale. Nel documento politico approvato dal direttivo si sosteneva che "è necessario rimettere al centro il tema del lavoro e dello sviluppo, riconquistare un modello contrattuale unitario e battere la pratica degli accordi separati, riassorbire la disoccupazione, contrastare il precariato, estendere le protezioni sociali e ridare fiducia ai giovani. Serve una nuova stagione fatta di obiettivi condivisi e rispettosi della dignità del lavoro e serve definire le regole della democrazia e della rappresentanza". Redazione Online 03 marzo 2011
2011-03-01 Nuovo crollo del mercato Immatricolazioni auto, male anche in febbraio: -20,49% Il gruppo Fiat ha perso il 27,09%, attestandosi a 45.527 unità, contro le 62.441 dello stesso mese 2010 Nuovo crollo del mercato Immatricolazioni auto, male anche in febbraio: -20,49% Il gruppo Fiat ha perso il 27,09%, attestandosi a 45.527 unità, contro le 62.441 dello stesso mese 2010 Marchionne, Montezemolo ed Elkann (Imagoeconomica) Marchionne, Montezemolo ed Elkann (Imagoeconomica) ROMA - Nuovo crollo del mercato dell'auto a febbraio, dopo il pesante -20,7% di gennaio. Il mese scorso - comunica il ministero dei Trasporti - la Motorizzazione ha immatricolato 160.329 autovetture, con un calo del 20,49% rispetto a febbraio 2010, quando furono immatricolate 201.641 autovetture. Nello stesso periodo ha registrato 408.440 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di +11,49% rispetto a febbraio 2010, durante il quale furono registrati 366.341 trasferimenti di proprietà. Il volume globale delle vendite (568.769 autovetture) ha dunque interessato per il 28,19% auto nuove e per il 71,81% auto usate. FIAT: -27,09% - A febbraio 2011 le nuove immatricolazioni di Fiat Group Automobiles sono scese in Italia del -27,09% attestandosi a 45.527 unità, contro le 62.441 di febbraio 2010. A gennaio le vendite del gruppo torinese avevano subito una flessione del 27,76% a quota 47.918 unità. In precedenza Sergio Marchionne, al salone dell'auto di Ginevra, aveva detto che le immatricolazioni in Italia potrebbero andare peggio del previsto calo del 5%. Per l'Europa si conferma invece la stima del -3%. I dati di febbraio del mercato in Italia, ha aggiunto, "sono totalmente in linea con quello che mi aspettavo. Ad aprile cambieranno le cose. Facciamo scadere marzo che è l'ultimo mese del 2010" con gli incentivi e "poi cominciamo a fare l'analisi" per il futuro. 01 marzo 2011
2011-02-26 "Se il prezzo del petrolio cresce del 20%, il Pil cala di mezzo punto in tre anni" Draghi: "L'Italia stenta da 15 anni, riforme più coraggiose per le famiglie" Il Governatore di Bankitalia: "Ciò darebbe anche impulsi alla crescita". I salari dei giovani fermi da 10 anni * NOTIZIE CORRELATE * Draghi: "Per stimolare la crescita si prenda esempio dalla Germania" (14 febbraio 2011) "Se il prezzo del petrolio cresce del 20%, il Pil cala di mezzo punto in tre anni" Draghi: "L'Italia stenta da 15 anni, riforme più coraggiose per le famiglie" Il Governatore di Bankitalia: "Ciò darebbe anche impulsi alla crescita". I salari dei giovani fermi da 10 anni Mario Draghi (Fotogramma) Mario Draghi (Fotogramma) MILANO - "In Italia la crescita stenta da quindici anni" e i tassi di sviluppo "sono attorno all'1%" mentre la domanda interna rimane "debole". Lo afferma il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che chiede "azioni riformatrici più coraggiose che migliorerebbero le aspettative delle imprese e delle famiglie e aggiungerebbero impulsi alla crescita". L'Italia, sottolinea Draghi al 17° congresso Forex degli operatori finanziari a Verona, "dispone di grandi risorse, ha molte aziende, una grande capacità imprenditoriale, la sua gente è laboriosa e parsimoniosa". CRISI LIBIA - Secondo il Governatore, "un aumento del 20% del prezzo del petrolio determina una minor crescita del prodotto interno lordo di mezzo punto percentuale nell'arco di tre anni". Per questo, ha spiegato, "le dimensioni umane e l'esito ancora incerto della sollevazione popolare che scuote la Libia preoccupano la comunità internazionale". L'impatto immediato di eventuali difficoltà di approvvigionamento di fonti energetiche dall'Africa settentrionale secondo Draghi "può essere contenuto dall'ampia capacità inutilizzata negli altri Paesi produttori, ma ci potrebbero essere "ripercussioni sulla crescita mondiale". SALARI INGRESSO FERMI DA 10 ANNI - "I salari di ingresso dei giovani sul mercato, in termini reali, sono fermi da oltre un decennio su livelli al di sotto di quelli degli anni Ottanta", ha riferito Draghi, secondo cui "la recessione ha reso più difficile la situazione. Il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 30%. Si accentua la dipendenza dalla ricchezza e dal reddito dei genitori, un fattore di forte iniquità sociale. È uno spreco di risorse che avvilisce i giovani e intacca gravemente l'efficienza del sistema produttivo". Redazione online 26 febbraio 2011
2011-02-20 GIOVANI E LAVORO Generazione call center: fuga in Albania multinazionale scippa commesse a Roma Sempre meno posti ai centralini con la delocalizzazione Il caso Teleperformance: in 3 sedi italiane impone il salario di solidarietà, ma intanto assume a Tirana * NOTIZIE CORRELATE * L'ultimo rifugio dei precari italiani minacciato dai non-immigrati (16 febb 11) * Crac da 11 milioni in ex Eutelia, parte il processo agli ex manager (1 febb 11) * Lo 06.06.06 rischia di chiudere per tagli (30 lug 10) * Atesia: in lotta anche i lavoratori del più grande call center d'Europa (17 mag '10) * Allarme alla Cronos: 67 esuberi (8 giu 10) * Leggi il blog dei "precari in linea" GIOVANI E LAVORO Generazione call center: fuga in Albania multinazionale scippa commesse a Roma Sempre meno posti ai centralini con la delocalizzazione Il caso Teleperformance: in 3 sedi italiane impone il salario di solidarietà, ma intanto assume a Tirana Uno dei call center di Teleperformance Uno dei call center di Teleperformance ROMA - Hanno trent’anni, una laurea e pochi sogni. Luca, Assunta e Andrea lavorano in un call center e raccontano bene un’intera generazione, "quella delle porte sbattute in faccia e dei curriculum senza risposta". Lavorano per una stessa azienda, la multinazionale Teleperformance, ma in tre sedi differenti (Roma, Fiumicino e Taranto) e - per colpa della crisi che minacciava di provocare 847 licenziamenti - hanno dovuto accettare un salario di solidarietà di circa 800-900 euro al mese. "Ora però la situazione va meglio, l’azienda ha preso altre commesse, ma ha deciso di investire in Albania" dicono. Eccolo il bubbone della delocalizzazione sulla pelle dei lavoratori. Le aziende spostano il business dove costa meno la manodopera come Tirana, Tunisi e Bucarest: poco importa che l’italiano sia stentato e la qualità del servizio rischia di abbassarsi. I lavoratori della società Teleperformance durante una protesta precedente l'accordo sui contratti di solidarietà I lavoratori della società Teleperformance durante una protesta precedente l'accordo sui contratti di solidarietà VITE NEL LIMBO – "Dopo la laurea in psicologia, il master e tante belle speranze, da sette anni rispondo al telefono" dice Assunta Linza, 32 anni, impiegata nella sede di Roma con un contratto part-time a tempo interminato. "È una pseudo garanzia da 800 euro mese che ti mette in un limbo - dice Assunta - Siamo in attesa che qualcosa migliori e ci culliamo in un falso benessere". Il suo stipendio, infatti, è totalmente assorbito dal mutuo della casa acquistata dopo il matrimonio. E i figli? "Non me la sento – confessa - Io e mio marito non facciamo la fame, ma non potremo mai permetterci un bambino. Soltanto l’asilo nido ci costerebbe 500 euro". 13 MILA POSTI A RISCHIO – Luca, Assunta e Andrea, sono tutti colleghi (e delegati sindacali): si sono incontrati nella Capitale per la terza "Conferenza nazionale delle lavoratrici e lavoratori dei call center" organizzata da Slc-Cgil (il principale sindacato del settore). Una riunione per richiamare l’attenzione sui problemi di un comparto che, nel 2011, conta 67 mila addetti in tutto il Paese. Il rischio maggiore si chiama delocalizzazione: 8mila posti di lavoro persi nell'ultimo biennio e altri 13mila ancora in bilico nei call center in outsourcing italiani (di cui 1.100 solo nel Lazio). Lavoratori in un call center (foto Emblema) Lavoratori in un call center (foto Emblema) DELOCALIZZAZIONE E PRIVACY - Sarebbero gli stessi committenti (i colossi della telefonia, gas, elettricità, trasporti, eccetera) a imporre vere e proprie "gare al ribasso": le aziende che si aggiudicano la gestione del servizio, quindi, sarebbero costrette ad andare all’estero per risparmiare sul costo dei lavoratori. Di esempi ce ne sono molti: "Noi abbiamo accettato i contratti di solidarietà per superare la crisi. Ma quando sono arrivate nuove importanti commesse, invece di investire qui, hanno trasferito il call center all’estero – dice Luca Alessandrini, 29 anni che lavora a Fiumicino - L’azienda si è giustificata sostenendo che, da contratto, la commessa imponeva solo il 30% del lavoro in Italia. Il resto, per risparmiare, è stato spostato in Albania". Una protesta dei precari di Teleper- formance a Roma Una protesta dei precari di Teleper- formance a Roma PRIVILEGIATI AL TELEFONO – La delocalizzazione non riguarda tutti. Ai clienti top - che di solito vengono privilegiati - continuano a rispondere operatori italiani. A quelli "normali", meno interessanti dal punto di vista commerciale, rispondono addetti albanesi, romeni, tunisini o argentini (nonostante il problema del fuso orario). "E questo comporta tutta una serie di problemi legati alla privacy. La normativa italiana è chiara e garantista e noi lavoriamo con mille cautele – aggiunge Alessandrini - Ma è lo stesso all’estero? Al telefono noi forniamo dati sensibili come il numero della carta di credito". MOBILITAZIONE PERMANENTE - Il sindacato Slc-Cgil ha annunciato una mobilitazione unitaria per fermare "una nuova e massiccia fase di delocalizzazioni, spinta e richiesta direttamente dai grandi committenti". "Su questo problema c’è una totale disattenzione del governo – attacca Susanna Camusso, segretario generale della Cgil –. Da più di un anno aspettiamo un tavolo ad hoc per affrontare il problema della delocalizzazione. Il ministero del Welfare poi, ha ridotto i controlli e così sono lievitati il lavoro nero e operazioni di questo tipo hanno favorito le imprese predone che prendono gli incentivi e poi scappano all’estero". Carlotta De Leo 20 febbraio 2011
2011-02-17 SABATO LA CONFERENZA NAZIONALE DI SLC-CGIL Call center: l'ultimo rifugio dei precari minacciato da schiere di non-immigrati Al centralino rispondono albanesi, romeni, tunisini: parlano un italiano stentato, ma costano molto meno A Roma, congresso nazionale di settore con Camusso * NOTIZIE CORRELATE * Crac da 11 milioni in ex Eutelia, parte il processo agli ex manager (1 febb 11) * Lo 06.06.06 rischia di chiudere per tagli (30 lug 10) * Atesia: in lotta anche i lavoratori del più grande call center d'Europa (17 mag '10) * Allarme alla Cronos: 67 esuberi (8 giu 10) SABATO LA CONFERENZA NAZIONALE DI SLC-CGIL Call center: l'ultimo rifugio dei precari minacciato da schiere di non-immigrati Al centralino rispondono albanesi, romeni, tunisini: parlano un italiano stentato, ma costano molto meno A Roma, congresso nazionale di settore con Camusso Una scena del film "Tutta la vita davanti", dedicato ai giovani dei call center Una scena del film "Tutta la vita davanti", dedicato ai giovani dei call center ROMA - Vite in standby nei call center di tutta Italia. Di quest’universo composto, per lo più, da donne under-40 laureate e precarie, hanno parlato film, documentari, libri e inchieste giornalistiche. Guadagnano meno di mille euro al mese. Fanno orari massacranti. Eppure rischiano di vedersi soffiare il posto da "colleghi" albanesi, romeni e tunisini che parlano un italiano più stentato ma costano molto meno. E l'ultima frontiera del precariato, la delocalizzazione dei call center. Se ne parlerà nella "Terza conferenza nazionale delle lavoratrici e lavoratori dei call center" organizzata a Roma venerdì 18 e sabato 19 febbraio da Slc-Cgil (il principale sindacato del settore) per fare il punto sul settore. Un call center a Roma Un call center a Roma TELEFONI TRASFERITI ALL'ESTERO - La delocalizzazione colpisce anche il Lazio: spariscono posti nei call center perchè i centralini sono stati spostati all'estero, ed ora impiegano schiere di non-immigrati; extracomunitari (ma anche cittadini comunitari, come i romeni), che non hanno più bisogno di arrivare in Italia per trovare lavoro presso una società tricolore. Alla conferenza di Roma, i delegati locali si ritroveranno insieme al Segretario della Cgil, Susanna Camusso, ad analizzare questo ed altri problemi di un settore duramente colpito dalla crisi (nel 2010 si sono persi 8mila posti di lavoro in tutta Italia) e avanzare nuove proposte. "Il Lazio è una delle regioni dove l’occupazione è più a rischio. Abbiamo diverse situazioni critiche che teniamo sotto osservazione", afferma Natascia Treossi, segretario Slc-Cgil di Roma e Lazio. Una protesta dei lavoratori Eutelia , società specializzata nella gestione di call center (foto Ansa) Una protesta dei lavoratori Eutelia , società specializzata nella gestione di call center (foto Ansa) 63 MILA ADDETTI IN ITALIA – Stando ai dati del sindacato aggiornati a settembre 2010, il comparto nazionale conta tra 63-64 mila addetti. Una buona fetta di questi, circa 11mila, lavora nei call center outsourcing (ovvero quelli che lavorano su commessa di grandi aziende) del Lazio. "La crisi continua a colpire – spiega la Treossi – nello scorso anno abbiamo perso 430 posti. A rischio poi, ci sono altri 1.100 lavoratori, circa il 10 per cento degli occupati nel settore in regione". L’emergenza continua ancora oggi e "purtroppo, alcune situazioni si sono aggravate". Un esempio da manuale: "La protesta dei 118 lavoratori della Herla di Pomezia che, a ottobre, sono dovuti salire sul tetto e occupare il call center perché non venivano pagati da un anno – ricorda la sindacalista -. Abbiamo ottenuto la cassa integrazione in deroga a zero ore, ma è scaduta lo scorso 31 dicembre e aspettiamo che la Regione Lazio la rinnovi". Manifestazione dei ragazzi del call center della Cronos (foto Faraglia) Manifestazione dei ragazzi del call center della Cronos (foto Faraglia) CONTRATTI E COMMESSE – A mettere a rischio il settore sono i repentini fallimenti e cessioni di rami d’azienda dei call center in outsourcing. "La Slc-Cgil ha chiesto di legare i contratti alle commesse – spiega la Treossi - cosicché se l’azienda fallisce o viene ceduta, i lavoratori continueranno a svolgere le stesse mansioni, ma saranno pagati da chi subentra". Un esempio positivo è proprio a Pomezia, dove lo scorso dicembre si è chiusa la vertenza dei 146 lavoratori della Cronos: "Dopo una trattativa serrata sono stati assunti dalla nuova società Comdata – aggiunge –. Azienda e lavoratori hanno fatto sacrifici, ma siamo riusciti a garantire i posti di lavoro. Ed entro giugno saranno ricollocati anche i pochi addetti rimasti finora esclusi dall’accordo". Protesta dei lavoratori del call center Atesia (Ansa) Protesta dei lavoratori del call center Atesia (Ansa) IL "DUMPING" SALARIALE - Dietro alcuni fallimenti o cessioni, però, non si nasconde la crisi economica. Le società preferiscono delocalizzare il servizio in Paesi dove il salario costa meno (Albania, Romania e Tunisia appunto). "Vogliamo inserire una clausola sociale contro il dumping salariale nel contratto nazionale – dice la Treossi –, perché questa gara a ribasso non tutela né l’occupazione né la qualità del servizio". In effetti, a rischio non è solo il lavoro in Italia (più costoso che altrove), ma anche la privacy. "La nostra normativa è molto garantista sul trattamento dei dati personali – conclude la sindacalista – ma non possiamo certo sapere se lo siano anche quelle albanesi, tunisine o romene. E non si tratta di un problema minore: molto spesso, al telefono forniamo dati sensibili come il numero della carta di credito o informazioni che riguardano la nostra salute". Carlotta De Leo 17 febbraio 2011
2011-02-15 L'a.d. del Lingotto in un'audizione alla Camera: "Sede legale ancora da scegliere" Marchionne: "Nessuno accusi la Fiat di abbandonare l'Italia" "Cuore a Torino per le attività europee, testa a Detroit per le americane, ma anche in Brasile e in Asia" L'a.d. del Lingotto in un'audizione alla Camera: "Sede legale ancora da scegliere" Marchionne: "Nessuno accusi la Fiat di abbandonare l'Italia" "Cuore a Torino per le attività europee, testa a Detroit per le americane, ma anche in Brasile e in Asia" Sergio Marchionne alla Camera Sergio Marchionne alla Camera MILANO - "Vorrei che fosse assolutamente chiara una cosa: nessuno può accusare la Fiat di comportamenti scorretti, di vivere alle spalle dello Stato o di voler abbandonare il Paese". Lo ha affermato Sergio Marchionne, insolitamente in giacca e cravatta, in un'audizione alla Camera. "Abbiamo progetti ambiziosi che partono proprio dall'Italia e si ispirano su uno sforzo globale". CUORE A TORINO, TESTA IN PIÙ POSTI - "Se il cuore della Fiat resterà a Torino, la testa deve essere in più posti", ha aggiunto l'amministratore delegato della Fiat. "A Torino per gestire le attività europee, a Detroit per quelle americane, ma anche in Brasile e, in futuro, una in Asia". Marchionne ha specificato che comunque una decisione sul quartier generale della Fiat non è stata ancora presa. "Una volta che Chrysler sarà quotata e avremo due società in due mercati diversi, si porrà un problema di governance. La scelta della sede legale non è ancora stata presa. Se si realizzeranno le condizioni" rispetto al progetto Fabbrica Italia, "allora il nostro Paese sarà in grado di mantenere la sede legale". CHRYSLER - Secondo l'a.d. del Lingotto, che ha parlato alle commissioni riunite Attività produttive, commercio, turismo e trasporti, poste e telecomunicazioni, "non è vero che solo Fiat ha salvato Chrysler, ma è vero anche il contrario: il nostro futuro è legato a doppio filo. "Mirafiori è l'emblema della tradizione industriale del Paese". MODELLI - Entro il 2014 Fiat produrrà un milione di vetture nei tre settori principali. Il lancio dei nuovi modelli è stato riposizionato a partire dalla seconda metà del 2011. "Quest'anno presenteremo sette prodotti nuovi", ha detto il capo della Fiat. "Tra i veicoli commerciali ci saranno 34 nuovi modelli nel giro di cinque anni, due terzi dei nuovi modelli saranno prodotti da Fiat, mentre 13 da Chrysler. Stiamo lavorando perché l'Alfa Romeo possa tornare sul mercato americano entro la fine del 2012". Il lancio della nuova Panda nello stabilimento di Pomigliano avverrà entro la fine dell'anno. SALARI - Marchionne ha aggiunto che la Fiat è pronta ad aumentare i salari portandoli ai livelli di Germania o Francia se incrementerà l'utilizzo degli impianti a una percentuale dell'80% rispetto all'attuale 40%. Negli accordi per Pomigliano e Mirafiori "non c'è nessuna clausola che penalizzi i lavoratori. Vengono mantenute inalterate tutte le condizioni positive che sono previste non solo dal nostro contratto collettivo, ma anche da tutti i trattamenti che la Fiat nel tempo ha riconosciuto alle proprie persone". Redazione online 15 febbraio 2011
LA PRODUZIONE TERMINERA' A FINE ANNO Fiat: Termini Imerese, siglato l'accordo per la riconversione Romani: "Integrale riassorbimento dei 1.500 lavoratori Fiat e aumento dell'occupazione a 3.300 persone LA PRODUZIONE TERMINERA' A FINE ANNO Fiat: Termini Imerese, siglato l'accordo per la riconversione Romani: "Integrale riassorbimento dei 1.500 lavoratori Fiat e aumento dell'occupazione a 3.300 persone Operai nello stabilimento di Termini Imerese in un'immagine di archivio Operai nello stabilimento di Termini Imerese in un'immagine di archivio MILANO - Investimenti totali per oltre un miliardo, ricollocazione integrale dei 1.500 dipendenti attuali, previsione di occupazione, una volta completato il piano, di circa 3.30 lavoratori. Sono gli elementi principali dell'accordo di programma per la riconversione dello stabilimento Fiat di Termini Imerese (Palermo), siglato lunedì sera. La firma è stata annunciata dal ministro per lo Sviluppo Economico, Paolo Romani. L'accordo è stato siglato dalla Fiat, dalla Regione Sicilia, dalla Provincia, dal Comune e dall'Asi (l'area di sviluppo industriale proprietaria dei terreni). È arrivato, quindi, l'ok ai sette progetti industriali inseriti nella short-list dall'advisor Invitalia. Sono previsti investimenti pubblici per 450 milioni: 100 milioni dal ministero e 350 milioni dalla Regione Sicilia. Complessivamente l'investimento, considerando l'apporto dei privati, è pari a oltre un miliardo. "AUMENTO DELL' OCCUPAZIONE" - "Questo accordo ha due sottolineature importanti - ha detto Romani -. Primo: la Fiat cede gli impianti (che cesseranno la produzione a fine 2011, ndr) a patto che ci sia la ricollocazione integrale di tutti gli attuali dipendenti dello stabilimento. Secondo: a fronte dei 1.500 dipendenti oggi impiegati in Fiat la previsione di occupazione, una volta che le sette aziende si saranno stabilite, è di circa 3.300 lavoratori". Romani ha sottolineato che "da una situazione di crisi ne abbiamo ricavato una straordinaria case history italiana di ristrutturazione aziendale e industriale che dà alla Sicilia la possibilità di raddoppiare l'occupazione". La firma ufficiale dell'intesa, ha detto Romani, è prevista per mercoledì 16 febbraio. Redazione online 14 febbraio 2011
l'anno scorso il gettito tributario ha fatto segnare una contrazione dello 0,97% Bankitalia: debito 2010 cresciuto del 4,3% Ha toccato quota 1.843,2 miliardi di euro contro i 1763,9 miliardi del 2009 l'anno scorso il gettito tributario ha fatto segnare una contrazione dello 0,97% Bankitalia: debito 2010 cresciuto del 4,3% Ha toccato quota 1.843,2 miliardi di euro contro i 1763,9 miliardi del 2009 Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi (Imagoeconomica) Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi (Imagoeconomica) MILANO - Sale del 4,3% in un anno il debito pubblico italiano che a fine 2010 si attesta a quota 1.843,2 miliardi di euro, contro i 1.763,9 miliardi di euro dell'anno precedente. È quanto emerge dal supplemento Finanza Pubblica al Bollettino statistico della Banca d'Italia. Il debito risulta comunque in lieve flessione rispetto al record di 1.868,6 miliardi toccato lo scorso novembre. GETTITO - Chiude invece con il segno meno l'anno 2010 sul fronte tributario. Il gettito tributario - secondo quanto calcolato dalla Banca d'Italia - ha segnato una contrazione dello 0,97%. È quanto emerge dalle statistiche pubblicate dal supplemento Finanza Pubblica al bollettino dell'istituto di via Nazionale. Gli incassi, secondo i dati al netto dei fondi speciali della riscossione, sono calati di 3,9 miliardi di euro attestandosi a 397,5 miliardi contro i 401,4 miliardi dell'anno precedente. Redazione online 14 febbraio 2011
L'intervista esce martedì sul FrankfUrter Allgemeine Zeitung Draghi: "Per stimolare la crescita si prenda esempio dalla Germania" Il governatore di Bankitalia: "Non siamo Paese a rischio" L'intervista esce martedì sul FrankfUrter Allgemeine Zeitung Draghi: "Per stimolare la crescita si prenda esempio dalla Germania" Il governatore di Bankitalia: "Non siamo Paese a rischio" Mario Draghi (Ansa) Mario Draghi (Ansa) MILANO - L'Europa ha bisogno di riforme per accelerare la crescita economica e in questo caso la Germania "deve servire da esempio" per gli altri Paesi. Lo ha detto il governatore della Banca d'Italia e membro del consiglio direttivo della Banca centrale europea, Mario Draghi, durante un'intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung che verrà pubblicata martedì. "La Germania ha migliorato la sua competitività attuando delle riforme strutturali. Questo deve essere il modello". [an error occurred while processing this directive] IL CASO ITALIA - "L'Italia non è un Paese a rischio", ha aggiunto Draghi. "L'indebitamento delle famiglie e delle imprese è tra i più bassi in Europa. La struttura industriale è molto diversificata e pertanto resistente. Il bilancio delle partite correnti è in equilibrio. Durante la crisi, il deficit di bilancio italiano durante la crisi non è aumentato come in altri Paesi. La durata media del debito pubblico italiano è aumentata a sette anni e tre mesi, il che ci protegge da problemi di finanziamento". L'Italia, insiste Draghi, non è più un Paese simbolo di instabilità. "Ma abbiamo bisogno", rileva, "di regole severe per ridurre l'indebitamento" e "di maggiore crescita".ì Redazione online 14 febbraio 2011(ultima modifica: 15 febbraio 2011)
2011-02-13 IL VERTICE - Berlusconi, Romani e sacconi a Palazzo Chigi con i vertici del Lingotto "La Fiat si espande nel mondo ma rimane con un cuore italiano" Confermati gli obiettivi di sviluppo con investimento da 20 miliardi. Sacconi: "Serve governabilità stabilimenti" IL VERTICE - Berlusconi, Romani e sacconi a Palazzo Chigi con i vertici del Lingotto "La Fiat si espande nel mondo ma rimane con un cuore italiano" Confermati gli obiettivi di sviluppo con investimento da 20 miliardi. Sacconi: "Serve governabilità stabilimenti" MILANO - "Fiat è una grande multinazionale che si sta espandendo nel mondo, ma che rimane con un cuore italiano", sintetizza il ministro dello Sviluppo, Paolo Romani, dopo l'incontro a Palazzo Chigi con i vertici del Lingotto. Per il ministro, l'ad Sergio Marchionne ed il presidente John Elkann hanno "confermato di voler investire in Italia", considerando il nostro Paese "un punto di partenza per un'azienda che vuole investire nel mondo intero, anche aprendo nuovi mercati". "Il Governo ha preso atto positivamente delle intenzioni manifestate dall'azienda e del suo ruolo sul mercato globale" ed ha inoltre "confermato che concorrerà a realizzare le migliori condizioni di competitività perché gli investimenti previsti in Italia siano il volano per raggiungere il più alto posizionamento rispetto ai concorrenti del settore", si legge in un comunicato diffuso da palazzo Chigi al termine dell'incontro con i vertici della Fiat. INVESTIMENTO DA 20 MILARDI - Sempre a quanto riporta il comunicato, "il presidente e l'amministratore delegato della Fiat, John Elkann e Sergio Marchionne, hanno confermato al Governo l'intenzione di perseguire gli obiettivi di sviluppo della multinazionale italiana, che prevede la crescita della produzione nel nostro Paese da 650 mila a 1 milione e 400 mila auto, un obiettivo sostenuto da un investimento di Fiat e Fiat Industrial per circa 20 miliardi di euro". È quanto si legge in un comunicato diffuso da palazzo Chigi al termine del tavolo con i vertici della Fiat. GOVERNABILITA' DEGLI STABILIMENTI - "Il futuro di Fiat, il suo radicamento in Italia, l'effettiva realizzazione degli altri investimenti ipotizzati sono condizionati alla governabilità degli stabilimenti", ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, in conferenza stampa dopo l'incontro con Fiat. Su questo "abbiamo riconosciuto concordemente - ha aggiunto Sacconi - governo, regione, comune e provincia, l'importanza di relazioni industriali costruttive". È "questo il cuore del problema, lo abbiamo condiviso tutti", ha sottolineato. IL PROGETTO FABBRICA ITALIA - La futura governance della Fiat dipenderà dalla realizzazione "entro il 2014 del progetto Fabbrica Italia che potrà condizionare eventuale decisioni future sulla governance e non solo sulla sede", ha detto il sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Marchionne "ha ribadito il mantenimento dell'italianità" ma, ha spiegato Chiamparino, questo "dipende dalla dinamica mondiale e dagli obiettivi che si prefigge giorno per giorno. La questione della sede coincide con il progetto Fabbrica Italia". La parolaccia del ministro BERSANI: ALLA BUON'ORA - Interpellato a margine dell'incontro a Milano per dare il via alla campagna elettorale del candidato sindaco Giuliano Pisapia, il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha commentato: "Il vertice? Alla buon'ora, dopo un paio d'anni!". E ha spiegato di temere che "molte cose siano già successe". "Vedremo che cosa si farà di quelle che devono ancora succedere - ha detto -. Per esempio se io fossi lì avrei tante domande. Una, in particolare, se mi segnalano una multinazionale monoprodotto che ha quattro quartieri generali. Io non ne conosco una". Redazione online 12 febbraio 2011
2011-02-05 L’aD: stiamo allevando nuovi manager, quelli che potranno prendere il mio posto "Possibile fondere Fiat con Chrysler" Marchionne: potrebbe anche avere sede negli Usa. Alfa Romeo? Finché ci sono io non si vende * NOTIZIE CORRELATE * Sacconi: "Fiat negli Usa? Una vaga ipotesi, non la decisione" (5 febbraio 2011) L’aD: stiamo allevando nuovi manager, quelli che potranno prendere il mio posto "Possibile fondere Fiat con Chrysler" Marchionne: potrebbe anche avere sede negli Usa. Alfa Romeo? Finché ci sono io non si vende MILANO - Doveva essere un tranquillo incontro con concessionari e consulenti nordamericani. È diventata la sede del "niente è escluso". La fusione Fiat-Chrysler, intanto: e quella è comunque da tempo data per scontata. E poi, però, c'è quel che scontato non solo non era (e non è): rientrava semmai nella categoria delle accuse che Sergio Marchionne respingeva regolarmente al mittente. Portare la "testa" del gruppo a Detroit? "La radici restano a Torino", ha sempre risposto. E sul piatto, a dimostrazione, metteva Fabbrica Italia. Ora, invece: "Who knows?". "Chi può dirlo?". È solo uno dei tanti "scenari e alternative" da considerare "nei prossimi due o tre anni", ripete. E tuttavia: no, non si può escludere che la possibile, futura "nuova entità" abbia "una sede qui". Cioè negli Usa. C'è un po' di confusione sulla traduzione, lui parla di headquarter ed è difficile dire se intenda il quartier generale "base" o più semplicemente un "gemello" del Lingotto. Ma la sostanza non cambia. Anche se la seconda ipotesi è più nella logica delle cose — la doppia sede è già nei fatti — la frase è di quelle destinate a far riesplodere le polemiche. Cadrà come una bomba sul sindacato e sulla politica italiani. È a San Francisco, Marchionne. Davanti ha la platea della Jd Power. Discorso tranquillo. Le prospettive di Chrysler: "Il risanamento va avanti a un trend buonissimo, ripagheremo ogni cent ai governi di Usa e Canada". Quelle della Fiat e della prima integrazione "piena" con Alfa- Jeep insieme a Mirafiori: "Ho piena fiducia nel futuro dei due gruppi" e, a proposito, "l'Alfa io non la venderò mai". E le prospettive del management e sue personali: "Stiamo allevando i nuovi leader", quelli che "potranno prendere il mio posto". È a questo punto che entra nel vivo la sessione di domande. In Italia è ormai sera. Marchionne aveva appena ripetuto la filosofia del matrimonio Torino-Detroit: "I due gruppi sono perfettamente complementari, siamo in grado di affrontare sfide comuni ". È qui che arriva la domanda più ovvia: la fusione, allora, ci sarà? E se sì, dove sarà la sede? Ecco la molto meno ovvia risposta: "Nei prossimi due o tre anni potremmo guardare a una nuova entità. Potrebbe avere base qui". Secco. Non per gli americani: ma in Italia, e lui lo sa, l'effetto sarà ben diverso. Forse anche per questo precisa che "stiamo considerando diverse alternative e diversi scenari" e che tutto, dunque, è ipotetico: "Prima dobbiamo pensare all'integrazione, poi alla governance". Che va comunque, inevitabilmente, verso la doppia sede: Torino sullo stesso piano di Detroit. Ma da noi, intanto, Marchionne si prepari a nuove polemiche. E a parlare anche di questo quando, il 15 febbraio, andrà a illustrare i piani Fiat-Chrysler in Parlamento. Raffaella Polato Raffaella Polato 05 febbraio 2011
CAMUSSo: "GOVERNO CONVOCHI MARCHIONNE". Bersani: "Il governo chieda chiarimenti" Sacconi: "Fiat negli Usa? Una vaga ipotesi, non la decisione" Il ministro del Lavoro: "Garantisca trasparente e continuo confronto con le istituzioni e le parti sociali" * NOTIZIE CORRELATE * Marchionne: "Possibile fondere Fiat con Chrysler" (5 febbraio 2011) CAMUSSo: "GOVERNO CONVOCHI MARCHIONNE". Bersani: "Il governo chieda chiarimenti" Sacconi: "Fiat negli Usa? Una vaga ipotesi, non la decisione" Il ministro del Lavoro: "Garantisca trasparente e continuo confronto con le istituzioni e le parti sociali" Maurizio Sacconi (LaPresse) Maurizio Sacconi (LaPresse) MILANO - "Una vaga ipotesi non è una decisione, e non può quindi dar luogo al solito festival delle Cassandre". Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, commenta le dichiarazioni dell'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, sulla possibilità di realizzare entro due tre anni la fusione con Chrlyser e di trasferire la governance negli Usa. MARCHIONNE - "Una cosa è certa: l'Italia tutta, nelle sue componenti istituzionali come in quelle sociali prevalenti, si è guadagnata il diritto a conservare funzioni direzionali e progettuali - sottolinea il ministro -. E l'ulteriore evoluzione dell'efficienza dei siti produttivi può ancor più consolidare questa legittima aspettativa che il governo è decisamente intenzionato a far valere. A Marchionne - conclude - chiediamo la garanzia di un trasparente e continuo confronto con le istituzioni e le parti sociali". CAMUSSO - Per il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, il governo dovrebbe "convocare Sergio Marchionne". "Che si discuta il piano industriale", ha affermato a margine di una manifestazione di Libertà e Giustizia al Palasharp a Milano, "che si discuta finalmente delle cose vere invece che di trattare male i lavoratori. BERSANI - Sulla setssa falsariga anche Bersani intervenendo all'Assemblea nazionale del Pd: "Per l'amor di Dio! - ha esclamato Bersani - Sono stato ministro anche io. Io chiamerei Marchionne e gli direi: 'dopo averci spiegato come si organizzano i turni e le pause, vuoi dirci cosa succede sulle prospettive con la Chrysler?"'. "Non vorrei - ha proseguito - che per i 150 anni dell'unità d'Italia, il regalo per Torino e l'Italia sia quello di diventare la periferia di Detroit. Perché noi non siamo mica d'accordo. Vogliamo risposte - ha concluso - sugli investimenti". Redazione online 05 febbraio 2011
SFRUTTAMENTO LAVORATIVO Primo: non sostituire i dipendenti. Le 10 regole contro gli "stage-truffa" La Cgil lancia una campagna e un sito per tutelare l'entrata nelle azienda dei giovani SFRUTTAMENTO LAVORATIVO Primo: non sostituire i dipendenti. Le 10 regole contro gli "stage-truffa" La Cgil lancia una campagna e un sito per tutelare l'entrata nelle azienda dei giovani ROMA — Un decalogo per difendersi dagli stage-truffa. E una campagna per suggerire ai più giovani come difendersi dallo sfruttamento lavorativo, perché nel 2008 soltanto 9 stagisti su 100 hanno trovato un lavoro, sia pure precario, dopo uno stage. È la campagna lanciata dal segretario della Cgil, Susanna Camusso, che prevede tra l’altro, l’istituzione di una bacheca online che ospiterà le denunce sugli stage-truffa. La Cgil chiede a governo e Regioni norme che prevedano sanzioni per chi non rispetta le regole e rafforzino i limiti su durata massima, numero di stagisti in azienda e divieto di proroga. RIMBORSO SPESE - Ma ecco, in sintesi, il decalogo: 1) Stage e tirocinio devono essere fondati su un progetto formativo, definito da una convenzione tra l’ente promotore, l’ente ospitante e lo stagista. 2) Gli stagisti devono essere inseriti in (o aver da poco concluso) percorsi formativi. 3) Lo stagista ha diritto a un Tutor. 4) Lo stagista non può sostituire personale dipendente. 5) È consentito un limite massimo di stagisti in proporzione al personale. 6) La durata di uno stage è commisurata al progetto formativo. 7) Lo stage non può essere prorogato. 8) Lo stagista deve esser messo in condizione di formarsi. 9) Allo stagista devono essere riconosciuti pari diritti rispetto ai dipendenti su servizi-mensa, buoni-pasto, trasporti, alloggio, assicurazione infortunistica e tutte le norme previste sulla salute e sicurezza. 10) Lo stagista ha diritto a un rimborso spese di 400 euro a titolo di borsa di studio. Redazione online 04 febbraio 2011
2011-01-04 accordo sul regime transitorio sugli aumenti salariali legati alla produttività Pubblico impiego, Cgil lascia il tavolo Intesa firmata da Cisl e Uil. Camusso attacca: "Corrono in soccorso al governo". Verso mobilitazione della Cgil accordo sul regime transitorio sugli aumenti salariali legati alla produttività Pubblico impiego, Cgil lascia il tavolo Intesa firmata da Cisl e Uil. Camusso attacca: "Corrono in soccorso al governo". Verso mobilitazione della Cgil Susanna Camusso (Lapresse) Susanna Camusso (Lapresse) MILANO - Cgil lascia il tavolo con il governo in cui l'esecutivo ha presentato ai sindacati il testo dell'accordo sul regime transitorio sugli aumenti salariali legati alla produttività nel pubblico impiego. L'intesa, oltre a Cisl e Uil, è stata firmata anche da Ugl, Usae, Confsal e Cida. Hanno detto no Cgil, Cgu, Cisal, Confedir, Cosmed, Cse e Rdb-Usb. CAMUSSO ALL'ATTACCO - Dure le parole del leader della Cgil, Susanna Camusso, dopo la rottura: "L'accordo firmato da Cisl e Uil sui salari di produttività nel pubblico impiego è una presa in giro dei lavoratori". Diretto l'attacco alle altre due organizzazioni dei lavoratori: "Siamo di fronte a sindacati che corrono in soccorso al governo che è un po' claudicante". LA RISPOSTA - Immediata la replica di Bonanni: " Mi dispiace della caduta di stile di Susanna Camusso, perché noi siamo i rappresentanti di milioni di lavoratori e non prendiamo in giro nessuno. Ho molti dubbi sulla caratura sindacale di comportamenti come quelli che ci tocca sopportare. Non lancio ingiurie, ma continueremo a fare il nostro lavoro sindacale e lo faremo sempre di più". Venendo all'accordo siglato, Bonanni ha commentato che le "buste paga di tutti i lavoratori del pubblico impiego avranno esattamente quello che è stato pattuito, senza un euro in meno". Anche Pirani ha replicato alla Camusso: "Non è manifestando solo il dissenso che si salvano le ragioni del sindacato, ma è risolvendo problemi concreti che il sindacato potrà continuare a essere credibile in Italia. Non comprendo le motivazioni per cui la Cgil non ha firmato un accordo che migliora le condizioni". BRUNETTA: "SODDISFAZIONE" - Il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha espresso "grande soddisfazione" per la firma dell'intesa. MOBILITAZIONE - Si va verso una mobilitazione nazionale generale dei lavoratori del pubblico impiego della Cgil. Lunedì 7 - secondo quanto si apprende - è prevista una riunione della Fp-Cgil e della Flc per valutare un cammino di mobilitazione dei lavoratori del settore. Martedì 8 ci sarà una riunione straordinaria dei segretari generali regionali della funzione pubblica per decidere le forme di mobilitazione della categoria. Non è escluso che si arrivi a uno sciopero generale della categoria entro la fine di marzo contro il blocco dei contratti, l'accordo separato di venerdì e per il rinnovo urgente delle rappresetanze sindacali del pubblico impiego. INTESA - Questi in sintesi i punti dell'intesa: 1. Le parti convengono sulla necessità di realizzare un sistema di relazioni sindacali che persegua condizioni di produttività ed efficienza del pubblico impiego tali da consentire il rafforzamento del sistema produttivo e il miglioramento delle condizioni lavorative 2. Le retribuzioni complessive, comprensive della parte accessoria, conseguite dai lavoratori nel corso del 2010, non devono diminuire 3. Al fine di non pregiudicare le attuali retribuzioni dei dipendenti pubblici si è stabilito che i premi previsti dalla riforma Brunetta possano essere finanziati solo con le risorse derivanti da risparmi di gestione 4. Saranno costituite commissioni paritetiche con il compito di monitorare e analizzare i risultati prodotti 5. Quanto alle relazioni sindacali, l'accordo prevede una direttiva all'Aran per trattare un contratto collettivo quadro che tenga conto dell'intera cornice normativa vigente in materia ai fini dell'applicazione del decreto legislativo n. 150/2009.
2011-01-01 Ma diminuiscono nel complesso le persone in cerca di occupazione Disoccupazione giovanile a livelli record L'Istat: a dicembre il tasso per la generazione tra i 15 e i 24 anni è salito al 29%. E' il dato più alto dal 2004 Ma diminuiscono nel complesso le persone in cerca di occupazione Disoccupazione giovanile a livelli record L'Istat: a dicembre il tasso per la generazione tra i 15 e i 24 anni è salito al 29%. E' il dato più alto dal 2004 Giovani precari ad una manifestazione a Roma (Fotogramma) Giovani precari ad una manifestazione a Roma (Fotogramma) ROMA - Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a dicembre è salito al 29% dal 28,9% di novembre, segnando così un nuovo record, si tratta, infatti, del livello più alto dall'inizio delle serie storiche mensili, ovvero dal gennaio del 2004. Lo comunica l'Istat in base a dati destagionalizzati e a stime provvisorie. Il tasso di disoccupazione a dicembre, invece, resta stabile all'8,6%, lo stesso livello già registrato a novembre (rivisto al ribasso dall'8,7%). PROSPETTIVE PIU' SERENE - Il numero delle persone in cerca di occupazione a dicembre risulta, rispetto a novembre, in diminuzione dello 0,5%, ovvero di 11 mila unità, una discesa dovuta esclusivamente alle donne. Inoltre, il numero di occupati a livello congiunturale rimane invariato, con un tasso di occupazione stabile al 57% su base mensile. I tecnici dell'Istat spiegano che "a chiusura del 2010 le condizioni del mercato del lavoro appaiono un po' più serene, da autunno l'occupazione ha smesso di scendere e la disoccupazione nell'ultimo bimestre, novembre e dicembre, ha preso a calare. L'unico elemento che stona - aggiungono - è la disoccupazione giovanile, che ancora una volta torna a scalare posizioni, segnando un nuovo record". IL MINISTRO SACCONI - "Nella rilevazione mensile dell'Istat il mercato del lavoro si conferma stabile in un contesto europeo altrettanto stabile". Lo sottolinea il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, spiegando che "si è fermata la caduta dell'occupazione tanto che rispetto al mese si registrano 11 mila disoccupati in meno". "Il tasso di disoccupazione italiano è all'8,6% - prosegue il ministro - quasi un punto e mezzo al di sotto della media europea. La crescita in tutto l'Occidente, anche per i caratteri di selettività che la contraddistinguo, non è sempre accompagnata da nuova occupazione e spesso si traduce come in Italia in aumento delle ore lavorate da parte degli stessi occupati. Le incertezze che permangono sulla ripresa contraggono le nuove assunzioni - rileva - e inducono a consolidare anche attraverso gli ammortizzatori sociali i rapporti di lavoro in essere. Per i giovani - ricorda Sacconi - il Piano del Governo, anche con misure specifiche di incentivazione, si rivolge soprattutto all'investimento nelle competenze e, in particolare, ai contratti di apprendistato che integrano apprendimento e esperienza lavorativa". L'OPPOSIZIONE ALL'ATTACCO - Non si è fatta attendere anche la voce dell'opposizione. Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, ha detto che ci troviamo davanti a un'altra "pessima notizia dal fronte lavoro. Ancora un aumento dei lavoratori e delle lavoratrici che, perchè scoraggiati, rinunciano a cercare lavoro. Le generazioni più giovani - dice - passano dalla precarietà alla disoccupazione senza speranza. Non è soltanto conseguenza della crisi globale, è anche colpa grave di un governo concentrato da mesi sulle ragazzine a casa Berlusconi e di un ministro del Lavoro impegnato a tempo pieno a dividere i sindacati e a colpire i diritti dei lavoratori. Berlusconi si deve dimettere. L'Italia ha bisogno di un governo per le riforme, per la crescita e il lavoro". (Fonte: Ansa) 01 febbraio 2011
2011-01-29 LA MOBILITAZIONE - tensioni davanti alla sede di assolombarda Metalmeccanici e studenti in piazza Caos traffico in centro Fiom, migliaia di manifestanti. La Cub manifesta ad Arcore. Scuole, slogan contro il premier LA MOBILITAZIONE - tensioni davanti alla sede di assolombarda Metalmeccanici e studenti in piazza Caos traffico in centro Fiom, migliaia di manifestanti. La Cub manifesta ad Arcore. Scuole, slogan contro il premier MILANO - Migliaia di manifestanti hanno sfilato per le vie di Milano per il corteo della Fiom Cgil, organizzato a Milano in occasione dello sciopero nazionale della categoria. Secondo gli organizzatori, da tutta la Lombardia sono arrivati 90 pullman. In testa al lunghissimo corteo Giuliano Pisapia, Onorio Rosati della Camera del Lavoro di Milano, Maria Sciancati, segretario regionale della Cgil, don Andrea Gallo, Gad Lerner e molti esponenti della sinistra cittadina. Il segretario nazionale Maurizio Landini ha percorso tutto il corteo, salutando diversi manifestanti. Numerose le manifestazioni di stima nei confronti del sindacalista tra applausi e incitazioni a "tenere duro". "Maurizio difendici", uno dei messaggi ricorrenti. Lungo il corteo numerosi striscioni, tra i quali una rappresentazione della prima pagina del contratto nazionale siglato il 20 gennaio 2008 unitariamente, che Federmeccanica ha annunciato il recesso lo scorso settembre. "Gli operai - si leggeva un altro striscione della Fiom di Brescia - producono per tutti, non saremo mai vostri schiavi". Presenti anche i lavoratori della Scala di Milano con lo striscione "La Scala si inFiomma". Insieme a Landini il segretario generale della Lombardia Mirco Rota, la segretaria generale di Milano Maria Sciancati, i segretari generali della Cgil di Milano e Lombardia, Onorio Rosati e Nino Baseotto, e il senatore Antonio Pizzinato, che fu segretario generale della Cgil dopo Luciano Lama. La Cub ha invece manifestato ad Arcore davanti a Villa San Martino, residenza del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro Il corteo degli studenti (Newpress) Il corteo degli studenti (Newpress) IL CORTEO DEGLI STUDENTI - Un corteo composto da circa un migliaio tra studenti delle medie superiori, antagonisti e militanti dell'Unione sindacale di base (Usb) si è mosso in contemporanea da piazza Cairoli per una manifestazione parallela a quella della Fiom. Tra musica e slogan contro Berlusconi, studenti e lavoratori si sono mossi in corteo lungo via Carducci, De Amicis, Missori, Mazzini, Orefici, Cordusio, guardati a vista dalle forze dell'ordine. Al corteo si sono uniti anche il centro sociale Cantiere, alcuni collettivi della sinistra antagonista e alcuni lavoratori della scuola. Lungo il percorso, alcuni manifestanti hanno lanciato uova, vernice e petardi contro le sedi di Enel, Edison, dell'istituto privato De Amicis e della sede dell'università Cattolica, in via Carducci. Il corteo era aperto da uno striscione che recitava "Scuola - Diritti - Futuro: voi ve ne fregate, noi ce ne occupiamo!". "Tra magna magna e bunga bunga si sono mangiati tutto... cacciamoli!", era scritto su un'altro striscione. "Fund our future" ("Finanziate il nostro futuro") e "Que se vayan todos!" sono stati tra gli slogan più cantati nel corteo. TENSIONI DAVANTI AD ASSOLOMBARDA - Un centinaio di giovani antagonisti, staccatosi dalla manifestazione della Fiom in piazza del Duomo, si è scontrato poco prima delle 12.30 all'incrocio tra via Pantano e via Larga a Milano con la polizia schierata a presidio della sede di Assolombarda. I ragazzi, che hanno lanciato petardi e fumogeni, sono stati respinti con una carica di alleggerimento a cui hanno risposto lanciando alcune bottiglie. È volata qualche manganellata, poi i giovani sono confluiti in via Baracchini. Gli antagonisti sono giunti in corteo insieme con alcuni consigli di fabbrica ed operai, occupando lo spazio davanti a via Pantano lasciato libero da circa 300 lavoratori dello Slai Cobas e studenti che poco prima avevano tenuto un presidio. I manifestanti hanno poi sciolto il corteo e sono rientrati alla spicciolata in parte all'università Statale di via Festa del perdono e in parte nella "Casa dello sciopero", l'edificio occupato di via De Amicis. IL COMIZIO - "Le piazze sono strapiene in tutta Italia e le fabbriche si sono svuotate", ha detto il segretario della Fiom Landini ai giornalisti, prima di salire sul palco di una Piazza Duomo gremita per il suo comizio. "Se gli industriali fanno quello che fa Fiat creano un conflitto che non ha precedenti nel nostro Paese. Noi vogliamo fare accordi, che le aziende lavorino, che i diritti siano estesi. Offriamo terreno di confronto per affrontare la questione ma garantendo diritti e lavoro". Alla fine del suo intervento, Landini ha invocato lo sciopero generale dicendo: "Se vogliamo dare una prospettiva ai giovani, ai precari e unire tutti i lavoratori, abbiamo bisogno che si metta in campo anche lo sciopero generale di tutti i lavoratori. Ne abbiamo bisogno per ridare voce al Paese". Gad Lerner, invitato dalla Fiom Cgil ad intervenire dal palco, ha parlato del tema della giustizia sociale, un tema che "non è stato più nemmeno al centro dell'attenzione dei partiti della sinistra: ci si è dimenticati, caduto il mito della classe operaia, che quella classe è fatta di tante persone in carne ed ossa". Redazione online 27 gennaio 2011(ultima modifica: 28 gennaio 2011)
2011-01-28 LA MOBILITAZIONE - tensioni davanti alla sede di assolombarda Metalmeccanici e studenti in piazza Caos traffico in centro Fiom, migliaia di manifestanti. La Cub manifesta ad Arcore. Scuole, slogan contro il premier LA MOBILITAZIONE - tensioni davanti alla sede di assolombarda Metalmeccanici e studenti in piazza Caos traffico in centro Fiom, migliaia di manifestanti. La Cub manifesta ad Arcore. Scuole, slogan contro il premier MILANO - Migliaia di manifestanti hanno sfilato per le vie di Milano per il corteo della Fiom Cgil, organizzato a Milano in occasione dello sciopero nazionale della categoria. Secondo gli organizzatori, da tutta la Lombardia sono arrivati 90 pullman. In testa al lunghissimo corteo Giuliano Pisapia, Onorio Rosati della Camera del Lavoro di Milano, Maria Sciancati, segretario regionale della Cgil, don Andrea Gallo, Gad Lerner e molti esponenti della sinistra cittadina. Il segretario nazionale Maurizio Landini ha percorso tutto il corteo, salutando diversi manifestanti. Numerose le manifestazioni di stima nei confronti del sindacalista tra applausi e incitazioni a "tenere duro". "Maurizio difendici", uno dei messaggi ricorrenti. Lungo il corteo numerosi striscioni, tra i quali una rappresentazione della prima pagina del contratto nazionale siglato il 20 gennaio 2008 unitariamente, che Federmeccanica ha annunciato il recesso lo scorso settembre. "Gli operai - si leggeva un altro striscione della Fiom di Brescia - producono per tutti, non saremo mai vostri schiavi". Presenti anche i lavoratori della Scala di Milano con lo striscione "La Scala si inFiomma". Insieme a Landini il segretario generale della Lombardia Mirco Rota, la segretaria generale di Milano Maria Sciancati, i segretari generali della Cgil di Milano e Lombardia, Onorio Rosati e Nino Baseotto, e il senatore Antonio Pizzinato, che fu segretario generale della Cgil dopo Luciano Lama. La Cub ha invece manifestato ad Arcore davanti a Villa San Martino, residenza del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro Il corteo degli studenti (Newpress) Il corteo degli studenti (Newpress) IL CORTEO DEGLI STUDENTI - Un corteo composto da circa un migliaio tra studenti delle medie superiori, antagonisti e militanti dell'Unione sindacale di base (Usb) si è mosso in contemporanea da piazza Cairoli per una manifestazione parallela a quella della Fiom. Tra musica e slogan contro Berlusconi, studenti e lavoratori si sono mossi in corteo lungo via Carducci, De Amicis, Missori, Mazzini, Orefici, Cordusio, guardati a vista dalle forze dell'ordine. Al corteo si sono uniti anche il centro sociale Cantiere, alcuni collettivi della sinistra antagonista e alcuni lavoratori della scuola. Lungo il percorso, alcuni manifestanti hanno lanciato uova, vernice e petardi contro le sedi di Enel, Edison, dell'istituto privato De Amicis e della sede dell'università Cattolica, in via Carducci. Il corteo era aperto da uno striscione che recitava "Scuola - Diritti - Futuro: voi ve ne fregate, noi ce ne occupiamo!". "Tra magna magna e bunga bunga si sono mangiati tutto... cacciamoli!", era scritto su un'altro striscione. "Fund our future" ("Finanziate il nostro futuro") e "Que se vayan todos!" sono stati tra gli slogan più cantati nel corteo. TENSIONI DAVANTI AD ASSOLOMBARDA - Un centinaio di giovani antagonisti, staccatosi dalla manifestazione della Fiom in piazza del Duomo, si è scontrato poco prima delle 12.30 all'incrocio tra via Pantano e via Larga a Milano con la polizia schierata a presidio della sede di Assolombarda. I ragazzi, che hanno lanciato petardi e fumogeni, sono stati respinti con una carica di alleggerimento a cui hanno risposto lanciando alcune bottiglie. È volata qualche manganellata, poi i giovani sono confluiti in via Baracchini. Gli antagonisti sono giunti in corteo insieme con alcuni consigli di fabbrica ed operai, occupando lo spazio davanti a via Pantano lasciato libero da circa 300 lavoratori dello Slai Cobas e studenti che poco prima avevano tenuto un presidio. I manifestanti hanno poi sciolto il corteo e sono rientrati alla spicciolata in parte all'università Statale di via Festa del perdono e in parte nella "Casa dello sciopero", l'edificio occupato di via De Amicis. Gad Lerner e don Andrea Gallo (Fotogramma) Gad Lerner e don Andrea Gallo (Fotogramma) IL COMIZIO - "Le piazze sono strapiene in tutta Italia e le fabbriche si sono svuotate", ha detto il segretario della Fiom Landini ai giornalisti, prima di salire sul palco di una Piazza Duomo gremita per il suo comizio. "Se gli industriali fanno quello che fa Fiat creano un conflitto che non ha precedenti nel nostro Paese. Noi vogliamo fare accordi, che le aziende lavorino, che i diritti siano estesi. Offriamo terreno di confronto per affrontare la questione ma garantendo diritti e lavoro". Alla fine del suo intervento, Landini ha invocato lo sciopero generale dicendo: "Se vogliamo dare una prospettiva ai giovani, ai precari e unire tutti i lavoratori, abbiamo bisogno che si metta in campo anche lo sciopero generale di tutti i lavoratori. Ne abbiamo bisogno per ridare voce al Paese". Gad Lerner, invitato dalla Fiom Cgil ad intervenire dal palco, ha parlato del tema della giustizia sociale, un tema che "non è stato più nemmeno al centro dell'attenzione dei partiti della sinistra: ci si è dimenticati, caduto il mito della classe operaia, che quella classe è fatta di tante persone in carne ed ossa". Redazione online 27 gennaio 2011(ultima modifica: 28 gennaio 2011)
BILANCIO POSITIVO Fiat, ritorno all'utile netto nel 2010 Risultato di 600 milioni. Quasi dimezzato l'indebitamento netto industriale. dividendo complessivo di 152 milioni BILANCIO POSITIVO Fiat, ritorno all'utile netto nel 2010 Risultato di 600 milioni. Quasi dimezzato l'indebitamento netto industriale. dividendo complessivo di 152 milioni MILANO - Ritorno all'utile nel 2010 per il gruppo Fiat: 600 milioni di risultato netto contro una perdita di 848 milioni, in miglioramento di un miliardo di euro se si escludono gli oneri atipici. Dei 600 milioni di risultato netto, 222 sono relativi a Fiat Post Scissione e 378 milioni a Fiat Industrial. Il consiglio di amministrazione, che ha approvato i conti dell'esercizio, proporrà un dividendo totale per il 2010, per le tre classi di azioni di Fiat Spa, pari a 152 milioni di euro (escludendo le azioni proprie). Le azioni ordinarie, se la proposta del consiglio sarà approvata, riceveranno un dividendo unitario di 9 centesimi , mentre alle ordinarie e alle risparmio andranno 31 centesimi. Per il 2011, considerato un anno di transizione, è previsto un pagamento del 25% dell'utile consolidato sia per Fiat sia per Fiat Industrial, con un minimo di 50 milioni per la prima e di 100 milioni per la seconda. DEBITI QUASI DIMEZZATI - L'indebitamento netto industriale si è ridotto significativamente a 2,4 miliardi (era pari a 4,4 miliardi di euro a fine 2009). Questo riflette "la positiva performance operativa di tutti i business", si legge nella nota del consiglio di amministrazione. La ripartizione dell'indebitamento netto industriale tra Fiat Post Scissione e Fiat Industrial, che tiene conto degli effetti della scissione avvenuta il primo gennaio 2011, è di 0,5 miliardi di euro e 1,9 miliardi di euro rispettivamente. RICAVI PIU' 12% - Per quanto riguarda gli altri dati di bilancio, i ricavi 2010 sono ammontati a 56,3 miliardi di euro, in crescita del 12,3% rispetto al 2009, mentre l'utile della gestione ordinaria del gruppo ha raggiunto i 2,2 miliardi di euro (1,1 miliardi di euro nel 2009). Fiat Post Scissione ha registrato un utile della gestione ordinaria di 1,1 miliardi di euro e un margine sui ricavi del 3,1% (736 milioni di euro e 2,3% dei ricavi nel 2009), con un contributo del business delle Automobili pari a 934 milioni di euro (in aumento di 215 milioni di euro rispetto al 2009). Fiat Industrial ha riportato un utile di 1,1 miliardi di euro e un margine sui ricavi del 5,1% (322 milioni di euro e 1,8% dei ricavi nel 2009), con utili della gestione ordinaria più che raddoppiati per Cnh e Iveco. Redazione online 27 gennaio 2011
LA PROTESTA NELLO STABILIMENTO DEL FRUSINATE Fiom, studenti bloccano stazione Fs Sciopero alla Fiat di Cassino Sgombrati i manifestanti che bloccavano i binari a Colleferro per solidarietà coi metalmeccanici. Operai in corteo: no all'esportazione modello Marchionne * NOTIZIE CORRELATE * Con la Fiom anche giovani Pdl: combattiamo per nostro futuro (28 gen'11) * Studenti di nuovo in corteo con i cobas (27 genn 11) * Pullman e treni: tute blu e giovani verso Cassino per lo sciopero (27 genn 11) * Il sito di Officina Futura LA PROTESTA NELLO STABILIMENTO DEL FRUSINATE Fiom, studenti bloccano stazione Fs Sciopero alla Fiat di Cassino Sgombrati i manifestanti che bloccavano i binari a Colleferro per solidarietà coi metalmeccanici. Operai in corteo: no all'esportazione modello Marchionne La protesta dei lavoratori Fiom a Cassino (Ansa) La protesta dei lavoratori Fiom a Cassino (Ansa) CASSINO - E' tornata alla normalità la situazione alla stazione ferroviaria di Colleferro, dove i manifestanti diretti a Cassino hanno occupato i binari, ma sono stati poi convinti a sgombrare. Ed è in pieno svolgimento lo sciopero degli operai metalmeccanici del Lazio raccolti nella cittadina del Frusinate che ospita lo stabilimento Fiat dove si producono Bravo, Lancia Delta e Giulietta. Successo per la Fiom che conta 10mila manifestanti, mentre da Torino ridimensionano il dato dell'adesione in fabbrica. NO A MARCHIONNE - Migliaia di manifestanti sono entrati in piazza De Gasperi per il comizio finale, mentre palloncini e bandiere rosse dominavano il corteo che viaggiava al ritmo dei tamburi battuti dagli studenti: i giovani hanno aderito alla mobilitazione "Da Pomigliano a Mirafiori a Cassino il lavoro è un bene comune. Difendiamo ovunque contratti e diritti". Un corteo per dire 'no' alla "esportazione del modello dell'accordo Marchionne" nello stabilimento Fiat del frusinate. "Questo sciopero - hanno gridato al megafono i sindacalisti Fiom - è per impedire che vengano lesi tutti i diritti dei lavoratori, per dire 'no' a un accordo autoritario e antidemocratico". Al fianco dei lavoratori hanno sfilato anche il segretario generale della Cgil del Lazio, Claudio Di Berardino, il segretario regionale della Fiom, Canio Calitri, consiglieri regionali e provinciali. Il corteo partito dalla stazione cittadina si è diretto alla piazza centrale di Cassino. In piazza a Cassino (Ansa) In piazza a Cassino (Ansa) LE CIFRE - Balletto di cifre sull'adesione degli operai dello stabilimento Fiat di Piedimonte San Germano. Secondo le stime della Fiom hanno aderito oltre il 65% degli operai. Molti di loro questa mattina stanno manifestando in piazza Miranda da dove si è mosso il corteo organizzato per dire no al 'modello Marchionne'. Dalla piazza, il delegato Rsu Fiom dello stabilimento di Cassino, Pompeo Rasi, riferisce: "Oggi, secondo le nostre stime, ha aderito allo sciopero più del 65% dei lavoratori di Cassino. Questa mattina la Fiat ha abbassato di oltre la metà gli obiettivi di produzione, spostando la cosiddetta 'impostazione' delle vetture da produrre da 460 a 230". TORINO: UN FLOP - Da Lingotto arrivano altre cifre. "Flop dello sciopero indetto dalla Fiom nei tre stabilimenti Fiat Auto che oggi sono al lavoro". Lo sostiene la Fismic secondo la quale "a Cassino c'è stata un'adesione del 13%, alla Sevel del 23% e a Melfi del 9,9% , mentre a Mirafiori e Pomigliano i lavoratori sono in cassa integrazione e quindi non possono esserci riscontri". "I bassi tassi di adesione - afferma il Segretario Generale della Fismic, Roberto Di Maulo - dimostrano che la politica estremistica della Fiom non fa presa sui lavoratori". Il treno bloccato a Colleferro (Agfroma) Il treno bloccato a Colleferro (Agfroma) PARLANO GLI OPERAI - "Siamo qui per chiedere che il contratto nazionale non sia toccato da nessuno, per nessun motivo", dice Fabio Lopetuso, 43 anni, da 20 impiegato in un'azienda metalmeccanica, la Site, che si occupa di installare impianti telefonici. "Le aziende hanno strumenti legali per abbassare i costi- continua- come la cessione di rami d'azienda, o la divisione dell'azienda stessa, come ha fatto Marchionne con la Fiat. Invece, levando i diritti non si risolve nulla: un lavoratore privato dei diritti rischia la salute e sicuramente non produce come potrebbe". È d'accordo anche Andrea Romito, 49 anni, metalmeccanico da 21: "I colletti bianchi non sanno cosa vuol dire stare tutto il giorno davanti a una macchina. Solo chi lavora in catena sa davvero cosa significa quello che ci stanno facendo". POLITICI IN PIAZZA - Alla manifestazione, sono presenti anche il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, rappresentanti di Sinistra Ecologia e Libertà, Federazione della Sinistra, studenti e lavoratori, e Fausto Bertinotti, che si è detto fortemente critico nei confronti dei vertici Fiat. "Marchionne, con il suo progetto, ha riportato indietro le lancette dell'orologio a prima della Costituzione italiana. La speranza per il nostro Paese ora sono i giovani", ha detto appena giunto a Cassino. Il camion dei Cobas in piazza Venezia a Roma Il camion dei Cobas in piazza Venezia a Roma CORTEO A ROMA - Si è svolto senza particolari problemi il corteo dei Cobas a Roma che partendo da piazza della Repubblica con un lungo camion tappezzato di bandiere rosse ha raggiunto piazza Venezia. Qui un comizio tenuto dal leader dei Cobas Piero Bernocchi ha bloccato la piazza per circa una mezz'ora, impedendo così al traffico cittadino di passare. In piazza anche gruppi di studenti. Come sempre, camionette delle forze dell'ordine hanno presidiato l'ingresso di via del Corso e di via del Plebiscito, verso Palazzo Grazioli, sede romana del premier Berlusconi. Michele Marangon 28 gennaio 2011
la manifestazione Studenti e centri sociali in piazza Scritte sulle vetrine delle banche "Che la crisi la paghino i padroni" è lo striscione che ha aperto la manifestazione organizzata dai Cobas: il corteo è partito da San Marco e si è concluso ai cantieri Tav FIRENZE - Con una occupazione simbolica del cantiere dell’Alta velocità, nella zona degli ex Macelli, si è di fatto concluso il corteo organizzato a Firenze dai Cobas. Alcuni dei manifestanti, un centinaio circa, sono entrati nel cantiere e qualcuno ha tracciato con dello spray nero le scritte "No Tav" e "Stop Tav" su camion e container. Alcuni degli operai hanno continuato a lavorare. La manifestazione, partita da piazza San Marco e che per un paio d’ore ha creato disagi alla circolazione cittadina, doveva inizialmente concludersi al Polo universitario di Novoli, ma nei pressi del cantiere dove dovrebbe sorgere la stazione dell’Alta velocità progettata da Foster, la prima parte del corteo ha deviato il tragitto. A quel punto in tanti hanno lasciato il corteo. Dopo l’occupazione del cantiere, durata circa un’ora, un piccolo gruppo ha raggiunto piazza Leopoldo dove la manifestazione si è definitivamente conclusa. Durante il corteo, che secondo gli organizzatori ha visto la partecipazione di 2500 persone, sono state lanciate uova contro alcuni edifici e tracciate scritte sui muri, sulle vetrine di banche e di una rivendita della Fiat. Scanditi slogan contro Sergio Marchionne, Silvio Berlusconi e anche il sindaco Matteo Renzi. "È stata una manifestazione riuscita e pacifica - ha affermato Alessandro Nannini (Confederazione Cobas) -: ci sono stati gesti isolati, dettati dalla rabbia. Le scritte per fortuna si cancellano". "Che la crisi la paghino i padroni" è lo striscione che ha aperto la manifestazione. Lancio di uova e le scritte "Cisl servi", con una stella rossa completamente colorata e "Potere operaio", con il simbolo della falce e martello, sono state lasciate su alcuni muri nei pressi della stazione di Santa Maria Novella durante il passaggio del corteo dei Cobas per la manifestazione in corso a Firenze. Deviando il percorso stabilito gli studenti hanno raggiunto il cantiere della stazione sotterranea Foster prevista dal piano Tav. Continuano i cori contro la giunta Renzi in merito alla gestione dei cantieri. Il passaggio del corteo ha creato diversi disagi al traffico: in particolare la circolazione è rimasta bloccata per oltre 20 minuti sui viali Rosselli e Belfiore in entrambi i sensi di marcia. Sono state inoltre lanciate uova contro la scuola marescialli dei carabinieri e contro la sede del tribunale per i minorenni. Con della vernice rossa è stata poi imbrattata la vetrina di una rivendita Fiat. Nei pressi del Duomo erano state lasciate altre scritte ("Uniti contro i padroni") sulle vetrine di alcune filiali di banche. Infine, altre frasi sono state vergate su altri muri: tra queste, "Renzi ad Arcore c’è posto", "Berlusconi come Ben Ali". "Oggi scioperiamo contro il governo e le lobby dell’economia - hanno spiegato i promotori - Appoggiamo anche lo sciopero della Fiom". Gaetano Cervone 28 gennaio 2011
PADOVA Fiom, ventimila manifestanti chiedono lo sciopero generale Nella città del Santo la manifestazione regionale "Uniti contro la crisi". Cremaschi: "Fiat va verso una deriva fascista". Controlli dei biglietti ai no global, il corteo parte in ritardo PADOVA - "Sciopero generale": questo il coro dei manifestanti a chiusura della manifestazione Fiom-Cgil a Padova - oltre 30 mila presenza per il sindacato, 20 mila per le forze dell’ordine - che si è sovrapposto anche all’intervento di Danilo Barbi, della segreteria nazionale Cgil. "Vogliono licenziare i padri per assumere i figli a metà prezzo - ha detto Giorgio Cremaschi - ma il nostro no ha parlato al Paese, è diventato il no di tutto il Paese, perché Marchionne ha avuto il pregio di spiegare cosa vuole: un modello vergognoso di società senza diritti, una società del ricatto dove non ci sono cittadini, ma sudditi". "Fiat ha avuto un incremento di 600 milioni di euro, il titolo è andato su, mentre la gente sta a casa, loro sono un costo - ha proseguito Cremaschi -. Marchionne in un anno prende 40 milioni di euro, quanto due mila lavoratori in cassa integrazione, ma tutto si regge sulla nostra fatica: il lavoro è un diritto, non un costo". Il segretario Fiom ha quindi ricordato che "in un’intervista Marchionne ha detto di aver perso la battaglia mediatica con la Fiom. Ma come? hai gran parte dell’informazione pubblica e non riesci a spiegarti? Mi sembri Berlusconi che ha tutte quelle televisioni e si lamenta dell’informazione. La verità è che la verità viene fuori lo stesso". "La notte tra il 14 e il 15 gennaio l’Italia è rimasta sveglia per seguire il voto di Mirafiori, un voto politico: ci stiamo riuscendo, abbiamo una forza e una dignità superiore alla loro arroganza - ha concluso Cremaschi - non molleremo mai, il futuro è dalla nostra parte". "FIAT, DERIVA FASCISTA" - "La Fiat si sta avviando verso una deriva fascista e autoritaria perchè impedisce la libertà sindacale". Così a Padova Fiom Giorgio Cremaschi (Fiom Cgil), che chiede "che la Cgil proclami lo sciopero generale per tutti i lavoratori italiani come svolta conflittuale per aprire nel paese una fase nuova". "Questo ci chiedono oggi i metalmeccanici, gli studenti, i precari che stanno manifestando nelle piazze d’Italia". IL RITARDO - È partito con un forte ritardo il treno Venezia-Padova per il controllo del personale dei biglietti di circa 150 esponenti dei centri sociali del nord-est diretti alla manifestazione della Fiom a Padova, nell’ambito dell’intesa studenti-lavoratori "Uniti contro la crisi". Ma stavolta, ha spiega Luca Casarini, tornato dopo un periodo di assenza come portavoce dei centri sociali, tutti i disobbedienti avevano il biglietto. A Padova si è mosso dalla stazione il corteo che, dopo aver attraversato il centro cittadino, si è concluso con il comizio di Giorgio Cremaschi. La manifestazione è animata tra l’altro da canzoni rasta suonate dagli altoparlanti dei centri sociali, "Bella Ciao", Guccini e melodie di Ivan Della Mea, patrimonio musicale della Sinistra degli anni ’70, cantate dalle donne della Cgil. Alla manifestazione a cui stanno aderendo migliaia di persone, promossa dalla Fiom-Cgil, la rete degli studenti ed unione universitari, i Cobas, le associazioni dei consumatori, i pensionati Spi, Rifondazione comunista e numerosi comitati di base. Il corteo è stato aperto da uno striscione "Da Pomigliano a Mirafiori il lavoro è un bene comune - difendiamo ovunque contratto e diritti". "Siamo ’Uniti contro la crisì - ha detto Casarini - uno spazio comune per cercare una alternativa partendo dai no come quelli di Mirafiori ed alla Gelmini". (Ansa) 28 gennaio 2011
n piazza ci sono operai provenienti da ogni parte della Sicilia Sciopero Fiom, sfilano le tute blu: "Termini Imerese non si tocca" Davanti al patronato Uil, un gruppo di metalmeccanici ha gridato: "Venduti, buffoni, cannavazzi (strofinacci)" PALERMO - È partito il corteo degli operai a Termini Imerese dove è in corso lo sciopero generale organizzato dalla Fiom in difesa del contratto nazionale di lavoro: secondo gli organizzatori i lavoratori scesi in piazza sarebbero ottomila. Ad aprire il corteo è uno striscione dei lavoratori della Fiat, dove proprio oggi è scattato un nuovo periodo di cassa integrazione: le tute blu rientreranno in fabbrica il 7 febbraio, poi torneranno in cassa integrazione il 14 e il 21 febbraio e dal 28 febbraio al 4 marzo. Il corteo di lavoratori sfilerà per le strade di Termini Imerese fino a raggiungere piazza Duomo dove il segretario nazionale di Fiom per il settore auto, Enzo Masini, concluderà il comizio. A fianco dei metalmeccanici ci sono rappresentanti di altre categorie di lavoro e studenti. Sciopero generale Fiom a Termini Imerese * * * * * * * * * * * * OPERAI DA TUTTA LA SICILIA - Gli operai urlano slogan contro Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat: "Termini Imerese non si tocca, la difenderemo con la lotta". Quando il corteo è passato davanti un patronato della Uil, un gruppo di metalmeccanici ha gridato: "Venduti, buffoni, cannavazzi (strofinacci)". In piazza ci sono metalmeccanici provenienti da ogni parte della Sicilia. Da Messina gli operai della raffineria di Milazzo, delle Acciaierie, della Sicem, Tozzi Sud, Cantieristica Palumbo; da Catania i lavoratori della StMicroelectronics, della Sielte e delle Acciaierie del Sud; da Siracusa le tute blu del Petrolchimico, della Pontisol e della Sinaservice; gli operai di Metra da Ragusa, dei cantieri navali e della Lombardo da Trapani. Sfilano anche gli operai del Petrolchimico di Gela e quelli di diverse aziende del palermitano: Fincantieri, Keller, Imesi e i lavoratori delle installazioni telefoniche. SARACINESCHE ABBASSATE - Mentre gli operai sfilano i commercianti, in segno di solidarietà, abbassato le saracinesche dei loro negozi. Le scene si sono susseguite lungo il tragitto che sta conducendo i metalmeccanici della Fiom in piazza Duomo, a Termini Imerese per la conclusione dello sciopero. Gli operai intonano canti, tra cui la famosa canzone popolare Ciuri ciuri, intercalando alle strofe invettive contro Berlusconi e Marchionne. In piazza, a fianco agli operai, ci sono anche diversi esponenti politici, tra cui il senatore del Pd Giuseppe Lumia, il senatore di Idv Fabio Giambrone e i segretari siciliani di Sel e Federazione della sinistra, Erasmo Palazzotto e Luca Cangemi. Tanti i rappresentati delle varie categorie della Cgil, oltre alla segretaria generale Mariella Maggio. "Oggi la Cgil è a fianco dei metalmeccanici", dice Serena Sorrentino della Segretaria nazionale della Cgil, "in difesa del contratto nazionale di lavoro e dei diritti. Qui a Termini Imerese c’è la grande vertenza Fiat, chiediamo al governo di ricoprire un ruolo determinante nelle scelte che riguardano lo stabilimento siciliano, bisogna tutelare i posti di lavoro ma dare anche una prospettiva seria e concreta di sviluppo in questo territorio". Redazione online 28 gennaio 2011
il sindacato: "difendiamo il contratto nazionale" Pomigliano, cinquemila in corteo: "Marchionne posa i soldi" Cori ironici contro l'ad Fiat alla manifestazione organizzata dalla Fiom. Ironia sul bunga bunga NAPOLI - Riprendendo un famoso ritornello del gruppo folk 'E Zezi, gli operai in corteo stanno sfilando al grido: "Posa i soldi Marchionne, posa i soldi ladro". Si tratta della manifestazione organizzata dalla Fiom a Pomigliano D’Arco (Napoli) per difendere il contratto nazionale, il diritto di sciopero, e quello dei lavoratori. Prima della partenza alcuni manifestanti hanno fatto esplodere numerosi e forti petardi. Al corteo, secondo le prime stime, ci sarebbero circa 5000 persone. Vi prendono parte, tra gli altri, Francesca Re David, della segreteria nazionale della Fiom, Andrea Amendola, segretario generale Fiom Napoli, Michele Gravano e Giuseppe Errico della Cgil, politici ed esponenti della sinistra nonchè alcuni parroci della cittadina partenopea. In piazza anche studenti, attori precari, attivisti dei centri sociali da tutta la Campania. Gli attori hanno esposto alcuni cartelloni con le scritte "Arcore, 5mila euro un’ora di bunga bunga. Pomigliano 5mila euro 4 mesi di catena". LO STRISCIONE - In testa al corteo è stato esposto uno striscione con la scritta: "Da Pomigliano a Mirafiori il lavoro è un bene comune. Difendiamo ovunque contratto e diritti". 28 gennaio 2011
LA MOBILITAZIONE - tensioni davanti alla sede di assolombarda Metalmeccanici e studenti in piazza Caos traffico in centro Fiom, migliaia di manifestanti. La Cub manifesta ad Arcore. Scuole, slogan contro il premier LA MOBILITAZIONE - tensioni davanti alla sede di assolombarda Metalmeccanici e studenti in piazza Caos traffico in centro Fiom, migliaia di manifestanti. La Cub manifesta ad Arcore. Scuole, slogan contro il premier Il corteo della Fiom (Salmoirago) Il corteo della Fiom (Salmoirago) MILANO - Sono migliaia i manifestanti che stanno sfilando per le vie di Milano per il corteo della Fiom Cgil, organizzato a Milano in occasione dello sciopero nazionale della categoria. Secondo gli organizzatori, da tutta la Lombardia sono arrivati 90 pullman. In testa al lunghissimo corteo ci sono Giuliano Pisapia, Onorio Rosati della Camera del Lavoro di Milano, Maria Sciancati, segretario regionale della Cgil e molti esponenti della sinistra cittadina. Il segretario nazionale Maurizio Landini ha percorso tutto il corteo, salutando diversi manifestanti. Numerose le manifestazioni di stima nei confronti del sindacalista tra applausi e incitazioni a "tenere duro". "Maurizio difendici", uno dei messaggi ricorrenti. Lungo il corteo numerosi striscioni, tra i quali una rappresentazione della prima pagina del contratto nazionale siglato il 20 gennaio 2008 unitariamente, che Federmeccanica ha annunciato il recesso lo scorso settembre. Lo striscione misura 12 metri per 6 e viene portato in testa al corteo. "Gli operai - si legge un altro striscione della Fiom di Brescia - producono per tutti, non saremo mai vostri schiavi". Presenti anche i lavoratori della Scala di Milano con lo striscione "La Scala si inFiomma". Insieme a Landini il segretario generale della Lombardia Mirco Rota, la segretaria generale di Milano Maria Sciancati, i segretari generali della Cgil di Milano e Lombardia, Onorio Rosati e Nino Baseotto, e il senatore Antonio Pizzinato, che fu segretario generale della Cgil dopo Luciano Lama. La Cub sta manifestando ad Arcore davanti a Villa San Martino, residenza del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro 28 gennaio, due cortei in centro Il corteo degli studenti (Newpress) Il corteo degli studenti (Newpress) IL CORTEO DEGLI STUDENTI - Un corteo composto da circa 500 studenti delle medie superiori, antagonisti e militanti dell'Unione sindacale di base (Usb) è partito intanto da piazza Cairoli a Milano per una manifestazione parallela a quella principale organizzato dalla Fiom in partenza da porta Venezia. Tra musica e slogan contro Berlusconi queste diverse centinaia di studenti e lavoratori si stanno muovendo in corteo lungo via Carducci, De Amicis, Missori, Mazzini, Orefici, Cordusio per poi ritornare nel luogo dove sono partiti in largo Cairoli. Questo corteo e quello della Fiom dunque non si dovrebbero incrociare. Il corteo è guardato a vista dalle forze dell'ordine. Al corteo si sono uniti anche il centro sociale Cantiere, alcuni collettivi della sinistra antagonista e alcuni lavoratori della scuola. Lungo il percorso, alcuni manifestanti hanno lanciato uova, vernice e petardi contro le sedi di Enel, Edison, dell'istituto privato De Amicis e della sede dell'università Cattolica, in via Carducci. TENSIONI DAVANTI AD ASSOLOMBARDA BLINDATA - Un centinaio di giovani antagonisti, staccatosi dalla manifestazione della Fiom in piazza del Duomo, si è scontrato poco prima delle 12.30 all'incrocio tra via Pantano e via Larga a Milano con la polizia schierata a presidio della sede di Assolombarda. I ragazzi, che hanno lanciato petardi e fumogeni, sono stati respinti con una carica di alleggerimento a cui hanno risposto lanciando alcune bottiglie. È volata qualche manganellata e ora i giovani sono confluiti in via Baracchini. Gli antagonisti sono giunti in corteo insieme con alcuni consigli di fabbrica ed operai, occupando lo spazio davanti a via Pantano lasciato libero da circa 300 lavoratori dello Slai Cobas e studenti che poco prima avevano tenuto un presidio. Redazione online 27 gennaio 2011(ultima modifica: 28 gennaio 2011)
2011-01-19 DOPO L'ANNUNCIO DI MARCHIONNE SULL'APPLICAZIONE DElle nuove regole Cassino: gelo sul "modello Mirafiori" le tute blu preparano lo sciopero del 28 Nello stabilimento turni ridotti nonostante nuovi modelli molti dei 4.500 operai respingono l'accordo di Torino * NOTIZIE CORRELATE * Cassino: un anno fa il progetto di rilancio con 3 modelli (9 mar 10) * Ma in fabbrica i turni si riducono: si lavora solo lunedì e martedì (8 mar '10) * Sono 4.500 le tute blu Fiat cassintegrate a Cassino (10 febb '10) * Le foto della nuova Giulietta DOPO L'ANNUNCIO DI MARCHIONNE SULL'APPLICAZIONE DElle nuove regole Cassino: gelo sul "modello Mirafiori" le tute blu preparano lo sciopero del 28 Nello stabilimento turni ridotti nonostante nuovi modelli molti dei 4.500 operai respingono l'accordo di Torino Operai Fiat all'uscita dallo stabilimento di Cassino (Ansa) Operai Fiat all'uscita dallo stabilimento di Cassino (Ansa) CASSINO - "Siamo pronti alla sfida che ci lancia Marchionne". Nel silenzio gelido che accoglie l'illustrazione del nuovo "modello Mirafiori" all'assemblea delle tute blu, l'unica voce che si leva è quella dei dirigenti Fiom, raccolti attorno al segretario generale Maurizio Landini: promettono battaglia dopo l'annuncio dell'amministratore delegato sull'apertura di un nuovo capitolo della riorganizzazione Fiat, che a breve toccherà anche questo maxi stabilimento del Frusinate. Gli operai, intanto, preparano lo sciopero che il 28 gennaio raccoglierà proprio qui a Cassino tutti i metalmeccanici del Lazio. La catena di montaggio a Cassino (Ansa) La catena di montaggio a Cassino (Ansa) L'APPELLO DI LANDINI - "Abbiamo discusso con i lavoratori di Cassino il fatto che è necessario respingere questo disegno basato sulla competizione che riduce diritti e contratti. Siamo convinti che in questo modo non ci sarà futuro per la produzione dell'auto nel nostro paese". Così Landini sintetizza i contenuti dell'incontro avuto con gli operai di Piedimonte San Germano (Cassino) in un clima di forte preoccupazione per il futuro. Un grande silenzio ha accompagnato l'assemblea organizzativa di martedì 18 gennaio, cui hanno partecipato centinaia di lavoratori: principalmente quelli della catena di montaggio, arrabbiati e delusi per quanto accaduto a Mirafiori e già ampiamente prefigurato a Pomigliano. DIVISIONI ALL'ORIZZONTE - "Ormai - dice il segretario provinciale Fiom Arcangelo Compagnoni - c'è un asse ideale che unisce gli stabilimenti Fiat di tutta Italia, e la speranza è che davvero Marchionne riapra il confronto: se pensa di governare in questo modo gli operai che lavorano sulle linee, si sbaglia". Già, perchè è sugli addetti alle catene di montaggio che più pesa il nuovo contratto, quello che nell'ultimo referendum è stato benedetto dal "sì" che arriva da quanti, in azienda, magari hanno altre mansioni. E possono rinunciare ai dieci minuti di pausa sottratti dal nuovo accordo. Una fabbrica in cui gli operai sono divisi e le ali estreme del sindacato vengono escluse dalle trattative: l'effetto Marchionne pare assicurato anche nel Lazio. Una protesta degli operai Fiat dio Cassino sulla Roma-Napoli Una protesta degli operai Fiat dio Cassino sulla Roma-Napoli RANGHI RIDOTTISSIMI - Alla soglia dei 40 anni di attività, Piedimonte San Germano conta 4500 operai destinati a diminuire drasticamente nell'arco di tre anni: fino a un anno fa, qui c'erano 4500 cassintegrati e 500 operai in mobilità (già pensionati o destinati alla pensione a breve); si producevano soltanto 300 auto al giorno. Lontani anni luce dai numeri degli esordi, quando qui si contavano punte di 11 mila operai. Oggi la Fiat di Cassino, mandata in pensione nel dicembre scorso la Croma, sforna 600 vetture al giorno tra Giulietta, Bravo e Doblò operando su tre turni, anche se in tempi recenti i ranghi sono stati ridottissimi; anche due, o addirittura un solo turno. "Uno stabilimento che lavora a metà delle sue potenzialità", dice ancora Compagnoni sottolineando il momento di crisi appena mitigato dalla produzione della nuova Giulietta (seppur ben accolta dal mercato) dalle promesse di investimenti e dalle prestigiose visite recentemente ricevute. Come quella di Renata Polverini, governatore della Regione Lazio, o dell'erede dell'Avvocato, John Elkann. Il presidente Fiat, nel novembre scorso, aveva elogiato lo stabilimento e le sue maestranze, rimarcando ad esempio l'assenza totale di infortuni nel 2010. Un operaio a Cassino Un operaio a Cassino CONSEGUENZE SULL'INDOTTO - Elogi, "pacche sulle spalle" che alle tute blu interessano poco, ma che pure potrebbero avere un senso nell'affermare Cassino quale realtà virtuosa, forse meritevole di altro trattamento. Come auspicato da Renata Polverini, che per Piedimonte spera in un accordo diverso da quello sottoscritto a Pomigliano e Mirafiori. Stesso obiettivo della Fiom, che sottolinea la necessità di un confronto con i vertici del Lingotto: "Il sistema Fiat - aggiunge ancora Compagnoni - riguarda 13mila operai considerato l'indotto. Cambiare il contratto, i ritmi di lavoro allo stabilimento di Cassino in deroga al contratto nazionale metalmeccanico, significa influenzare ritmi e organizzazione di un'altra miriade di aziende. E questo è sinceramente assurdo". Michele Marangon 19 gennaio 2011
"Avremo più teste, a Torino, a Detroit, in Brasile, in Turchia, spero in Cina Il piano di Marchionne: "Estendere il nuovo accordo a Melfi e Cassino" L'ad di Fiat: "Non c'è alternativa, non possiamo vivere in due mondi. Vendere l'Alfa? Fossi matto, è roba nostra" * NOTIZIE CORRELATE * Marchionne: "Scelta coraggiosa". Camusso: voto contro fabbrica-caserma(15 gennaio 2011) * Referendum Fiat, vittoria dei "sì" (14 gennaio 2011) "Avremo più teste, a Torino, a Detroit, in Brasile, in Turchia, spero in Cina Il piano di Marchionne: "Estendere il nuovo accordo a Melfi e Cassino" L'ad di Fiat: "Non c'è alternativa, non possiamo vivere in due mondi. Vendere l'Alfa? Fossi matto, è roba nostra" (foto Salmoirago) (foto Salmoirago) MILANO - Dopo Pomigliano e Mirafiori il nuovo contratto investirà anche Melfi e Cassino. È quanto afferma Sergio Marchionne nell'intervista a Repubblica che, rispondendo ad una specifica domanda, sostiene che "non c'è alternativa". "Non possiamo vivere in due mondi - afferma Marchionne - Io spero che, visto l'accordo alla prova, non vorranno vivere nel secondo mondo nemmeno gli operai". UTILI AGLI OPERAI - Marchionne ha poi promesso di alzare i salari se riuscirà a ridurre i costi di utilizzo degli impianti oltre a quelli del lavoro: "Possiamo arrivare al livello della Germania e della Francia. Io sono pronto". L'ad di Fiat si è anche detto disposto a far partecipare gli operai agli utili. "Ci arriveremo - ha affermato -. Voglio arrivarci. Ma prima di parteciparli gli utili dobbiamo farli". L'ALFA - Alla domanda relativa alla possibilità di vendere l'Alfa Romeo Marchionne è lapidario: "Fossi matto, è roba nostra". "Grazie a Chrysler l'Alfa arriverà in America, con una rete di 2 mila concessionari, e farà il botto". Marchionne, inoltre, afferma di non voler vendere anche la parte relativa ai veicoli industriali. "Manco di notte - risponde alla specifica domanda -. E l'arroganza tedesca, gliela raccomando. Quando volevo comprare Opel non me l'hanno data perché ero italiano...". PIÙ TESTE - L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne risponde poi ad una domanda sulla localizzazione della "testa" decisionale del gruppo automobilistico: "Bisognerà abituarsi al fatto che avremo più teste, a Torino, a Detroit, in Brasile, in Turchia, spero in Cina. Ma un cuore solo. Così rimarranno vive quelle quattro lettere del marchio Fiat. Vediamole. Fabbrica: produciamo ancora, vogliamo produrre di più. Italiana: siamo qui e non vendiamo nulla. Automobili: resta il cuore del business. Torino: se ha dei dubbi, apra la mia finestra e guardi fuori". Sulle nuove auto prodotte a Mirafiori, poi, aggiunge: "il Centro Stile rimane qui, il design, ma anche i progetti, le piattaforme di origine: la piattaforma della Giulietta è nata qui, è stata riadattata negli Usa, adesso torna qui per fare da base ai Suv Jeep e Alfa". FIOM - "La Fiom ha costruito un capolavoro mediatico, mistificando la realtà, ma ci è riuscita" ha aggiunto Marchionne. "Noi, che siamo presenti in tutto il mondo, dal punto di vista culturale siamo stati una ciofeca, e la colpa è soltanto mia - ha continuato l'ad di Fiat -. Ho sottovalutato l'impatto mediatico di questa partita, ho sottovalutato un sindacato che aveva obiettivi politici e non di rappresentanza di un interesse specifico, come invece accade negli Usa". Marchionne nega poi di aver cercato la rottura con la Fiom: "Quel che volevo rompere era questo sistema ingessato, dove tutti sanno che noi imprese italiane siamo fuori dalla competitività, non possiamo farcela, eppure tutti fanno finta di niente". "Io parlavo una lingua, loro l'altra - ha detto ancora Marchionne - Tutti facevamo riferimento alla realtà: ma io alla realtà di oggi, così com'è nel mondo globale, la Fiom alla realtà del passato, quella che si è trascinata fin qui impantanandoci fino al collo, come Italia". Redazione online 18 gennaio 2011 2011-01-18 Avremo più teste, a Torino, a Detroit, in Brasile, in Turchia, spero in Cina Il piano di Marchionne: "Estendere il nuovo accordo a Melfi e Cassino" L'ad di Fiat: "Non c'è alternativa, non possiamo vivere in due mondi. Vendere l'Alfa? Fossi matto, è roba nostra" * NOTIZIE CORRELATE * Marchionne: "Scelta coraggiosa". Camusso: voto contro fabbrica-caserma(15 gennaio 2011) * Referendum Fiat, vittoria dei "sì" (14 gennaio 2011) "Avremo più teste, a Torino, a Detroit, in Brasile, in Turchia, spero in Cina Il piano di Marchionne: "Estendere il nuovo accordo a Melfi e Cassino" L'ad di Fiat: "Non c'è alternativa, non possiamo vivere in due mondi. Vendere l'Alfa? Fossi matto, è roba nostra" (foto Salmoirago) (foto Salmoirago) MILANO - Dopo Pomigliano e Mirafiori il nuovo contratto investirà anche Melfi e Cassino. È quanto afferma Sergio Marchionne nell'intervista a Repubblica che, rispondendo ad una specifica domanda, sostiene che "non c'è alternativa". "Non possiamo vivere in due mondi - afferma Marchionne - Io spero che, visto l'accordo alla prova, non vorranno vivere nel secondo mondo nemmeno gli operai". UTILI AGLI OPERAI - Marchionne ha poi promesso di alzare i salari se riuscirà a ridurre i costi di utilizzo degli impianti oltre a quelli del lavoro: "Possiamo arrivare al livello della Germania e della Francia. Io sono pronto". L'ad di Fiat si è anche detto disposto a far partecipare gli operai agli utili. "Ci arriveremo - ha affermato -. Voglio arrivarci. Ma prima di parteciparli gli utili dobbiamo farli". L'ALFA - Alla domanda relativa alla possibilità di vendere l'Alfa Romeo Marchionne è lapidario: "Fossi matto, è roba nostra". "Grazie a Chrysler l'Alfa arriverà in America, con una rete di 2 mila concessionari, e farà il botto". Marchionne, inoltre, afferma di non voler vendere anche la parte relativa ai veicoli industriali. "Manco di notte - risponde alla specifica domanda -. E l'arroganza tedesca, gliela raccomando. Quando volevo comprare Opel non me l'hanno data perché ero italiano...". PIÙ TESTE - L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne risponde poi ad una domanda sulla localizzazione della "testa" decisionale del gruppo automobilistico: "Bisognerà abituarsi al fatto che avremo più teste, a Torino, a Detroit, in Brasile, in Turchia, spero in Cina. Ma un cuore solo. Così rimarranno vive quelle quattro lettere del marchio Fiat. Vediamole. Fabbrica: produciamo ancora, vogliamo produrre di più. Italiana: siamo qui e non vendiamo nulla. Automobili: resta il cuore del business. Torino: se ha dei dubbi, apra la mia finestra e guardi fuori". Sulle nuove auto prodotte a Mirafiori, poi, aggiunge: "il Centro Stile rimane qui, il design, ma anche i progetti, le piattaforme di origine: la piattaforma della Giulietta è nata qui, è stata riadattata negli Usa, adesso torna qui per fare da base ai Suv Jeep e Alfa". FIOM - "La Fiom ha costruito un capolavoro mediatico, mistificando la realtà, ma ci è riuscita" ha aggiunto Marchionne. "Noi, che siamo presenti in tutto il mondo, dal punto di vista culturale siamo stati una ciofeca, e la colpa è soltanto mia - ha continuato l'ad di Fiat -. Ho sottovalutato l'impatto mediatico di questa partita, ho sottovalutato un sindacato che aveva obiettivi politici e non di rappresentanza di un interesse specifico, come invece accade negli Usa". Marchionne nega poi di aver cercato la rottura con la Fiom: "Quel che volevo rompere era questo sistema ingessato, dove tutti sanno che noi imprese italiane siamo fuori dalla competitività, non possiamo farcela, eppure tutti fanno finta di niente". "Io parlavo una lingua, loro l'altra - ha detto ancora Marchionne - Tutti facevamo riferimento alla realtà: ma io alla realtà di oggi, così com'è nel mondo globale, la Fiom alla realtà del passato, quella che si è trascinata fin qui impantanandoci fino al collo, come Italia". Redazione online 18 gennaio 2011
Lettera della cgil alla Cisl e alla Uil Fiat, sale la tensione tra i sindacati Bonanni dice "no" alla Camusso Bloccata la richiesta della Cgil di alzare sopra il 51% la maggioranza per rendere valida la firma di un accordo * NOTIZIE CORRELATE * La strategia di Camusso per rientrare nella trattativa (15 gennaio 2011) Lettera della cgil alla Cisl e alla Uil Fiat, sale la tensione tra i sindacati Bonanni dice "no" alla Camusso Bloccata la richiesta della Cgil di alzare sopra il 51% la maggioranza per rendere valida la firma di un accordo Il segretario generale della Cgil nazionale Susanna Camusso (Ansa) Il segretario generale della Cgil nazionale Susanna Camusso (Ansa) MILANO - Tentativo — fallito — di riavvicinamento sul fronte sindacale. Dopo il referendum di Mirafiori, la Cgil di Susanna Camusso ha scritto alla Cisl di Raffaele Bonanni e alla Uil di Luigi Angeletti. LA MISSIVA - Nella lettera, una proposta su rappresentanza e democrazia sindacale, più la disponibilità a un incontro per far partire il confronto e la discussione. Ma, dalla Cisl, è arrivato un no: il sindacato di Bonanni ha bocciato una proposta che, si legge nella nota di risposta, "sembra più mirata alla soluzione di un problema interno di organizzazione che a trovare una base proficua per un accordo interconfederale, di cui la Cisl conferma la opportunità ed urgenza". Al centro del "no", il capitolo con cui la Cgil chiede di alzare sopra il 51% la maggioranza necessaria per rendere valida la firma di un accordo sindacale nelle vertenze più calde. Giovanni Stringa 17 gennaio 2011(ultima modifica: 18 gennaio 2011)
2011-01-17 Lettera della cgil alla Cisl e alla Uil Fiat, sale la tensione tra i sindacati Bonanni dice "no" alla Camusso Bloccata la richiesta della Cgil di alzare sopra il 51% la maggioranza per rendere valida la firma di un accordo * NOTIZIE CORRELATE * La strategia di Camusso per rientrare nella trattativa (15 gennaio 2011) Lettera della cgil alla Cisl e alla Uil Fiat, sale la tensione tra i sindacati Bonanni dice "no" alla Camusso Bloccata la richiesta della Cgil di alzare sopra il 51% la maggioranza per rendere valida la firma di un accordo Il segretario generale della Cgil nazionale Susanna Camusso (Ansa) Il segretario generale della Cgil nazionale Susanna Camusso (Ansa) MILANO - Tentativo — fallito — di riavvicinamento sul fronte sindacale. Dopo il referendum di Mirafiori, la Cgil di Susanna Camusso ha scritto alla Cisl di Raffaele Bonanni e alla Uil di Luigi Angeletti. LA MISSIVA - Nella lettera, una proposta su rappresentanza e democrazia sindacale, più la disponibilità a un incontro per far partire il confronto e la discussione. Ma, dalla Cisl, è arrivato un no: il sindacato di Bonanni ha bocciato una proposta che, si legge nella nota di risposta, "sembra più mirata alla soluzione di un problema interno di organizzazione che a trovare una base proficua per un accordo interconfederale, di cui la Cisl conferma la opportunità ed urgenza". Al centro del "no", il capitolo con cui la Cgil chiede di alzare sopra il 51% la maggioranza necessaria per rendere valida la firma di un accordo sindacale nelle vertenze più calde. Giovanni Stringa 17 gennaio 2011
Dopo Il referendum a Mirafiori Bersani: "Ora Fiat rispetti gli impegni" Camusso: "Vedremo se fare ricorso" La leader Cgil: "I veti allo sciopero possono arrivare sino alla Corte Costituzionale" Dopo Il referendum a Mirafiori Bersani: "Ora Fiat rispetti gli impegni" Camusso: "Vedremo se fare ricorso" La leader Cgil: "I veti allo sciopero possono arrivare sino alla Corte Costituzionale" Pier Luigi Bersani (Eidon) Pier Luigi Bersani (Eidon) MILANO - "Ora la Fiat rispetti i suoi impegni e investa". È l'esortazione di Pier Luigi Bersani dopo il risultato del referendum a Mirafiori sull'accordo azienda-sindacati. Il segretario del Pd chiede anche che entro un anno per la Fiat si trovino nuove regole di rappresentanza. "C'è stata una scelta precisa che va rispettata e c'è stato un dissenso. Tuttavia siamo in presenza di temi che non si possono affrontare con l'accetta. Si trovi il modo entro un anno, cioè all'avvio del nuovo meccanismo, di avere nuove regole per la partecipazione e per la rappresentanza. Non è possibile che ognuno faccia da sé come irresponsabilmente chiede il governo", ha aggiunto Bersani. "Abbiamo davanti dodici mesi in cui fissare nuove regole che ricompongano una frattura che dev'essere saldata". Secondo il segretario del Pd, "dopo il referendum di Mirafiori non dovrebbe essere difficile per ogni osservatore onesto riconoscere che il Partito democratico è la forza politica che ha letto meglio la situazione vedendone la complessità e proponendo un punto di equilibrio positivo". CAMUSSO - La partita alla Fiat di Mirafiori non è affatto chiusa. Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ospite su Rai 3 a In mezz'ora, ha detto che "valuteremo se ricorrere alla magistratura", ma questo "non basta: una clausola che impedisce a un lavoratore di partecipare a uno sciopero è un tema che sicuramente arriva sino alla Corte Costituzionale" perché "siamo di fronte a diritti che non sono disponibili né a un'impresa né a un sindacato". Comunque, prosegue, "non è sufficiente dire che ricorreremo alla magistratura" perché "non si può affidare la rappresentanza sindacale" alla magistratura. Il 46% di no al referendum di Mirafiori mi "ha stupito", perché era un "voto così condizionato, così costretto che non permetteva ai lavoratori di decidere" ma c'è stato "l'orgoglio, la capacità di reazione dei lavoratori" ha poi aggiunto il segretario generale della Cgil. Quanto all'esito, "ho pensato che saremmo stati più vicini al risultato di Pomigliano (36% no). Il risultato ha stupito me come tutti, anche se avevamo colto un po' di nervosismo dell'azienda". Redazione online 16 gennaio 2011(ultima modifica: 17 gennaio 2011)
2011-01-16 Il documento "Il coraggio di ridare dignità alla fabbrica" "In certi momenti mi sono chiesto se ne valeva la pena. Mi auguro che anche chi ha votato no comprenda la svolta" Il documento "Il coraggio di ridare dignità alla fabbrica" "In certi momenti mi sono chiesto se ne valeva la pena. Mi auguro che anche chi ha votato no comprenda la svolta" Siamo lieti che la maggioranza dei lavoratori di Mirafiori abbia compreso l'impegno della Fiat per trasformare l'impianto in una fabbrica di livello internazionale. Siamo lieti perché con il loro voto hanno dimostrato di avere fiducia in se stessi e nel loro futuro. Non hanno scelto soltanto di dire sì ad una nuova possibilità per Mirafiori, quella di lavorare e competere tra i migliori. Hanno scelto di prendere in mano il loro destino, di assumersi la responsabilità di compiere una svolta storica e di diventare gli artefici di qualcosa di nuovo e di importante. In un Paese come l'Italia, che è sempre stato legato al passato e restio al cambiamento, e il referendum di ieri in parte lo ha dimostrato, la scelta di chi ha votato sì è stata lungimirante. Rappresenta la voglia di fare che si oppone alla rassegnazione del declino. Rappresenta il coraggio di compiere un passo avanti contro l'immobilismo di chi parla soltanto o aspetta che le cose succedano. Sono sempre stato molto orgoglioso di quello che Mirafiori rappresenta per la Fiat, come custode della tradizione industriale della nostra azienda e del nostro Paese, e anche per quello che ha dimostrato di saper fare. La scelta del 2004 Mirafiori e la gente che ci lavora non si è fatta scoraggiare quando, nel 2004, erano in tanti a profetizzare la fine e la chiusura dell'impianto. Insieme abbiamo strappato lo stabilimento alla desolazione, abbiamo ridato dignità e prospettive alla fabbrica. La maggior parte delle nostre persone non si sono fatte condizionare dalle tante accuse che ci sono piovute addosso, dagli attacchi che sono stati fatti in modo strumentale sulla loro pelle, ma hanno scelto di stare dalla parte di chi si impegna, di chi intende mettere le proprie qualità e la propria passione per fare la differenza. Questa è la migliore risposta alle bugie e alle esasperazioni degli ultimi mesi. Dicendo sì all'accordo, hanno chiuso la porta agli estremismi, che non portano a nulla se non al caos, e l'hanno aperta al futuro, al privilegio di trasformare Mirafiori in una fabbrica eccellente. Esporteremo negli Usa Mi auguro che le persone che hanno votato no, messe da parte le ideologie e i preconcetti prendano coscienza dell'importanza dell'accordo che salvaguarda le prospettive di tutti i lavoratori. Il piano per questo stabilimento è molto ambizioso. La società che verrà costituita tra Fiat e Chrysler ci permetterà di installare a Mirafiori una nuova piattaforma per costruire SUV di classe superiore, sia per il marchio Jeep sia per l'Alfa Romeo, da esportare in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti. Questo ci consentirà di raggiungere un livello di produzione molto elevato, fino a 280mila unità l'anno, aprendo anche la strada ad una possibile crescita dell'occupazione. Diritti garantiti L'accordo che rappresenta la base per realizzare tutto ciò - quell'accordo che è stato al centro di così tante polemiche - serve solo a far funzionare meglio la fabbrica, senza intaccare nessun diritto. Non penalizza i lavoratori in nessun modo e mantiene inalterate tutte le condizioni positive che sono previste non solo dal contratto collettivo ma anche da tutti i trattamenti che la Fiat nel tempo ha riconosciuto alle proprie persone. L'organizzazione del lavoro è in realtà la stessa che a Mirafiori si sta sperimentando da più di due anni e che tiene conto del grado di affaticamento dovuto al tipo di lavoro svolto. L'introduzione dei 18 turni comprende quello del sabato sera che è il più disagiato. Per questo abbiamo concordato che, pur essendo sempre retribuito, venga effettuato solo se c'è una reale necessità e che comunque, in questo caso, sia pagato come straordinario. Il pieno utilizzo dei 18 turni permetterà, inoltre, di aumentare i salari di circa 3.500 euro l'anno. Abbiamo anche tenuto conto di un'altra esigenza, relativa al lavoro straordinario. Sapendo che non sempre una persona può essere disponibile, abbiamo previsto la possibilità di sostituire fino al 20% dei lavoratori che non possono fare straordinari. Rivedere il sistema della pause, inoltre, riducendole a 30 minuti e monetizzando la differenza, ci permette di adeguarci a quello che succede nelle fabbriche del resto d'Europa e del mondo. La verità sulle malattie Per quanto riguarda la questione delle malattie, su cui si sono dette tante assurdità, l'accordo prevede semplicemente di monitorare il tasso di assenteismo, per evitare eventuali abusi. Sarà una commissione congiunta con il sindacato a valutare caso per caso il non riconoscimento dell'indennità a carico dell'azienda. La verità è che questa clausola serve soprattutto a richiamare l'attenzione sul problema, a smuovere le coscienze e il senso di responsabilità e mi auguro che non venga mai applicata. Busta paga chiara Infine, abbiamo semplificato le voci retributive, cosa che porterà maggiore chiarezza nel leggere la busta paga ed avrà anche un effetto positivo sul salario in caso di lavoro straordinario o turnazione, perché le maggiorazioni verranno applicate sulla paga base, che è più elevata rispetto agli attuali valori del minimo contrattuale. Critiche ingiuste Come la maggior parte delle nostre persone ha compreso, non c'è nulla di eccezionale nell'accordo per Mirafiori, se non l'occasione di rilanciare la fabbrica, di darle il ruolo che merita sulla scena internazionale. Le critiche che abbiamo ricevuto sono state ingiuste e spesso frustranti. Quando vedi che i tuoi sforzi vengono mistificati, a volte ti chiedi se davvero ne valga la pena. La maggioranza dei lavoratori di Mirafiori ha detto che vale sempre la pena di impegnarsi per costruire qualcosa di migliore. *amministratore delegato di Fiat e Chrysler Sergio Marchionne 16 gennaio 2011
Ospite di "in mezz'ora" La Camusso: "Valuteremo se ricorrere alla magistratura" Il segretario generale della Cgil: "I veti allo sciopero possono arrivare sino alla Corte Costituzionale" Ospite di "in mezz'ora" La Camusso: "Valuteremo se ricorrere alla magistratura" Il segretario generale della Cgil: "I veti allo sciopero possono arrivare sino alla Corte Costituzionale" Susanna Camusso (Ansa) Susanna Camusso (Ansa) MILANO - La partita alla Fiat di Mirafiori non è affatto chiusa. Anzi. Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ospite in tv di "In mezz'ora", ha detto che "valuteremo se ricorrere alla magistratura", ma questo "non basta: una clausola che impedisce a un lavoratore di partecipare a uno sciopero è un tema che sicuramente arriva sino alla Corte Costituzionale" perché "siamo di fronte a diritti che non sono disponibili nè a un'impresa nè a un sindacato". Comunque, prosegue, "non è sufficiente dire che ricorreremo alla magistratura" perché "non si può affidare la rappresentanza sindacale" alla magistratura. STUPITA DAL 46% DEI NO - Il 46% di no al referendum di Mirafiori mi "ha stupito", perché era un "voto così condizionato, così costretto che non permetteva ai lavoratori di decidere" ma c'è stato "l'orgoglio, la capacità di reazione dei lavoratori" ha poi aggiunto il segretario generale della Cgil. Quanto all'esito, "ho pensato che saremmo stati più vicini al risultato di Pomigliano (36% no). Il risultato ha stupito me come tutti, anche se avevamo colto un po' di nervosismo dell'azienda". 16 gennaio 2011
Ospite di "in mezz'ora" La Camusso: "Valuteremo se ricorrere alla magistratura" Il segretario generale della Cgil: "I veti allo sciopero possono arrivare sino alla Corte Costituzionale" Ospite di "in mezz'ora" La Camusso: "Valuteremo se ricorrere alla magistratura" Il segretario generale della Cgil: "I veti allo sciopero possono arrivare sino alla Corte Costituzionale" Susanna Camusso (Ansa) Susanna Camusso (Ansa) MILANO - La partita alla Fiat di Mirafiori non è affatto chiusa. Anzi. Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ospite in tv di "In mezz'ora", ha detto che "valuteremo se ricorrere alla magistratura", ma questo "non basta: una clausola che impedisce a un lavoratore di partecipare a uno sciopero è un tema che sicuramente arriva sino alla Corte Costituzionale" perché "siamo di fronte a diritti che non sono disponibili nè a un'impresa nè a un sindacato". Comunque, prosegue, "non è sufficiente dire che ricorreremo alla magistratura" perché "non si può affidare la rappresentanza sindacale" alla magistratura. STUPITA DAL 46% DEI NO - Il 46% di no al referendum di Mirafiori mi "ha stupito", perché era un "voto così condizionato, così costretto che non permetteva ai lavoratori di decidere" ma c'è stato "l'orgoglio, la capacità di reazione dei lavoratori" ha poi aggiunto il segretario generale della Cgil. Quanto all'esito, "ho pensato che saremmo stati più vicini al risultato di Pomigliano (36% no). Il risultato ha stupito me come tutti, anche se avevamo colto un po' di nervosismo dell'azienda". 16 gennaio 2011
L'uomo Aveva 30 anni sposato e lavorava in un supermercato di Ragusa Licenziato per 5 euro, si impicca in Sicilia Biglietto alla moglie per chiedere scusa. Il sindacalista: "Era disperato" L'uomo Aveva 30 anni sposato e lavorava in un supermercato di Ragusa Licenziato per 5 euro, si impicca in Sicilia Biglietto alla moglie per chiedere scusa. Il sindacalista: "Era disperato" RAGUSA - Sarebbe stato licenziato per cinque euro, l'equivalente di alcuni buoni sconto a disposizione che aveva cambiato invece di utilizzare, il giovane di 30 anni morto suicida dopo avere perso il posto di lavoro come commesso in un supermercato della grande distribuzione. Un provvedimento ritenuto ingiusto, oltre che sproporzionato, che aveva fatto piombare il giovane commesso nella disperazione più nera. A rivelarlo è il segretario generale della Uil di Ragusa, Giorgio Bandiera:"Era un nostro iscritto - dice il sindacalista - faceva parte del direttivo della Uiltucs, lo stavamo seguendo nella sua azione giudiziaria promossa per ottenere la revoca del licenziamento. Venerdì era stato predisposto, insieme al nostro legale, il ricorso al Giudice del Lavoro. Era stato accusato dall'azienda di aver cambiato cinque buoni-sconto di un euro, ma lui aveva respinto ogni addebito e non riusciva a darsi pace per un licenziamento che riteneva ingiusto e illegittimo". IL BIGLIETTO - L'uomo, sposato e padre di un bambino di tre anni, prima di impiccarsi nella sua casa di campagna ha lasciato un biglietto inviato alla moglie, in cui spiega i motivi del suo gesto. "Questo suicidio mi ha lasciato sgomento - aggiunge Bandiera - perché è la cartina di tornasole di un malessere generale anche in una provincia intraprendente economicamente come quella di Ragusa, dove i venti della crisi hanno cominciato a spirare forti". Erano stati gli stessi familiari del giovane a denunciare la scomparsa del giovane, dopo che si era allontanato da casa. La moglie, che temeva la tragedia, è andata nell'abitazione estiva di famiglia, a Santa Croce Camerina. Ha visto la luce di casa accesa e ha intuito cosa poteva essere accaduto. Per questo non è entrata, ma ha chiesto l'intervento della polizia. È stato l'equipaggio di una volante a trovare il corpo ormai senza vita del commesso. Accanto al cadavere un biglietto, scritto con una grafia incerta, indirizzato "A mia moglie". L'ultimo gesto di amore prima di farla finita. (fonte: Ansa) 16 gennaio 2011
FLESSIBILITA' E NUOVO WELFAREFlessibilità e nuovo welfare Il lavoro cambia (e non in peggio) FLESSIBILITA' E NUOVO WELFAREFlessibilità e nuovo welfare Il lavoro cambia (e non in peggio) Fabbrica di automobili con base a Torino, Italia. Grazie ai risultati di Mirafiori, la Fiat potrà rimanere fedele alla vocazione iscritta nel suo storico marchio. La vittoria del sì chiude un'estenuante vertenza, salvando migliaia di posti di lavoro. Ma soprattutto apre una fase del tutto nuova per le relazioni industriali e forse per l'intero modello economico-sociale del nostro Paese. Da domani inizierà il delicato percorso di attuazione dell'accordo, in cui potranno ribilanciarsi, su questioni concrete, gli interessi dei dipendenti e quelli dell'azienda. Marchionne non ha sinora scoperto tutte le carte del suo piano di rilancio. Ora dovrà farlo e dimostrare che chi ha votato sì ha fatto la scommessa vincente. A Mirafiori prenderà avvio il primo grande esperimento di accordo aziendale al di fuori del contratto nazionale. Siglandolo, i sindacati tranne la Fiom hanno "internalizzato" il vincolo della globalizzazione, riconoscendo che una grande azienda multinazionale deve poter governare la produzione in base a regole certe e a garanzie di disponibilità e impegno lavorativo. Senza queste condizioni è quasi impossibile oggi rispondere agli stimoli dei mercati. Maggiore flessibilità implica sacrifici e genera insicurezza, ma assicura occupazione e offre concrete prospettive di incrementi salariali se l'azienda va bene: questo è il succo della scommessa di Mirafiori. L'esito dipende ora dalle capacità di Marchionne e dalla qualità dei suoi progetti. Il management Fiat dovrà dar conto delle proprie scelte ai sindacati, che potranno valutarne gli effetti sui risultati d'impresa. Dopo decenni di conflitti antagonistici, le relazioni industriali italiane possono oggi imboccare il sentiero di quel sindacalismo pragmatico e partecipativo che da tempo caratterizza i Paesi germanici e scandinavi, con enormi vantaggi per i lavoratori. La strada sarà lunga, occorrerà sperimentare e imparare "come si fa". Tutti, anche gli imprenditori, dovranno cambiare approccio e modo di pensare. Ma il dado è tratto. All'interno di nuove relazioni industriali sarà possibile impostare in modo diverso anche il nesso fra globalizzazione e diritti sociali. L'apertura dei mercati e le dinamiche di delocalizzazione produttiva reale o minacciata sono compatibili con il mantenimento di adeguate tutele per i lavoratori? L'aspro confronto tra Marchionne e Fiom ha evocato l'immagine di un gioco a somma zero fra competitività e diritti, originando una vera spirale di paure e sospetti. Le tensioni fra globalizzazione e welfare non sono però inconciliabili sul punto concordano oggi moltissimi studiosi. Certo, occorre un welfare diverso dal passato: Marchionne chiede impegni "esigibili", meno assenteismo, obblighi di formazione per i cassintegrati. Ma ai lavoratori flessibili di Mirafiori serviranno più servizi anche aziendali, più garanzie di sicurezza e prevenzione, più opportunità di congedo per ragioni serie e verificabili, più sostegni per figli e famiglia. È su questi fronti che il sindacato deve impegnarsi, mentre le imprese devono convincersi che un nuovo welfare può essere un formidabile "fattore produttivo".
Dopo un decennio di riforme mancate o scarsamente efficaci, le nuove relazioni industriali potranno dare un contributo decisivo all'introduzione di politiche capaci di creare sinergie fra produzione economica e protezione sociale. Fabbrica Italia è stata sinora una metafora un po' fumosa, utilizzata per "narrazioni" contrastanti a seconda dei punti di vista. Dopo mesi di scontro, intorno a questa espressione si può adesso ricostruire una visione condivisa su come rendere questo Paese più competitivo e insieme più inclusivo. Marchionne ha lanciato la sfida della competitività, i sindacati l'hanno accettata, ma la loro scommessa riguarda anche l'inclusione e il tenore di vita dei lavoratori. A questo punto mancano solo la voce e le proposte del governo. Il quale può legittimamente scegliere di tenersi distante dalle vertenze contrattuali, ma non può certo abdicare al suo ruolo di regista del cambiamento e delle riforme, sul duplice fronte dell'efficienza e dell'equità. Maurizio Ferrera 16 gennaio 2011
I commenti alla vittoria dei sì al referendum di Mirafiori Marchionne: "Scelta coraggiosa" Camusso: voto contro fabbrica-caserma Sacconi: "Nuove relazioni industriali". Confindustria: "Ora si può investire". Bersani: "Rispettare il risultato" I commenti alla vittoria dei sì al referendum di Mirafiori Marchionne: "Scelta coraggiosa" Camusso: voto contro fabbrica-caserma Sacconi: "Nuove relazioni industriali". Confindustria: "Ora si può investire". Bersani: "Rispettare il risultato" |